mercoledì 9 marzo 2016

Ricordando con rabbia 6


 Corrado Bevilacqua

Una delle ultime sere di Carnevale


Lo storico democristiano Pietro Scoppola definì la repubblica italiana "la repubblica dei partiti". La Costituzione del 1948 affidava infatti ai partiti il compito di indirizzare la politica italiana. Ciò conferiva al Parlamento il ruolo di istituzione fondamentale della politica italiana e faceva della repubblica italiana una repubblica parlamentare. (P. Scoppola Il patto costituzionale in R. De Felice, V. Castronovo, P. Scoppola L'Italia dl Novecento, Utet).  In realtà, come scrisse Giorgio Galli, il sistema politico italiano era fondato su una sorta di "bipartitismo imperfetto" poiché i due maggiori partiti (il PCI e la DC) che avrebbero dovuto  realizzare quell' alternanza politica che è la condizione base del buon funzionamento di una democrazia non venne mai realizzata a causa della incompatibilità ideologica dei suddetti partiti. (G. Galli Bipartitismo imperfetto, Il mulino;  id Storia dei partiti politici italiani, Rizzoli: id Storia della Dc, Laterza).

Crollata per varie e complesse ragioni la prima repubblica (A. Lepre Storia della Prima repubblica, Il mulino) la repubblica italiana da  parlamentare è diventata dapprima una oligarchia ed ora è in mano a dei puri e semplici demagoghi. La democrazia è un'altra cosa. Democrazia è governo del popolo, con il popolo, sul popolo, per il popolo. In Italia, il popolo è comparso. Unico paese la mondo, il popolo non  va infatti a votare per dei partiti e per i loro programmi, ma per degli individui che hanno costruito delle proprie organizzazioni, senza alcuna base popolare; ma semplici macchine destinate a raccogliere voti che non vengono dati ad un programma, ad una storia politica, ad una cultura politica, ma che vengono dati a dei singoli individui, i quali non devono rispondere a nessuno.

Essi, infatti, non rappresentano nessuno. Essi rappresentano solo se stessi e chiedono il voto non in quanto rappresentanti di un partito ed in nome di un certo programma; ma in nome della propria capacità di presentarsi agli elettori come rappresentanti del loro mal di pancia. Fare politica, però, è un'altra cosa. Il vero politico non parla alla pancia degli elettori, ma al loro cervello e lo fa in nome di un programma politico e di una propria storia politica.

La politica non è una cosa da comici o da pubblici ministeri. E' una cosa da politici, dove essere dei politici, non vuol dire essere degli improvvisatori, ma vuol dire essere dei profondi conoscitori dei meccanismi della politica, delle istituzioni, del loro funzionamento; in modo da essere in grado, all'occorrenza, di trasformarle. Vuol dire  avere un programma politico pensato in tutti i suoi aspetti.

Oggi, succede che uno dei contendenti si alza alla mattina e sì inventa una proposta da lanciare nel discorso che terrà il pomeriggio davanti a un pubblico di scimmie. Questa non è politica. Questa è demagogia, parola d'origine greca con la quale si indica la pratica politica tendente a ottenere il consenso delle masse lusingando le loro aspirazioni, specialmente economiche, con promesse difficilmente realizzabili. La campagna per le amminstrative è già partita con il piede sbagliato. Nessuna discussione sui programmi. Nessuna visione del futuro. E tutto questo avviene in un momento in cui più che mai l'Italia bisogno di idee nuove, idee che sappiano trasformarsi in forza materiale. La politica è prima di tutto un problema di idee, di valori, di programmi politici. In altre parole, la politica è teoria. Senza teoria non si fa politica. L'uomo è un animale che produce teoria. Il suo agire, anche più elementare, si basa su dei modelli teorici di comportamento.

