mercoledì 2 marzo 2016

Ricordando cin rabbiia 4


Corrado Bevilacqua
Linguaggio e memoria

Uno dei libri più famosi del grande psicologo svizzero Jean Piaget è intitolato La formazione del pensiero e del linguaggio nel fanciullo. Anni prima, in URSS il grande Vygotsky pubblicava con un suo allievo, Lurija, un libro intitolato Pensiero e linguaggio. 
L'impostazione delle due ricerche era molto diversa Il sovietico è considerato fondatore della scuola storico- sociale di psicologia. Piaget era uno strutturalista. Malgrado ciò, su di un punto erano d'accordo. In altre parole, tutti e tre, Piaget, Vygotsky e Lurija, tre pezzi da novanta della psicologia contemporanea erano d'accordo sull'esistenza di una relazione biunivoca tra pensiero e linguaggio. Purtroppo, i primi a dimenticarlo sono spesso gli scrittori.   
 La mia casa di campagna di Giovanni Comisso è uno dei libri che io consiglierei di leggere a chi vuole imparare la lingua italiana. Camilleri è bravo, ma non parla italiano. Comisso era bravo e parlava italiano. Io ho avuto la fortuna di conoscerlo di persona perché suo nipote era mio compagno di classe nel collegio cattolico da me frequentato e ho avuto anche il piacere di visitare la sua casa di campagna. Essa era tale e quale la potete immaginare leggendo il libro.

Moravia era uno scrittore culturalmente aggiornato, ma non sapeva scrivere. Il suo modo di scrivere era volgare. Ciò faceva di Moravia l'esatto opposto di Calvino. La scrittura di Calvino era una scrittura ricercata che, però, a volte, si avvitava  su se stessa diventando maniera.

Altri due autori che io consiglierei di leggere a chi volesse imparare l'italiano, sono Gesualdo Bufalino il quale con Argo il cieco ci ha regalato un autentico gioiello letterario e Luigi Meneghello che con Libera nos a Malo ci offre una fantastica dimostrazione della duttilità dell'italiano. Il problema è che pochi scrittori italiani conoscono l'italiano.
L'italiano, come qualsiasi altra lingua, va  compresa alla radice se si vuole impararla. Molti scrittori italiani scrivono in un pessimo italiano perché non si sono mai posti il problema di che cosa vuol dire essere italiano.  Molti anni fa Giulio Bollati pubblicò nel secondo tomo del primo volume della Storia d'Italia di Einaudi, un saggio intitolato L'italiano. Il saggio venne snobbato come venne snobbato dai nostri critici - non dai lettori - il saggio di Edith Wharton da me tradotto perché considerato superato.

Ora, è vero che il saggio della Wharton era vecchio di 113 anni, ma ciò che diceva sulla distinzione fra letteratura e fiction, oppure, sul fatto che agli editori non interessa tanto la qualità di ciò che pubblicano, ma i profitti che possono trarne è di grande attualità. Allo stesso modo, è di grande attualità l'affermazione della Wharton che la moda ottunde il cervello. Un concetto simile venne enunciato qualche anno dopo da Georg Simmel nel suo celebre saggio sulla moda.

Scrivere in modo semplice e chiaro dopo aver riflettuto su ciò che si vuol dire è l'unico modo che noi scrittori abbiamo di farci capire dai lettori e di renderci utili alla collettività. Avere delle belle idee e non saperle esporre e come non averle. Mario Perniola scrisse qualche anno fa uno stimolante saggio "contro la comunicazione".

Quando ero ragazzo, negli anni 50 del secolo scorso, la messa che veniva celebrata a san Rocco alla domenica mattina alle 11 era conosciuta in tutta Venezia per via della predica che teneva don Fusaro. Don Fusaro era alto, magro e aveva due pedi più grandi di quelli della statua di Paolo Sarpi a santa Fosca. Una volta, lo sentii definire il rosario "la nostra mitragliatrice". Tutti compresero che si trattava di una metafora. Nessuno avrebbe pensato che di trattasse di una metafora se a pronunciarla fosse stato qualcuno con il fazzoletto rosso attorno al collo.

Per decenni i comunisti italiani avevano impiegato nei loro discorsi  espressioni ambigue che miravano a mantenere accesa la fiaccola della rivoluzione. Lo stesso Togliatti, escludendo che esistessero in Italia le condizioni di una pianificazione socialista non aveva escluso una sua futura realizzazione. In tal modo, essi per anni hanno fatto scioccamente il gioco dei loro avversari i quali potevano accusarli di parlare con lingua biforcuta. In ogni lingua, poi, si rispecchiano le trutture profonde del carattere di un popolo e della sua cultura.
La lingua angloamericana richiede la costruzione diretta: soggetto, verbo e complemento. Non solo Deve esserci sempre un soggetto; il lettore deve sapere chi compie l'azione. In italiano noi possiamo sottintendere il soggetto; in altre parole possiamo eclissarci, nasconderci fra le righe  Ciò spiega perché solo un americano poteva scrivere un romanzo come La lettera scarlatta. Mentre solo un italiano poteva scrivere Gli indifferenti. 

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