domenica 27 marzo 2016

Storia di una conversione

Corrado Bevilacqua
Una storia vera

Viveva nella città d Venezia un ateo, un filosofo materialista chiamato **, autore di molti libri, saggi, articoli, pubblicati su riviste specializzate e sulla stampa ordinaria, il quale non s'era accontentato di vivere nell'errore, ma aveva usato la sua intelligenza e la sua cultura per convincere anche chi credeva  a smettere di credere.
Nella sua guerra contro la religione, la sua intelligenza e la sua cultura gli avevano tuttavia  sempre evitato di assumere posizioni estreme. Allo stesso modo. egli non pensava che la religione fosse solo "oppio dei popoli". Egli considerava l'affermazione di Marx sulla religione "oppio dei popoli" l'espressione di un infantilismo di sinistra che faceva il paio con un analogo infantilismo riguardante il problema dello stato.
Egli considerava la religione una forma di alienaziome alla Feuerbach, ma non si era fermato a Feuerbach come aveva fatto Marx. Per ** la religione era, come aveva scritto Burckhardt, una delle grandi potenze della storia. Le altre due erano la cultura e lo stato. Secondo Burckhardt, lo stato aveva trovato la  sua più elevata forma espressiva nel Rinascimento e in particolare nella Repubblica di Venezia.
In realtà, Burckhardt era caduto vittima del mito di Venezia che aveva le sue radici in opere comeil De Situ di Sabellico, Venezia città nobilissima e singolare di Francesco Sansovino e nel De magistratibus di Gasparo Contarini, dove lo stato veneziano era considerato un modello di stato misto.
Il mito di Venezia aveva tratto in inganno i seguaci fiorentini di Savonarola, ma non era riuscito a fare altrettanto con Machiavelli, Bodin e, qualche secolo dopo, con Leopold von Ranke che dedicò un importante saggio alla Venezia del Ciinquecento.
Malgrado il suo materialismo, ** non considerava l'uomo né una macchina né un computer. Per ** , Cartesio era stato tremendamente ingenuo Cartesio a concepire l'uomo come una macchina idraulica composta di tubi, pompe aspiranti, prementi, leve, stantuffi, valvole; ed era altrettanto ingenuo chi oggi sostituiva neuroni e sinapsi alle pompe e agli stantuffi di Cartesio.
Per lui. come per Cassirer, l'uomo era un animale simbolico, per capire l'uomo occorreva capire il complesso della sua opera, la quale era rappresentata dal linguaggio, dal mito, dall'arte, dalla musica, dalla religione.
Per lui, come per Marx e per Kierkegaard, l'uomo era un animale sociale che solo nella società poteva o isolarsi, come Il lupo della steppa di Hesse, o "passare al bosco", per usare una efficace espressione di Junger.
Nella disputa fra Lucàcks e Korsh, egli aveva assunto la posizione di Korsh. Per lui, Marx era un rivoluzionario. L'emblema della sua rivoluzione erano le Tesi su Feuerbach. La disputa sul marxismo non poteva ridursi a una questione di metodo, come pensava Lucàcks.
Egli pensava che la teoria della evoluzione, versione Gould-Eldridge-Stanley costituisse un'utile approssimazione a quello che era accaduto nella realtà. L'evoluzione non procede linearmente, ma a salti, le mutazioni avvengono a grappoli. L'ultima di queste grandi mutazioni genetiche era avvenuta tra i trenta  e i quarantamila anni fa con l'apparizione dell'uomo moderno - mento aguzzo, fronte verticale, polsi e caviglie sottili. In men che non si dica egli eliminò e probabilmente mangiò i neandertaliani che già abitavano il pianeta. In alcune regioni trovarono un modo di convivere. I discendenti di quei sangue misto camminano accanto a noi per le strade delle nostre città.
Un giorno, passando davanti  a una chiesa, il protagonista della nostra storia avvertì uno strano desiderio di entrare. Entrò e si guardò attorno. Egli era stato battezzato in quella chiesa e aveva fatto la prima comunione. Successivamente aveva servito messa. Allora, la messa veniva detta in latino; il sacerdote voltava le spalle ai fedeli... La prima volta che aveva risposto messa aveva provocato un incidente, rovesciando l'ampolla del vino.
Si avvicinò allo scaccino e gli chiese se c'era il parroco. Lo scaccino rispose che se voleva, lo andava a chiamare. In quel mentre, arrivò il parroco. Lo scaccino si allontanò. I due rimasero a confabulare da soli. Chi li vide, raccontò che parlavano fitto. Il giorno dopo, il parrroco fu visto suonare il campanello dell'abitazione **. Il parroco tornò più volte in quella casa incuriosito dallo strano comportamento del suo strano parrocchiano; finché una sera, ricevette una telefonata da parte del suo eccenrico parrocchiano che gli disse che voleva confessarsi. Il parroco non interpose tempo e andò a casa del suo  parrocchiano. La confessione durò un paio d'ore durante le quali il protagonista della nostr storia analizzò la sua vita alla luce dei Dieci comadamenti.
Alla fine, esausto, il parroco pronunciò l'Io ti assolvo. Il giorno di Natale il protagonista della nostra storia andò alla mesa delle dieci. Al momento della comunione il protagonista della nostra storia provò una strana sensazione, come se una mano si fosse appoggiata sulla sua  spalla. Il segnale era chiaro. Il tempo della libera uscita era fnito. Era arrivato il tempo del ritorno in seno a madre Chiesa.
Il protagonista della notra storia aveva ricevuto una educazione religiosa tradizionale. A chi gli chiede cosa gli è accaduto, egli risponde di chiederlo al Creatore. Per il protagonista della nostra storia, era stata la mano che aveva sentito posarsi sulla spalla a indicargli la strada. Si mise in coda e avanzò lentamente verso il sacerdote  che distribuiva le ostie consacrate.
A chi gli obietta la sua nicoerenza egli rispnde che egli hasentito una mano posarsi sullae che attorno a lui c'era il vuoto.

venerdì 25 marzo 2016

L'Islam e noi

Corrado Bevilacqua
Mi dispiace, ma non avete capito niente



Lancio Ansa. Una operazione antiterrorismo di grande ampiezza è in corso a Bruxelles a Schaerbeek con forze speciali e un elicottero. Lo scrive il sito di Le soir citando la Tv Vrt, secondo la quale sei persone sono state fermate. Un testimone ha riferito che verso le 21:45 c'e' stata un'esplosione.
I terroristi dell'Isis stavano preparando un attacco multiplo a Bruxelles in stile Parigi. Una parte della cellula jihadista - quella di cui avrebbe dovuto far parte clamorosamente anche Salah Abdeslam - doveva sparare alla gente con i kalashnikov per le strade della città, mentre l'altra si doveva far saltare in aria all'aeroporto e al metrò, come poi è effettivamente avvenuto. Questa l'ultima ipotesi filtrata dalle indagini in corso sulle stragi di Bruxelles e ritenuta - secondo i media - assai plausibile, anche se non certa, dagli inquirenti. Del gruppo di fuoco di Adbeslam, secondo la ricostruzione, facevano parte anche Mohamed Belkaid e Amine Choukri. Ma prima la sparatoria avvenuta nel covo di Forest - e nel corso della quale la polizia ha ucciso Belkaid - e poi l'arresto di Salah hanno impedito che il piano venisse attuato nella sua interezza. Lasciando al gruppo dei kamikaze partito dal covo di Schaerbeek il compito di portare a termine la loro missione di morte.
Un uomo è stato arrestato nella banlieue nord di Parigi - ad Argenteuil - nel corso di una massiccia operazione antiterrorismo. Il ministro dell'Interno, Bernard Cazeneuve, ha annunciato che l'uomo, un francese, "stava preparando un attentato".
Questi i fatti Il commento. Quanto sta accadendo  è solo l' inizio. Noi, per l'Islam siamo la "casa della guerra". Siamo degli  idolatri infedeli. Questo non lo dice qualche musulmano arrabbiato. Lo dice il Corano. Siamo degli idolatri infedeli che danno dei compagni a Dio. Altra cosa sono  i versetti dell spada. Quando saranno finiti i mesi acri stanateli ovunque si trovino e uccideteli.  Maometto quando scrisse i versetti della spada si riferiva a coloro che avevano aiutato i meccani a far fuori i seguaci di Maometto. e fra questi c'erano molti ebrei.
So che jihad significa sforzo sulla Via d Dio e che tale sforzo può essere inteso come sforzo interiore. Se leggete Sayyd Qtub troverete le stese critiche all'Occidente che trovate in Uscire dall'Occidente di Asor Rosa. Come la mettiamo? In piedi o distesa? Quello che voglio dire  è che il  vero problema siamo noi, è la nostra concezione  materialistica della vita, la  nostra mancanza di spiritualità. Tutto quello che la sinistrar è stata capace di fare sul tema della pace sono le colombe di Picasso!  Per noi Vicino oriente ha sempre voluto dire solo petrolio e per il petrolio, come fece Mattei, sostenemmo  governi corrotti e  antidemocratici.  Adesso ci vien presentato il conto.

giovedì 24 marzo 2016

Ricordando con rabbia 9

Una freccia nel burro


La redazione del qdl era costituita da un lunghissimo corridoio. A sinistra, entrando in corridoio, si aprivano le porte degli uffici dei vari servizi. Il centralino aveva il suo ufficio all'entrata della redazione. Patrizietta - che era chiamata così sia perché era fisicamente minuta sia per distinguerla dalla Patrizia dell'amministrazione detta Patriziona, e dalla Patrizia della spedizione che era detta la Patrizia di Bobo che era il suo uomo - era la prima ad arrivare in redazione al mattino. Poi, arrivava Carla, la segretaria di redazione che abitava a Cinisello Balsamo la Stalingrado d'Italia; poi, normalmente, arrivavo io, giusto in tempo per bere il secondo caffè del giorno e fumare la terza sigaretta.


Il primo caffè lo bevevo nel bar vicino a casa. E, bevendo il caffè, fumavo la prima sigaretta. Fumavo la seconda sigaretta aspettando il 15 in via Broletto. Fumavo la terza sigaretta bevendo il mio secondo caffè con Carla. Bevuto il caffè, ritornavamo in redazione e cominciavamo a lavorare.


