domenica 9 aprile 2017

La verità su Emanuelia

Papa Francesco, sono Pietro Orlandi e dopo tanti anni sono ancora qui a chiedere la Verità sul rapimento di mia sorella Emanuela, cittadina vaticana, avvenuto il 22 giugno 1983. Una ragazzina innocente di 15 anni alla quale è stato impedito di scegliere della propria vita, negandole, ancora oggi, ogni forma di Giustizia, dimenticandosi che la vita di ogni essere umano è sacra e non può essere considerata un pezzo di carta sul quale apporre il timbro “ archiviata”. Una vicenda che nel corso degli anni è stata caratterizzata da depistaggi, insabbiamenti, omertà e soprattutto mancanza di collaborazione da parte della Santa Sede. Lei disse: “Chi tace è complice”. E’ vero. In Vaticano c’è chi sa e da tanti anni tace, diventando complice di quanti hanno avuto responsabilità in questa vicenda. A tal riguardo, in Vaticano, ci sono carte secretate, a conoscenza di alcune autorità della Santa Sede, che contengono passi importanti di questa disumana vicenda e che potrebbero permetterci di riabbracciare Emanuela o darle una degna sepoltura. Il dossier “Rapporto Emanuela Orlandi” a disposizione, nel 2012, della Segreteria Particolare di Papa Benedetto XVI, contenente informazioni e nomi che potevano condurci alla Verità, stava per essere consegnato ad un magistrato italiano, ma in Vaticano vennero meno alla parola data e il fascicolo rimase occultato. Dopo 33 anni mi chiedo perché si continua a negare ad una famiglia la possibilità di dare Luce e Pace alla propria figlia, alla propria sorella. Abbiamo il diritto di conoscere la Verità contenuta in quei documenti e se sulla scomparsa di Emanuela fu posto il Segreto Pontificio, La prego di sciogliere i sigilli a tale imposizione che osteggia il raggiungimento della Verità e della Giustizia. Non possono esistere segreti in uno Stato che si erge a centro della Cristianità perché è contrario alle parole e agli insegnamenti di Gesù: ”Non v’è nulla di nascosto che non debba essere svelato e di segreto che non debba essere manifestato”. Papa Francesco Lei ha indicato agli uomini la via giusta “Costruire ponti e non alzare muri invalicabili” ed io lo stesso chiedo a Lei, per Emanuela. La Verità, la Giustizia non possono essere un’utopia, un sogno irraggiungibile ma i principi fondamentali, per ogni Stato che si reputa civile. Principi fondamentali che in questa vicenda sono stati vergognosamente calpestati per oltre 33 anni. La mia è una voce tenace, priva di rassegnazione, che mi guiderà, in questa vita ed oltre, a cercare Verità e Giustizia, affinché questo grido appartenga a tutte le vittime innocenti ed alle persone private della Libertà. Non ci lasceremo mai rubare la speranza. Pietro Orlandi 28 marzo 2017 Questa petizione sarà consegnata a: Papa Francesco Leggi la lettera Giustizia Legale Diritti umani Vaticano Pietro Orlandi ha lanciato questa petizione con solo una firma e allora ci sono 29.683 sostenitori. Lancia la tua propria petizione per creare il cambiamento cui ti preoccupi. Lancia una petizione Aggiornamenti 6 ore fa 25.000 sostenitori 3 giorni fa Aggiornamento sulla petizione Ringraziamenti Maria Cristina Presicci, Italia2 sett. fa 8 Segnala Guarda tutte le ragioni Riportare una violazione delle politiche Firmare questa petizione 29.683 sostenitori Mancano ancora 5.317 firme per raggiungere 35.000 corrado bevilacqua Italia Sto firmando perché… (opzionale) Condividi con gli amici di Facebook Firma Mostra la mia firma e il mio commento su questa petizione Petizioni che sono promosse da altri utenti di Change.org Promossa da 85 sostenitori Petizione diretta a Mauro Mangano Giustizia per i RANDAGI AVVELENATI E IMPICCATI a PATERNO'(CT) Il sindaco di un Comune è responsabile dei cani del territorio,i fatti accaduti negli ultimi giorni sono gravissimi.Chiedo che il primo cittadino prenda posizioni su questi gravi fatti,denunciandoli pubblicamente e alla procura della Repubblica.Chiediamo a Lei di fare pubblico appello affinché chi sa o ha visto qualcosa denunci, mi rifiuto di credere che Paternò sia un paese di OMERTOSI...Dia l'esempio e si schieri a fianco delle associazioni che si occupano dei randagi del suo Comune... 53562 sostenitori Promossa da 3 sostenitori Petizione diretta a Regione Del Veneto NO Plastica Cementificio Pederobba & SI studio epidemiologico La Cementirossi s.p.a. di Piacenza ha chiesto di incenerire plastica da rifiuti nel cementificio di Pederobba. La richiesta è stata sottoposta a VIA (valutazione impatto ambientale). I cittadini di Pederobba e della Pedemontana Trevigiana e il Coordinamento "AriaCheVoglio", considerato che l’area è interessata da 30 anni di incenerimento di petcoke e 20 di incenerimento di pneumatici, CHIEDONO CHE per il “principio di precauzione”, cardine del diritto ambientale europeo, PRIMA di ogni altra autorizzazione a incenerire altri rifiuti, si verifichi quale impatto ha avuto l’attività di incenerimento sulla salute della popolazione, mediante un’approfondita analisi epidemiologica sul campo, realizzata da studiosi titolati e autorevoli e con fondi pubblici, a garanzia di indipendenza. Il Principio "PRIMA LA SALUTE" deve valere OVUNQUE qualcuno chieda di incrementare l'inquinamento incenerendo rifiuti. 1700 sostenitori Petizione di tendenza Petizione diretta a Governo Italiano Salviamo Flixbus Nel decreto Milleproroghe recentemente approvato dal Parlamento Italiano, è presente una norma cosiddetta “anti-FlixBus”, introdotta in virtù di un emendamento parlamentare, secondo cui al mercato dei servizi di linea interregionale a competenza statale potranno accedere solo raggruppamenti d'impresa la cui capogruppo svolga come attività principale il servizio di trasporto su strada. Dall'entrata in vigore del decreto, le società oggi operanti hanno 90 giorni per adeguarsi, che scadranno a fine maggio 2017. Dietro tale tecnicismo, si nasconderebbe purtroppo una conseguenza molto semplice: l'impossibilità per una società come Flixbus (che non svolge direttamente il servizio di trasporto, ma si affida a una serie di piccoli e medi partner commerciali italiani, proprietari dei veicoli) di continuare a svolgere i suoi servizi in Italia come accaduto finora. E questo nonostante la compagnia di autobus low-cost in un anno e mezzo abbia raccolto il favore di più di 3,5 milioni di clienti, abbia raggiunto più di 120 città e abbia creato oltre 1000 posti di lavoro. Grazie ad alcuni ordini del giorno (tra cui quelli a prima firma Mazziotti, Boccadutri, Capezzone), il governo Gentiloni si è impegnato a cancellare la norma. Noi auspichiamo che tale impegno sia rispettato, per evitare la cancellazione di un servizio di trasporto privato che permette a milioni di utenti - soprattutto studenti fuori sede e giovani lavoratori - di viaggiare e muoversi a basso costo in Italia e che genera lavoro per molte piccole e medie imprese italiane. La conferma della norma "anti-Flixbus" rappresenterebbe inoltre un grave danno per l'Italia, perché mostrerebbe quanto sia incerto e instabile il suo quadro di regole: se basta un piccolo emendamento nascosto per alterare e bloccare la concorrenza, nessuno vorrà investire nel nostro Paese. Per questo, nell'interesse dei viaggiatori, dei lavoratori e della crescita economica italiana, chiediamo al governo di procedere rapidamente con l'abrogazione della norma "anti-Flixbus". 59077 sostenitori Petizione di tendenza Petizione diretta a AGCOM contro il cartello delle società telefoniche che hanno inventato l'anno di 13 mesi Le compagnie telefoniche da sempre vanificano i benefici per i consumatori evitando di fatto di farsi concorrenza. Ora siamo arrivati ad una vera e propria situazione di operativita di "cartello" in cui tutte o quasi le aziende si sono allineate nel modificare i rapporti contrattuali addebitando le tariffe non più su base mensile ma ogni 28 giorni ( quattro settimane). In questo modo gli addebiti annuali non saranno più 12 ( uno per mese) ma ben 13 con un aumento medio di costo di ca l'8% a parità di canone e prestazioni. 