Nulla si crea al di fuori d una tradizione, affermò Martin Heidegger in una famosa intervista a Der Spiegel, pubblicata nel 1976 con il titolo Solo un Dio ci può salvare. Nulla che possa durare nel tempo. Così dovrebbe essere la politica. Diceva Nietzsche che l'uomo è qualcosa che va superato. Tale superamento comportava una trasvalutazione di tutti i valori. L'uomo attuale era l'uomo al tra-monto. L'uomo nuovo sarebbe stato completamente diverso. Egli sarebbe stato capace di stare in equilibrio sulla cresta dell'onda, ovvero, sarebbe stato in grado di passare da una torre all'altra camminando su una corda tesa tra le due torri, come scrisse in un passo famoso di Così parlò Zaratustra. In questo quadro, Lenin fu il classico eroe nietzschiano; egli rappresentò infatti la quintessenza del concetto di volontà di potenza; la sua concezione della politica era prettamente schmittiana e verteva il rapporto amico/nemico. 

Guevara scrisse che a Cuba non avevano fatto a rivoluzione per costruire delle belle fabbriche pulite, ma per costruire l'uomo nuovo. L'uomo che aveva trasvalutato tutti i valori ponendosi "al di là del bene e del male", l'anticristo e, proprio nell'Anticristo Nietzsche scrisse che dovevamo allontanare a noi tutto ciò ci indeboliva. Nello stesso tempo, Nietszche osservava in Aurora che "L'enorme tensione dell'intelletto che vuole fronteggiare il dolore fa che tutto ciò su cui egli dirige lo sguardo risplenda di nuova luce" e aggiungeva. "Ciò ci fa capire cosa vuol dire vivere.” 

Un tempo era d'uso paragonare l'uomo a una macchina. Penso al  saggio sull'uomo di Cartesio. Oggi il modello di riferimento è il computer. Come dimostrarono Flores a Winograd molti anni fa, il modello del computer non è però, un modello adeguato a rappresentare l'uomo. Posizione simile venne assunta da Johm Searle e da Hilary Putnam. Tuttavia, il modello dell'uomo-macchina continua a tener banco, come continua a  tener banco come la tradizione razionalistica alla quale esso si ispira.
Esiste un test chiamato test di Turing il quale è usato dai cognitivisti per stabilire se stiamo parlando con un essere umano o  con una macchina. Io credo che se il nostro presidente del consiglio accettasse di sottoporsi a tale test, egli risulterebbe essere un robot.


Enzo Tiezzi distinse fra tempi storici e tempi biologici. In realtà, occorrerebbe distinguere fra tempi economici e tempi politici, non solo fra tempi storici e tempi biologici. Per i nostri politici esiste solo il tempo della politica il quale è molto diverso da quello dell'economia. Ciò apre una contraddizione che penalizza l'economia la quale, per funzionare avrebbe bisogno di un governo in grado di tenere il passo con i cambiamenti che avvengono nel campo dell'economia. In altre parole, ci troviamo in una situazione nella quale, mentre la globalizzazione ha accelerato i tempi dei cambiamenti economici e sociali, la politica continua a seguire dei tempi che erano in voga prima della globalizzazione.
 
In conclusione. L'Italia è una repubblica. La repubblica è una forma di stato nel quale il potere politico è esercitato da organi rappresentativi del popolo o di una parte di esso. In generale, la repubblica viene contrapposta alla monarchia, in base alla considerazione che la prima sarebbe caratterizzata dall’elettività e dalla temporaneità della carica di capo dello Stato, laddove la seconda si caratterizzerebbe per l’ereditarietà e la durata vitalizia della carica (salvo, ovviamente, abdicazione). Tuttavia, questo criterio non è esaustivo, dal momento che, nell’ambito della storia dei regimi politici, non è raro il caso di monarchie elettive (come il Regno di Polonia, o il Sacro Romano Impero dopo la riforma operata da Carlo IV di Boemia, o lo stesso papato), o di repubblica a carattere ereditario (Siria o Corea del Nord).

Nell’ambito del pensiero politico la nozione di repubblica. è stata utilizzata in alcuni casi come sinonimo di democrazia.Machiavelli sostituisce alla classica tripartizione delle forme di governo la bipartizione tra repubbliche. e principati; mentre in altri è stata utilizzata in contrapposizione a democrazia (così J. Madison, nei suoi Federalist Papers).

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