La tipografia del quotidiano era a Ponte Sesto di Rozzano. Per arrivarci, uscivi dal qdl, giravi a sinistra, prendevi lo stradone di Gratosoglio e proseguivi seguendo la segnaletica stradale. Non so chi avesse avuto una simile idea. L'ubicazione della tipografia era estremamente fuori mano e un fattorino faceva la spola fra redazine e tipografia.


In una redazione di quotidiano, è buona norma non credere mai di aver finito di lavorare. Sul più bello, quando stai per chiudere, arriva la notizia bomba e, in quegli anni si trattava di bombe vere, attentati a persone, sparatorie, scontri di piazza. Accadeva perciò, che, passati i pezzi, mi mancava spesso il tempo per fare i titoli. Così, prendevo le fotocopie dei pezzi che avevo mandato in tipografia e andavo in tipografia a fare i titoli direttamente con il titolista. Mi mettevo in piedi accanto a lui e cominciavo. Apertura di due. 3 righe su 6 colonne, corpo 36 tondo, nero. Occhiello corpo 18, corsivo chiaro. Il titolista mi guardava come pensasse: "Vediamo cosa inventi". Quasi sempre non sbagliavo un titolo. I titoli entravano perfettamente nello spazio loro assegnato.


Fatti i titoli, aspettavo il proto che mi portava a casa. A Milano abitavo da un'amica di famiglia rimasta vedova con un figlio che frequentava le scuole medie. Lei, Maria, abitava in zona Monumentale. Precisamente, tra il Monumentale e scalo Farini. Per andare al lavoro prendevo due tram. Il 12 fino in via Broletto, dietro il Duomo e il 15 per il tratto successivo. Tornavo a Venezia ogni sabato sera. Al lunedì mattina ripartivo da Venezia per Milano con il rapido delle 6,55. Arrivato a Milano, prendevo la Metropolitana fino in Cordusio. Uscivo. Prendevo il 15 e arrivavo a destinazione. A volte, prima di prendere il 15, facevo un giro nella Libreria Rizzoli in Galleria.


Io avevo sempre odiato l'automobile. A volte, se non poteva portarmi fino a casa, il proto mi mollava al Ponte della Ghisolfa. Il proto abitava a Cusano Milanino e mi toccava fare un bel pezzo di strada a piedi, prima di arrivare in via generale Govone, svoltare in via Gran Sasso e vedere le luci del bar dove alla mattina avevo preso il caffè. Io cercavo di fare meno rumore che potevo, ma neanche a farlo apposta, non facevo tempo a infilare la chiave nella toppa, che sentivo da dentro casa la voce di Maria che mi chiedeva: "Sei tu, Corrado?" Si ero io. Poi aggiungeva: "Hai mangiato?", Rispondevo di sì anche se non era vero. "Notte" facevo io. "Notte" ribatteva lei.




Al quotidiano ero responsabile dei servizi interni e cronaca. Io feci presente che con quel genere di organizzazione io mi vedevo costretto a sacrificare metodicamente la cronaca ed era un peccato perché avevamo redazioni in tutta Italia. Le più attive erano quelle di Roma, Napoli e Torino. La più pretenziosa era la redazione romana che aveva sede in via Cavour. I compagni di Roma si credevano l'ombelico dell'universo. La più casinista era quella di Napoli con Francesco e Giacomino. Litigavano in continuazione. Se parlavo con Francesco, non potevo chiedere a Francesco di passarmi Giacomino, e viceversa. Inoltre erano logorroici. Mandavano pezzi sempre più lunghi del previsto. Così, decisi di tagliare corto. O li mandavano giusti o non li pubblicavo. Alla fine, decisero di scorporare la cronaca dagli interni e la assegnarono a Lella.


Ogni servizio faceva gruppo a sé. Ciò valeva in particolare per le compagne del sindacale. Lella, Liliana, Erica e Maria Teresa. Maria Teresa o Mtr come si firmava, era un'insegnante in pensione che si occupava di scuola, sanità e pubblico impiego e ce l'aveva a morte con Elio Giovannini, il quale era all'epoca membro della "sinistra sindacale" e si occupava di pubblico impiego. Per le compagne del sindacale quello che diceva il partito era legge. Affatto diverso era il mio atteggiamento. I miei tempi erano differenti dai tempi del partito. Io dovevo fare un giornale; detto brutalmente, dovevo "stare sulla notizia" e, se occorreva, dovevo inventarla. Non potevo aspettare che si riunisse il CC o l'UP del partito per commentare ciò che accadeva nel nostro paese nel campo della politica.


Nel fare questo, cercavo di essere il più obbiettivo possibile; malgrado ciò, ero accusato spesso di settarismo. Questa accusa mi venne rivolta ancora più frequentemente, quando passai a dirigere i servizi culturali che comprendevano la terza pagina,la pagina della cultura e quella degli spettacoli che erano accorpate in un unico servizio. In realtà, a quell'epoca eravamo tutti un po' settari. La Nuova sinistra era divisa in gruppi e gruppetti. Per noi di AO, quelli di LC erano dei "movimentisti". Per loro, noi eravamo dei "professorini della lotta di classe". Ricordo una canzone che faceva: "Avanguardo, avanguardo, oltre il muro va il tuo sguardo, c'hai il progetto, c'hai la linea.." C'erano i "manifestini" stretti attorno a mamma chioccia; al secolo Rossana Rossanda, Valentino Parlato, Luigi Pintor, Luciana Castellina, Lucio Magri; c'era la galassia elleemme. C'erano di quelli di Potere operaio. C'erano quelli di "servire il pollo". Il salto di qualità avvenne quando le Brigate Rosse pensarono fosse arrivato il momento di passare alla lotta armata per dare la "spallata" allo stato. Come scrisse lo storico britannico Paul Ginsborg, per le Br, "the principal danger was no longer Gaullism, but social democracy, that's PC". Le Br erano nate da una costola del PCI. A leggere i loro documenti, sembrava di leggere il "manuale del colpo di stato" pubblicato da Pietro Secchia sull'Unità, nei giorni dell'attentato a Togliatti compiuto da un giovane di destra, un tal Pallante. Alle Br si affiancarono, poi, quelli di Prima linea. Molto è stato scritto sulla storia del quello che è stato scritto è mero ciarpame. Un giorno, il qdl chiuse per debiti. Io ritornai a Venezia.



Trascorrevo le giornate a caso. Se non pioveva andavo alle Zattere a veder passare le navi. Mi riempivo le tasche di libri che comperavo alla libreria Al Fontego e che finivano sulla immancabilmente sulla cassapanca accanto al letto. Verso sera mi imbucavo "Al volto" dove trovavo sempre qualcuno con cui scambiare quattro chiacchiere. Un giorno, mi mi telefonò un amico. Era stato appena nominato direttore d'un settimanale che aveva alle spalle una lunga e gloriosa storia, ma necessitava d'una scossa ed egli aveva pensato a me. Mi espose la sua idea. Mi chiese se me la sentivo. Perché no? - pensai fra me e me. Risposi che potevo provare.

mercoledì 23 marzo 2016

Salute/malattia/1


La riconquista del centro

Per lo storico dell'arte Hans Sedlmayer, la crisi della modernità può essere rappresentata come  “perdita del centro” ( H. Sedlmayer La perdita del centro”, Rusconi).  Per Sedlmayer l'espressione “perdita del centro” andava intesa nel senso di perdita di interesse per  l'uso della prospettiva matematica rinascimentale come forma simbolica (E. Panofskij La prospettiva come forma simbolica, Feltrinelli; R. White La rinascita dello spazio pittorico, Il saggiatore). Nel contesto di questo libro l'espressione  “riconquista del centro” va intesa nel senso di riconquista di un punto di riferimento politico e culturale.
L'avvento della prospettiva matematica (R. Blunt Teorie artistiche nell'Italia del Rinascimento, Einaudi) - quella che Paolo Uccello chiamava la dolce prospettiva, fu la conseguenza della affermazione di una nuova visione del mondo che poneva l'uomo al centro del creato (E. Cassirer Individuo e cosmo nel Rinascimento, La Nuova Italia. E. Garin La cultura filosofica del Rinascimento. Studi e ricerche, Sansoni: Id Scienza e vita civile nl Rinascimento italiano, Laterza; Id Rinascite e rivoluzioni. Movimenti culturali dal XIV al XVIII secolo, Laterza).
Questa concezione toc lo zenit nella orazione sulla dignità dell'uomo di Giovanni Pico della Mirandola. Secondo  Pico, l'uomo non era né angelo né demonio, ma era libero di divenire o angelo o demonio (E. Garin La pia redazione della orazione sulla dignitò dell'uomo in Id La cultura filosofica del Rinascimento italiano, .