50730 sostenitori Petizione di tendenza Petizione diretta a YuLin Government Stop the Yulin Dog Meat Festival! Dear Ambassador Cui Tiankai, China's rich cultural and traditional history spans thousands of years and now China is fast becoming a recognized and dominating super economic power, with its citizens enjoying a high standard of living as the result of economic and social progress. However, with great success comes great responsibility, and as a global citizen, I am truly shocked and appalled to learn about the cruelty and suffering currently being inflicted upon the helpless companion animals, namely dogs and cats, of Yulin, killed during the annual Yulin Dog Meat Festival. This medieval way of treating animals sits at complete odds with how China has progressed as a society in recent years. This is not about cultural differences this is about the most basic of ethics and about treating animals with compassion. It's plain to see that the practices carried out at Yulin represent a new low for China. Those animals we choose to be our working companions, our eyes when we are blind, our guardians of the family home, to share our food and to be our best friends for hundreds of years are suffering and are being slaughtered in the most monstrous of ways. There are many videos on YouTube to evidence this, although they are not easy to watch. Despite how you feel about eating any animal, no living, sentient being should be abused or tortured for any reason, and no right-minded person can rationally argue otherwise. Dogs and cats suffer unspeakable horrors at the hands of farmers, traders and butchers - beaten, torched with fire, boiled alive, etc. Not all these animals are "farmed" - many are beloved, stolen pets. The medieval treatment of companion animals in Yulin provides a cruel contrast to the slick, sophisticated, modern image that China tries so hard to portray to the outside world. Until Yulin and the Chinese government officials begin to legitimately and aggressively police, enact and enforce the companion animal protection laws as a first step in ending this shameful industry, I will be protesting for the tens of thousands of suffering, neglected and abused companion animals living lives of utter misery and pain unto death throughout Yulin and other cities that supply these animals to Yulin. ---------------------------------- To learn more and take action, please visit: English: http://koreandogs.org/yulin/Greek: http://koreandogs.org/yulin-greek/Italian: http://koreandogs.org/yulin-italian/Spanish: http://koreandogs.org/yulin-spanish/ Ambassador Cui TiankaiEmbassy of the People's Republic of China in the United States of America3505 International Place, N.W.Washington, D.C. 20008 U.S.A.Tel: +1-202-495-2266Fax: +1-202-495-2138E-mail: chinaembpress_us@mfa.gov.cn http://www.china-embassy.org/eng/ Consulate General Luo LinquanConsulate General of the People's Republic of China in San Francisco1450 Laguna Street, San Francisco, CA 94115Tel: 415-852-5924http://www.chinaconsulatesf.org/eng/ City of Yulin: http://www.yulin.gov.cn/ Italian: FERMIAMO LO YULIN DOG MEAT FESTIVAL Spettabile Governo Cinese, La Cina, con la sua ricca storia di cultura e tradizioni millenarie, è ormai anche un paese dichiaratamente annoverato tra le superpotenze economiche mondiali, con una popolazione ad un alto tenore di vita frutto di un raggiunto benessere sociale ed economico. Tuttavia, con il grande successo arrivano anche le grandi responsabilità e in quanto cittadino del mondo, sono scioccato e disgustato dalla crudeltà e delle sofferenze inflitte su inermi animali da compagnia, i cani e gatti di Yulin, uccisi durante l’annuale Yulin Dog Meat Festival. Questo barbaro modo di trattare gli animali si scontra fortemente con il progresso sociale raggiunto dalla Cina in questi ultimi anni. Le differenze culturali non c’entrano, c’entra la necessità di trovare modi eticamente corretti e compassionevoli di interagire col mondo animale. E’ sotto gli occhi di tutti che le inumane torture perpetrate a Yulin rappresentano una vera e propria macchia indelebile nella storia recente della Cina. Gli stessi animali che abbiamo scelto come compagni di lavoro, come nostri occhi quando non siamo in grado di vedere, come guardiani delle nostre case e delle nostre famiglie, con cui condividiamo il nostro cibo e che sono i nostri migliori amici da centinaia di anni vengono massacrati nei modi più mostruosi. Esistono molti video su Youtube, a testimonianza di ciò, che non sono facili da guardare. E indipendentemente da come la si pensi in merito al consumo di qualsiasi animale, nessun essere vivente senziente dovrebbe essere in alcun modo costretto a sottostare ad abusi e torture e nessuna persona dotata di logica e raziocinio potrà mai dire il contrario. Cani e gatti patiscono sofferenze indicibili per mano di contadini, mercanti e macellai venendo bastonati, bruciati e bolliti ancora vivi. E non tutti questi animali vengono “allevati” a questo scopo, molti sono animali domestici rubati alle loro disperate famiglie. Il trattamento barbaro degli animali da compagnia di Yulin si pone in netta contrapposizione con l’immagine elegante, sofisticata e moderna che la Cina cerca da tempo di mostrare al resto del mondo. Finché Yulin e i rappresentanti del governo cinese non cominceranno a combattere questa pratica con forza e decisione implementando una legge per la protezione degli animali da compagnia come primo passo per porre termine a questa pratica vergognosa, io protesterò per le decine di migliaia di animali da compagnia negletti, abusati e torturati, costretti ad una vita miserrima e pene indicibili e letali in tutta Yulin e in tutte le altre città che forniscono animali a Yulin. Distinti saluti, 28225 sostenitori Petizione di tendenza Petizione diretta a Dario Franceschini #PerUnaTelevisioneAColori Gentile Ministro Dario Franceschini Gentile Direttore Rai Antonio Campo Dall’Orto. Mi chiamo Brhan Tesfay, ho quarantasette anni, sono d’origine eritrea, e vivo in Toscana a Prato da più di trenta anni, sono uno scrittore e dal 2012 anche editore. Mi considero un italiano come tanti che hanno origine altrove. Ho un problema: non riesco a guardare la televisione, il cinema e la pubblicità con mio figlio Thomas che ha due anni. Questa notte non ho dormito. Questa mattina non sono riuscito a pensare ad altro, perché temo per il suo presente, e futuro. Nella pubblicità non si vedono bambini neri se non per raccolta fondi per bambini africani che muoiono di fame. Nei film e nelle fiction il nero, l’arabo, l’asiatico, l’europeo dell’est, il diversamente abile… incarnano ruoli stereotipati (spacciatore, prostituta, clandestino, criminale, buttafuori, colf, badante, tribale, selvaggio, terrorista, patetico, il bisognoso), questa è LA PAPPA TOSSICA che viene offerta a mio figlio Thomas. Ma io che cosa posso fare? La televisione è fondamentale anche per l’idea che si fa uno di sé, allora mio figlio che cosa deve pensare di se stesso? Anche se parla poco sta immagazzinando informazione attraverso le immagini. Mi chiedo perché stiamo rubando il sogno, la speranza a intere generazioni che definiamo diversamente normali o diversamente italiani? Non posso stare fermo. Devo fare qualcosa. Da dove partire? Da chi si occupa di televisione, di cultura, di cinema. Scrivere alle redazioni di programmi televisivi è inutile. Cerco in internet un numero da contattare al Ministero dei beni e delle attività culturali, trovo il numero. Che faccio? Chiamo oppure no? Chiamo. Mi sfogherò con il centralino, è già qualcosa. Lo devo fare per il mio precario equilibrio. Lo faccio per dire a mio figlio: io ci ho provato. Il telefono squilla, chiedo di parlare con chi si occupa di televisione e cinema. Al di là d’ogni mia aspettativa mi passano una signora, di corsa spiego il mio dramma, Lei sembra comprenderlo, e sento un sollievo nella sua voce nel comunicarmi una notizia: «stanno modificando la legge». Sbigottito chiedo, «come?». «Stanno modificando la legge 2287 ‘Disciplina del cinema, dell’audiovisivo e dello spettacolo’». Chiudo il telefono, allora mi sento incoraggiato a scrivere una lettera, non più di sfogo ma d'incoraggiamento