mercoledì 30 novembre 2016

Discorso di Re Umberto - 13.06.1946

La Storia d'Italia di Indro Montanelli - 02 Dalla Monarchia alla Repubbl...

Referendum Monarchia-repubblica 1946

La mortadella dal volto umano ha parlato

Romano Prodi: "Sento il dovere di rendere pubblico il mio Sì". Sfida in tv Renzi-Berlusconi L'ex premier: "Lo faccio nella speranza che questo giovi al rafforzamento della nostre regole democratiche soprattutto attraverso la riforma della legge elettorale" Romano Prodiince il Sì faccio al massimo un altro giro" "Anche se le riforme proposte non hanno certo la profondità e la chiarezza necessarie, tuttavia per la mia storia personale e le possibili conseguenze sull'esterno, sento di dovere rendere pubblico il mio sì, nella speranza che questo giovi al rafforzamento della nostre regole democratiche soprattutto attraverso la riforma della legge elettorale". Lo dice, attraverso una nota, l'ex presidente del Consiglio e fondatore dell'Ulivo Romano Prodi. "Un sì naturalmente rispettoso nei confronti di chi farà una scelta diversa - prosegue l'ex presidente della Commissione Ue - Dato che nella vita, anche le decisioni più sofferte debbono essere possibilmente accompagnate da un minimo di ironia, mentre scrivo queste righe mi viene in mente mia madre che, quando da bambino cercavo di volere troppo, mi guardava e diceva: 'Romano, ricordati che nella vita è meglio succhiare un osso che un bastone'". "Profonde sono le ragioni che mi hanno fino ad ora consigliato di non rendere esplicito il mio voto sul referendum - ha detto ancora Prodi - Sono ormai molti anni che non prendo posizione su temi riguardanti in modo specifico la politica italiana e, ancora meno, l'ho fatto negli ultimi tempi. Questa scelta mi ha di conseguenza coerentemente tenuto lontano dal prendere posizione in un dibattito che ha, fin dall'inizio, abbandonato il tema fondamentale, ossia una modesta riforma costituzionale, per trasformarsi in una sfida pro o contro il governo". "Tutti erano per il superamento del bicameralismo, se qualcuno ha cambiato idea è perchè non è coerente a sè stesso. Fatemi dire da qui grazie a Prodi che voterà sì pur non condividendo tutto ma riconoscendo che c'è un esigenza per paese". Così Matteo Renzi, nel comizio ad Ancona, ringrazia il fondatore dell'Ulivo che ha annunciato il voto a favore del referendum. Sfida in tv Renzi-Berlusconi -"Tanti amici del No sembrano tenuti insieme più dall'odio ad personam che da altro", attacca Matteo Renzi. "Se vince il Sì è meglio andare in un altro Paese, perché verrebbe meno la democrazia", arriva a dire Silvio Berlusconi. Il presidente del Consiglio e il leader di Forza Italia tornano a sfidarsi in tv, ma in un confronto ancora una volta a distanza. L'uno non sa cosa ha affermato l'altro, ma ciascuno sfodera tutte le sue armi se è vero, come spiega il leader Pd, che sono queste le ore decisive per la vittoria al referendum, perché "la stragrande maggioranza degli incerti decide ora". Nel salotto di Porta a Porta, il confronto è a quattro: Renzi e Angelino Alfano per il Sì, Berlusconi e Matteo Salvini per il No. Mezz'ora ciascuno. Inizia il premier, che sceglie toni pacati, rassicuranti, per stare al merito. In tasca il leader Dem ha l'endorsement, sia pur con critiche, di Romano Prodi: dimostra che "se si aspetta la riforma perfetta, non si fa niente". Tra l'altro, "quelli che fecero cadere Prodi sono tutti schierati per il No: Mastella e Dini nel 2008 e nel 1998 Bertinotti e uno del Pd, non faccio nomi", nota puntuto con riferimento a Massimo D'Alema. "Non fatevi fregare, leggete il quesito", è il messaggio del premier al pubblico di Rai 1. "Il voto non è su di me come quello sull'aborto non era su Pannella", aggiunge. "Gli togliamo il giocattolo", alcuni hanno "paura di provare l'ebbrezza mistica di lavorare", incalza, ribadendo che se perderà non resterà "aggrappato alla poltrona". Ci sarà un rimpasto di governo se vincerà il Sì?, chiede Vespa. "Se vinciamo avremo una grandissima forza per cambiare l'Europa", alza l'asticella il presidente del Consiglio. Mentre Alfano, che non si stanca di ripetere a Renzi di restare anche se perde, spiega di non aver paura di un eventuale rimpasto: "A me tutto può succedere tranne che essere punito per quanto di buono fatto. Senza di noi, l'Italia sarebbe andata a precipizio", afferma il ministro dell'Interno, che invita il comitato del No a non demonizzare il voto all'estero. Dal fronte No Salvini, avversario politico di Alfano, guarda già oltre: "Dopo Renzi non c'è solo Grillo, esporteremo il buon governo lombardo-veneto". Intanto Berlusconi, che si sofferma a ricordare il passato (nel 2013 non è caduto per i sorrisini di Hollande e Merkel, accusa, ma per la "regia dell'allora capo dello Stato"), prova a non farsi sottrarre dal Sì i voti del centrodestra, che Renzi stesso ha detto di considerare determinanti per la vittoria del referendum. E alza i toni: con la riforma, attacca, ci sarà una dittatura e il Pd diventerà "padrone" delle istituzioni. Si spinge poi a ipotizzare la possibilità - una minaccia agitata da alcuni suoi avversari in passato contro di lui - di espatriare, in caso di vittoria del Sì. Infine, il Cavaliere scherza: "Il fac simile di scheda elettorale per il Senato mostrato da Renzi è come 'l'Enrico stai sereno'". E ancora: "Vespa, se vince Grillo le darò un passaggio con il mio aereo e secondo me lo chiederà anche Renzi...speriamo sappia giocare a poker". Ora la grandeza della un rsta val un votoemocvrazia è che tutti possono partecipare al govern dello stato; la misria della democrazia è che na teastas vale in voy

VIVA TRUMP

Trump su twitter, lascio gli affari per fare il presidente Steven Mnuchin conferma di essere stato scelLa lezione di Ytump di stil Donald Trump lascerà 'totalmente' tutte le sue aziende ed attività economiche per dedicarsi a tempo pieno a fare il presidente degli Stati Uniti e "rendere l'America di nuovo grande. Non sarei tenuto". Lo ha scritto su Twitter il presidente eletto spiegando di voler evitare qualsiasi forma di conflitto di interessi. "Il 15 dicembre terrò una conferenza stampa a New York con i miei figli - scrive Trump in una serie di tweet - per parlare di come lascerò completamente le mie grandi aziende per dedicarmi totalmente al governo del Paese così da rendere l'America di nuovo grande! Anche se non sono tenuto a farlo per legge, ritengo che sia visivamente importante non avere conflitti di interesse con i miei diversi affari. Perciò stiamo preparando i documenti legali per escludermi completamente dalla gestione degli affari. La Presidenza è un compito molto più importante!". Intanto Steven Mnuchin, direttore finanziario della campagna elettorale di Donald Trump, ex partner di Goldman Sachs, produttore cinematografico, ha confermato di essere stato scelto per guidare il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti. In un'intervista alla Cnbc, lo stesso Mnuchin ha quindi annunciato che la sua priorità numero uno sarà un taglio massiccio e generalizzato delle tasse sulle imprese americane per stimolare la crescita economica e creare posti di lavoro. Il futuro segretario al Tesoro ha indicato l'obiettivo di una riduzione dell'aliquota dal 30% al 15%. In linea con le promesse fatte da Donald Trump in campagna elettorale. ù "Sara' la più grande rivoluzione fiscale dai tempi di Ronald Reagan, ha aggiunto Mnuchin secondo il quale "tagliando le tasse delle imprese creeremo un'enorme crescita economica", con il pil che dall'attuale 3,2% arriverà ben presto al 4%.

lunedì 28 novembre 2016

Brugnaro3 la vendetta

La sua vita è cambiata in meno di una settimana. Giovedì il battibecco con il sindaco Luigi Brugnaro, che alla sua domanda a un dibattito pubblico aveva risposto invitandolo a «discuterne fuori». Poi, venerdì la sua replica, in municipio a Mestre, dove aveva ironicamente consegnato al primo cittadino un paio di guantoni da boxe. Per Niccolò Onesto, studente 20enne mestrino, non è finita qui però. Venerdì pomeriggio è stato sospeso dal lavoro di maschera al teatro La Fenice per tutto il mese di dicembre: gli stessi turni che gli erano stati inviati al mattino, nel giro di poche ore erano stati totalmente revocati. «Ho chiesto spiegazioni ai miei responsabili – dice – ma nessuno ha voluto darmene». Onesto si rivolge nuovamente al sindaco Brugnaro: «Ha costruito la sua campagna elettorale sul lavoro ai giovani – continua – vorrei sapere cosa pensa dei giovani a cui il lavoro viene tolto per aver posto una domanda». Ora, cosa dobbiamo pensare di un sindaco che invita i suoi critici discuterne fuori? Non i dovrebbe essere mandato immediatamente a casa?