Secondo il fisico  Kurt Mendelshoon, il dominio dell'Occidente ebbe sue origini l'idea che le nostre azioni potessero essere pianificate al fine di raggiungere determinati obiettivi (K. Mendelsshon La scienza e il dominio dell'Occidente, Editori Riuniti).  Nacquero così, in tempi recenti, la ricerca operativa, l'analisi dei costi-benefici, la programmazione lineare, l'analisi delle attività la valutazione di impatto ambientale (F. Caffè, a cura di, Il pensiero economico contemporaneo, vol. III, L'impiego delle risorse, Angeli; V. Bettini L'analisi d'impatto ambientale, Cluep)
La Rivoluzione bolscevica, l'avvento del comunismo e il varo del primo piano quinquennale in URSS (E.  Carr, R.D. Davies Le origini della pianificazione sovietica, Einaudi) creò l'illusione di poter realizzare ciò che fino a quel momento era stato relegato nel regno dell'utopia – parola di origine greca coniata nel XVI secolo da Tommaso Moro  che significa un non-dove, un non-luogo, un no-where che nel fanta-romanzo di Samuel Butler diventò Erewhon (Mondadori)
Il crollo del comunismo ha distrutto quel sogno e ci ha posti di fronte alla realtà: la vita non è pianificabile. In ogni caso, il crollo del comunismo non fu causato, come è stato spesso erroneamente scritto, dalla difficoltà teorica di pianificare una economia complessa. La matematica ha fatto dei passi da gigante dai tempi di Stalin. Il comunismo è crollato per due motivi:
1- l'esistenza negli USA di un enorme surplus economico potenziale da investire nelle “guerre stellari”
2- il venir meno del fascino della ideologia comunista che era rimasta abbarbicata ad un sistema di verità eterne che  avevano paralizzato la capacità creativa di interi popoli.(C. Milosz La mente prigioniera, Adelphi)

 La globalizzazione ha liquefatto la società (Z. Bauman Modernità iquida, Laterza) e ha trasformaro la nostra vita in uno “stagno delle ninfee” rendendo l'individuo più solo ed isolato che mai (Z. Bauman La solitudine dell'individuo globale, Feltrinelli). Ciò crea un  senso di spaesamento, di anomia, di sradicamento che sta mettendo a dura prova le “strutture elementari della società”. La globalizzazione infatti non ha eliminato le disuguagliane sociali; le ha rese “non di classe”o, per meglio dire le ha “traverzzalizzate” (U. Beck La società del rischio, Carocci; Id Humana conditio, Laterza). Inoltre, essa ha cambiato forme e funzioni del potere. Nella società capitalistica dell'era industriale le relazioni di classe erano basate sulla dialettica servo-padrone. Nelle società del consumo dell'ra post-industriale è diventato sempre più difficile individuare il nemico; mentre, gettata alle ortiche la vecchia “cultura del lavoro” è diventato sempre più difficile individuare dei valori comuni e fondare su di essi un nuovo genere di ordine sociale (U. Beck Potere contropotere nell'età globale, Laterza). Nessuno parla di “programmazione economica” o di “piano del capitale” (V. Foa Lotte operaie nello sviluppo capitalistico, in QR, n1; M. Tronti, La fabbrica e la società, in Q, n 2; Id. Il piano del capitale, in QR, n 3; D. Lanzardo Temi della programazione sociale dello sviluppo" in QR ul cit.; G. Greppi  A. Pedirolli Prduzione e programmaziome territoriale, in QR ult. cit).
Questa tematica , sviluppata da Raniero Panzieri nella Relazione sul neocaptalismo tenuta al convegno di Agape del 1962, diventò, per una certa sinistra, una specie di "chiave universale" che apriva tutte le porte e spiegava qualunque fenomeno economico, sociale, politico e culturale.(R.

Panzieri Relazione sul neo capitalismo, in id La rinascita del marxismo teorico in Italia, Sapere).
Altri vollero vedere in  John M. Keynes un sostenitore dell'economic planning targato Manchester. Nulla di più sbagliato. Egli era sia un avversario del manchesterismo come egli aveva scritto nel 1926 in La fine del lasciar fare, che un avversario del socialismo e dell'economic planning. Egli pensava che, come aveva scritto nel 1923 in La riforma monetaria, che era troppo facile per un economista tirarsi fuori dalla mischia affermando che, passata la tempesta, sarebbe ritornsto il sole. Per Kyenes l'economista doveva imparare a sporcarsi le mani con la politica.
Fu così che nel 1933, non appena Roosevelt si fu insediato a White House, Keynes gli chiese un incontro con lui. Roosevelt glielo concesse. Keynes e Roosevelt parlarono a lungo, ma non si capirono. Colpa della lingua? George Bernard Shaw amava dire che inglesi e americani erano un unico popolo diviso dalla lingua. Io credo che l'incomprensione fosse più profonda. Essa riguardava il rapporto fra economia e politica. Al termine del colloquio, Roosevelt confessò ad un suo collaboratore che Keynes gli aveva parlato per un'ora di matematica. Keynes confessò a un suo collaboratore che Roosevelt non capiva un accidente di economia.
Io spero di essere riuscito rendere comprensibile il fatto che  noi dobbiamo combattere due nemici: la nostra malattia ed una ideologia economico-politica che con i suoi tagli di spesa devoluta alla sanità aggrava oggettivamente la nostra condizione di malati che non chiedono la carità ma di essere rispettati come individui.

martedì 22 marzo 2016

Alvise Bevilacqua

Corrado Bevilacqua


Ciao Alvise,
sono zio Corrado. Spero mi perdonerai se a te, che hai varcato il confine di quella contrada dalla quale nessun viaggiatore ha mai fatto ritorno, quello che dirò ti sembrerà d'una sconcertante banalità. Tu, però, devi cercare di capirmi. Io appartengo ancora al mondo dei vivi e cerco disperatamente di capire perché sono venuto al mondo.


Ricordo che nessuno sapeva qual fosse il giorno del tuo onomastico. Zia Elvira - la ricordi? - andò a chiederlo al parroco di sant'Alvise. Alvise è infatti una storpiatura veneziana di Aloisio, come Jacopo è una storpiatura veneziana di Giacomo.
Quando tua madre voleva dire che avevi la testa dura diceva che somigliavi a me, perciò mi puoi capire. Io non accetto di averti perso per sempre. Non accetto il "Never More" del corvo di Poe. Io so che un giorno ci rivedremo; che tu mi insegnerai a usare l'ultimo Windows e mi mostrerai felice il tuo ultimo Ipad. Adesso, però, ti devo salutare perché devo fare il mio mestiere di intellettuale. Devo cercare di spiegare a chi leggerà questo omaggio alla tua memoria perché si nasce, si vive e occorre spesso conquistarsi la morte.
Buona notte, mio caro nipote. Dormi tranquillo. Non avere paura del buio. Niente e nessuno potrà farti del male. Ora sei sotto la protezione del "grande sonno". Un abbraccio.

Zio Corrado.


 
Corpo presente
Mio nipote Alvise è morto all'età di 32 anni di fibrosi cistica. Si tratta di una malattia genetica che non perdona di cui non si parla mai, oppure, se ne parla in modo superficiale. Ciò accade perché non è "trendy", non fa tendenza. Mio nipote sapeva di essere malato. A differenza di molti di noi che sfuggono alla consapevolezza di essere-per-la-morte gettandosi da un ponte, drogandosi, mettendosi negli affari come se i soldi potessero mutare il loro Esser-ci, Egli accettò di fare i conti ogni mattina con la sua malattia a causa delle terapie cui doveva sottoporsi e ogni volta che si sedeva a tavola a causa delle pillole che doveva prendere per metabolizzare il cibo.
Mio padre, dopo l'8 settembre del 1943, venne fatto prigioniero dai tedeschi a Bilach in Bisni, venne spedito in Germania a lavorare come schiavo di guerra alla Krupp di Essen. Via via che il fronte si ritirava verso il Reno via via aumentarono i bombardamenti alleati. Al fine, essi duravano intere giornate e mio padre aveva sviluppato una sorta di fatalismo. Si accocolava in una buca e aspettava. Difficilmente una bomba cadeva nella buca scavata da un'altra bomba.
Mio nipote non poteva ricorrere a simili escamotages statistici. Egli doveva affrontare il suo dramma senza infingimenti. Non si bara con la morte. Egli l'ha affrontata esprimendo, come avrebbe detto Nietzsche, il suo Sì alla vita.

Quando il linguaggio fallisce

Il linguaggio è, com'è noto, un mezzo di comunicazione. Perchè vi sia comunicazione occorrono un emittente, un ricevente, un messaggio, un canale, un codice. Glisso sul problema del rapporto tra significato e signficante (R. Jacobson Linguistica e scienze sociali, Il Saggiatore Studio; U. Eco Segno, Mondadori; Id Trattato generale d semiotica, Bomoiani, Id La struttura assente, Bompiani, Id Opera aperta, Bompiani; R. Bartes Lezioni di semiologia, Einaudi; Id Lezione, Einaudi; Id. Miti d'oggi, Einudi; M. Foucault Le parole e le cose, Rizzoli; Id Archeologia del sapere, Rizzoli; J. Lotman Cultura e implosione, Feltrinelli; Id Semeiotica del cinema, Einaudi).

Kari, il protagonista della commedia L'uomo difficile di Hofmannsthal, si trova nell'impossibilità di comunicare a chi non ha conosciuto il campo di battaglia, cosa voleva dire guerra; preferisce passare perciò per un originale e parlare con i suoi silenzi.

In una situazione analoga si trova il protagonista di Nulla di nuovo sul fronte occidentale di Eric M. Remarque quando, tornato casa in licenza, la madre gli dice: "So quello che provi". Egli guarda la madre e pensa: "No non lo sai ed è meglio così perché tuo figlio è diventato un assassino". Poi, va in camera sua, vede il pianoforte a muro e si chiede se le sue mani assassine riusciranno mai a suonare ancora Schubert, Chopin, Schumann...

L'alternativa è la citazione. Hofmannsthal scrisse un libro di citazioni e lo intitolò Il libro degli amici. Ciò non risolve comunque il problema dell'interpretazione.

Recentemente, un amico, Alberto Madricardo, filosofo, mi chiesto se leggo ancora. Gli ho risposto che alla mia età e dopo aver letto migliaia di libri, il mio leggere, più che un leggere, è un rammemorare. Per uello che riguarda, invece, il problema di stabilire il valore di un libro, credo che il criterio che ci deve guidare debba essere quello esposto Edith Wharton nel saggio da me tradotto per la prima volta in italiano nel 2015, The Vice of Reading - cioè il criterio della plasticità; ovvero della capacità di un autore di entrare in sntoniua con il lettore e di stimolare il suo pensiero. In ogni caso, la cartina di tornasole è il tema del dolore.

 
 


 
Anima assente


Il lutto segue delle fasi e dei riti ben peecisi. Sia queste fasi che questi riti hanno trovato la loro sublimazione nel Llanto por Ignacio di Federico Garcia Lorca. Si tratta di un poema che non ha eguali. Nessun poeta scrisse mai per la sua donna versi di tanta intensità e bellezza. Lorca li scrisse per un uomo, con grande scandalo dei franchisti che lo uccisero vigliaccamente nel 1937.

