giovedì 24 marzo 2016

Ricordando con rabbia 9

Una freccia nel burro


La redazione del qdl era costituita da un lunghissimo corridoio. A sinistra, entrando in corridoio, si aprivano le porte degli uffici dei vari servizi. Il centralino aveva il suo ufficio all'entrata della redazione. Patrizietta - che era chiamata così sia perché era fisicamente minuta sia per distinguerla dalla Patrizia dell'amministrazione detta Patriziona, e dalla Patrizia della spedizione che era detta la Patrizia di Bobo che era il suo uomo - era la prima ad arrivare in redazione al mattino. Poi, arrivava Carla, la segretaria di redazione che abitava a Cinisello Balsamo la Stalingrado d'Italia; poi, normalmente, arrivavo io, giusto in tempo per bere il secondo caffè del giorno e fumare la terza sigaretta.


Il primo caffè lo bevevo nel bar vicino a casa. E, bevendo il caffè, fumavo la prima sigaretta. Fumavo la seconda sigaretta aspettando il 15 in via Broletto. Fumavo la terza sigaretta bevendo il mio secondo caffè con Carla. Bevuto il caffè, ritornavamo in redazione e cominciavamo a lavorare.


La tipografia del quotidiano era a Ponte Sesto di Rozzano. Per arrivarci, uscivi dal qdl, giravi a sinistra, prendevi lo stradone di Gratosoglio e proseguivi seguendo la segnaletica stradale. Non so chi avesse avuto una simile idea. L'ubicazione della tipografia era estremamente fuori mano e un fattorino faceva la spola fra redazine e tipografia.


In una redazione di quotidiano, è buona norma non credere mai di aver finito di lavorare. Sul più bello, quando stai per chiudere, arriva la notizia bomba e, in quegli anni si trattava di bombe vere, attentati a persone, sparatorie, scontri di piazza. Accadeva perciò, che, passati i pezzi, mi mancava spesso il tempo per fare i titoli. Così, prendevo le fotocopie dei pezzi che avevo mandato in tipografia e andavo in tipografia a fare i titoli direttamente con il titolista. Mi mettevo in piedi accanto a lui e cominciavo. Apertura di due. 3 righe su 6 colonne, corpo 36 tondo, nero. Occhiello corpo 18, corsivo chiaro. Il titolista mi guardava come pensasse: "Vediamo cosa inventi". Quasi sempre non sbagliavo un titolo. I titoli entravano perfettamente nello spazio loro assegnato.


Fatti i titoli, aspettavo il proto che mi portava a casa. A Milano abitavo da un'amica di famiglia rimasta vedova con un figlio che frequentava le scuole medie. Lei, Maria, abitava in zona Monumentale. Precisamente, tra il Monumentale e scalo Farini. Per andare al lavoro prendevo due tram. Il 12 fino in via Broletto, dietro il Duomo e il 15 per il tratto successivo. Tornavo a Venezia ogni sabato sera. Al lunedì mattina ripartivo da Venezia per Milano con il rapido delle 6,55. Arrivato a Milano, prendevo la Metropolitana fino in Cordusio. Uscivo. Prendevo il 15 e arrivavo a destinazione. A volte, prima di prendere il 15, facevo un giro nella Libreria Rizzoli in Galleria.


Io avevo sempre odiato l'automobile. A volte, se non poteva portarmi fino a casa, il proto mi mollava al Ponte della Ghisolfa. Il proto abitava a Cusano Milanino e mi toccava fare un bel pezzo di strada a piedi, prima di arrivare in via generale Govone, svoltare in via Gran Sasso e vedere le luci del bar dove alla mattina avevo preso il caffè. Io cercavo di fare meno rumore che potevo, ma neanche a farlo apposta, non facevo tempo a infilare la chiave nella toppa, che sentivo da dentro casa la voce di Maria che mi chiedeva: "Sei tu, Corrado?" Si ero io. Poi aggiungeva: "Hai mangiato?", Rispondevo di sì anche se non era vero. "Notte" facevo io. "Notte" ribatteva lei.