Primarie in Francia, Vince Fillon

Ci separa una distanza stellare dai giorni in cui Charles Trenet cantava:Douce France, cher pays de mon enfance. Edith Piaf convolava a giuste nozze con il pugile Marcel Cerdan, Louis Malle dirigeva Soffio al cuore, il presidente Coty faceva i soli vendendo balocchi e profumi. Non ci sono più Sartre e Camus, Merleau Ponty e Paul Nizan. Jacques Prevert è passato da molti decenni nel mondo dei più e mi piace pensarlo mentre si sollazza al sole dell'aldilà fumando lentamene la sua inconfondibile Gauloise. La crisi della civiltà occidentale ha travolto anche la Francia.La Eccezionalità francese è svanita ne nulla.Allle prosssime elezioni presidenziali sarà Fillon non De aulle a rappresentare la "Francia u Fillon sbaraglia Juppé, sarà lui a correre per l'Eliseo I complimenti del sindaco di Bordeaux: "Sarò al tuo fianco". Mentre la gauche è nel caos, Valls in campo contro Hollande Nicolas Sarkozy:"Ho sentito gradualmente l'onda che ha travolto tutte le previsioni. Ha vinto la Francia della verità e dell'azione". Lo ha detto Francois Fillon davanti ai suoi sostenitori in visibilio, commentando la vittoria a valanga nelle primarie della destra. Nel momento della vittoria, Fillon ha rivolto il primo pensiero "a Nicolas Sarkozy", da lui eliminato al primo turno, e un "messaggio di amicizia, stima e rispetto" al candidato sconfitto, Alain Juppé. Quello che si chiude è stato "un quinquennio patetico" - ha detto Francois Fillon nel primo intervento da candidato all'Eliseo investito dalle primarie della destra - "dobbiamo ripartire in avanti come mai abbiamo fatto negli ultimi 30 anni". "Questa sera - ha detto Fillon - tendo la mano a tutti quelli che vogliono servire il nostro Paese". La resa di Juppè - "Congratulazioni a Fillon per l'ampia vittoria. Da stasera sono con lui, gli auguro buona fortuna per la vittoria a maggio": così, visibilmente commosso fra gli applausi dei suoi sostenitori, Alain Juppé ha riconosciuto la sconfitta nelle primarie della destra. "Ringrazio tutti anche se il risultato non è stato all'altezza delle speranze", ha detto Juppé. "Concludo questa campagna da uomo libero, che non ha fatto compromessi né su come è né su quello che pensa". Francois Fillon a valanga nelle primarie della destra francese - Lo scrutinio di circa 2.000 seggi su 10.000 ha dato una percentuale del 69,5% per Fillon contro il 30,5% per Alain Juppé. Lo ha annunciato la responsabile dell'authority delle primarie dei Républicains, Anne Levade. Netta vittoria di Francois Fillon alle primarie della destra. L'affermazione su Alain Juppé al ballottaggio conferma i sondaggi degli ultimi giorni: oltre il 60% per il vincitore, sotto il 40% per il sindaco di Bordeaux. Gauche è nel caos, Valls in campo contro Hollande - Ma se il voto ha archiviato la partita a destra, a sinistra "Manuel Valls ha puntato un missile a testata nucleare contro l'Eliseo", come ha osservato il giornalista politico Olivier Mazerolle: in un'intervista fatta uscire come una bomba ad orologeria proprio nel giorno della proclamazione del candidato dei Républicains, il premier si è detto pronto a scendere in campo nelle prossime primarie della gauche, anche contro Hollande. Una situazione che fin qui, nella Quinta Repubblica, non si era mai verificata. Un avvicinamento alla discesa in campo, da parte di Valls, che da un mese, giorno dopo giorno, si è accelerato. Un Hollande che fonti dei media vicini alla presidenza descrivono come "furioso" potrebbe decidere già oggi un rimpasto di governo con l'uscita di Valls. A meno che, il premier non decida di anticipare le mosse del presidente e dimettersi, annunciando poi la discesa in campo in settimana. Hollande ha fissato il 10 dicembre come data per sciogliere la sua riserva e dichiararsi in corsa per le primarie della gauche del 22 e 29 gennaio. Ma la situazione è precipitata e i prossimi giorni, con la destra ormai allineata dietro il suo riunificatore, si annunciano molto movimentati nel campo della maggioranza e del Partito socialista. Con prospettive non incoraggianti: "Noi possiamo uscire polverizzati dal primo turno delle presidenziali - ha avvertito Valls -. La sinistra può morire". La sinistra è morta il giorno in cui si è rivelata incapace di accettare la sfiuda di egan sulle guerre stellariun "piccolo-grande uomo"

domenica 27 novembre 2016

Manifestanti bloccano pullmans turistici a Barcellona

Activistas de diferentes colectivos vecinales,contrarios al turismo masivo en Barcelona, coordinados bajo la Assemblea de Barris per un Turisme Sostenible (ABTS), han realizado este sábado cinco protestas simultáneas contra el Bus Turístic de la capital catalana, al que consideran un “exponente de cómo Barcelona se ha convertido en un museo, en un parque temático”. Diferentes grupos se han situado en seis de los espacios más visitados de la ciudad en los que tiene parada alguna de las tres rutas de este autobús público-privado destinado a los viajeros. En al menos cinco de las seis ubicaciones previstas, el piquete reivindicativo ha interceptado algún Bus Turístic y ha interrumpido su circulación alrededor de media hora. Han desplegado pancartas frente a los vehículos y han repartido pegatinas y octavillas contra la afluencia masiva de turistas a Barcelona. Los espacios elegidos han sido la calle Sardenya frente a la Sagrada Família, la plaza Espanya frente a las Torres Venecianas, el cruce de Escorial y Camèlies entre el centro de Gràcia y el Park Güell, el Portal de la Pau al final de la rambla y el barrio Gòtic en la plaza Antoni Maura -en Vía Laietana-. En un comunicado, redistribuido este sábado a través de la Federación de Asociaciones de Vecinos de Barcelona (FAVB), la asamblea ha explicado que la protesta -que han bautizado como “#aBúsTurístic”- representa “la necesidad de detener el turismo masivo y de cambiar el modelo de ciudad, ante la incapacidad o la falta de intención de las administraciones en este sentido”. Han elegido el autobús porque “son un claro ejemplo de un servicio público de uso exclusivo para turistas mientras se cierran líneas como la 37 o la 91, incomunicando aún más la Zona Franca o La Bordeta”. “La inversión pública en turismo, ya sea en autobuses, en publicidad o en nuevas dársenas para cruceros, persigue un único fin en una ciudad que ya supera su capacidad de carga: el beneficio del empresariado turístico”, critican. También lo consideran “un exponente de cómo Barcelona se ha convertido en un museo, en un parque temático”. “El crecimiento desmedido y el monocultivo del turismo afectan de manera grave las personas que vivimos en la ciudad, a través de la especulación inmobiliaria, la sustitución de los comercios de proximidad para grandes cadenas, la gentrificación, la precariedad laboral, la privatización de los espacios comunes , la saturación del transporte público y la destrucción de la cultura popular”, aseveran. Ieri, Mantova è sta premiata come città dove si vive meglio in Italia. Roma è una delle città dove si vive peggio. A farla breve, la città dimostra di non essere una semplice "macchin per abitare, un pubblico dormitorio.A Venezia si protesta contro le grandi navi e le opere che idrauliche meton a repentaglio la sopravvivenza di Venezia e della sua laguna.

mercoledì 23 novembre 2016

Referendum

Referendum, si legge in un lancio Ansa, Renzi: andare al voto? Decide Mattarella sulla base delle scelte delle Camere Il premier in tv a Porta a Porta "Il giorno in cui si va a votare lo decide il Presidente della Repubblica sulla base delle decisioni del Parlamento". Così risponde il premier Matteo Renzi a una domanda sull'ipotesi di un voto anticipato in caso di vittoria del No al referendum, in apertura del confronto di Porta a Porta. Sono 6 mesi che le domande sono tutte 'e se vince il no?' Io - spiega il premier - preferirei parlare di qual è la domanda: volete o no il superamento di un sistema che non funziona, dare i giusti diritti, la risposta a cosa accade se vince il no la decidiamo il 5 dicembre". Oltre alle indennità dei senatori, "che la ragioneria ha stimato in 50 milioni l'anno, ci sono i rimborsi ai gruppi. Parlo del mio partito, il Pd: prende 30 milioni. Li trovo una vergogna. Il M5S prende 12 milioni e ci paga casa, affitto, bollette ai funzionari del gruppo. Un Cinque stelle voterà Sì per cambiare o No per mantenere i privilegi che hanno sempre avuto? Non avrei dubbi su questo". "Qual è il punto qualificante del No? L'articolo 70 sul procedimento legislativo? Non fatevi fregare: è la scusa che stanno cercando quelli in Parlamento per non passare da 950 poltrone a 630. Si sente lo stridore delle unghie sul vetro", prosegue Renzi nel corso del confronto sul referendum. "Fare polemica sulla procedura così puntualmente definita per evitare i conflitti di competenza è il tentativo di indicare il dito quando la gente indica la luna", sottolinea Renzi. "Non si taglia il diritto di voto dei cittadini perché i senatori saranno eletti. Ma si tagliano gli stipendi perché chi andrà al Senato non prenderà stipendio", aggiunge. Prodi scrive il Corsera, ha perplessità sul nuovo Senato. Si dice però anche preoccupato dall’ondata di populismo: «Comunque vada l’Italia resisterà». Divisi i prodiani Se il testo che riformula 47 articoli della Costituzione fosse stato scritto meglio. Se alla nuova Carta non si sommasse l’Italicum. Se si evitassero toni apocalittici dall’una e dall’altra parte. Se non si utilizzassero parole come «accozzaglia». Se Renzi non si fosse messo lui, al centro, al posto della riforma. Eccoli, tutti i «se» che ancora bloccano il Professore. O comunque lo infastidiscono. Romano Prodi è l’unico detentore di una golden share nel centrosinistra che ancora non si è pronunciato in pubblico sul Sì o sul No. Si dice, ed è probabilmente vero, che la sua parola possa spostare un numero importante di voti. E che molti attendano di conoscere come si schiererà lui per poi votare di conseguenza. Così la pensano i renziani e una gran parte del popolo che fu dell’Ulivo. Ma anche questa è una delle ragioni che fino ad oggi hanno spinto l’ex premier a non esporsi. Non sono sicuramente piaciute, al fondatore dell’Ulivo, le iscrizioni d’ufficio, in questi mesi, a un fronte o all’altro da parte di giornali o di politici più o meno vicini. Di certo, come sa bene chi ha avuto occasione di parlargli in queste ultime ore, il Professore è combattuto. Ma pur non apprezzando tanti aspetti del nuovo Senato e, ancor di più, certe modalità della strategia renziana, non esclude di votare Sì. O meglio, sebbene ritenga che «l’Italia resisterà in ogni caso», sta soppesando attentamente gli effetti di una bocciatura della riforma. Non si tratta semplicemente dei mercati, perché da economista sta studiando tutte le possibili derivate, ma non drammatizza. È l’ondata di populismo a preoccupare, molto, l’ex presidente della Commissione europea. Insomma, per dirla fuori dei denti, continuiamo a prenderci in giro. Il fatto che diminuisca il numero dei parlamentari 2"means nothing", signica pocoo nulla, se manca una classe politica degna di questo nome. Noi non abbiamo una classe di professionisti della politica, ma di mestieranti. Quuesto è il nostro vero problema.