Il poema di Lorca inizia con una imitazione stilistica del Corvo di Poe. Lorca al never more di Poe sostituisce l'espressione a las cinqo de la tarde che scandisce gli eventi. La prima parte del poema è intitolata infatti La cogida y la muerte. ScrisseLorca:


A las cinqo de la tarde,
eran las cinqo en punto de la tarde,
un nino trajo la blanca salana,
a las cinqo de la tarde.
Una espuerta de cal ya pervenida
a las cinqo de la tarde.
Lo demàs era muerte y solo muerte
a las cinqo de la tarde

Alle cinque della sera,
Erano le cinque in punto della sera.
Un ragazzo portò un lenzuolo bianco
alle cinque della sera.
Una sporta di calce era pronta
alle cinque della sera.
Il resto era morte e solo morte
alle cinque della sera

 
Descritto l'evento, in Lorca scatta la molla del rifiuto dello stesso evento:
Que no quiero verla!
Dile a la luna che venga,
que no quiero ver la sangre
de Ignacio sobre la arena
Non voglio vederlo!
Dite alla luna che venga
che io non voglio vedere il sangue
di Ignacio sopra la sabbia della arena

Poi, interviene l'accettazione.


La piedra ea una frente donde los suenos gimen
sin tener agua curva ni cipreses helados.
La piedra ea una espalda para llevar al tiempo
con arboles de lagrimas y cintas y planetas...
Ya està sobre la piedra Ignacio el bien nacido.
E' la pietra una fronte dove i sogni gemono,
senza aver acqua curva né cipressi gelati.
E' la pietra una spalla portata dal tempo
con alberi di lacrime, nastri e pianeti.
Ora, giace sulla pietra, Ignacio il bennato.

Infine c'è l'addio.
Vete, Ignacio. No sientas el caliente bramido.
Duerme, vuela, reposa. Tambien se muere el mar.
Va Ignazio, non sentire il caldo bramito.
Dormi, vola, riposa, muore anche il mare
(trad. di Corrado Bevilacqua)



I versi di Lorca ci portano al tema del dolore e, in particolare a quello che scrisse Miguel De Unamuno in Del sentimento tragico della vita. Per De Unamuno è dal dolore che nasce nell'uomo la coscienza di sé. Non meno grande fu l'intuizone di Nietzsche quando in Aurora scrisse che il dolore apre all'uomo nuove visioni della vita.

 
Delle cose prime
Secondo la religione cristiana, la vita è un dono di Dio. come la fede. Per la religione cristiana Dio è eterno. L'universo che noi conosciamo ha invee una storia che inzierebbe con il cd big bang. Volendo potremmo identificare la creazione con il big bang e potremmo traformare la evoluzione darwiniana in una creazione continua. Noi sappiamo ,però che l'unverso non si è creato dal nulla e che l'evoluzione non ha seguito alcun Disegno intelligente e che essa s'è spesso cacciata in dei vicoli ciechi. Quello che penso è che dovremmo finalmente imparare a tenere separati l'ambito delle cose religiose da quello delle cose scientiche. La scienza ritiene vero ciò che può essere dimostrato falso. La religione rigurda il rapporto fra l'uomo e Dio. La scienza non può aiutarci a rispondere alle somande che riguardano le cose prime. Per la scienza Alvise è moro, ma chiunqye lo abbia amato, continua ad avvrtire la sua presenza. Egli è stato per 32 anni parte di noi e continuerà ad esserlo.

 
La COLLINA
Dove sono Elmer lo smidollato, Herman il forzuto,
Bert il buffone, Tom il lottatore, Charley l'ubriacone?
Tutti, tutti dormono sulla collina.
Uno trapassò a causa di un attacco di febbre.
uno morì bruciato vivo in una miniera,
uno venne ucciso in una rissa,
uno morì in galera,
uno è caduto da un ponteggio mentre lavorava per la famiglia.
Tutti, tutti dormono sulla collina.
Dove sono Elle dal cuore tenero, Kate dall'animo semplice,
Lizzie dalla voce squillante, Mag dal facile sorriso?
Tutte, tutte dormono sulla collina.
Una morì dando alla luce un bambino nato da una relazione illecita,
una morì di amore contrastato,
una morì in un bordello fra le mani d'un bruto,
una morì ferita nell'orgoglio mentre cercava di realizzare il suo sogno,
una, dopo aver cercato fortuna a Londra e Parigi, ha trovato
un po' di spazio accanto a Elle, Mag e Kate
Tutte, tutte dormono sulla collina.
Dove sono zio Isaac, Anne Emily,
il vecchio Tommy Kinkaid, Savigne Houghton
e il maggior Walker che aveva scambiato
qualche parola con gli eroi della rivoluzione?
Tutti, tutti dormono sulla collina.(*)
(*) E. Lee Masters Spoon River Anthology, traduz. di Corrado Bevilacqua
 
 


 

lunedì 21 marzo 2016

Fibrosi cistica

Ciao Alvise,
il peggio e passato. Adesso, dormi il grande sonno. Nulla e nessuno potranno più farti del male












Mio nipote è morto all'età di 32 anni di fibrosi cistica. Si tratta di una malattia genetica che non perdona. Mio nipote lo sapeva. A differenza molti di noi che sfuggono alla consapevolezza di essere-per-la-morte, egli era costretto a farci i conti ogni mattina a causa delle terapie cui doveva sottoporsi e ogni volta che si sedeva a tavola a causa delle pillole che doveva prendere per metabolizzare il cibo.
Mio padre, il quale, dopo l'8 settembre del 1943, venne fatto prigioniero dai tedeschi, venne spedito in Germania a lavorare come schiavo di guerra alla Krupp di Essen. Via via che il fronte si ritirava verso il Reno via via aumentarono i bombardamenti alleati. Al fine, essi duravano intere giornate e mio padre aveva sviluppato una sorta di fatalismo. Si accoccolava in una buca e aspettava. Difficilmente una bomba cadeva nella buca scavata da un'altra bomba.
Mio nipote non poteva ricorrere a simili escamotages statistici. Doveva affrontare il suo dramma senza infingimenti. Non si bara con la morte.










Dove sono Elmer lo smidollato, Herman il forzuto,
Bert il buffone, Tom il lottatore, Charley l'ubriacone?
Tutti, tutti dormono sulla collina.
Uno trapassò a causa di un attacco di febbre.
uno morì bruciato vivo in una miniera,
uno venne ucciso in una rissa da osteria
uno morì in galera,
uno è caduto da un ponteggio mentre lavorava per la famiglia.
Tutti, tutti dormono sulla collina.
Dove sono Elle dal cuore tenero, Kate dall'animo semplice,
Lizzie dalla voce squillante, Mag alla quale occorreva poco per essere felice?
Tutte, tutte dormono sulla collina.
Una morì dando alla luce un bambino nato da una relazione illecita,
una morì di amore contrastato,
una morì in un bordello fra le mani dun bruto,
una morì ferita nell'orgoglio mentre cercava di realizzare il suo sogno,
una, dopo aver cercato fortuna a Londra e Parigi, ha trovato
un po' di azio accanto a Elle, Mag e Kate
Tutte, tutte dormono sulla collina.
Dove sono zio Isaac, Anne Emily,
il vecchio Tommy Kinkaid, Savigne Houghton
e il maggior Walker che aveva scambiato
qualche parola con gli eroi della rivoluzione?
Tutti, tutti dormono sulla collina.(*)


(*)E. Lee Masters Spoon River Anthology, trad. di corrado Bevilacqua)

 






Quando il linguaggio fallisce



Il linguaggio è un mezzo di comunicazione. Perchè vi sia comunicazione occorrono un emittente, un ricevente, un messaggio, un canale, un codice. Glisso sul problema del rapporto tra significato e significante (R. Jacobson Linguistica e scienze sociali, Il Saggiatore Studio; U. Eco Segno, Mondadori; R. Bartes Lezioni di semiologia, Einaudi; Id Lezione, Einaudi; M. Foucault Le parole e le cose, Rizzoli; Id Archeologia del sapere, Rizzoli; J. Lotman Cultura e implosione, Feltrinelli; Id Semeiotica del cinema, Einaudi).

Kari, protagonista di L'uomo difficile di Hofmannsthal, si trova nell'impossibilità di comunicare a chi non ha conosciuto il campo di battaglia, cosa voleva dire guerra; preferisce passare perciò per un originale e parlare con i suoi silenzi.

In una situazione analoga si trova il protagonista di Nulla di nuovo sul fronte orientale di Eric M. Remarque quando, tornato casa in licenza, la madre gli dice: "So quello che provi". Egli guarda la madre e pensa: "No non lo sai ed è meglio così perché t figlio è diventato un assassino". Poi, va in camera sua, vede il pianoforte a muro e si chiede se le sue mani assassine riusciranno mai a suonare ancora Schubert, Chopin...

E' difficile dire il proprio dolore. Ancora più difficile è capire il dolore altrui. Perfino, il Leopardi confessa che "lingua mortal non dice quel che io sentivo in seno"; e Lord Chandos di Hofmannsthal, confessa di essere ormai in grado di parlare solo" il linguaggio delle cose mute."

In realtà, il silenzio di Kari è più assordante delle chiacchiere dei suoi amici che continuano a non capire perché Kari si comporti così. L'alternativa è la citazione: Fu così che a Hofmannsthal venne l'idea di scrivere un libro di citazioni e lo intitolò Il libro degli amici.Ciò non risolve comunque il problema dell'interpreazione.

Recentemente, un amico mi ha chiesto se leggo ancora. Gli ho risposto che il mio leggere, più che un leggere, è un rammemorare. Nello stesso tempo, gli ho confessato, ho rivisto erti miei giudizi e certi autori che ritenevo grandi, riletti oggi, alla luce dell'esperienza, li ho drasticamente ridimensionati. Mentre m'e accaduto di rivalutarne altri. La cartina di tornasole è il tema del dolore e credo ce nessun autore abbia accettato di mettersi n piazza più di Federico Garcia Lorca nel Llano por Igacio Sanchez Mejas

 
Si tratta di un poema che non ha eguali. Nessun poeta scrisse mai per la sua donna versi di tanta intensità e bellezza. Lorca li scrisse per un uomo, con grande scandalo dei franchisti che lo uccisero vigliaccamente nel 1937.