perché sia eliminata la pappa tossica, ma se la firmo da solo finirà nel cesto, allora ecco lo strumento giusto, la petizione. Sappiate che parte da un dramma strettamente personale, ma sono certo che la pappa tossica non viene offerta solo a mio figlio. Allora ecco il mio appello: La realtà è in movimento, le rappresentazioni della realtà no. Essere nero, essere di un genere, appartenere ad un’etnia, essere diversamente abile, non possono essere continuamente rappresentati come una colpa, e non possono essere chiamati in causa solo per rappresentare stereotipi negativi. Mi chiedo quante sono le registe donne ogni 100 film prodotti in Italia. Di nuovo mi butto su internet. Dopo diverse ore ho la certezza che il mio dramma è condiviso da milioni di persone, inoltre vengo a sapere che il Ministero dei beni e delle attività culturali finanzia per circa 400.000.000 la cultura e l’industria cinematografica italiana, però, allora siamo anche noi ignorati, esclusi e bastonati che finanziamo la produzione e diffusione degli stereotipi. Ho ascoltato, con emozione, più volte il discorso dell’attore britannico Idris Elba, con determinazione chiarezza mostrava il risultato della pappa tossica: «I talenti artistici sono ovunque, l’opportunità no» e lo sta dicendo al parlamento inglese. Allora la pappa tossica non è offerta solo in Italia. La petizione è corretta per gridare che tutti ci meritiamo una televisione a colori, che racconti il meraviglioso, e variegato mondo attuale. Chiediamo a chi produce, organizza rappresentazioni (tv, cinema, pubblicità, teatro ecc) di prendere atto della realtà, di avere fiducia nella passione e nell’intelligenza di tutte le persone che si nutrono delle loro produzioni. Ai primi due destinatari: il Ministro Dario Franceschini e il direttore RAI Antonio Campo dell’Orto, chiediamo di portare la televisione, il cinema, il teatro nell’era moderna. Siamo passati dal bianco nero al monocolore allora facciamo questa rivoluzione passando al multicolore e multi diversità come sinonimo di normalità. Gentili signori Armatevi di coraggio e fate del disegno di legge N.2287 uno stimolo alla rivoluzione della rappresentazione, un inno alla normalità con tutte le sue sfumature. Firmando questa petizione si chiede coraggio e fantasia nel fare una legge con norme specifiche in grado di stimolare, verificare il rispetto di una narrazione pluralista e non stereotipata in tutte le fasi della produzione. Il secondo destinatario: tutti i soggetti che direttamente o indirettamente incidono sulla produzione e diffusione della cultura in senso ampio (produttori, distributori, registi, sceneggiatori, direttori di rete, scrittori, attori). Firmando si chiede di avere fiducia nella nostra capacità di cittadini, di abbandonare il ragionamento solo per stereotipi, di fare a meno della pigrizia mentale, il resto basta guardare dalla finestra. Il terzo destinatario sei tu che stai leggendo, firmando dichiari di essere pronto ad una rappresentazione inclusiva e pluralista, dove il genere, il colore, l’etnia, l'abilità fisica, la nazionalità, la religione non siano incarnazione di stereotipi negativi. La tua firma bandirà la pappa tossica, e per questo ti ringrazio e un giorno, forse, potrò guardare la televisione con mio figlio Thomas. Brhan Tesfay #PERUNATELEVISIONEACOLORI

martedì 4 aprile 2017

LA CONDIZIONE UMANA

CORRADO BEVILACQUA LA CONDIZIONE UMANA PREFAZIONE Suscitò meraviglia in tutto il paese la decisione dell'Accademia delle scienze di Stoccolma di assegnare il Nobel per la letteratura a Dario Fo' poichè Dario Fo non era uno scrittore ma era un capocomico. Ne deriva che se per questioni di geo-letteratura occorreva da are un premio Nobel all'Italia avrebbero fatto meglio a darlo a Umberto Eco che era studioso della comunicazione e romanziere di successo come testimoniava il numero di copie vendute di Il nome della rosa. L'Accadenia delle scienze di Stoccolma scelse altrimenti. I responsabili delle assegnazioni dei Nobel non hanno mai dimostrato di amare la letteratura italiana. I grandi libri italiani del Novecento sono: La coscienza di Zeno di Svevo, Il mulino sul Po di Bacchelli, La mia casa di campagna di Comisso, Un anno sull'altopiano di Lussu, Orcynus Orca di Terra, Gli indifferenti di Moravia, il capofabbrica di Bilenchi, Il gattopardo di Tomasi di Lampedusa, Marcovaldo di Calvino, Ritratto in piedi di Gianna Manzini, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Gadda, Menzogna e sortilegio di Elsa Morante, La penombra che abbiamo attaversato di Lalla Romano, Le quattro ragazze Weiselberg di Fausta Cialente, La ragazza di Bube di Cassola, Il maestro di Vigevano di Mastronardi, La vita agra di Bianciardi, Metello di Pratolini, Quartieri alti di Patti, Il giardino dei Finzi Contini di Bassani, Viaggio in Italia di Piovene. Non sono molti ma non sono nemmeno pochi. Calvino ha nella valigia un romanzo come Il sentiero dei nidi di ragno che fornì una intepretazione della Resistenza che fece molto discutere a sinistra come Paolo Spriano ricordava in Cronache di un decennio 1946-56. Inoltre Calvino aveva una intelligenza sottile che si rivelò in opere come Il castello dei destini incrociati, Città invisibili, Se una notte di inverno un viaggiatore, Palomar, Lezioni americane... Alberto Moravia aveva nella sua valigia un vasto assortinento di opere, alcune riuscite altre no che avevano fatto lungamente discutere: La Romana, La noia, La attenzione,Racconti Romani il suo libro più feliice. Il problema di Moravia era che non sapeva scrivere nel senso che era un grande saggista ma un pessimo romanziere. Chi sapeva scrivere era Pasolini, ma rovinò tutto ideologizzando i contenuti dei suoi libri come fece in Ragazzi di vita, Una vita violenta. Una grande forza di suggestione è prodotta sul lettore dal titolo del suo primo romanzo; Il sogno di una cosa che è tratto da una lettera giovanile di Marx a Ruge. In altre parole, senza voler polemizzare con rAsor Rosa, autore di un libro che fece scuola come Scrittori e popolo, potremmo dire che gli scrittori italiani hanno sempre incontrato grandi difficoltà a rappresentare il common people, se non altro per il fatto che in Italia più che di popolo si deve parlare di plebe. Agli scrittori testè citati, va agggiunta una pletora di autori i quali non hanno fatto la storia della lettratura italiana, ma hanno contrbuito a svilupparla con romanzi talvolta geniali come Il male oscuro di Giuseppe Berto, Rosso Veneziano di Quarantotti Gambini, Quinto stato di Ferdinando Camon, ll partigiano Johnny di Beppe Fenoglio, Il prete bello di Goffredo Parise, Libera nos a Malo du Luigi Meneghelllo, il vecchio con gli stivali di Vitaliano Brancati GUERRA FREDDA E CINEMA La guerra fredda, come spiegò Enzo Traverso (E. Traverso A ferro e fuoco, Il mulino) fu una guerra essenzialmente ideologica che fu combattuta anche sul fronte cinematografico sia con film di pretta propaganda politica: Il giorno più lungo sullo sbarco in Normandia, Quella sporca dozzina, Il ponte sul fiume Kway,I ponti di Tokori, Quell'utimo ponte, Il ponte di Renagen; sia con film nei quali venivano esaltati i "valori americani" commuovendo il pubblico come L'amore è una cosa meravigliosa con un affascinante William Holden e un'adorabile Jennifer Jones, Sayonara con un bellissimo Marlon Brando. Il genere cinematografico più sfrutttato a fini propagandistici dagli USA fu tuttavia il genere western. L'elenco dei film western che sono entrati nella memoria collettiva è più lungo dell'elenco delle donne sedotte da don Giovanni: da Ombre rosse a Mezzogiorno di fuoco, da Chi uccise Liberty Valance, da Nascita di una nazione a Là dove scende il fiume, da L'ultimo degli apache a Fort Apache, da Uomini a cavallo a Cavalcarono inisieme, da Rio Bravo a Un dollaro d'onore... In quegli stessi anni vennero prodotti numerosi "filmoni" che costavano un occhio della testa e il cui scopo era di sciorinare davanti al pubblico tutta la potenza economica americana: da Guerra e pace a Ben Hur, da Cleopatra a Moby Dick, fino alla serie dedicata alle guerre stellari. Accanto a questi "filmoni" a sfondo