martedì 22 novembre 2016

Quando c'era Silvio - Storia del periodo berlusconiano

Documentario CENSURATO su Silvio Berlusconi sua maestà

Quando il troppo è troppo

Referendum, Grillo-Renzi, nuove scintille: 'Premier come scrofa ferita'. La replica: 'Non fatevi fregare' Comitato del NO: "Ricorso se il sì vince con il voto degli italiani all'estero". Violati principi fondamentali della legge per il voto degli italiani all'estero "Renzi ha una paura fottuta del voto del 4 dicembre. Si comporta come una scrofa ferita che attacca chiunque veda. Ormai non argomenta, si dedica all'insulto gratuito e alla menzogna sistematica". Così il M5s sul blog di Beppe Grillo che attacca il premier anche sulla vicenda De Luca: "la Costituzione non è un piatto di fritture" dicono i 5 Stelle alludendo alla frase pronunciata dal governatore campano in una registrazione pubblicata da 'il Fatto Quotidiano'. La replica del premier: "Ora Grillo ha detto che siamo una scrofa ferita. Se eravamo una scrofa sana cambiava qualcosa per lui? Quando ci dice serial killer, rispondiamo: bene, superiamo il Cnel, il bicameralismo paritario. Quando ci dice scrofa ferita prima si chiama il veterinario poi si dice: bene, il Cnel, il bicameralismo... Perché sulla scheda non c'è scritto volete essere una scrofa ferita Sì o No". "Se dite No, non si cambia per sempre. Non fatevi fregare, leggete il quesito". Intanto il Comitato per il No, che ha tenuto una conferenza stampa all'associazione della Stampa Estera a Roma, sostiene: "Nella legge per il voto degli italiani all'estero ci sono dei principi fondamentali che riteniamo violati" e che potrebbero "portare ad un'impugnazione davanti ad una Corte". Se il voto all'estero risultasse decisivo "per una vittoria del Sì di misura, è una cosa che ci dispiacerebbe molto", spiega il vicepresidente Alfiero Grandi secondo cui "ci sono i presupposti per un ricorso". "Conto che il "No" vinca e stravinca. Penso e spero che non ci saranno ricorsi e riconteggi". Il segretario della Lega Nord Matteo Salvini a Radio Padania è tornato a parlare del referendum sulla riforma costituzionale. "Il "No" del 4 dicembre - ha aggiunto - è un "No" di liberazione nazionale". Secondo Silvio Berlusconi, ospite a Porta a Porta, "anche con il no, questo governo non cade, Renzi ha una maggioranza, una maggioranza che non convince ma c'è". "Hanno paura della possibile ritorsione di chi ha il potere - ha detto Berlusconi a chi gli gli chiede un commento al fatto che i manager siano a favore del referendum -. Ho avuto discussioni a questo livello ed ho dovuto accettare questo fatto essendoci dentro le aziende i risparmiatori e devo prendere atto che la dichiarazioni del presidente Mediaset sono attribuibili alla difesa di questi risparmiatori. Se il governo dovesse vincere ci sarebbero conseguenze negative per le nostre aziende e per le altre". Ora che d

lunedì 21 novembre 2016

Come distinguereuna notizia vra da una faksa?

Corrado Bevilacqua VERO R FALSO Come distinguere una notizia vera da una falsa? E difficile, molto difficile. La disinformazione è diventata ormai una attività molto diffusa, come la pubblicità occulta. Si dice pubblicità oculta quella pubblicità che non viene presentata come pubblictà, ma che è pur sempre pubblicità. Humphrey Bogart era un accanito fumatore di Camel. Ogni volta che in un film estraeva dalla tasca della giacca un pacchetto di sigarette egli senza volerlo faceva pubblicità alla ditta produttrice di Camel. Cè una foto famosa del grandde Albert Camus con in bocca -na Gitane. Il suo amico-nemico Jean Paul Sartre è stato Come distinguereuna notizia vra da una faksa?spesso fotografato mentre fumava la pipa. In una foto d'epoca il famoso poeta francese Jacques Prévert è raffigurato mentre fuma una Gitane. Davide Riondino scrisse molti anni fa una canzone che faceva così: Jean Paul Sartre e Simone de Beauvoir s'incontavano in un bar lei beveva un caffè, lui prendeva un Pernod. Analogamente, se mi vengono a dire che il sindaco di TV ha avuto incidente di auto sulla strada del vino bianco, per controllare la notizia e sufficiente che telefoni al suo addetto stampa. Tutto diventa piu dificile se mi dicono che la procura di Bari sta indagando su un giro segreto di denaru pubblico. Ogni magistrato h infatti il suo giornaslista di tifderimentoak quale arivano gli atti della inchiesta che sta seguendo via fax

domenica 20 novembre 2016

Violenza contro gli animali. Firma anche tu

Stamami hpo icevuto ka seguente pertiziomnedi le jeneAl . Al 0residente el Consiglio @MatteoRenzi Le Iene Italy Modifica del titolo IX bis del codice penale, non più rubricato come “Dei delitti contro il sentimento per gli animali” ma come “Dei delitti contro gli animali” – Introduzione di modifiche volte a dare maggiore efficacia concreta alle norme al fine di prevenire e reprimere episodi di crudeltà contro gli animali – Previsione di norme che puniscano la pubblicazione in rete di immagini ritraenti scene di violenza o maltrattamento contro gli animali - Richiesta di introduzione nel pacchetto sicurezza 2016 I recenti fatti di cronaca che, attraverso dei video pubblicati in internet, hanno mostrato le sevizie e l'uccisione del cane Angelo e della cagnolina Pilù, hanno scatenato una reazione collettiva di rabbia che in molti casi è degenerata in violenze verbali e minacce gravi rivolte nei confronti degli aguzzini ed estesa anche a chi non ha avuto nessun legame con quei reati. Nonostante gli apprezzabili sforzi del legislatore che nel 2004 ha finalmente introdotto nel codice penale un titolo autonomo “Dei delitti contro il sentimento per gli animali”, e nel 2010 ne ha alzato le pene fino a due anni di reclusione, tali fatti di cronaca sembrano mostrare l'inadeguatezza anche dell’attuale assetto normativo. Crediamo, infatti, che le espressioni di rabbia intensa e a tratti furiosa che tali fatti hanno generato possano costituire un messaggio per il Parlamento e il Governo italiano. Non possiamo condividere, ma non possiamo non comprendere, che il diffuso impulso verso forme di "giustizia fai da te" sia sintomo di un altrettanto diffuso senso di ingiustizia e di un diritto che non rispecchia l'intenso sentimento di amore e di rispetto che gli italiani nutrono verso gli animali. Che la legge sia ancora lontana dalla coscienza sociale è dimostrato dal fatto che nel diritto italiano gli animali sono ancora relegati nel rango delle cose. Anche l'attuale titolo del codice penale nel quale sono inseriti i reati di crudeltà verso gli animali la dice lunga: la legge tutela il sentimento per gli animali e non la loro vita! E invece vorremmo vedere scritto in una legge che gli animali sono «autonomi esseri viventi, dotati di sensibilità psicofisica, e capaci di reagire agli stimoli del dolore», e non che sia tutelato il nostro sentimento nei loro confronti. Ci chiediamo soprattutto se la pena prevista nel massimo per l’uccisione di animali in 24 mesi possa costituire uno strumento efficace per prevenire e reprimere episodi di crudeltà contro gli animali. Ed inoltre, se per le persone che compiono tali crudeltà e che molti studi reputano anche socialmente pericolose non possano essere previste nuove modalità di esecuzione della pena che abbiano finalità rieducative e risocializzanti. Ci chiediamo infine se, visti gli attuali impulsi voyeristici di parte della popolazione di riprendere e pubblicare in rete qualsiasi momento della vita, non sia il caso di sanzionare in modo autonomo la videoregistrazione e la pubblicazione di qualsiasi comportamento di violenza o maltrattamento contro gli animali (salvo che a limitati fini di informazione scientifica e di denuncia sociale), assegnando al Giudice strumenti ideonei ad oscurare i video in rete in tempi brevi. Considerato quanto è accaduto e sta accadendo, e vista la necessità ed urgenza di intervenire, chiediamo al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Parlamento che tali modifiche vengano inserite nel pacchetto di sicurezza in corso di approvazione, unitamente ad altre misure che rendano finalmente efficace e concreta la tutela della vita degli animali. http://www.video.mediaset.it/video/iene/puntata/nina-raccolte-firme-controlaviolenzasuglianimali_661507.html