Il poema di Lorca inizia con una imitazione stilistica del Corvo di Poe. Lorca al
never more di Poe sostituisce l'espressione a las cinqo de la tarde che scandisce gli eventi. La prima parte del poema è intitolata infatti La cogida y la muerte


A las cinqo de la tarde,
eran las cinqo en punto de la tarde,
un nino trajo la blanca salana,
a las cinqo de la tarde.
Una espuerta de cal ya pervenida
a las cinqo de la tarde.
Lo demàs era muerte y solo muerte
a las cinqo de la tarde
Alle cinque della sera,
Erano le cinque in punto della sera.
Un ragazzo portò un lenzuolo bianco
alle cinque della sera.
Una cesta di calce era già giunta
alle cinque della sera.
Il resto era morte e solo morte
alle cinque della sera

 
Descritto l'evento, in Lorca scatta la molla del rifiuto dello stesso evento:
Que no quiero verla!
Dile a la luna che venga,
que no quiero ver la sangre
de Ignacio sobre la arena
Non voglio vederlo!
Dite alla luna che venga
che io non voglio vedere il sangue
di Ignacio sopra la sabbia della arena

Poi, interviene l'accettazione.

La piedra ea una frente donde los suenos gimen
sin tener agua curva ni cipreses helados.
La piedra ea una espalda para llevar al tiempo
con arboles de lagrimas y cintas y planetas...
Ya està sobre la piedra Ignacio el bien nacido.
E' la pietra una fronte dove i sogni gemono,
senza aver acqua curva né cipressi ghiacciati.
E' la pietra una spalla che va portando il tempo
con alberi di lacrime, nastri e pianeti

Infine c'è l'addio.
Vete, Ignacio. No sientas el caliente bramido.
Duerme, vuela, reposa. Tambien se mmuere el mar.
Va Ignazio, non sentire il caldo bramito.
Dormi, vola, riposa, muore anche il mare

(trad. di Corrado Bevilacqua)

I versi di Lorca ci portano al tema del dolore. L'autore che più di ogni altro pose al centro della sua opera il tema del dolore fu Miguel De Unamuno. Per De Unamuno è dal dolore che nasce nell'uomo la coscienza di sé. Non meno grande fu l' intuizione di Nietzsche quando in Aurora scrisse che il dolore apre all'uomo nuove visioni della vita.




 





mercoledì 9 marzo 2016

Ricordando con rabbia 6


 Corrado Bevilacqua

Una delle ultime sere di Carnevale


Lo storico democristiano Pietro Scoppola definì la repubblica italiana "la repubblica dei partiti". La Costituzione del 1948 affidava infatti ai partiti il compito di indirizzare la politica italiana. Ciò conferiva al Parlamento il ruolo di istituzione fondamentale della politica italiana e faceva della repubblica italiana una repubblica parlamentare. (P. Scoppola Il patto costituzionale in R. De Felice, V. Castronovo, P. Scoppola L'Italia dl Novecento, Utet).  In realtà, come scrisse Giorgio Galli, il sistema politico italiano era fondato su una sorta di "bipartitismo imperfetto" poiché i due maggiori partiti (il PCI e la DC) che avrebbero dovuto  realizzare quell' alternanza politica che è la condizione base del buon funzionamento di una democrazia non venne mai realizzata a causa della incompatibilità ideologica dei suddetti partiti. (G. Galli Bipartitismo imperfetto, Il mulino;  id Storia dei partiti politici italiani, Rizzoli: id Storia della Dc, Laterza).

Crollata per varie e complesse ragioni la prima repubblica (A. Lepre Storia della Prima repubblica, Il mulino) la repubblica italiana da  parlamentare è diventata dapprima una oligarchia ed ora è in mano a dei puri e semplici demagoghi. La democrazia è un'altra cosa. Democrazia è governo del popolo, con il popolo, sul popolo, per il popolo. In Italia, il popolo è comparso. Unico paese la mondo, il popolo non  va infatti a votare per dei partiti e per i loro programmi, ma per degli individui che hanno costruito delle proprie organizzazioni, senza alcuna base popolare; ma semplici macchine destinate a raccogliere voti che non vengono dati ad un programma, ad una storia politica, ad una cultura politica, ma che vengono dati a dei singoli individui, i quali non devono rispondere a nessuno.

Essi, infatti, non rappresentano nessuno. Essi rappresentano solo se stessi e chiedono il voto non in quanto rappresentanti di un partito ed in nome di un certo programma; ma in nome della propria capacità di presentarsi agli elettori come rappresentanti del loro mal di pancia. Fare politica, però, è un'altra cosa. Il vero politico non parla alla pancia degli elettori, ma al loro cervello e lo fa in nome di un programma politico e di una propria storia politica.

La politica non è una cosa da comici o da pubblici ministeri. E' una cosa da politici, dove essere dei politici, non vuol dire essere degli improvvisatori, ma vuol dire essere dei profondi conoscitori dei meccanismi della politica, delle istituzioni, del loro funzionamento; in modo da essere in grado, all'occorrenza, di trasformarle. Vuol dire  avere un programma politico pensato in tutti i suoi aspetti.

Oggi, succede che uno dei contendenti si alza alla mattina e sì inventa una proposta da lanciare nel discorso che terrà il pomeriggio davanti a un pubblico di scimmie. Questa non è politica. Questa è demagogia, parola d'origine greca con la quale si indica la pratica politica tendente a ottenere il consenso delle masse lusingando le loro aspirazioni, specialmente economiche, con promesse difficilmente realizzabili. La campagna per le amminstrative è già partita con il piede sbagliato. Nessuna discussione sui programmi. Nessuna visione del futuro. E tutto questo avviene in un momento in cui più che mai l'Italia bisogno di idee nuove, idee che sappiano trasformarsi in forza materiale. La politica è prima di tutto un problema di idee, di valori, di programmi politici. In altre parole, la politica è teoria. Senza teoria non si fa politica. L'uomo è un animale che produce teoria. Il suo agire, anche più elementare, si basa su dei modelli teorici di comportamento.

Nulla si crea al di fuori d una tradizione, affermò Martin Heidegger in una famosa intervista a Der Spiegel, pubblicata nel 1976 con il titolo Solo un Dio ci può salvare. Nulla che possa durare nel tempo. Così dovrebbe essere la politica. Diceva Nietzsche che l'uomo è qualcosa che va superato. Tale superamento comportava una trasvalutazione di tutti i valori. L'uomo attuale era l'uomo al tra-monto. L'uomo nuovo sarebbe stato completamente diverso. Egli sarebbe stato capace di stare in equilibrio sulla cresta dell'onda, ovvero, sarebbe stato in grado di passare da una torre all'altra camminando su una corda tesa tra le due torri, come scrisse in un passo famoso di Così parlò Zaratustra. In questo quadro, Lenin fu il classico eroe nietzschiano; egli rappresentò infatti la quintessenza del concetto di volontà di potenza; la sua concezione della politica era prettamente schmittiana e verteva il rapporto amico/nemico. 

Guevara scrisse che a Cuba non avevano fatto a rivoluzione per costruire delle belle fabbriche pulite, ma per costruire l'uomo nuovo. L'uomo che aveva trasvalutato tutti i valori ponendosi "al di là del bene e del male", l'anticristo e, proprio nell'Anticristo Nietzsche scrisse che dovevamo allontanare a noi tutto ciò ci indeboliva. Nello stesso tempo, Nietszche osservava in Aurora che "L'enorme tensione dell'intelletto che vuole fronteggiare il dolore fa che tutto ciò su cui egli dirige lo sguardo risplenda di nuova luce" e aggiungeva. "Ciò ci fa capire cosa vuol dire vivere.” 

Un tempo era d'uso paragonare l'uomo a una macchina. Penso al  saggio sull'uomo di Cartesio. Oggi il modello di riferimento è il computer. Come dimostrarono Flores a Winograd molti anni fa, il modello del computer non è però, un modello adeguato a rappresentare l'uomo. Posizione simile venne assunta da Johm Searle e da Hilary Putnam. Tuttavia, il modello dell'uomo-macchina continua a tener banco, come continua a  tener banco come la tradizione razionalistica alla quale esso si ispira.
Esiste un test chiamato test di Turing il quale è usato dai cognitivisti per stabilire se stiamo parlando con un essere umano o  con una macchina. Io credo che se il nostro presidente del consiglio accettasse di sottoporsi a tale test, egli risulterebbe essere un robot.


Enzo Tiezzi distinse fra tempi storici e tempi biologici. In realtà, occorrerebbe distinguere fra tempi economici e tempi politici, non solo fra tempi storici e tempi biologici. Per i nostri politici esiste solo il tempo della politica il quale è molto diverso da quello dell'economia. Ciò apre una contraddizione che penalizza l'economia la quale, per funzionare avrebbe bisogno di un governo in grado di tenere il passo con i cambiamenti che avvengono nel campo dell'economia. In altre parole, ci troviamo in una situazione nella quale, mentre la globalizzazione ha accelerato i tempi dei cambiamenti economici e sociali, la politica continua a seguire dei tempi che erano in voga prima della globalizzazione.
 
In conclusione. L'Italia è una repubblica. La repubblica è una forma di stato nel quale il potere politico è esercitato da organi rappresentativi del popolo o di una parte di esso. In generale, la repubblica viene contrapposta alla monarchia, in base alla considerazione che la prima sarebbe caratterizzata dall’elettività e dalla temporaneità della carica di capo dello Stato, laddove la seconda si caratterizzerebbe per l’ereditarietà e la durata vitalizia della carica (salvo, ovviamente, abdicazione). Tuttavia, questo criterio non è esaustivo, dal momento che, nell’ambito della storia dei regimi politici, non è raro il caso di monarchie elettive (come il Regno di Polonia, o il Sacro Romano Impero dopo la riforma operata da Carlo IV di Boemia, o lo stesso papato), o di repubblica a carattere ereditario (Siria o Corea del Nord).

Nell’ambito del pensiero politico la nozione di repubblica. è stata utilizzata in alcuni casi come sinonimo di democrazia.Machiavelli sostituisce alla classica tripartizione delle forme di governo la bipartizione tra repubbliche. e principati; mentre in altri è stata utilizzata in contrapposizione a democrazia (così J. Madison, nei suoi Federalist Papers).

martedì 8 marzo 2016

Ricordando con rabbia 8

Corrado Bevilacqua
Heri dicebamus

Dicevamo ieri.... Con queste esatte parole Luigi Einaudi riprendeva dopo la caduta del fascismo il suo corso di scienza delle finanze all'università di Torino. Dalle parole di Einaudi si evince che per lui il fascismo era stato una parentesi, una sorta di invasione degli Hyksos; ovvero, come disse Croce, una malattia morale che aveva colpito la società italiana. La testi era suggestiva, ma non veridica.