Al quotidiano ero responsabile dei servizi interni e cronaca. Io feci presente che con quel genere di organizzazione io mi vedevo costretto a sacrificare metodicamente la cronaca ed era un peccato perché avevamo redazioni in tutta Italia. Le più attive erano quelle di Roma, Napoli e Torino. La più pretenziosa era la redazione romana che aveva sede in via Cavour. I compagni di Roma si credevano l'ombelico dell'universo. La più casinista era quella di Napoli con Francesco e Giacomino. Litigavano in continuazione. Se parlavo con Francesco, non potevo chiedere a Francesco di passarmi Giacomino, e viceversa. Inoltre erano logorroici. Mandavano pezzi sempre più lunghi del previsto. Così, decisi di tagliare corto. O li mandavano giusti o non li pubblicavo. Alla fine, decisero di scorporare la cronaca dagli interni e la assegnarono a Lella.


Ogni servizio faceva gruppo a sé. Ciò valeva in particolare per le compagne del sindacale. Lella, Liliana, Erica e Maria Teresa. Maria Teresa o Mtr come si firmava, era un'insegnante in pensione che si occupava di scuola, sanità e pubblico impiego e ce l'aveva a morte con Elio Giovannini, il quale era all'epoca membro della "sinistra sindacale" e si occupava di pubblico impiego. Per le compagne del sindacale quello che diceva il partito era legge. Affatto diverso era il mio atteggiamento. I miei tempi erano differenti dai tempi del partito. Io dovevo fare un giornale; detto brutalmente, dovevo "stare sulla notizia" e, se occorreva, dovevo inventarla. Non potevo aspettare che si riunisse il CC o l'UP del partito per commentare ciò che accadeva nel nostro paese nel campo della politica.


Nel fare questo, cercavo di essere il più obbiettivo possibile; malgrado ciò, ero accusato spesso di settarismo. Questa accusa mi venne rivolta ancora più frequentemente, quando passai a dirigere i servizi culturali che comprendevano la terza pagina,la pagina della cultura e quella degli spettacoli che erano accorpate in un unico servizio. In realtà, a quell'epoca eravamo tutti un po' settari. La Nuova sinistra era divisa in gruppi e gruppetti. Per noi di AO, quelli di LC erano dei "movimentisti". Per loro, noi eravamo dei "professorini della lotta di classe". Ricordo una canzone che faceva: "Avanguardo, avanguardo, oltre il muro va il tuo sguardo, c'hai il progetto, c'hai la linea.." C'erano i "manifestini" stretti attorno a mamma chioccia; al secolo Rossana Rossanda, Valentino Parlato, Luigi Pintor, Luciana Castellina, Lucio Magri; c'era la galassia elleemme. C'erano di quelli di Potere operaio. C'erano quelli di "servire il pollo". Il salto di qualità avvenne quando le Brigate Rosse pensarono fosse arrivato il momento di passare alla lotta armata per dare la "spallata" allo stato. Come scrisse lo storico britannico Paul Ginsborg, per le Br, "the principal danger was no longer Gaullism, but social democracy, that's PC". Le Br erano nate da una costola del PCI. A leggere i loro documenti, sembrava di leggere il "manuale del colpo di stato" pubblicato da Pietro Secchia sull'Unità, nei giorni dell'attentato a Togliatti compiuto da un giovane di destra, un tal Pallante. Alle Br si affiancarono, poi, quelli di Prima linea. Molto è stato scritto sulla storia del quello che è stato scritto è mero ciarpame. Un giorno, il qdl chiuse per debiti. Io ritornai a Venezia.



Trascorrevo le giornate a caso. Se non pioveva andavo alle Zattere a veder passare le navi. Mi riempivo le tasche di libri che comperavo alla libreria Al Fontego e che finivano sulla immancabilmente sulla cassapanca accanto al letto. Verso sera mi imbucavo "Al volto" dove trovavo sempre qualcuno con cui scambiare quattro chiacchiere. Un giorno, mi mi telefonò un amico. Era stato appena nominato direttore d'un settimanale che aveva alle spalle una lunga e gloriosa storia, ma necessitava d'una scossa ed egli aveva pensato a me. Mi espose la sua idea. Mi chiese se me la sentivo. Perché no? - pensai fra me e me. Risposi che potevo provare.

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