storico - letterario venne prodotta una serie innumerevole di film comici talvolta geniali come A qualcuno piace caldo, L'appartamento, Quando la moglie è in vacanza; e musicali, talvolta dei capolavori, come West Side Story e My Fair Lady con una deliziosa Audrey Hephurn che aveva al suo attivo Vacanze romane con Gregory Peck e Colazione da Tiffany tratto dal romanzo omonimo di Capote. Il messaggio contenuto in questi film era che l'economia capitalistica fondata sulla libertà di iniziativa garantiva benessere economico e pace sociale. Le cose erano diverse. La società occidentale e quella americana in particolare erano molto competitive e la competitività agiva come un doppio mulinello che mentre integrava alcuni emarginava altri (J. K. Galbraith Il capitalismo americano, Comunità, id La società opulenta, Boringhieri, G. Kolko Ricchezza e povertà in America, ER, M. Harrington L'altra America, Rizzoli, E. Cecchi America amara, Addephi, P. Baran P. Sweezy Il capitale monopolistico, Einaudi) **** L'URSS rispose alla sfida con capolavori, come La ballata del soldato, Quando volano le cicogne, L'infanzia di Ivan di Tarkowskij. Il Giappone rispose con film che sono entrati nella leggenda come I sette samuray, Rashmoon, Trono di sangue, L'impero dei sensi. La Francia combattè la "guerra civile europea" con film come La grande illusione, Alba tragica, Il porto delle nebbie, Les enfants du Paradis, Dio ha bisogno degli uomini, Giustizia è fatta, La verità, Dio creò la donna, Soffio al cuore, Vite vendute, Ascensore per il patibolo, Casco d'oro, Un uomo e una donna.... La Francia ebbe inoltre la fortuna di imbattersi in una coppia di attori composta da Michelle Morgan e da Iean Gabin che era seconda in popolarità solo a Katherine Hephurn e Spencer Tracy e di aver dato i natali alla più affascinante e alla più provocante di tutte le dive di sempre: BB. Come dimenticare la scena dell'incontro di BB con Kurd Jurgens in Dio creò la donna? **** L'Italia rispose con la commedia all'italiana. Essa raggiunse il suo apice con i film di Pietro Germi (Divorzio all'italiana, Signore e sgnori); di Francesco Rosi (Le mani sulla città), Dino Risi (l sorpasso), L. Salce Il federale; nei quali la società italiana o, per meglio dire, l'Italian Way of Life veniva sottoposto ad un nuovo genere di critica non più di carattere ideologico come nel neorealismo, ma morale. Gli italiani cominciavan a porsi il problema etico ed a porsi la domanda su cosa era giusto fare. Per renderci conto di questo fatto pensiamo ad un film come Il medico della mutua. Io all'epoca avevo un medico di base amico di mio padre che aveva più di semila mutuati LETTERATURA E STORIA La pittura, appartenendo al novero delle arti visive, riesce a rendere più facilmente della letteratura l'orrore della guerra e del terrorismo, la medesima osservazione può essere fatta per il cinema. All'alba del primo novembre 1954 una numerosa serie di attentati contro caserme e posti di polizia francesi scuoteva l’Algeria. Gli attentati furono rivendicati dal FLN che propugnava l’indipendenza dalla Francia. Cominciò così la guerra d’Algeria, la più drammatica e sanguinosa delle guerre di “liberazione” del Mediterraneo. La questione era complicata sia dalla ferma volontà del Governo di Parigi di mantenere, per motivazioni di ordine politico ed economico, quel vasto territorio d’oltremare, sia dalla presenza in Algeria di quasi un milione di francesi, i cosiddetti "pied noirs, che non volevano assolutamente staccarsi dalla Madrepatria. Nonostante l’immediata reazione delle forze di sicurezza francesi, l'insurrezione crebbe d'Intenstà, elevando il livello di violenza che toccò il cumine tra il 56-57 nella “Battaglia di Algeri" con l’intervento dei parà del generale Jacques Massu i quali misero in atto una violenta e brutale repressione che, nei mesi successivi, non mancò di turbare molte coscienze democratiche francesi, aprendo un vivace dibattito, dentro e fuori le Aule parlamentari, che era destinato ad acuire la profonda crisi politica nazionale e ad accelerare la fine della Quarta Repubblica. Gillo Pontcorvo dedicò alla battaglia di Algeri un film che venne studiato dai servizi americani di sicurezza durante la guerra in Iraq. BREVE STORIA DELLLA GUERRA FREDDA A quel punto i francesi decisero di mettere lI loro destino nelle mani del gen DE Gaulle. Con il ritorno al potere di De Gaulle la situazione in Algeria, nonostante l’opposizione di alcuni settori oltranzisti, imboccò gradualmente la via (peraltro non senza ostacoli come, ad esempio il tentato golpe di alcuni generali ribelli capitanati dal gen Salan) del negoziato diplomatico. Dopo quasi un anno di trattative fra i rappresentanti del Governo francese e quelli del Governo rivoluzionario algerino, il 18 marzo 1962 furono firmati ad Evian gli Accordi per l’indipendenza dell’Algeria, sancita poi dal voto del luglio 1962. Primo Presidente della Repubblica di Algeria fu Ben Bella, uno dei capi del FLN, cui fece seguito, nel 1965, Houari Boumedienne valoroso combattente della guerra di Liberazione. Destinato a governare a lungo, Boumedienne guidò una radicale trasformazione dell’Algeria in senso decisamente socialista non disgiunta da una marcata arabizzazione e islamizzazione delle varie istituzioni repubblicane. Mentre la guerra di Algeria era in pieno svolgimento, esplodeva la crisi di Suez. Le cause della crisi di Suez vanno ricercate nell’aumento della tensione nell’Oriente mediterraneo provocato anche dall’atteggiamento delle Potenze europee, segnatamente Inghilterra e Francia, in forte ritardo nell’elaborazione politica di rinnovati modelli di relazione con i Paesi arabi di nuova indipendenza che, dal canto loro, rivendicavano la più totale autonomia nelle scelte di schieramento internazionale. Insieme ad altri leader africani ed asiatici, Nasser aveva dato vita al movimento dei Paesi “non allineati” (rispetto ai due Blocchi contrapposti americano e sovietico) caratterizzati da un forte impegno”neutralista”, anticolonialista ed imperialista. Percepiti (proprio per questa loro forte caratterizzazione) come potenziali “nemici” delle Potenze europee, i Paesi “non allineati” erano invece guardati con simpatia dall’Unione Sovietica, all’epoca autoproclamatasi “nume tutelare” di tutti i movimenti che nel mondo lottavano contro l’imperialismo occidentale. Il timore nutrito da larga parte degli ambienti politici e finanziari occidentali nei confronti di Nasser, sempre più “neutralista” militante, furono alla base, nel luglio 1956, del “ritiro” di un piano americano di cospicui aiuti promessi all’Egitto per la costruzione ad Assuan della grande diga sul Nilo (opera pubblica di vitale importanza per lo sviluppo economico del Paese). Nasser rispose colpendo al cuore la più emblematica immagina dell’Occidente nel Mediterraneo orientale. E così, il 26 luglio 1956, Nasser nazionalizzava la potente Compagnia anglo-francese che da quasi un secolo gestiva il Canale di Suez. Le cronache dell'epoca raccontano che i paracadutisti francesi imbarcandosi sulle navi che li avrebbero portati a casa dall'Algeria, cantavano in coro una famosa canzone della Piaf: "Rien/rien de rien/rien/ je ne regrette rien". ll suono nasale della parola francese rien (nulla, niente) imprimeva alla canzone una forza inaudita di suggestione. Teorico militare, il gen De Gaulle era autore di un manuale sull'utilizzo dei carri armati sul quale s'erano formati molti ufficiali tedeschi fra i quali c'era il generale Guderian che, come scrisse il più grande teorico miitare britannico del XX secolo Basil Liddle-Hart, per nostra fortuna, non venne ascoltato da Hitler (B. Liddle Hart Generali di Hitler, Rizzoli). Dopo la caduta della Francia nelle mani dei nazisti, De Gaulle aveva creato un governo in esilio, mentre in Francia i nazisti creavano la repubblica di Vichy. La Francia occupata dai nazisti era quella che Truffaut descrisse in L'ultimo metrò. Portata a termine la sua missione di liberare la Francia, egli si ritirò nella sua residenza di campagna a Colombéyès les deux églises, con la moglie che secondo le male lingue era arrossita a leggere