E' sufficiente leggere una buona storia del fascismo per renderci conto che il fascismo non fu una parentesi (P. Milza S. Bernstein Storia del fascismo, Rizzoli; C. Seton Watson L'Italia dal liberalismo al fascismo, Laterza. A. Lyttlteton La conquista del potere, Laterza; R. Paxton Fascismo in azione, Mondadori; N. Poulantzas Fascismo e dittatura, Jaca Book; L. Salvatorelli Nazionlfscismo, Einaudi; E. Nolte I tre volti del fascismo, Sugarco, H. Arendt Origini del totalitarismo, Einaudi; E. Collotti Fascismo e fascismi, Loescher; W. Lacqueur Fascismi, Fazi).

Gli italiani infatti sono per loro natura dei fascisti. Agli italiani venne naturale il passo romano allo stesso modo che venne loro naturale vestire la camicia nera, andare in piazza alla domenica ad ascoltare il Duce e cantare: “Duce, Duce, per te morir. Il giuramento nessun mai rinnegherà, snuda la spada quando tu lo vuoi e gagliardettii al vento tutti verremo a te. Verrà, quel dì verrà che la gran patria degli eroi ci chiamerà e noi gagliardetti al vento tutti verremo a te...”.

Il livello massimo di consenso venne raggiunto da Mussolini con la proclamazione dell'impero nel 1936 ( G. Candeloro Storia d'Italia, IX, Feltrinelli; R. De Felice Mussolini il Duce, Einaudi: D. Macksmith Musolini, Rizzoli). A quel punto, Mussolini commise un gravissimo errore che gli sarebbe costata la vita. Pur sapendo, come scrisse Macgregor Knox, d'essere impreparato alla guerra, Mussolini decise di entrare in guerra a fianco della Germania (Macgregor Knox Alleati di Hitler; Garzanti: Id Destino comune, Einaudi. G. Rochat Le guerre dell'Italia, Einaudi; G. Candeloro Storiad'Italia, IX, Le guerre del fascismo, Feltrinelli).

L'Italia non aveva armi adeguate ad una guerra moderna e le recenti guerre per costruire l'impero avevano dato fondo alle riserve disponibili. L'Italia non aveva inoltre una strategia, non aveva dei comandanti che fossero all'altezza del compito. Mussolini che aveva ormai perso il senso della realtà, ragionava ancora in termini di baionette innestate sui vecchi 91-38, mentre i nostri soldati avevano scarpe con i chiodi e le pezze da piedi. I nostri cantieri impiegavno tempi biblici per produrre navi da trasporto. I canteri anericani producevano Liberties come caramelle. Non avevamo né carri armati pesanti né aviazione (Macgregor Knox Alleati cit).

La sconfitta militare dell'Italia e la caduata del regme fascista erano nell'aria. Questa situazione indusse alcuni gerarchi a tentare il colpo. Far fuori Mussolini e salvare il regime. Messo in minoranza sull'ordine del giorno Grandi, la notte tra il 25 e 26 luglio del 1943, Mussolini venne arrestato dai carabinieri per ordine del re e venne portato a Campo Imperatore sul Gran Sasso, dove venne liberato dai pracadutisti tedeschi comandati da Otto Skorzeni. Hitler aveva una venerazione per Mussolini, come William Deakin spiegò nel libro Una brutale amicizia, e non poteva permettere che Mussolini restasse un giorno più del necessario nelle mani del re. (W. Deakin Una brutale amicizia, Einaudi).

Hitler liberò Mussolini, ma Mussolini non era più il Mussolini di prima. Era prigioniero dell'amico che, dopo averlo liberato, lo aveva posto agli arresti domiciliari a villa Feltrinelli sul lago di Garda. I congiurati del 25 luglio vennero processati a Verona e condanati a morte per fucilazione alla schiena Fra i fucilati v'era anche il genero di Mussolini, il ministro egli esteri, Galeazzo Ciano marito di Edda Mussolini, l'unica persona che il Duce aveva amato nella sua vita Edda aveva messo in un cassetto il suo orgoglio ed era andata dal padre per implorarlo a salvare il marito. Mussolini rispose che non poteva fare nulla. La sentenza era esecutiva. Edda decise allora di tentare l'impossibile pur di salvare il marito. Il suo tentativo risultò inutile e Mussolini dopo aver perso la libertà perse anche la figlia, l'amatissima Edda L'uomo che il sedicente colonnello Valerio uccise a Dongo per ordine di Luigi Longo, comandante dei Volontari della libertà e di Sandro Pertini del CLNAI, era un cadavere vivente.

Qualcuno potrebbe chiedersi perché non si processò Mussolini. Si può rispondere che non si poteva. Processare Mussolini voleva dire processare gli Italiani; voleva dire mettere sotto accusa usi e costumi di un popolo che si era già assolto definendosi “brava gente”. Quando il fascismo introdusse l'obbligo del giuramento di fedeltà al regime per i dipendenti pubblici, solo 11 (undici dico undici) professori universitari rifiutarono di prestare giuramento.

Gaetano Salvemini che era già espatriato scrisse nelle Memorie di un fuoriuscito che era difficile capire come questi proessori avrebbero potuto insegnare Dante dopo aver giurato fedeltà al regime fascista. Salvemini dimenticava la risposta di don Abbondio al cardinl Federigo Borromeo: “O uno il coraggio ce l'ha o non ce l'ha. Non se lo può dare da solo .”

Ruggero Zangrandi in Lungo viaggio attraverso il fascismo” raccontò la storia di molti intellettuali italiani che piegarono il capo e continuarono a insegnare Dante anche dopo l'introduzione delle leggi razziali del 1938. Molti di loro diventarono poi comunisti e quando nel '68 le univerità si infiammarono ebbero il coraggio di chiamarci “fascisti rossi”! Di fronte a tali accuse provenienti da tali figuri, io non potevo non chiedermi come essi potessero trovare spazio nel partito di Gramsci La domanda era retorica. Erano uomini di potere. Rappresentavano le glorie culturali del partito. Del resto lo stesso De Gasperi era stato ministro senza portafoglio nel primo governo Mussolini. Si definiva “un trentino prestato al'Italia” e aveva votato come parlamentare austriaco la condanna a morte di Cesare Battisti!

Al 25 luglio seguì l'8 settembre.(M. Aga Rossi Un paese allo sbando, Il mulino) Fu il caos. Il re sciaboletta fuggì a Brindisi. Si imbarcò come un ladro e lasciò il paese. Roma venne abbandonata a se stessa. Quando arrivarono i tedeschi solo un manipolo di eroi la difese. Beppe Fenoglio raccontò tutto ciò in Primavera di bellezza. 600.000 soldati italiani vennero abbadonati in Jugoslavia, Grecia e Russia, dove dopo la disperata carica di cavalleria di Nikolajevka essi si erano guadagnati il rispetto degli stessi soldati russi i quali erano rimasti allibiti nel vedere i cavalleggeri italiani lanciarsi contro i carri armati russi come i seicento di Baraklava.

Con l'8 settembre, per l'Italia iniziò il periodo più cupo della sua storia. La Resistenza fu infatti una vera e propria guerra civile che non si concluse nemmeno con l'amnistia Togliatti. Una delle vittime più illustri di questa guerra civile fu Giovanni Gentile. Filosofo, teorico del fascismo, ministro della PI, Gentile venne ucciso da un commando partigiano a Pisa nel '44. Gentile stava correggendo le bozze del suo ultimo libro Genesi e struttura della società. Il libro è una sintesi del suo pensiero su stato,individuo e società. A distanza di tanti anni possiamo dire che se l'era voluta lui.

Roma venne liberata. Il gen Clarck entrò da solo e disarmato in città. Napoli si era liberata da sola. Le armate americane combatterono due anni in Italia per liberare il paese dai nazisti, mentre la stragrande mggiornza degli italiani era rimasta a guardare dei ragszzi che erano cresciui a pollo fritto del Kentuki e torta di mele morire per noi!

La Resistenza fu un fenmeno che interessò una piccola minoranza degli italiani. Ciò spiega perché al referendum tra monarhia e repoubblica la repubblica vinse per il rotto della cuffia e spiega pure la continutità dello stato. Tutto ciò, a ben vedere, era implicito nella cisiddetta svolta di Salerno dove Togliatti pronunciò un discorso che Nenni definì la bomba Ercoli” nickname di Togliatti. Nel suo discorso di Salerno, Togliatti sosteneva 1) che in Italia non ci sarebbe stata alcuna rivoluzione; 2) che alla fine della guerra gli italiani avrebbero scelto la loro forma di governo; 3) che fino a quel momento l'Italia liberata dagli alleti sarebbe tata governata da un governo di coalizione (P. Spriano Il compagno Ercoli, Editori riuniti; G. Candeloro Storia d'Italia, X, Feltrinelli).