venerdì 18 novembre 2016

Già si pensa al dopo referendum

Referendum, Renzi: se vince il No verificheremo la situazione politica "Noi dovevamo fare le riforme e ripartire, e lo abbiamo fatto. Deciderà il cittadino se va bene o no" "Questo governo è nato per fare le riforme costituzionali, le abbiamo fatte e deciderà il cittadino se vanno bene o no. Nostro compito era anche portare a casa la ripartenza che va ancora piano ma è molto più forte di prima". Lo dice il premier Matteo Renzi nella conferenza stampa per i 1000 giorni di governo. "Credo che sia fisiologico che davanti ad
una possibile novità politica ci sia una fibrillazione maggiore dei mercati, personalmente reputo ovvio l'assioma riforme-pil su e al contrario che lo spread salga se non si fanno. Detto questo però chiarisco che il compito di chi sostiene il "Sì" non è usare la carta della paura ma cercare di riempire di motivazioni le ragioni del "Sì". Bankitalia poi fa il suo mestiere". "Tutti i sondaggi danno il "No" al referendum in testa. Si potrebbe buttarla sul ridere dal momento che nel 2016 non ne hanno azzeccato una sola, non è che devono iniziare questa volta. Ma vedo la partita referendaria totalmente aperta in ragione degli indecisi. E le buone ragioni che ci spingono a lottare per il "Sì" sono più forti che mai. Sono convinto che la maggioranza silenziosa degli italiani sappia scegliere sulla base del quesito poi potranno scegliere Sì o no". Se vince il "No" "cosa accadrà al governo lo scopriremo solo vivendo....Seriamente io penso che questo referendum possa segnare davvero il cambiamento, questo governo è nato per cambiare e fare le riforme. Ove i cittadini bocciassero le riforme, verificheremo la situazione politica". "Si vince, secondo le mie previsioni, con il 60 per cento di affluenza, con 15 mln di voti per il "Sì" o per il "No", quindi è fondamentale portare tanta gente a votare". E' la previsione di Matteo Renzi a 'Otto e mezzo' sull'affluenza al referendum. "Chi fa il premier deve sperare che chi viene dopo farà meglio, certo io non sono nato per fare un governo tecnico, il governicchio. Se si cambia e si continua ci sono, se si torna alla grande accozzaglia che è la base politica del "No", che sono sempre i soliti politici, se vogliono galleggiare, che gestiscano loro il paese. Io non sono capace a fare inciuci e accordicchi". Per quello mi riguarda, mi limito ad ossevare,che il problemaema della politica italiana è costituito da un lato dal fstto che non esiste più una classe politica: dall'altrn lato è la mancanza di idee alla quale è ridicolo pensare di potr supplire riducendo il numero dei parlamentasri. Se il Parlamento non funzionun ci non dipende dal nmero dei paelamentari ma perchè sononiparlamentari prr primi a mancare di senso dello stato Come Corrado Vivanti scrisse nel primo volume della storia di Italia Einaudi la storia del nostro paese pèunstoria i lacerazioni e di contrasti; li italiani sono un popolo senza stato e lo sato tasliano è semore stato uno stato forte con i deboli e debole con i forti.

mercoledì 16 novembre 2016

Caos e veleni nel team di Trump, il genero nella bufera Jared Kushner sempre più eminenza grigia. Il tycoon: 'Tutto ok' Di Claudio Salvalaggio WASHINGTON 17 novembre 201608:24 FOTODonald Trump con Rudy Giuliani. Foto d'archivio (foto: AP)Donald Trump con Rudy Giuliani. Foto d'archivio +CLICCA PER INGRANDIRE Stampa Scrivi alla redazione FacebookTwitterGoogle + Il transition team di Donald Trump continua ad essere paralizzato dal caos e dai veleni. Suo figlio Eric ha annunciato che "probabilmente" delle nomine sarebbero state annunciate oggi, ma qualche minuto dopo l'influente senatore Jeff Sessions ha risposto alla stessa domanda con un "non penso". Idem la sua campaign manager, Kellyanne Conway. Il presidente eletto ha cercato di rassicurare tutti con un ennesimo tweet nel quale afferma che "la selezione del mio governo e di altri posti è ben organizzata. Io sono il solo a conoscere i finalisti". Ma intanto sono stati costretti a lasciare quattro membri del team per la transizione, tutti legati al governatore del New Jersey Christ Christie, già retrocesso da capo a vice dello stesso team. "Purghe", le ha definite qualche media, evocando la vendetta del marito di Ivanka, Jared Kushner, il cui padre fu mandato in galera proprio da Christie quando era procuratore. Una storia di 12 anni fa, quando l'imprenditore immobiliare Charles Kushner si dichiarò colpevole di evasione fiscale e finì in carcere per un paio d'anni, lasciando le redini del suo impero al figlio. Jared, che allora aveva solo 24 anni, si fece strada orchestrando nel 2006 quello che resta l'acquisto più costoso (e controverso) di un singolo edificio nella storia Usa, 1,8 mld di dollari per un palazzo sulla Fifth Avenue a Manhattan. Poi nel 2009 le nozze con Ivanka Trump e la rapida ascesa nella campagna elettorale come uno dei più fidati consiglieri del tycoon ed ora anche come eminenza grigia del transition team, dove sono entrati pure i tre figli maggiori (Ivanka, Eric e Donald Jr) del neo presidente. Secondo Nbc news, Trump avrebbe chiesto per il genero il nulla osta all'accesso ad informazioni top secret, per consentirgli di avere accesso ad esempio ai briefing presidenziali giornalieri. Inizialmente sembrava che Trump avesse chiesto la stessa cosa anche per i tre figli, ma il tycoon ha smentito su Twitter. Ora Kushner si troverebbe al centro delle lotte interne al transition team, che finora ha partorito due sole nomine, quella del capo staff della Casa Bianca (il presidente del partito repubblicano, Reince Priebus) e del chief strategist (Stephen Bannon, esponente della alt-right, la destra alternativa nazionalista e razzista). Trump si è sentito obbligato a rispondere con ben tre tweet al Nyt, che evidenziava le difficoltà del transition team e quelle dei leader stranieri a contattare il presidente eletto. "Il New York Times sbaglia completamente sulla transizione. Sarà una transizione dolce. Ho parlato con molti leader", si è difeso. Ma il tycoon, che ieri ha seminato la stampa per recarsi a cena in un ristorante, è stato preso di mira anche dall'associazione dei corrispondenti della Casa Bianca, che gli ha chiesto di rispettare la tradizione di un pool a copertura dei suoi movimenti. Intanto proseguono le indiscrezioni sui posti chiave. L'ex rivale delle primarie, Ted Cruz, gli ha fatto visita ieri alla Trump Tower, forse per il posto di ministro della Giustizia, secondo alcuni media. "E' tempo di proteggere la costituzione e la Dichiarazione dei diritti", ha dichiarato il senatore del Texas dopo l'incontro. Il mondo attende col fiato sospeso la nomina del capo della diplomazia, anche se il duello non sembra incoraggiante: da un lato l'ex sindaco di New York Rudy Giuliani, con possibili conflitti di interesse per le consulenze del suo studio a governi stranieri, dall'altro il neo conservatore John Bolton, l'architetto 'neo-con' della guerra in Iraq. In corsa sembra esserci però anche Bob Corker, che presiede la commissione Affari esteri. Niente comunque obbliga il nuovo presidente, che entrerà in carica il 20 gennaio, a svelare subito il suo governo di 15 ministri. Barack Obama nel 2008 attese sino al primo dicembre per annunciare dopo lunghe trattative la sua scelta: Hillary Clinton. ANSA