il romanzo Il riposo del guerriero. De Gaulle diede alla Francia una nuova costituzione che molti giudicarono autoritaria (A. Wert La repubblica dun uomo, Einaudi). Il vocabolario della politica si arricchì di un neologismo: gollismo. Originato dalla crisi della vita parlamentare durante la IV Repubblica francese, il gollismo si è caratterizzato in politica estera come opposizione al sistema mondiale fondato sull’equilibrio delle due superpotenze USA e URSS, in nome di un rinnovato nazionalismo francese, non privo di aspirazioni europeistiche. In politica interna, il gollismo ha messo al centro di propri interessi, il rafforzamento dell’esecutivo e sulla sfiducia verso i partiti tradizionali; ha cercato inoltre di elaborare una concezione dei rapporti sociali ed economici incentrato sulla ‘partecipazione’ delle forze produttive alla gestione economica e politica del paese.Il gollismo era una forma di nazionalismo imperniato sulla personalità del capo, il generale de Gaulle. Di lì a qualche anno il vocabolario politico della guerra fredda si sarebbe arricchito di un nuovo temine, "goldwaterismo" dal nome del politico americano che lo propugnò. Esso venne interpretato da qualche studioso, come il grande economista polacco Michal Kalecki, come la forma americana del neofascismo (M. Kalecki Sul capitalismo contemporaneo, Editori Riuniti). Il momento più difficile della Guerra fredda è rappresentato dalla crisi dei missili installati dai russi a Cuba (R. Kennedy I tredici giorni della crisi di Cuba, Garzanti). L’isola di Cuba è retta dal 1940 da Fulgencio Batista. Il regime di Batista è uo regine repressivo e corrotto ed è sostenuto dagli USA, che hanno il controllo pressoché totale dell’economia (innanzitutto della produzione dello zucchero, la grande ricchezza del paese) e delle infrastrutture e che da sempre considerano l’isola (e tutta l’area caraibica) fondamentale per la propria sicurezza. Il movimento per abbattere Batista, d’ispirazione nazionalista e radicale, dopo aver tentato un’insurrezione nel 1953 (assalto alla caserma Moncada) dà vita a una guerriglia, guidata da Fidel Castro, che incontra sempre più consensi fra la popolazione e spinge gli Stati Uniti, alla fine del 1958, a sospendere gli aiuti militari all’impopolare dittatore. Ai primi di gennaio 1959, Castro assume il potere, prontamente riconosciuto dagli USA (7 gennaio). Ad aprile, Castro si reca a Washington per sollecitare aiuti per lo sviluppo, senza ottenere risultati soddisfacenti; a giugno, approva una riforma agraria che prevede l’esproprio di grandi proprietà statunitensi. Il radicalismo delle riforme e dei leader cubani (fra cui Ernesto Che Guevara), l’attacco agli interessi americani, gli accordi commerciali con l’URSS (1960) accrescono la diffidenza e i timori americani di ‘un cambiamento di campo’ dell’isola e portano D. Eisenhower, ormai alla fine del mandato, a rompere le relazioni diplomatiche (gennaio 1961). Il processo di avvicinamento tra il governo cubano e l’URSS accelera dopo il fallito sbarco (autorizzato da J. F. Kennedy, presidente da tre mesi) di esuli cubani anticastristi alla Baia dei Porci (aprile 1961), anche se solo nell’agosto 1962, dopo essere stato sospeso dall’OSA (Organizzazione degli Stati Americani), Castro si proclama marxista-leninista e partner politico dell’URSS. Nell’ottobre del 1962, voli di ricognizione compiuti da U-2 americani su Cuba rivelano che i sovietici stanno installando basi missilistiche. Le basi non sono ancora operative (la maggior parte degli armamenti in rotta verso l’isola sono ancora in mare), ma i missili con testate nucleari a raggio medio e intermedio, una volta istallati, saranno in grado di colpire le principali città della costa orientale degli USA. Il 16 ottobre 1962, il presidente J. Kennedy costituisce un Comitato esecutivo del Consiglio di sicurezza nazionale che rimarrà in sessione segreta per tutti i giorni della crisi. All’interno del Comitato si confrontano le posizioni di chi sostiene la necessità di una soluzione militare (invasione di Cuba o incursioni aeree per distruggere le basi missilistiche) e di chi caldeggia una soluzione diplomatica. Kennedy sceglie la via di una fermezza che lasci margini di trattativa: intima a Mosca di ritirare i missili, allerta le forze nucleari americane e ordina il blocco navale intorno all’isola caraibica per impedire lo sbarco di altre armi. La sera del 22 ottobre 1962, attraverso le radio e le televisioni, J. F. Kennedy informa la nazione della “esplicita minaccia alla pace e alla sicurezza di tutti gli americani”, lanciata dall’URSS. L’appello, drammatico e sconvolgente, prospetta l’ipotesi di un conflitto nucleare (“Non rischieremo prematuramente e senza necessità una guerra nucleare mondiale dopo di cui anche i frutti della vittoria sarebbero cenere sparsa sui nostri cadaveri; ma nemmeno indietreggeremo di fronte a un tale rischio”). Dopo alcuni giorni in cui il mondo resta con il fiato sospeso per il timore di precipitare in una guerra nucleare, le navi sovietiche in viaggio per Cuba invertono la rotta e Mosca accetta di smantellare le basi missilistiche in cambio dell’impegno americano a non invadere l’isola. La crisi si chiude anche con un accordo informale per il quale Washington si impegna a smantellare i missili Jupiter dalla Turchia e dall’Italia. Ancor oggi non sono chiare le ragioni sovietiche dell’installazione dei missili a Cuba e il dibattito storiografico rimane aperto, complici la complessità degli eventi e la molteplicità degli interessi in gioco. È stata una mossa per contrastare il predominio americano nei Caraibi e portare sul suolo americano lo scontro tra i due blocchi? Si voleva raddoppiare il numero di missili sovietici in grado di colpire gli Stati Uniti? È stato un tentativo di recuperare il gap missilistico ormai svelato dai voli di ricognizione compiuti da U-2 americani sul territorio dell’URSS (a seconda dei calcoli il numero di armi nucleari utilizzabili dagli USA era da otto a diciassette volte maggiore di quello dell’URSS)? Si voleva favorire la diffusione della rivoluzione in America Latina? Si voleva, come ha sostenuto Chruščёv, difendere Cuba da un’imminente invasione americana? Effettivamente, l’amministrazione Kennedy continuava nel suo tentativo di destabilizzare il regime cubano (Operazione Mongoose), ma la protezione di Cuba richiedeva l’impiego di missili nucleari? Dopo la crisi di Cuba, anche se la corsa agli armamenti nella logica della deterrenza continua, la guerra fredda oscilla più decisamente verso la distensione pur con periodiche tentazioni destabilizzanti. Nel 1963, quasi un simbolo del nuovo clima, viene creato un “filo rosso” per la comunicazione diretta tra il Cremlino e la Casa Bianca e a Mosca viene siglato il primo accordo per la sospensione degli esperimenti atomici nell’atmosfera.Secondo alcuni calcoli, dal 1945 al 1963, vi sono stati 416 esperimenti atomici americani ‘ufficiali’ e 126 sovietici. Un tentativo di dirimere la controversia venne intrapreso anche da papa Roncalli il quale aveva al suo attivo la Pacem in Terris, la Mater et magistra e il lavoro di preparazione del Concilio vaticano II. Contemporaneamente alla crisi algerina la Francia aveva dovuto afffrontare la crisi indocinese. L'Indocina è una vasta penisola del sudest asiatico chiamata anche, meno propriamente, India Posteriore. Con l’Indonesia s’interpone tra l’Oceano Indiano e il Pacifico formando un gigantesco ponte tra la parte continentale dell’Asia e l’Australia. Suoi caratteri salienti sono: la frammentarietà del rilievo; il contrasto tra il nucleo, che si salda al resto del continente, e la parte peninsulare, che nella Penisola di Malacca si restringe a pochi chilometri in corrispondenza dell’Istmo di Kra; la presenza di alcune pianure alluvionali favorevoli alle colture e l’esistenza di zone di rifugio nei monti più isolati; il sovrapporsi di popoli venuti da N in ondate successive, che ha creato un confuso miscuglio etnico; la suddivisione in più Stati (Cambogia, Laos, Malaysia, Myanmar, Singapore, Thailandia e Vietnam). L’ossatura del rilievo è costituita