lunedì 7 marzo 2016

icordando con rabbia 7

Corrado Bevilacqua
La perdita del centro

Per lo storico dell'arte Hans Sedlmayer, la crisi della modernità può essere rappresentata come “perdita del centro” ( H. Sedlmayer La perdita del centro”, Rusconi). Per Sedlmayer l'espressione “perdita del centro” andava intesa nel senso di perdita di interesse per l'uso della prospettiva matematica rinascimentale come forma simbolica (E. Panofskij La prospettiva come forma simbolica, Feltrinelli; R. White La rinascita dello spazio pittorico, Il saggiatore). Nel contesto di questo libro l'espressione “riconquista del centro” va intesa nel senso di riconquista di un punto di riferimento politico e culturale.
L'avvento della prospettiva matematica (R. Blunt Teorie artistiche nell'Italia del Rinascimento, Einaudi) fu la conseguenza della afferamazione di una nuova visione del mondo che poneva l'uomo al centro del creato (E. Cassirer Individuo e cosmo nel Rinascimento, La Nuova Italia. E. Garin La cultura filosofica del Rinascimento. Studi e rcerche, Sansoni: Id Scienza e vita civile nl Rinascimento italiano, Laterza; Id Rinascite e rivoluzioni. Movimenti culturali dal XIV al XVIII secolo, Laterza).
Secondo il fisico Kurt Mendelshoon, il dominio dell'Occidente ebbe sue origini l'idea che le nostre azioni potessero essere pianificate al fine di raggiungere determinati obiettivi (K. Mendelsshon La scienza e il dominio dell'Occidente, Editori Riuniti).
Nacquero così, in tempi recenti, la ricerca operativa, l'analisi dei costi-benefici, la programmazione lineare, l'analisi delle attività la valutazione di impatto ambientale (F. Caffè, a cura di, Il pensiero economico contemporaneo, vol. III, L'impiego delle risorse, Angeli; V. Bettini L'analisi d'impatto ambientale, Cluep)
La Rivoluzione bolscevica, l'avvento del comunismo e il varo del primo piano quinquennale in URSS (E. Carr, R.D. Davies Le origini della pianificazione sovietica, Einaudi) creò l'illusione di poter realizzare ciò che fino a quel momento era stato relegato nel regno dell'utopia – parola di origine greca coniata nel XVI secolo da Tommaso Moro che significa un non-dove, un non-luogo, un no-where che nel fanta-romanzo di Samuel Butler diventò Erewhon (Mondadori)
Il crollo del comunismo ha distrutto quel sogno e ci ha posti di fronte alla realtà: la vita non è pianificabile. In ogni caso, il crollo del comunismo non fu causato, come è stato spesso erroneamente scritto, dalla difiicoltà teorica di pianificare una economia complessa. La matematica ha fatto dei passi da gigante dai tempi di Stalin. Il comunismo è crollato per due motivi:
1- l'esistenza negli USA di un enorme surplus economico potenziale da sare per le “guerre stellari”
2- il venir meno del fascino della ideologia comunista che era rimasta abbarbicata ad un sistema di verità eterne che avevano paralizzato la capacità creativa di interi popoli.(C. Milosz La mente prigioniera, Adelphi)
La globalizzazione ha liquefatto la società e ha trasformato la nostra vita in uno “stagno delle ninfee” rendendo l'individuo più solo ed isolato che mai (Z. Bauman La solitudne dell'individuo globale, Feltrinelli). Ciò crea un senso di spaesamento, di anomia, di sradicamento che sta mettendo a dura prova le “strutture elementari della società” (U. Beck La società del rischio, Carocci; Id Humana conditio, Laterza).
Nessuno parla di “programmazione economca” o di “piano del capitale” (V. Foa Lotte operaie nello sviluppo capitalistico, in QR, n1; M. Tronti, La fabbrica e la società, in Q, n 2; Id. Il piano del capitale, in QR, n 3; D. Lanzardo Temi della programazione sociale dello sviluppo" in QR ul cit.; G. Greppi A. Pedirolli Prduzione e programmaziome territoriale, in QR ult. cit).
Questa tematica , sviluppata da Raniero Panzieri nella Relazione sul neocaptalismo tenuta al convegno di Agape del 1962, diventò, per una certa sinistra, una specie di "chiave universale" che apriva tutte le porte e spiegava qualunque fenomeno economico, sociale, politico e culturale.(R. Panzieri Relazione sul neo capitalismo, in id La rinascita del marxismo teorico in Italia, Sapere).
Altri vollero vedere in John M. Keynes un sostenitore dell'economic planning targato Manchester. Nulla di più sbagliato. Egli era sia un avversario del manchesterismo come egli aveva scritto nel 1926 in La fine del lasciar fare, che un avversario del socialismo e dell'economic planning. Egli pensava che, come aveva scritto nel 1923 in La riforma monetaria, che era troppo facile per un economista tirarsi fuori dalla mischia affermando che, passata la tempesta, sarebbe ritornsto il sole. Per Kyenes l'economista doveva imparare a sporcarsi le mani con la politica.
Fu così che nel 1933, non appena Roosevelt si fu insediato a White House, Keynes gli chiese un incontro con lui. Roosevelt glielo concesse. Keynes e Roosevelt parlarono a lungo, ma non si capirono. Colpa della lingua? George Bernard Shaw amava dire che inglesi e americani erano un unico popolo diviso dalla lingua. Io credo che l'incomprensione fosse più profonda. Essa riguardava il rapporto fra economia e politica. Al termine del colloquio, Roosevelt confessò ad un suo collaboratore che Keynes gli aveva parlato per un'ora di matematica. Keynes confessò a un suo collaboratore che Roosevelt non capiva un accidente di economia. e
Se nel 1949, nella prima edizione di Economica, al Samuelson poteva affermare che nessuno meteva più in dubbio la necessità di un intervento pubblico nell'economia, oggi nessun economista scriverebbe più una cosa del genere. Oggi si pensa che l'unico stato che funziona è quello che Robert Nozick chiamò "stato minimo". In effetti si tratta di un stato che è al servizio del capitale finanziario;.

Come Paul Samuelson scrisse nell'opera citata non esiste in una economia come l nostra acun meccanismo automatico di aggiustamento. Analoga affermazione venne effettuata da James Tobin in un ciclo di lezioni tenuto nel 1982 nel corso delle quali dimostrò la fallacia del cd real balance effect o effetto Pigou

Secondo l teoria tradizionale dei salari, il mercato del lavoro è un mercato come gli atri nel quale la domanda di lavoro da parte delle imprese aumenta al diminuire dei salari, mentre l'offerta di lavoro da parte dei lavoratori aumenta all'aumentare del salario. Ne deriva che se esiste disoccupazione è colpa dei sindacati che non permettono ai salari di scendere  al di  sotto di un certo limite irrigidendo la curva dell'offerta di lavoro.

Secondo Tobin, Keynes dimostrò che Pigou aveva torto marcio e che, comunque ex post  l'economia è sempre in equilibrio,  Il problema era costituito ds ciò avveniva ex-ante. Questo problema poteva essere risolto ricorrendo alla programmazione economica. Programmare un'economia  significa  scegliere degli obiettivi,, far un censimento delle risorse, individuare i vincoli e costruire una funzione obiettivo. Il passo successivo è quello relativo alla sua massimizzazione

ome si vede non c'è nulla di cervellotico, ma si tratta della  applicazione della definizione di lord Robbins di Economics come scienza che studia il miglior impiego di risose scarse che hanno usi altternativi., che rappresentava anche il punto d visa degli ottimali sovietici, a comniciare da Kantorovic

venerdì 4 marzo 2016

Ricordando con rabbia 5

Corrado Bevilacqua
Occasioni mancate


Le occasioni mancate  dall'Italia nel secondo dopoguerra  per diventare uno stato degno di questo nome furono molte.

La prima fu rappresentata dall'entrata i vigore il primo gennaio 1948 della nuova costituzione repubblicana. Non fu così. Lo rilevò con rabbia Piero Calamandrei in un saggio pubblicato nel 1948 (P. Calamandrei Questa nostra costituzione, Laterza). L'entrata in vigore della nuova costituzione forniva l'occasione per una riforma radicale dello stato. Non fu così. Non vi fu rottura ma continuità, per usare la fortunata espressione usata dal maggior storico italiano della Resistenza, Claudio Pavone (C. Pavone La continuità dello stato, Giappicchelli). Lo ammise anche Giorgio Amendola per il quale essa era da considerarsi l'espressione dei limiti dell'antifascismo (G. Amendola Fascismo e classe operaia, Editori Riuniti).

Un'altra occasione mancata: la ricostruzione. Come scrisse Vittorio Foa, la ricostruzione fu una restaurazione del potere di coloro che avevano sostenuto il fascismo politicamente il fascismo e finanziato i suoi ras. La ricostruzione parti subito con il piede sbagliato. Era stato proposto di cambiare la moneta e di introdurre una tassa sui profitti di guerra. Qualcuno si introdusse nottetempo nella zecca d'Italia e rubò le matrici della nuova moneta (S. Fedele Da Parri a De Gasperi, Feltrinelli; Del mancato cambio della lira, Fetrinelli; Il secondo dopoguerra, guida bibliografica, Feltrinelli). Poi, fu la volta della deflazione einaudiana. Luigi Einaudi moytivò la su decisione affermando che la quantutà iu biglietti di banca in circolazione aveva raggiunto il "punto critico". La teoria del "momento critico" si basava, in realtà, come dimostrò Giorgio Fuà, in un articolo pubblicato su "Critica economica", su un puro e semplice sofisma, ovvero, sull’uso improprio d’una formula aritmetica, che Fuà smontò in punta di logica economica.

Luigi Einaudi, rispose ai suoi critici, con un articolo sul "Corriere della sera" del 19 ottobre 1947 intitolato "Il sofisma". Nell’articolo, dopo aver ricordato il "baccano sorto attorno alla cosiddetta restrizione del credito", Einaudi sottolineava che la manovra era stata annunciata con largo anticipo e che le banche avevano avuto modo di adeguarsi anticipatamente ad essa. La verità è, come Pasquale Saraceno affermò in una intervista rilasciata nel 1977, che, considerata la gravità della situazione economica, un’azione monetaria fu certamente necessaria, ma è anche vero che la politica economica del governo fu caratterizzata dalla assenza di qualsiasi obiettivo che non fosse "il ripristino delle strutture preesistenti con le sole modifiche che la guerra aveva imposto".
Inoltre, non va dimenticato che la "deflazione einaudiana" fu favorita dalla esclusione delle sinistre dal governo, la quale, desiderata dagli Stati Uniti, venne messa puntualmente in atto dal presidente del consiglio, il democristiano Alcide De Gasperi, dopo il suo ritorno da un viaggio compiuto negli Stati Uniti nel mese di gennaio del 1947, a dimostrazione, come scrisse Valerio Castronovo, dello stretto legame esistente fra le opzioni politiche e quelle economiche.
La Cgil reagì alla politica deflazionistica del governo con il cosiddetto "Piano del lavoro". Presentato nel corso della Conferenza economica sul Piano del lavoro del 19-20 febbraio 1950, il piano prevedeva, oltre la nazionalizzazione delle industrie elettriche, la creazione di un ente per le bonifiche e altre iniziative dello stesso genere, un nutrito programma di opere pubbliche volte al miglioramento delle attrezzature economiche del paese e alla realizzazione d’un immediato incremento occupazionale. Per quello che riguardava il finanziamento, il piano prevedeva l’utilizzazione di parte delle risorse valutarie esistenti e di parte del fondo costituito come contropartita della vendita di merci del Piano Marshall.