Politica economica. Non esistono formule magche

L'talia blocca bilancio Ue. Renzi: "Nostri soldi per alzare i muri" 'Molto stanchi di ambiguità e contraddizioni Ue' L'Italia ha posto il veto alla proposta di compromesso fatta dalla presidenza slovacca per la revisione di mid-term del bilancio pluriennale della Ue e che il governo non considera accettabile perché mancano garanzie per l'aumento di risorse "a favore delle nostre priorità": immigrazione, sicurezza, disoccupazione giovanile o programmi per la ricerca. Lo ha annunciato il sottosegretario Sandro Gozi a margine del Consiglio Affari Generali a Bruxelles. "Abbiamo confermato la nostra riserva sull' adozione del riesame del bilancio multiannuale, che senza l'accordo dell'Italia non può essere adottato perché richiede l'unanimità". "Lo abbiamo fatto - spiega Gozi - perché riteniamo che sia una proposta su cui dobbiamo avere ancora molte garanzie sul reale aumento a favore delle nostre priorità: immigrazione, sicurezza, risorse europee per i giovani (siano per la lotta contro la disoccupazione o l'Erasmus), i programmi di successo come Horizon2020 cu cui non possiamo assolutamente accettare dei tagli, e la flessibilità del bilancio europeo per una maggiore capacità di reagire alle crisi. "Non siamo né nazionalisti né populisti - afferma Gozi -. Siamo molto stanchi delle ambiguità e delle contraddizioni europee". Bruxelles, aggiunge Renzi, voleva "lasciare i siciliani a farsi carico dell'immigrazione, di salvare migliaia di vite, di farsi carico delle soluzioni e della complessità della vicenda. E poi riempiono di soldi i Paesi europei che non accettano non soltanto un accordo che loro hanno firmato, ma con i nostri soldi alzano i muri". Di Maio: "Veto di Renzi a bilancio Ue è solo una farsa" (VIDEO) In serata la presidenza slovacca di turno fa sapere di "aver raggiunto un ampio consenso" sulla revisione del bilancio pluriennale e pur "rispettando la riserva espressa dall'Italia, che ha bisogno di più tempo per unirsi al consenso", e "l'astensione del Regno Unito", ha deciso che presenterà l'accordo al Parlamento europeo. Lo ha detto il sottosegretario slovacco per gli Affari europei, Ivan Korcok, sottolineando che la proposta implica "oltre 6 mld di euro in più" per migrazokuto u uro deboleodi che ha vioni, sicurezza, disoccupazione giovanile e sicurezza. Purtroppo, l'Italia può fare solo la voce grosa.Essa non ha né i mezzzi né la credibilitè per anare oltre. noltre, se l'Euro è stato un bluff ciò è dovuto ad un economista italiani, Romano Prodi che ha voluto un euro debole e posto un limite assurdo del 3$ del pil.Ora,ilpil è economicamente una misura del piyipichio. Ciò cui s dovrebe guardare quando si affrot il problema dell'indebitamebto è il suolus poiteziale, overo, è la capacitò d spes dei governi. Si tratta del fatto che il passivo i bilancio come insegna la toria patria p bostituito da somme impegnatema no spese. Un termpo, si distingurva fra bilancio di competenza e bilancio di cassa riguardante le spese realmente effettuate. Il grsnde economista polacco Michal Kaleki definiva le spese in deficit esportazioni interne. Per Kaleki, tali spese avevano infatti sul bilancio economico un rulo di un aumento autonsimoomo delle esportaszioni. Infrri,se Y = RN I = Ivestumenti C = Donsumi G = Consum G = spesa pubblica T = Tasse E = )mport E = espor noi avremmo: Y = I+ C + E - IM + G - T. Se indichiamo con M l'attivodella bilancia commmerciale, vediamo che un aumento di M comporta un aumento di Y , ciò del pil ovvero di RN 8A. Graziani Problemi e metodi di poliyica economica Liguori) Ciè significa che va tenuto onto del farro che l'effetto economico della tassazione dipende dal modo in cui lo stato si appropria del denaro dei cittadini. Adam Smith aveva coniato uno slogan a proposito delle tasse: poche, certe, faclmente pagabili che non è cdertamebte il cso del nostro paese. In ogn caso, vavnuto conto, come spiegò ilmprof Breglia presenrando il Piano del lavoro della CGIL nel 1950, che se la produzione è vera produzione, cioè se il denaro speso dall stat viene usato kynesianamente per creare posti di lavoro, esso crea la base per il suo recupero via tasazione (Vedi Giovane cfritica, sett. 1973) Ciò significa che porre dei limiti astratti all'indebitamento dello stato è stupido e solo degli stupidi possono difendere.Quello che voglio dfire è, come il nio maestro, Federico Caff0, non si stancò mai diripetere in politica economica non vi sono formule magiche (F. Caffè Lezioni di politica economica, Borighiriistcome quella del 3£. Tale formula è Bt = Bt-1 + Dt dove Bt è il debito pubb. al tempo t Bt-1 è l debito pubb delll'ano orecedente Dt è il debyo pubblico attuale. Quando il debito raggiunge livelli com quelli italiani c'è una cisa sola da fare. consolidare il debito cioè trasformalo in un sortta di rendita di cui godrano per tutta la loro vita i debitori dello stato

lunedì 14 novembre 2016

A clown for president?

CORRADO BEVILACQUA A CLOWN FR PRESIDENT Clinton: 'I will be the president of all'. The markets go down and 'the night when America chooses its future Drafting ANSA Elections in the USA, the real-time: Donald Trump is the new president of the United States. The Clinton awarded him the win by telephone. "Hillary has worked long and we must be grateful," said Trump stage by Hilton Hotel in Manhattan where his fans awaited him into a frenzy. "I will be the president of all Americans," he promised Trump. '' We will seek alliances, no conflicts, in the '' world, yet Trump says, stressing that the United States "will agree with all those who want to get along with us." '' It 'a historic night. Americans have spoken, and they have elected their champion '', said Mike Pence, the candidate for vice president of Trump, going up on the stage set at the Hilton with her family. World apart from the atmosphere among fans of Clinton, who left the Javits Center in tears. "It 'a great night for America," said the anchor of Trump entourage before the last results. Bitterness from the Clinton team. "Go home, we will not have anything to say tonight," said John Podesta, the Hillary Clinton campaign manager, speaking at the Javits Center. At the end of election day, the Republicans also retain control of the House and Senate in the Congress. Massachusetts and California have given the green light to the legalization of marijuana for recreational use, while Nebraska has voted to reinstate the death penalty. On the night it was also felt outgoing President Barack Obama: "No matter what happens, the sun will rise in the morning and America still remains the greatest nation in the world," he said in a video posted by Buzzfeed on Twitter urging Americans to remain united. And while Trump moved toward the White House, the world markets have collapsed. And there were swift initial reactions from the world. The South Korean Presidential Office convened a meeting of the Council on National Security to discuss "the potential impact of the presidential elections," the US, reports the Yonhap agency, about the close attention to the US vote for the effects that it could have been in Asia depending of the winning candidate. Donald Trump has been seen by Seoul carefully because of the approach of "unconventional" said toward North Korea, unlike the continuity offered by Hillary Clinton. "Congratulations to the new US president Donald Trump and the American people, free!" He tweeted Marine Le Pen had not yet arrived when the official announcement of the victory of the Republican candidate. We can’t understand politics if we forget its historical context. Dallas, Texas 1964. Robert Lee Oswald killed president Kennedy. 1968, Los Angeles California. Shiran Shiran thought to change the paths of history killing Bob Kennedy.Martin Luther King, the man who had a dream was shot to death the same year in Memphis.. America was fighting in Vietnam a war that was destroying the “American myth”. Danielle Shiell’s Cards from Vietnam became a bestseller. Barry Goldwater - who looked like Goldfinger, a character of Jan Fleming’s - gained more than 40 % of votes in 1968 presidential elections. According to Michal Kaleki, “goldwaterism” was a kind of “fascismo”. The so called 68 was ravaging the world. President Johnson decided to send to Vietnam the boys attending college and he was punished by American mommies who cast their ballots for Nixon. The understanding of “trumpism” needs the knowing of America. I had some old books on America before me while I was writing this essay: America amara by E. Cecchi, The other America by M Harrington, Ricchezza e potere in America by G. Kolko, America by Jean Baudrillard, What does it mean to be an American by M. Walzer, Monopoly Capital by P. Baran e P Sweezy, Le due Americhe by R. Bencivenga, Who are we? by S. Huntington, La crise de l'identité américaine by D. Lacorne , Egemonie and survival by N. Chomsky, Failed States by N Chomsky, Nemesys. The end of America by C. Johnson, Disobbedienza e democrazia by H. Zinn, L'impero della paura by B. Barber, La missione di Bush by M. Molinari, Verità negate by Bob Woodward, Liberali e conservatori by G. Mammarella, Le élite del potere by C. W. Mils, Ritorno alla grandezza by A. Wolfe, La democrazia di Dio by E. Gentile, America al bivio by F. Fukuyama, Ciclo e crisi dell’economia americana,by R. A. Gordon Colossus: the Rise and Fall of the American Empire by N. Ferguson,.. These books don't talk about “trumpism” but they can help us to understand it. American society is a capitalist one. Wealth distribution is deeply unequal and its political life is dominated by some powerful lobbies which had been waging war for long on president Clinton and on president Obama because of their proposals of a reform of weapons possession and social security. These powerful lobbies, as well as some famous think tanks like the neocons Cato Institute, have the control of the political agenda. To realize this fact we can think of the way Neocons realized their political agenda. They started in 1998 with the creation of the institute For a New American Century which in 2000 published a paper entitled Rebuilding America's Defenses where they proved that if America wanted to remain the only superpower, a) it had to create a new kind of military power that had to allow America to fight many wars contemporarily. This proposal was the hub of the 2001 Pentagon's Quadrennial Review. In other words what Neocons wanted was a new military strategy based upon what they called "flexible force". b) it had to take control over the so called "mezzaluna fertile" - thing that America tried to do with the war on Iraq, as Norman Mailer wrote in Why we are in Iraq. *** The Pax Britannica was run on the cheap", the British historian Paul Kennedy wrote in an article many years ago. "British army was smaller than European Armies and even the Royal Navy was equal only to the next two navies - right now all the other navies in the world could not dent American maritime supremacy. Charlemagne's empire was Merely western European. The Roman Empire stretched farther afield, but there was another great empire in Persia and a larger one in China. (P. Kennedy" The Eagle Has Landed ", in" FT ", February 2, 2002). It's true. But it is also true that for a country that wants to dominate the world, military power is important. No less important than military power is the ability to create political relations. Of course, someone could argue that the Roman Empire was not built in a day, but it took centuries to build it, as it took centuries to build the Spanish Empire, the Chinese Empire and the British Empire. It 'also true, however, that time passes and the more time passes, the more we are led to wonder whether the United States will never be able to develop an "imperial culture" that allows them to realize what Romans, Spaniards were able to accomplish before them *** In 1957 Harvard economist John K. Galbraith elaborated the theory of the "countervailing powers". He missed the target. America's political agenda is still controlled by corporate capital. Two years later Galbraith published a book about what he called "affluent society" where he talked about the existence of "poverty in plenty" . This situation didn't change in the following years and in 1966 P. Baran and P. Sweezy underlined in Monopoly Capital that 19 millions of American people lived in "abitazioni di fortuna". American society is a capitalist society and a capitalist society is as Lester Thurow wrote, making use of the game theory a "zero sum society" which turns life into a kind of "roulette russa" . This fact explains the "frammentazione " of American society. "Frammentazione" means in its turn "solitudine" e "angoscia". The Americans who belong to upper classes address “strizzacervelli”. At any rate, we don't have to be surprised at the fact a morning a man gets up, goes out and shots at passers by. All that is evident in L'inverno del nostro scontento by J. Steinbeck, Herzog by S, Bellow, Di cosa parliamo quando parliamo d'amore? by R. Craver and Musica per camaleonti by in T. Capote. *** It was 1998. NATO was preparing to wage war on Milosevic "over Kosovo". John K. Galbraith, the wearing of the wise old cloths wrote, that "Talking is a better policy than bombing". He answered Tony Blair saying that "A new generation drew the line". The article was published by Newsweek. On the cover Milosevic's picture with the words next to: The Face of Evil. After the war, he was sent to Yugoslavia a committee of experts to assess the damage inflicted by the NATO bombing of the Serbian defense system. The US Commission returned from the Balkans and spread a report that was destroyed. The report in fact argued that the damage was insignificant. Often wooden NATO fighter imitating them! World opinion was explained that the United States intervened in Vietnam because an American patrol had been attacked by the Viet Cong in the Gulf of Tonkin. Years pass. One day, the public NYTimes secret documents the Pentagon and it was demonstrated that in Tonkin there has been no accident. Similarly the US government explained that the military intervention in Iraq was motivated by noble motives: discover and distruggere the weapon of mass destruction of Saddam and to export democracy to Iraq. As the great writer Norman Mailer the author of The Naked and the Dead, it was all proved false as false was the affermazione Vice Bush, Dick Cheney that war would be a "icecream walking", a promenade eating ice cream. The accuse Mailer were devastating. Mailer was one weight writer. So Time solved the problem by customizing the same charges and named the book review of Mailer: "Stormy Mailer" Mailer stormy. The war in Iraq, as he showed the Nobel for economics Joe Stiglitz, was a costly war, inutile and bloody. At the expense was chief of WMDs hunters, David Kay resigned during his testimony to the US Senate for Kay, in his words, was "disturbing" to admit he was wrong. It was a busy morning at Westminster. Tony Blair had to explain why he had brought the UK to war against Iraq. Blair defends himself by telling the usual fairy tale. The juice of Blair's speech was that if he had known that the information on WMDs were false would not bring the Reign Kingdom at war! "Had I Known". Pity that to suggest to the "sexing up" the security services or to make more attractive the information had been Blair's assistant for communication, Campbell This was replaced in the report to Prime Minister Blair the "Iraqis may be able" expression, are perhaps in a position with the expression "are able", they are able. The power can verb is a defective verb that has only two voices can (I can) and could (I could, I could). In its place we use to be able, be able. Trump will be able to become a serious person. I think so. I think that so far Trump has proved a great comedian and knows how to make even the dramatic actor.