dalla Catena Centrale, che ha inizio nello Yunnan, attraversa la Penisola di Malacca e continua nelle Isole della Sonda; è composta da più dorsali disposte a quinte. A O si svolge parallela la catena dei Monti Arakan, che le isole Nicobare e Andamane collegano a Sumatra, a E la catena dell’Annam. Notevole è il contrasto morfologico tra gli altipiani dell’interno e le parti periferiche caratterizzate da valli anguste e gole incassate. L’I. è attraversata da tre lunghi fiumi, Irrawaddy, Chao Phraya e Mekong, diretti da N a S. Nel corso montano traversano gole molto incassate, che rendono difficili le comunicazioni da O a E e viceversa, offrendo invece vie naturali di traffico con la Cina. Il clima ha caratteri tropicali, tanto più spiccati quanto più ci si sposta verso S. Predomina la circolazione monsonica. A S le piogge sono continue nel corso dell’anno (clima equatoriale), a N l’anno risulta nettamente diviso in un periodo piovoso (da maggio a novembre) e in un periodo asciutto. Anche la vegetazione e la fauna hanno caratteristiche tropicali. Lo spezzettamento etnico dell’Indocina risultante della sovrapposizione e della fusione di immigrazioni di popoli diversi. I più antichi abitatori sembrano essere stati i Cham, un tempo costituiti in uno Stato potente (Champa), e il gruppo dei Mon-Khmer, distribuiti in tutta l’Indocina. Le civiltà Cham e Mon-Khmer, influenzate da quella indiana, cedettero sotto i colpi di popoli indocinesi e degli Annamiti. I primi Indocinesi in senso proprio appartenevano al ramo tibeto-birmano; un altro ramo è costituito dai Sinosiamesi e comprende i karen/">Karen e i Taungthu (Myanmar), gruppi più antichi, e i Thai. L’invasione dei Thai, dalla Cina di SO, ebbe notevoli conseguenze, perché questi avevano raggiunto già nelle loro terre di origine un elevato grado di civiltà caratterizzata dall’agricoltura all’aratro e dall’irrigazione artificiale; essi, con gli affini Lao, costituiscono l’odierna popolazione della Thailandia. Gli Annamiti, giunti ultimi, sembra provengano da un ceppo assai vicino ai Thai. Originari della pianura deltizia del Song Coi (Fiume Rosso), essi discesero al Sud invadendo lo Stato dei Cham che riuscirono, dopo aspre, secolari lotte, a distruggere nel 15° sec.; poi conquistarono (1690 ca.) la Cocincina, e si rivolsero contro gli Khmer della Cambogia Al gruppo delle lingue indocinesi si attribuisce la maggior parte degli idiomi dell’Asia sud-orientale. Le caratteristiche su cui si basa l’ipotesi di un’unità originaria, quindi la tesi di un gruppo di famiglie, sono la tendenza al monosillabismo e alla riduzione della morfologia, la presenza di toni musicali che influiscono sul vocalismo e consonantismo. Il gruppo occidentale o tibeto-birmano comprende varietà dialettali parlate su un’area estesa dal Tibet alla Birmania, al Baltistan e alla provincia cinese di Yunnan e si divide in sette sottogruppi: tibeto-himalaiano; dell’Assam settentrionale; bodo/">bodo; nāgā; kachin/">kachin; kuki-chin; birmano. In queste lingue la categoria del genere è sconosciuta e quella del numero inusitata; il plurale si esprime aggiungendo al nome numerali o aggettivi; i rapporti causali sono indicati solo raramente con affissi o per lo più con posposizioni. Il gruppo orientale, o sino-siamese, si divide in tre sottogruppi: thai, karen e cinese. La più spiccata caratteristica è il sillabismo assoluto. Il sottogruppo thai comprende il thai o siamese e vari dialetti affini. Il sottogruppo karen include tre dialetti parlati dai Karen del Siam, del Pegu e della Birmania settentrionale; il sottogruppo cinese comprende il cinese, lingua letteraria di grande antichità parlata, in numerose varietà dialettali, in Cina, in parte della Manciuria, della Mongolia e Corea. Il supporto settentrionale, o ienisseiano, è ridotto a un modesto residuo. L’Indocina fu conosciuta in Europa per le notizie datene da Marco Polo (13° sec.), da Niccolò dei Conti (prima metà del 15° sec.), dai navigatori portoghesi, e infine dai missionari, soprattutto gesuiti, che la visitarono e la illustrarono. Nel 17° sec. vi ebbe notevole sviluppo la penetrazione francese, voluta da J.-B. Colbert, sotto i cui auspici sorse la Société des missions étrangères. Nel 1787 il re della Cocincina stipulò un patto con la Francia che, in cambio di privilegi commerciali e cessioni territoriali, concesse aiuti militari e finanziari. Nel secolo successivo la Francia riprese la penetrazione nel territorio e ottenne il protettorato della Cambogia (1860), e poi del Tonchino e dell’Annam (1885). Nel 1887 era creata l’I. Francese che amministrava Cocincina, Cambogia, Annam e Tonchino, a cui nel 1893 si unì il protettorato del Laos. Il crollo della Francia nella Seconda guerra mondiale ebbe ripercussioni decisive anche nell’I. Francese, che nel 1941 fu occupata dal Giappone, pur rimanendo formalmente sotto la sovranità francese espressa dal regime di Vichy fino al 1945, quando il Giappone proclamò l’indipendenza della nuova unità politica denominata da allora Vietnam, con Bao Dai imperatore. Il crollo giapponese determinò di riflesso il caos politico ed economico della penisola. Dopo l’abdicazione di Bao Dai (26 agosto 1945), il Viet-minh, la Lega per l’indipendenza del Vietnam guidata da Ho Chi-minh che aveva fino allora combattuto contro le forze giapponesi di occupazione e l’amministrazione francese, occupata Hanoi, proclamò la Repubblica indipendente del Vietnam .(S.Karnow Storia della guerra del Vietnam. Rizzoli) La Conferenza di Potsdam (luglio 1945) aveva deciso l’occupazione dell’I. da parte delle truppe cinesi al Nord e di quelle britanniche al Sud, con una divisione al 16° parallelo. (M. Gilbert La grande storia della Seconda guerra mondiale Mondadori ) restituendo i territori ai Francesi questi, riconquistata Saigon, nel febbraio 1946 rioccuparono in gran parte l’Annam meridionale e la Cocincina, mentre il Viet-minh resisteva a N. Il 6 marzo 1946 un patto tra Ho Chi-minh e la Francia sancì il riconoscimento dello Stato libero del Vietnam nell’ambito della Federazione indocinese, inquadrata nell’Unione Francese (istituita nel 1946 come evoluzione dell’impero coloniale). Ma l’accordo si rivelò inoperante e la sostituzione delle truppe cinesi di Jiang Jieshi con quelle francesi a N del 16° parallelo (ai termini del trattato del 6 marzo) fu seguita da un’intensificata lotta partigiana e sul piano diplomatico dall’irrigidimento di Ho Chi-minh che portò al fallimento delle trattative franco-vietnamite a Dalat e a Fontainebleau. Nel novembre 1946 la cruenta repressione del moto popolare suscitato dal tentativo francese d’imporre nel porto di Haiphong pesanti misure doganali diede inizio alla guerra aperta. Mentre Ho Chi-minh tentava di realizzare una politica di unione nazionale, nel 1948 la Francia riconobbe l’indipendenza del Vietnam (Annam, Tonchino e Cocincina), con a capo Bao Dai, che s’impegnò ad aderire all’Unione Francese, della quale facevano già parte anche Laos e Cambogia, La guerra s’inseriva nel più vasto conflitto in atto in Estremo Oriente, divenendo problema diplomatico di rilievo internazionale. Mentre gli USA intervenivano nella questione dell’I. Francese dichiarando il loro interesse al mantenimento dello status quo in quel settore, la Repubblica democratica del Vietnam fu ufficialmente riconosciuta dall’Unione Sovietica e dagli altri Stati comunisti. La guerra conobbe una svolta importante dopo la vittoria di Mao Zedong in Cina: il Viet-minh dispose allora dei rinforzi materiali e tecnici oltre che dell’URSS, anche della Repubblica popolare di Cina, mentre l’onere finanziario richiesto alla Francia dalla sua politica indocinese era enorme. L’esercito del Viet-minh riportò nel 1952 decisivi successi; la richiesta francese di un intervento anglo-americano diretto fu respinta per evitare analoga iniziativa cinese. Una nuova offensiva militare, sferrata dopo l’armistizio in Corea (giugno 1953), si concluse vittoriosamente (maggio 1954) intorno al campo trincerato di Dien bien phu. Seguì la Conferenza di Ginevra per l’I. Francese: l’accordo per l’armistizio sancì la spartizione del Vietnam