Alberto Breglia, nella relazione letta alla conferenza di presentazione del Piano del lavoro, difese le ragioni del piano affermando che "la produzione nel suo svolgimento, se è produzione, trova il suo finanziamento in se stessa"; perciò, volendo, si sarebbe potuto dire che il piano finanziava il piano. Come spiegò, Breglia, "ciascuna attività economica, se è produttiva socialmente genera in seguito una nuova attività economica e questa crea i suoi mezzi di finanziamento attraverso le normali, conosciutissime vie del credito bancario" .
Le argomentazioni di Breglia vennero riprese da Antonio Pesenti in un articolo apparso su "Critica economica" nel quale ironizzò nei confronti della "teoria della coperta" evocata dal professor Piero Battara. Come Pesenti spiegò nel suo articolo, il reddito non andava considerato in "senso statico", ma in "senso dinamico". Inoltre, aggiunse Pesenti, il problema del finanziamento del piano poteva essere risolto attingendo alle riserve esistenti.
Una dura critica nei confronti della "teoria della coperta" provenne anche da Sergio Steve, il quale spiegò che tale teoria sarebbe stata vera se tutti i fattori della produzione fossero stati occupati, ma questo, aggiunse Steve, non era il caso dell’Italia. Inoltre, affermò Steve, era ora mandare al macero il "feticcio del bilancio in pareggio". Secondo  Steve, il criterio del pareggio di bilancio non poteva soddisfare le esigenze della economia italiana.

In termini keynesiani, il Piano del lavoro della Cgil proponeva era di attivare il "moltiplicatore dell’investimento". John M. Keynes, però, non era di casa in Italia. La cultura economica italiana era, infatti, neoclassica e rifiutava non solo la concezione keynesiana della spesa pubblica, ma rifiutava l’idea stessa di piano. In altre parole, la maggioranza degli economisti italiani pensava come Luigi Einaudi che "il modo migliore di fare il bene dello stato non è di fare, di agire direttamente, ma invece l’azione più efficace per l’avanzamento economico e sociale del paese è quella indiretta". Essi, inoltre, pensavano che la pianificazione non potesse funzionare.

Come affermò, infatti, Giuseppe Di Nardi in un saggio pubblicato nel 1947 sul "Giornale degli economisti", "la pianificazione impostata sulla determinazione quantitativa a priori delle posizioni di equilibrio risulta legata a ipotesi non verificabili" e ciò induceva a pensare che "qualunque tentativo volesse farsi per renderla operante in concreto sarebbe votato all’insuccesso".

Critico nei confronti della pianificazione fu pure Agostino Lanzillo, il quale, su "L’industria", scrisse che "l’illusione di poter pianificare è generalmente diffusa nel mondo moderno ed è fatale all’assetto della società. Essa è il prodotto della prevalenza del razionalismo e del tecnicismo. Se tutto oggi è diretto dalla ragione, perché dovrebbe essere sottratta ad una rigorosa disciplina l’attività economica?".

All’incontro, Fernando Di Fenizio, dopo aver notato in un articolo su "L’industria", che l’economia possedeva due schemi per l’interpretazione del funzionamento dei sistemi economici concreti: lo schema dell’economia di concorrenza e lo schema dell’economia diretta dal centro, chiedeva provocatoriamente se vi fosse ancora qualcuno disposto "a credere che gli economisti liberali sian ciechi adoratori del laissez-faire" .
Però, aggiunse Di Fenizio, occorreva stare attenti, perché "chi ammette una politica contro le variazioni cicliche è implicito debba ammettere debba cederne altre, contro, ad esempio, le variazioni stagionali. Accettato, infatti, il principio d’una politica economica attiva, ogni elencazione, come ben si comprende, esemplifica: non tronca l’argomento". In ogni caso, concluse Di Fenizio, occorreva tener distinti quelli interventi che, come aveva spiegato Ropke, erano "conformi" alla economia di mercato da quelli che non erano "conformi" e che la danneggiano, ne pregiudicano il funzionamento, ne neutralizzano i riflessi".

Favorevole all’intervento dello stato nell’economia era, invece, Alberto Bertolino, il quale, in un articolo su "Il ponte", dopo aver affermato che occorreva "combattere il dominio capitalistico come uno dei privilegi più lesivi della dignità umana", scrisse che "la Costituente dovrà proclamare che compete allo stato la funzione di regolamento dell’economia nazionale" .
La Costituente discusse il problema e quello che uscì dalla discussone fu l’articolo 41: "L’iniziativa privata e libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali" – che è cosa molto diversa da quello che prevedeva il cosiddetto "emendamento Foa- Montagnana".
Recitava l’emendamento Foa- Montagnana: "Allo scopo di garantire il diritto al lavoro di tutti i cittadini, lo stato interverrà per coordinare e orientare l’attività produttiva dei singoli e di tutta la Nazione secondo un piano che assicuri il massimo di utilità sociale". L’emendamento fu discusso dalla Assemblea costituente il 9 maggio 1946.
Intervennero nel dibattito: Luigi Einaudi il quale evidenziò la palese incostituzionalità dell’emendamento; Vittorio Foa che era uno dei firmatari dell’emendamento e Ferruccio Parri. Chiuso il dibattito, l’emendamento venne messo ai voti. I votanti furono 418. I voti a favore furono 174, i contrari furono 244.

In questo quadro che va inserita la proposta d’un piano socialista che Rodolfo Morandi avanzò alla Conferenza economica socialista del 1947. Per Morandi, la pianificazione era "un’esigenza naturale e spontanea dell’economia collettivistica, qualcosa di congenito ad essa". I socialisti, disse Morandi, erano consapevoli del fatto che "solo in una società socialista sussistono le condizioni perché la pianificazione possa essere attuata". Il loro piano si fondava, perciò, "sul concetto di un’azione che portata a svolgersi dall’interno degli ordinamenti capitalistici, è indirizzata a dislocare incessantemente l’equilibrio del sistema, fino al completo rovesciamento dei rapporti di classe". Ne derivava, spiegò Morandi, che il concetto di piano socialista era inseparabile da quello di "riforme di struttura" e di controllo dal basso.
L’intervento di Morandi era stato preceduto da quello d’Alessandro Molinari il quale, dopo aver sostenuto che "nell’attuale fase storica del capitalismo, la necessità di un’economia controllata, programmata o pianificata, si è imposta nella maggiore parte dei paesi civili", spiegò che "una programmazione economica richiede innanzitutto una precisa formulazione degli obiettivi generali ai quali i piani economici debbono informarsi, al di sopra e al di là dei programmi, dei contingenti piani di emergenza o di breve respiro". Per potere realizzare una cosa del genere, aggiunse Molinari, la pianificazione socialista deve ispirarsi, perciò, a "una idea centrale e a ragionevoli traguardi da raggiungere".
All’intervento di Molinari era seguito l’intervento di Giulio Pietranera il quale aveva spiegato che "la pianificazione socialista consiste tutta in questa affermata e attuata necessità di procedere tenendo presenti, in tutti i loro rapporti di coesistenza e di sviluppo, tutti gli elementi e gli strumenti d’azione, fondandosi su una notevole apertura di sviluppo per le diverse alternative che possono presentarsi".
Di tutt’altro avviso era Palmiro Togliatti. Come egli disse, infatti, nel convegno sui problemi della ricostruzione tenuto dal Pci nel 1945, il Pci non chiedeva una pianificazione socialista poiché esso era consapevole del fatto che non esistevano le condizioni per realizzarla: chiedeva, invece, "un controllo della produzione e degli scambi del tipo di quello che esisteva e che esiste tutt’ora in Inghilterra e negli Stati Uniti" .
Tale posizione fu ribadita da Togliatti nel discorso da lui tenuto il 24 settembre 1946 a Reggio Emilia. Nel discorso, divulgato dalla stampa comunista con il titolo "Ceto medio e Emilia Rossa", Togliatti sosteneva che il Pci voleva che venisse lasciato "un ampio campo di sviluppo all’iniziativa privata, soprattutto del piccolo e medio imprenditore", mentre riserva allo stato il compito di "dirigere tutta l’opera di ricostruzione"].
Togliatti era, quindi, intervenuto sul medesimo tema nella "Relazione sui rapporti sociali" da lui tenuta il 3 ottobre del 1946, nel corso della quale aveva sottolineato "la necessità di un piano economico, sulla base del quale sia consentito allo stato di intervenire per il coordinamento e la direzione dell’attività produttiva", "il riconoscimento costituzionale di forme di proprietà diverse da quella privata", la nazionalizzazione di quelle imprese che "per il loro carattere di servizio pubblico o monopolistico debbano essere sottratte alla iniziativa privata"].
L’Italia riuscì a superare la crisi postbellica e riuscì a avviarsi sulla strada dello sviluppo. I fattori che favorirono la ricostruzione del paese furono: la dimensione relativamente ridotta dei danni di guerra subiti dalle industrie italiane, la collaborazione sindacale nelle fabbriche, il buon utilizzo della capacità produttiva esistente, il varo di riforme agricole, una soluzione innovativa del problema dei vincoli della bilancia dei pagamenti per un paese povero di fonti energia.
Agli anni della ricostruzione fecero seguito gli anni dello sviluppo economico. Gli aspetti fondamentali dello sviluppo economico italiano furono tre: una forte crescita dell’industria manifatturiera che trasformò l’Italia da paese prevalentemente agricolo in paese industrializzato; una crescente apertura ai mercati esteri; la crescita urbana.
Tale sviluppo fu oggetto di differenti interpretazioni. Si parlò di "dualismo economico". Si parlò di sviluppo trascinato dalle esportazioni. Si parlò di distorsione dei consumi a causa dell’effetto di dimostrazione. Si parlò di diseguaglianze regionali. Lo sviluppo, comunque, ci fu, ma on ruscì a coinvolgere la oolitica.