mercoledì 9 novembre 2016

Se questo è quanto l'America ha da offrire...

Elezioni Usa 2016, dati LIVE: Donald Trump eletto alla Casa Bianca, mano tesa alla Clinton: 'Sarò il presidente di tutti'. I mercati vanno giù E' la notte in cui l'America sceglie il suo futuro Redazione ANSA Elezioni in Usa, il tempo reale: Donald Trump è il nuovo presidente degli Stati Uniti. La Clinton gli ha concesso la vittoria per telefono. "Hillary ha lavorato a lungo e dobbiamo esserle grati", ha detto Trump dal palco dell'Hotel Hilton di Manhattan dove i suoi fan lo attendevano in delirio. "Sarò il presidente di tutti gli americani", ha promesso Trump. ''Cercheremo alleanze, non conflitti, nel mondo'', dice ancora Trump, sottolineando che gli Stati Uniti "andranno d'accordo con tutti coloro che vorranno andare d'accordo con noi". ''E' una notte storica. Gli americani hanno parlato, e hanno eletto il loro campione'', ha detto Mike Pence, il candidato alla vice presidenza di Trump, salendo sul palco allestito all'Hilton con la sua famiglia. Agli antipodi l'atmosfera tra i fan di Clinton, che hanno lasciato il Javits Center tra le lacrime. "E' una grande notte per l'America", ha commentato l'entourage di Trump ancora prima degli ultimi risultati. Amarezza dallo staff della Clinton. "Andate a casa, non avremo niente da dire stasera", dice John Podesta, il manager della campagna di Hillary Clinton, intervenendo al Javits Center. Al termine dell'election day, i repubblicani mantengono inoltre il controllo di Camera e Senato al Congresso. Massachusetts e California hanno dato il via libera alla legalizzazione della marijuana per uso ricreativo, mentre il Nebraska ha votato per ripristinare la pena di morte. Nella notte si era fatto sentire anche il presidente uscente Barack Obama: "Non importa cosa accadrà, il sole sorgerà al mattino e l'America rimarrà ancora la più grande nazione al mondo", ha detto in un video pubblicato da Buzzfeed su Twitter esortando gli americani a rimanere uniti. E mentre Trump avanzava verso la Casa Bianca, i mercati mondiali sono crollati. E non si sono fatte attendere le prime reazioni dal mondo. L'Ufficio presidenziale sudcoreano ha convocato una seduta del Consiglio sulla sicurezza nazionale per discutere "il potenziale impatto delle elezioni presidenziali" Usa, riferisce l'agenzia Yonhap, in merito alla stretta attenzione sul voto Usa per gli effetti che ci sarebbero potuti essere in Asia a seconda del candidato vincente. Donald Trump è stato visto da Seul con sospetto per l'approccio "non convenzionale" dichiarato verso la Corea del Nord, a differenza della continuità offerta da Hillary Clinton. "Congratulazioni al nuovo presidente degli Stati Uniti Donald Trump e al popolo americano, libero!", ha scritto su Twitter Marine Le Pen quando ancora non era arrivato l'annuncio ufficiale della vittoria del candidato repubblicano.

Referendum costiuzionale

Corrado Bevilacqua Costituzione:cosa andò storto Stanmane ho ricevuto un pdf che riproduce un opuscolo di Luca Benci di perUnaltracittà sulle ragioni del no – L'opuscolo è interessante ma fuorviante, Il problema numero uno è comprendere "what went wrong"", che cosa anò storto. ovvero perchè la costituzione maancò l'obietitvo. Semplice. L'Italia è una repubblica parlamentare- Ciò significa che lo stato funziona se i partiti funzionano in un regime di alternanza.Per 45 anni in Italia governò un solo partito, la DC in nom dell'anticounismo Il maggior partito di opposizone era infatti il PCI. Al PCI venne concesso di governaer alcune regioni, come il "triangolo rosso", ma nulla più. Il secondo problema messo in luce da Giorgio Amendola in un saggio dl 1974 sui limiti dell'antfscismo, fu l'incapacità della classe politica post-fascista di riformare lo stato creando in questo modo una situazione definita da Claudio Pavone di "continuità dl stato". I partii degeneraronin oligarchie, la demcrazia diventò partitorzia, si passò dai governi "prendisole" ai governi della "non sfiducia", mentre si sentiva sullo sfondo un preoccupante runoreggiare di sciabole. Crollata sotto i colpi di piccone di Cossiga la Prima repubblca, messa al bando la ecchia classe politica da Forlani a DE mita, da Cirino Pomicino a De Michdels, son entrati in scena i demagoghi. Il primo fu Berlusca, il secondo è l'attuale presidente del consiglio, Matteo Renzi. Renzi non fa politica Fa campagne pubblicitarie. Il suo modello politico di riferimento non è rappesentao dall'etica della covinzione di cui parlava Weber, oppure, dall'ema dall'etica dell'impegno uomo di fiducia di Melville

martedì 8 novembre 2016

Aveva un bavero,,,





Stamane ho riicevuto questa mail.



Facciamo appello al Governo per chiedere lo stop dei finanziamenti pubblici a Radio Maria. Se le cifre sono quelle-  riportate oggi da un quotidiano che parla di oltre due milioni di euro di contributi pubblici in tre anni, siamo al paradosso di avere una radio privata che vive di soldi pubblici e facampagne omofobe fino a giustificare il terremoto come uncastigo divino per colpa delle unioni civili. Un'affermazione violenta in primis verso le popolazioni colpite dal sisma. Quei soldi di Radio Maria sarebbero più utili se reinvestiti nellaricostruzione delle zone terremotate

Ora a me  sembra che il caso sia semplice. Viviamo i un paeeè  dove esiste libertà d pensiero. Radio Maeia usa denaro pubblio non per diffonderer il verbo divino,ma per fare propeganda politica contro una legge dello stato. Se Radio Maria vuole fare tale propasganda con   .
soldi suoi
corrado bevilacqua



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sabato 5 novembre 2016

Per non dimenticare

Politica e memoria
di
Corrado Bevilacqua


Il grande studioso di letteratura greco-latina Manara Valgimigli sosteneva che dovremmo evitare di iniziare un articolo o un discorso con un dunque perché, come il lutto si addice a Elettra, così il dunque si addice alle conclusioni di un discorso Vaigimigli lo chiamava "carduccianissimo dunque". Dunque, a farla breve, ogni giorno che passa il tempo si dimostra un galantuomo.