lungo il 17° parallelo, con la parte settentrionale sotto il controllo del regime comunista del Viet-minh e a S della linea di demarcazione le truppe francesi e quelle dello Stato del Vietnam; elezioni entro il luglio 1956 nelle due parti per giungere a un governo unificato; riconoscimento dell’indipendenza e integrità della Cambogia e del Laos. Le elezioni per la riunificazione del paese non furono mai convocate; nel Vietnam del Sud fu proclamata la Repubblica e nel 1956 le truppe francesi furono ritirate. La sconfitta militare francese in Indocina fu opera del gen Nguien van Giap che vent'anni dopo caccerà gli americani da Saigon. A Ettore Mo del Corsera poco prima di morire, Giap disse che il generale Westmorleand, comandante del corpo di spedizione, americano, era uno degli uomini più intelligenti che egli avesse conosciuto. Il motivo della sua sconfitta era da individuarsi nel fatto che egli non aveva capito il Vietnam. Un valente orientalista francese, Jean Chesneaux vedi il suo libro L'Asia orientale nell'epoca dell'imprialismo, pubblicò nel 1967 un saggio che diventò un best seller a livello mondiale il cui titolo recitava: Perché il Vietnam resiste. (Einaudi). Credo che una migliore conoscenza dei propri avversari avrebbe fatto risparmiare agli Usa le vite di molti giovani americani e avrebbe consentito a Johnson di vincere le elezioni presidenziali del 1968 risparmiando al GOP la figuraccia del Watergate. Senza Watergate non sarebbe comparsa la nuova stella del giornalismo americano, Bob Woodward, il quale, giunto all'età della pensione raccontò finalmente la verità su "Gola profonda", il quale era un funzionario della CIA che Bob Woodward aveva conosciuto durante il servizio militare da lui prestato come guardiamarina. Insomma, per dirla tutta, lo scandalo del Watergate fu una messa in scena della CIA per far fuori Nixon e quello che passò alla storia come il caso più famoso del cosiddetto "giornalismo investigativo americano" non fu altro che una "bufala" del quotidiano della capitale degli USA, The Washington Post. Per amore della verità non si può parlare di Bob Woodward senza ricordare che egli fu sempre a servizio del potere e che solo di fronte alla disfatta americana in Iraq, si decise a dire la verità sulla guerra, su chi l'aveva voluta e sugli errori che erano stati compiuti dal Pentagono nel condurla (B. Woodward State of Denial, Simon & Schuster). Diversamente, però, da Peter W. Galbraith, figlio del famoso economista liberal John Kenneth, il quale nel libro The End of Iraq analizza citando le proprie fonti, il modo in cui gli USA avevano distrutto il paese che volevano liberare, Woodward nel suo libro non cita alcuna delle fonti delle sue informazioni come se fosse ancora al servizio di "Gola profonda" e di coloro che inscenarono lo scandalo del Watergate. Di ben altra natura fu il caso di Daniel Ellsberg il quale fotocopiò migliaia di pagine di documenti segreti del Pentagono che egli poi passò a The New York Times. (The New York Times I documenti segreti del Pentagono sulla guerrra in Vietnam, Garzanti). Al processo intentatogli dal governo americano, il tribunale affidò la perizia sui documenti allo storico radicale Howard Zinn che raccontò nella sua deposizione la vera storia della guerra in Vietnam così come emerge dai documenti del Pentagono (H. Zinn Deposizione al processo Ellsberg, in id Disobbedienza e democrazia, Il saggiatore). Alla luce del racconto di Zinn sulle origini della guerra in Vietnam ricostruite sulla base dei documenti segreti del Pentagono e del racconto di Galbraith (P. Galbraith La fine dell'Iraq, Mondadori) sul modo in cui gli Usa hanno gestito il dopoguerra in Iraq, non possiamo non porci una domanda: "In che mani siamo?" GUERRA FREDDA E CULTURA Nel frattempo in Cina era scoppiata a Rivoluzione culturale lanciata da Mao con il suo famoso discorso intitolato: Bombardate il quartier generale. Il CEO della Rivoluzione culturale Lin Biao aveva elaborato una teoria che si basava sulla divisione del mondo tra le città (i paesi capitalistici avanzati) e le campagne (i paesi del Terzo mondo). La Rivoluzione culturale causò la fine del maoismo. Essa produsse infatti una situazione caotica che a sua volta generò una reazione che riportò al potere Deng Xiaobing, il quale lanciò la Cina sulla via che l'avrebbe portata a instaurare una forma affatto nuova di capitalismo. Per Deng importante non è il colore del gatto, importante è che acchiappi i topi. In Cina, per decenni s'erano cntrapposte due linee di politica economica (E. Sarzi Amadè Due linee nell'economia cinese, Angeli). Queste due linee avevano dei loro sostenitori anche nel nostro paese. Come tutti quelli della mia generazione, ero stato abituato a considerare il capitalismo come una forma economica tipica delle democrazie occidentali e non compresi subito quello che accadeva in Cina. Io non ero mai stato un "maoista", tuttavia avevo sempre considerato Mao un marxista. Lo dimostravano i suoi scritti teorici. "La conoscenza, aveva scritto Mao nel suo saggio sulla prassi, comincia con la pratica" (Mao tse-dung Opere scelte, vol. I, a cura del PCC, Pechino, Edizioni in lingue estere). Sembrava di leggere le Tesi su Feuerbach di Marx. Come accadde a molti leaders politici, una volta giunto al potere, Mao perse il lume della ragione e commise un errore dietro l'altro: il grande balzo in avanti del 1958, la campagna per la creazione delle comuni ... (Alta marea nelle campagne cinesi, a cura di Lisa Foa, Feltrinelli). Immutata era rimasta per contro la sua abilità di propagandista. Penso ai titoli di certi suoi articoli: Una scintilla può incendiare la prateria. Camminare con due gambe, Com Yukun spostò le montagne... (E. Collotti Pischel Le origini culturali della rivoluzione cinese, Einaudi; id. La rivoluzione cinese, Editori Riuniti. E. Masi Lettura delle posizioni cinesi, Einaudi; id. La rivoluzione cinese, Laterza). In realtà, si seppe sempre molto poco di quello che accadeva in Cina. Ciò permise a molti intellettuali di sinistra di difendere la Rivoluzione culturale in nome della difesa del socialismo. Una cosa analoga era accaduta in Unione sovietica al tempo di Stalin. *** La rivoluzione bolscevica venne definita i vari modi. Il giovane Gramsci, in un articolo su Ordine nuovo definì la rivoluzione bolscevica "Una rivoluzione contro Il capitale", cioè, una rivoluzione contro le previsioni di Marx che non aveva mai creduto possibile una rivoluzione socialista in un paese arretrato (H. Carrére d'Encausse, J. Stuart Schramm Marx, Engels e la rivoluzione nei paesi arretrati, Il saggiatore). Leone Trockcij la definì, una "rivoluzione tradita". Isaac Deutscher la definì "incompiuta". Nel campo dell'arte, nel campo della musica le opere incompiute sono spesso dei capolavori. Pensiamo alla Incompiuta di Schubert, alla Pietà Rondanini di Michelangelo. Ciò non vale nel campo della politica. Più in generale potremmo dire che in Russia non c'erano le condizioni oggettive e soggettive della rivoluzione socialista. Lenin era cosciente di questo fatto e aveva inventato una teoria secondo la quale la coscienza di classe doveva essere portata al proletariato dall'esterno. Ad essa, Lenin aveva abbinato la teoria del partito come avanguardia formata da rivoluzionari di professione (V. Lenin Che fsare? in id Opere scelte, v. 1, Editori Riuniti). Per essere chiari, la teoria di Lenin non aveva niente a che fare con la teoria di Marx. (G.M Bravo Marx e la Prima internazionale, Laterza). Per Marx la rivoluzione era il punto di arrrivo di un processo storico che attraverso lo sviluppo delle forze poduttive e culturali aveva creato le condizioni per il "superamento" della società borghese e l'instaurazione di nuovi rapporti sociali (K. Marx Prefazione a Per la critica della economia politica, Editori Riuniti). Ciò che propugnava Lenin era una rivoluzione dall'alto in nome di quella che che sarà poi chiamata "autonomia del politico". Stalin non ci mise nulla di suo dal punto di vista teorico. Teoricamente lo stalinismo ebbe il suo fondamento teorico nel leninismo. Stalin ci mise la sua malvagità. E'difficile