Avevo scritto che da un capocomico come Grillo e da un "long haired professor" il cui nome ricordava
quello di un noto formaggio, potevamo solo aspettarci una ulteriiore degenerazione della politica.

"Avete un padrone ricco che è un comico e che ha creato un movimento comico". Va giù pesante il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari nel faccia a faccia a Otto e Mezzo su La7 con il deputato M5S Alessandro Di Battista. Replica Max Bugani sul Blog di Beppe Grillo "Continuiamo a correre. Loro hanno già  il fiatone".

A voler essere onesti dobbiamo riconoscere che quei mondo non esiste più. Scalfari appartiene al mondo di via Veneto al temp di Fellini,di Pannunzio, di Vittorini, di Calvino, di Pasolini, di Moravia, di Bassani, di Arpino, di Gadda, di Divorzio all'italiana, dell'Avventura, di Signore e siignori.

Quel mondo non esiste più. Si trattava infatti del mondo del miracolo economico, Lo sviluppo di una moderna  economia industriale stava cambiando il paese. Lo stava modenizzando e per la classe operaia si aprivamo le porte del paradiso. Stava emergendo una nuova visione del rapporto tra fabbrica e società

Le classt dtrigenti italiane cercarono di impedire alla sinistra di avvalersi del progresso materiale per un rinnovamento morale della società italiana e per farlo inventarono la strategia della tensione. Tale strategia vennne messa in attto il 12 dicembre 1969, data della strage di piazza Fontana, mano fscista regia democristiana.

Il pane e le rose

Corrado Bevilavqua
Opere sclte
Vol. settimo
Corrado Bevilacqua
Il pane e le rose
Saggi sul superamento del capitalismo