credere, come mi disse una volta Vittorio Foa, che Togliatti non fosse a conoscenza dei crimini di Stalin ed è pure difficile credere che i comunisti italiani non sapessero che la pianficazione sovietica non funzionava e che gli alti tassi di crescita della economia sovietica non riflettevano la realtà di un'economia che aveva degli spaventosi buchi neri dovuti dalle scelte del PCUS che miravano a fare dell'URSS una grande potenza militare. Ciò aveva sempre penalizzato il settore dei beni di consumo e l'agricoltura. *** Negli Anni Venti, in Unione sovietica c'era stato un acceso dibattito sull'industrializzazione (N. Spulber, a cura di, Il dibattito sovietico sulla industrializzazione, Einaudi; A. Erlich Il dibattito sulla industrializzazione in Unione sovietica, Laterza). Il dibattito era complesso e verteva i settori che andavano sviluppati per primi. Secondo Evgenij Preobrazensky, i settori che andavano sviluppati per primi erano quelli dell'industria pesante e per poter fare una cosa del genere occorreva trarre risorse dalla agricoltura (E. Prebrazenskij La nuova economia, Jaca book). Affatto diversa era la posizione di Bucharin. Per Bucharin, la parola d'ordine da rivolgere ai contadini era "Arricchitevi". Solo una agricoltura sviluppta avrebbe potuto fornire alle città i prodotti di consumo richiesti e chiudere così la "crisi delle fobici" tra prezzi agricoli in salita e prezzi industriali in discesa. (N. Bucharin, E. Preobrazenskij L'accumulazione originaria socialista" a cura d L. Foa, Editori Riuniti). Alla fine, vinsero gli "industrializzatori ad oltranza" come Kujbiscev (V. Kujbiscev Scritti e discorsi sulla pianificazione, Feltrinelli), i sostenitori dei cosiddetti "piani tesi" (S. Strumilin L'economia sovietica, Editori Riuniti), i quali non tenevano conto del monito di Nicolai Ivanovic Bucharin, il quale in un articolo del 1927 affermò che non si può costruire con i mattoni del futuro (N. I. Bucharin Note di un economista all'inizio dell'anno economico, in Spulber cit.). Nel 1972 lo storico dissidente sovietico Roy Medevedev pubblicò una storia dello stalinismo che per la prima volta riferiva dei dati credibili i quali dimostravano che i critici delle statistiche sovietiche non avevano tutti i torti e che la pianificazione era molto meno effficiente di quello che si pensasse in Occidente. Secondo Ludwig von Mises ciò dipendeva dal fatto che in URSS non esisteva un coomia di mercato, ma una economia pianificata centralmente e ci rendeva impossibile la foazione di un sistema razionale dei prezzi. (L. vov Mises Socialismo, Rusconi). *** Nel 1976, Medvedev pubblicò un libro in cui si chiedeva se la rivoluzon russa fosse ineluttabile (R. Medvedev La rivoluzion russa era ineluttabile? Editori Riuniti). Per questa via, Medevdev ripropose un problema sul quale la sinistra aveva lungamente discusso tra Ottocento e Novecento. In altre parole, si trattava di capire se la storia andava considerata, per usare le parole di Condorcet come la "storia dei progressi dello spirito umano" (Editori Rinuniti); ovvedro, per usare le parole di Adam Fergusson, come una serie di stadi che l'umanità aveva superato passando dalla barbarie primitiva alla civiltà borghese; oppure, se essa andava considerata una " possibilità" alla Benjamin (W. Benjamin Tesi di filosofia della storia, iid Angelus Novus, Einaudi). *** Di lì a poco, esplose il fenomeno del dissenso sovietico.( R. Medevdev Il dissenso sovietico, Einaudi). L'atteggiamento della sinistra italiana fu esremamente ambiguo. Né avrebbe potuto essere diversamente. Oggi tutto ciò fa parte di un passato di cui nessuno si augura un ritorno. Nello stesso tempo, chiunque un po' di sale in zucca non può non rendersi conto che la macanza di rigore intellettuale e morale ci sta portando verso il baratro. L'origine di questa mancanza di rigore morale risiede nel fatto che, per usare una espressione cara a Weber, nella cultura italiana non esiste il concetto luterano di beruf inteso come vocazione e/o professione. *** Nietzsche in Al di là del bene e del male definisce il Cristianesimo una religione del ressentiment. Nella predicazione di Gesù non v'era ressentiment. Gesù disse: "Date a Cesare quello che è di Cesare, date a Dio quello è di Dio". "Beati gli ultimi perché saranno i primi, beati gli assetati di giustizia perché saranno dissetati". E, soprattutto,"Ama il prossimo tuo come te sesso". Questa affermazione di Gesù mi porta alla memoria, una famosa massima di Kant contenuta in Fondazione della metafisica dei costumi. Per Kant non vi è alcun merito nell'amare i propri genitori. Gesù andò oltre e ci invitò ad amare i nostri nemici. (E. Bianchi La differenza cristiana, Einaudi) Albert Camus era morto nel 1957 in un incente automobilistico. appena ricevuto il Nobel per la letteratura. Sartre lo rifiutò qualche anno dopo. Per Sartre, Camus non capiva un accidente di filosofia e, in effetti gli scritti teorici di Camus lasciano spesso a desiderare, come lasciano a desiderare i romanzi di Sartre. Essi sono infatti dei romanzi a tesi, scritti con la testa. Essi mancano di ispirazione. Qualcuno potrebbe ribattere che anche le Affinità elettive di Goethe, L'educazione sentimentale di Flaubert, Moby Dick di Melville. sono romanzi a tesi. I loro autori, però, a differenza di Sartre sapevano scrivere. Simone de Beauvoir scriveva molto meglio di Sartre. E' difficile parlare della morte della propria madre. In Una morte dolcissima Simone de Beauvoir riesce a portare a termine l'impresa. Dal romanzo emerge il grande rispetto intellettuale di Simone de Beauvoir per Sartre. Per lei Sartre era Sartre anche quando gli succhiava l'uccello. Meglio ancora di Sartre scriveva Françoise Sagan. Il capolavoro della Sagan è Bonjour tristesse. La Sagan indovinò il soggetto, la trama, lo stile. Confrontato con Bonjour tristesse, anche un bel romanzo come Un po' di sole sull'acqua gelida diventa un romanzetto. André Gide avrebbe potuto diventare un moderno Balzac, ma restò prigioniero del genere che l'aveva reso famoso. L'immoralista, La porta stretta, Nutrimenti terrestri, Se il grano non muore, sono dei bei romazi, ma sono comunque romanzi di genere. Il più grande scrittore francese del 900 rimane, dispiace dirlo, quel fottuto nazista di Celine. La prosa di Celine ha qualcosa di unico, di speciale. - Allez-vous-en tous ! Allez rejoindre vos régiments ! Et vivement ! qu’il gueulait. - Où qu’il est le régiment, mon commandant ? qu’on demandait nous… - Il est à Barbagny. - Où que c'est Barbagny ? - C'est par là ! » Par là, où il montrait, il n'y avait rien que la nuit, comme partout d'ailleurs, une nuit énorme qui bouffait la route à deux pas de nous et même qu'il n'en sortait du noir qu'un petit bout de route grand comme la langue. Allez donc le chercher son Barbagny dans la fin d'un monde ! Il aurait fallu qu'on sacrifiât pour le retrouver son Barbagny au moins un escadron tout entier ! Et encore un escadron de braves ! Et moi qui n’étais point brave et qui ne voyais pas du tout pourquoi je l'aurais été brave, j'avais évidemment encore moins envie que personne de retrouver son Barbagny, dont il nous parlait d'ailleurs lui-même absolument au hasard. C'était comme si on avait essayé en m'engueulant très fort de me donner l'envie d'aller me suicider. Ces choses-là on les a ou on ne les a pas. De toute cette obscurité si épaisse qu'il vous semblait qu'on ne reverrait plus son bras dès qu'on l'étendait un peu plus loin que l'épaule, je ne savais qu'une chose, mais cela alors tout à fait certainement, c'est qu'elle contenait des volontés homicides énormes et sans nombre. Cette gueule d'État-major n'avait de cesse dès le soir revenu de nous expédier au trépas et ça le prenait souvent dès le coucher du soleil. On luttait un peu avec lui à coups d'inertie, on s'obstinait à ne pas le comprendre, on s'accrochait au cantonnement pépère tant bien que mal, tant qu'on pouvait, mais enfin quand on ne voyait plus les arbres, à la fin, il fallait consentir tout de même à s’en aller mourir un peu ; le dîner du général était prêt. Céline, Voyage au bout de la nuit, Gallimard ©