Premessa
Qualunque partito vinca le prossime elezioni politiche; chiunque assuma il governo del Paese, dovrà fare i conti con problemi che affondano le loro radici nella storia. Ne deriva che per comprendere tali problemi può essere utile fare un po’ di storia. Inoltre, si tratta di problemi di carattere globale che possono essere affrontati solo assumendo una visione globale della politica, dell’economia, della società. In altre parole, si tratta di: “Pensare globalmente, agire localmente”. Le materie trattate in questi saggi sono molte. La bibliografia è vastissima, così, per non fare torto ad alcuno, ho deciso di ometterla e di limitarmi ad inserire nel corpo del testo alcuni suggerimenti per ulteriori letture.
Una crisi di civiltà
Ha scritto Kenneth Rogoff, a proposito della crisi finanziaria del 2008, in uno studio per la Federal Reserve della California: “The fundamental flaw in these analyses was the assunption that advanced country capital markets were fundamentally perfect”. Eppure, c’erano state altre crisi, prima di quella del 2008: in Asia, in Messico, in Argentina. Esse erano state oggetto di studio di due premi Nobel per l’economia: Joseph Stiglitz e Paul Krugman avevano scritto dei libri su di esse.
Altri economisti, meno famosi, ma non meno valenti, Nouriel Roubini e Rafaj Rajan, avevano messo in guardia sulla possibilità d’una crisi. I valori di borsa erano troppo elevati rispetto ai “fondamentali”, c’era in giro troppa liquidità, troppi titoli ad alto rischio erano posti in circolazione dalle banche. In altre parole, si stava realizzando ciò che era previsto nel modello di Minsky.
Parole al vento. Chi avrebbe dovuto ascoltare gli ammonimenti degli economisti più avveduti, non aveva alcuna voglia di starli ad ascoltare. S’era creato un clima di “euforia irrazionale” che gonfiava la bolla speculativa che s’era areata attorno a dei titoli spazzatura.
La bolla si gonfiò, si gonfiò, poi esplose come la rana che voleva diventare bue, splendida allegoria del capitalismo del nostro tempo. Un capitalismo che, sospinto dal vento sprigionatosi dall’implosione del comunismo sovietico, ha inondato di scintillanti monete false tutto il mondo che non era stato ancora conquistato alla sua causa.
Un mondo di risorse da sfruttare a proprio piacimento. Un mondo intero da soggiogare alla logica della ricerca del massimo profitto. Un mondo intero nel quale diffondere il verbo del neoliberismo.
Liberi di scegliere. Abbasso le regole. Viva la deregolamentazione. Liberalizziamo i servizi che oggi sono pubblici, prendiamoci l’acqua. E con l’acqua prendiamoci anche l’uomo che è per la maggior parte fatto d’acqua.
L’acqua è un bene fondamentale, fonte essenziale di vita. Prendere l’acqua, privatizzarla, sottomettere il suo sfruttamento alla logica della ricerca del massimo profitto vuol dire prendere la vita delle persone, appropriarsi delle loro possibilità di sopravvivenza. L’ha spiegato molto chiaramente Vandana Shiva.
Per i neoliberisti queste preoccupazioni sono un non senso. Per essi, ognuno di noi altro non è che una sorta di Robinson Crusoe e il mondo in cui viviamo altro non è che l’isola dove egli ricostruisce la propria vita. E Venerdì? Venerdì non è un uomo. Venerdì è uno schiavo: né potrebbe essere qualcosa di diverso.
Nel petto di Robinson Crusoe alberga l’anima di Kurz, l’eroe negativo di Cuore di tenebra di Joseph Conrad: il pozzo nero del colonialismo europeo. Cartina di tornasole dei nostri valori. Apocalyses now. Congo e Vietnam. Etica ed estetica. Aut Aut. Necessità della scelta. Secoli di filosofia si addensano come nubi cariche di pioggia sulla nostra testa.
Il capitano Marlowe, l’io narrante del racconto d Conrad, si accorge, con sua gande meraviglia, d’essere attratto dall’alone di mistero che circonda la figura di Kurz, il cacciatore di negri che s’annida nel folto della foresta. Il Kurz di Conrad è una figura tragica. Il Kurz di Coppola è un personaggio da farsa.
In Conrad c’è sempre qualcosa di irrisolto. Pensiamo a Lord Jim roso interiormente da un oscuro senso di colpa; c’è sempre qualcosa di indecifrabile, ai limiti dell’indicibile, come l’odio di Claggart per Billy Budd nell’omonimo racconto di Herman Melville. Così in Cuore di tenebra.
Nel Kurz di Ford Coppola non v’è alcunché del genere. Né avrebbe potuto esservi, considerato il contesto: una guerra fatta più per far dispetto al proprio avversario che per convinzione. Una guerra che gli Usa non avrebbero mai potuto vincere. Una guerra tipica della Guerra fredda. Prodotto della teoria del domino.
Una guerra che dimostrò come il sogno americano, il sogno della città sulla collina, fosse ormai un lontano ricordo. Imperava la ragion di stato, la necessità di dimostrare la propria esistenza come superpotenza: tutti dovevano sapere che gli Usa non avrebbero mai consentito a nessuno stato al mondo di diventare comunista.
Eravamo negli Anni 60. Essi s’erano aperti con la elezione di John F. Kennedy alla Casa Bianca. Un uomo giovane per una politica giovane. Walter Heller, suo consigliere economico, scrisse un manifesto per la politica economica della “nuova frontiera”. Essi s’era chiusi con due anni di anticipo, nel 1968, con l’uccisione a Memphis di Martin Luther King, l’uomo che aveva un sogno. Non aveva capito che il sogno americano era morto nel delta del Mekong.
Improvvisamente, scoppiò il 68. Fu come una colata lavica che tutto travolse e per un momento sembrò che fosse possibile realizzare “il sogno d’una cosa” di cui Marx parlava in una famosa lettera giovanile a lettera a Ruge, siglata Kreuzenach, settembre 1843. Volevamo tutto perché ci sentivamo tutto. Avevamo deciso di non stare più al gioco della dialettica servo-padrone. Noi un sapevamo cosa fosse avere un padrone: né volevamo il suo riconoscimento. Bastavamo a noi stessi. Eravamo Il momento svanì e noi ci trovammo a fare i conti con la prosaicità della politica quotidiana, la politica delle mediazioni e dei compromessi, tra rumori di sciabole e fragore di bombe fatte scoppiare dai manutengoli d’uno stato corrotto che era gestito da fine della guerra da un partito che aveva trasformato le istituzioni pubbliche in feudi per le proprie correnti politiche.
Oggi, tutto ciò è lontano da noi, avvolto nella nebbia dei ricordi, coperto dalla polvere del passato. L’Unione Sovietica non esiste più. Il nemico è scomparso nel nulla. L’impero del male è crollato e sulle sue ceneri è nato uno stato di tipo nuovo controllato da una nuova classe dirigente. Nuove potenze economiche si sono affacciate sulla scena mondiale mettendo in crisi le vecchie potenze capitalistiche occidentali che non riescono a tenere il passo dei nuovi concorrenti.
La classe operaia, sulle quale Marx aveva puntato le sue speranze, è stata smembrata dalla rivoluzione informatica; è stata messa al tappeto dalla concorrenza delle nuove potenze economiche che possono contare su un enorme esercito industriale di riserva che abbassa il costo di riproduzione della forza lavoro a livelli preindustriali e mette fuori mercato i beni prodotti dalle economie capitalistiche occidentali.
In un capitolo famoso dei Principi di economia pubblicati all’inizio dell’Ottocento, quando la Rivoluzione industriale era nella sua prima stagione, David Ricardo, ricco agente di cambio trasformatosi in economista, dimostrava che il Portogallo avrebbe guadagnato molto di più, nei suoi scambi con l’Inghilterra, se avesse continuato a produrre vino invece di mettersi a produrre il grano che importava dalla stessa Inghilterra. Il vantaggio sarebbe stato ancora maggiore, se invece di grano si fosse messo a produrre macchine.
La Germania dimostrò che Ricardo sbagliava. Essa dimostrò, infatti, che era possibile per un paese non ancora industrializzato, com’era invece l’Inghilterra, industrializzarsi fino a superare la stessa Inghilterra grazie ad una oculata politica industriale che mettesse in uso le sue forze produttive, come aveva suggerito Federico List in Il sistema dell’economia nazionale.
E’ quello che sta oggi succedendo nei rapporti fra le potenze capitalistiche occidentali e le nuove potenze economiche le quali stanno dimostrando che il problema della formazione del capitale nei paesi sottosviluppati può essere risolto attraendo capitali dall’estero grazie ai vantaggi comparati che la presenza di un enorme esercito industriale di riserva offre agli investitori esteri.
Questo fatto, da un lato, ha mandato a gambe all’aria la vecchia divisione internazionale del lavoro e ha posto in serie difficoltà le potenze capitalistiche occidentali nelle quali il costo di riproduzione della forza lavoro è molto più elevato di quello esistente nelle nuove potenze economiche; dall’altro lato ha dimostrato che il problema del sottosviluppo era più n problema politico relativo al controllo straniero sull’uso delle risorse locali che un problema economico.
L’economia di carta ha preso il sopravvento sull’economia reale, derivati, hedge funds hanno preso il sopravvento su fabbriche, operai, prodotti materiali. In altre parole, la ricchezza si è virtualizzata allo stesso modo che s’è virtualizzata la nostra vita.
Esiste ciò che si vede in televisione. Noi siamo ciò che si legge nei nostri profili online. Lo spettacolo ha preso il sopravvento sulla realtà. Siamo degli alienati che vivono vite virtuali. Non siamo più Tizio, Caio, Sempronio, Mevio, Tullio, siamo i nostri Id online, le nostre passwords: 46maggio19. Marx asseriva che non è la nostra coscienza che fa il nostro essere sociale, ma è il nostro essere sociale che fa la nostra coscienza. Se è così, allora dobbiamo chiederci, qual è l’essere sociale di una ragazza dei call center; qual è l’essere sociale di un giovane precario.
Come può svilupparsi una coscienza di classe in chi non ha classe di appartenenza, in chi trascorre la propria vita facendo i lavori più diversi per brevi periodi di tempo. Come può svilupparsi una professionalità in chi non ha una professione, in chi non ha mai imparato un mestiere; in chi sa far tutto perché ha sempre fatto dei lavori per i quali non era richiesta alcuna professionalità, alcun saper fare?
Quale vita può mai costruirsi costui’ E che senso può avere per lui una vita senza alcun punto di riferimento; una vita, per usare una celebre espressione di Deleuze e Guattari, da rizoma? Come può mettere radici chi non ha alcun terreno in cui porle? Non ha un futuro cui guardare con speranza? Che umanità è quella che stiamo generando?
L’uomo, si dice, è un animale sociale che non può vivere isolato, come il protagonista del racconto Il lupo della steppa di Hermann Hesse. L’uomo, si dice, è un animale politico che non può vivere allo stato brado. Ha bisogno di un’organizzazione, come spiegò Platone. Lo stato esiste perché nessun uomo può fare da solo tutte le cose di cui abbisogna.
In questo modo, si creò la prima elementare divisione del lavoro, nacquero le prime specializzazioni C’è chi si specializza nella produzione di punte di lancia e chi si specializza nella produzione di lame per coltelli. Chi si specializza nella produzione di fiocine e chi si specializza nella produzione di scodelle.
Siamo ancora nella fase primitiva della divisione del lavoro; siamo, cioè, in quello che Adam Smith chiamava lo stadio rude e rozzo della storia della società. Smith vedeva, infatti, la storia come susseguirsi di fasi attraverso le quali l’uomo era passato dalla barbarie primitiva alla civiltà. Oggi barbaro è il diverso, l’altro, l’immigrato specialmente se è di colore; è chi parla un’altra lingua a noi incomprensibile, ha altri usi e costumi, venera un altro Dio.
Questo fatto mette paura, rende più sottile la nostra percezione del rischio, ci fa sentire insicuri, determina la nostra domanda di sicurezza, anche se per ottenere maggior sicurezza dobbiamo rinunciare a parte della nostra libertà; dobbiamo accettare controlli che non avremmo mai accettato; accettiamo intromissioni nella nostra vita privata che avremmo sempre rifiutato.
Ritorniamo così al punto di partenza. La crisi contro la quale stiamo lottando non è una crisi come le altre. Essa è molto più complessa; essa è espressione, infatti, dell’intrecciarsi di differenti crisi che hanno coinvolto la nostra economia, la nostra società la nostra politica, le quali richiedono per la loro soluzione il varo d’un insieme di misure di carattere economico, sociale, politico che l’attuale sistema economico-sociale non è in grado di offrire.
Essa richiede quella che una volta si chiamava fuoriuscita dal sistema; superamento del capitalismo. Per andare dove? Non c’è stato spiegato che la storia è finita con il crollo dell’Unione sovietica. Che il comunismo mancò l’obiettivo, che non c’è alternativa al capitalismo? Se fosse davvero così, vorrebbe dire che il nostro destino è segnato, in quanto non c’è limite a quella che Eric Fromm chiamò auto-distruttività umana.
Questa è una possibilità che Marx non prese in considerazione. Marx possedeva una concezione della storia come progresso. Il comunismo rappresentava lo stadio superiore, il più evoluto, nel quale, secondo la celebre formula del Manifesto dei comunisti, “la libertà di tutti sarebbe stata la condizione della libertà di ciascuno”
Le cose andarono, com’è noto, in modo molto diverso. Preso il potere, il partito bolscevico, prese anche possesso dello stato e attraverso lo stato, assunse il controllo su ogni aspetto della vita economica, politica, sociale, culturale. Nacque così una nuova classe di funzionari di partito, funzionari dello stato, dirigenti industriali che gestì il potere in modo rude e violento. In gergo, era nota come la Nomenklatura.
Non era ammessa alcuna voce di dissenso, fosse essa espressione di un’ideologia progressista come quella di Sacharov o fosse essa espressione di un’ideologia ancorata al passato zarista come quella di Solzenitsyn. In altre parole, si trattava d’un sistema basato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, non più in nome del profitto individuale, ma in nome del mantenimento del potere d’una classe di burocrati.
Tutto ciò non aveva alcun elemento in comune con la visione che Marx aveva del socialismo, ma era stato il prodotto d’una serie di circostanze che avevano costretto lo stesso Lenin a fare i conti con una realtà economica, sociale, politica e culturale che mal si prestava alla costruzione di un sistema economico, politico, sociale di tipo socialista.
L’idea base fu che, se il capitalismo voleva dire anarchia della produzione, economia di mercato, ricerca del massimo profitto individuale, il socialismo avrebbe dovuto essere l’esatto opposto: direzione centralizzata dell’economia, pianificazione economica, ricerca del massimo d benessere sociale. Il tutto da realizzarsi con i pochi strumenti teorici e pratici che erano allora a disposizione dei pianificatori.
Collegato a questo, era il problema del modello di industrializzazione: quali settori sviluppare, come finanziare gli investimenti, quale genere di organizzazione dei rapporti di lavoro dentro e fuori le fabbriche costruire. Si aprì un dibattito, si formarono delle scuole di pensiero, si crearono delle correnti politiche, si organizzarono manifestazioni politiche.
Le questioni dibattute furono molte. Qui è sufficiente ricordare alcune di esse. Per quello che riguardava il modello di industrializzazione due furono le principali scuole di pensiero. Una che sosteneva la necessità di mantenere un rapporto equilibrato tra i diversi settori della produzione; un’altra che sosteneva, invece, il punto di vista degli industrializzatori, di coloro, cioè, che ritenevano che lo sviluppo dell’industria e nel fattispecie dell’industria pesante dovesse aver la preferenza su quello dell’agricoltura e in particolare su quello dei beni di consumo, la cosiddetta industria leggera.
Per quello che riguarda le fonti da cui trarre le risorse necessarie allo sviluppo dell’industria, è da sottolineare come anche in questo campo si fossero formate due scuole di pensiero, l’una che faceva capo alla teoria di Preobrazenskij sulla accumulazione originaria socialista che sosteneva che le risorse dovevano essere tratte dall’agricoltura anche in modo forzoso; l’altra che faceva capo a Nicholai Bucharin per il quale occorreva favorire, invece, lo sviluppo dell’agricoltura..
Il dibattito si protrasse per alcuni anni che furono caratterizzati dalla nuova politica economia voluta da Lenin di incentivazione dell’iniziativa privata nelle campagne nella speranza che in questo modo si potesse aumentare la produzione agricola evitando gli sprechi delle confische e si potesse garantire così il rifornimento di generi alimentari alle città.
Il dibattito si concluse con la presa del potere da parte di Stalin che favorì la vittoria degli industrializzatori e segnò l’inizio del nuovo corso economico caratterizzato dalla direzione centralizzata della economia, dall’industrializzazione pesante, dalla collettivizzazione forzata delle campagne.
Destinati a restare inascoltati furono gli ammonimenti di cui Bucharin s’era fatto promotore in un articolo intitolato Note di un economista all’inizio del nuovo anno economico, nel quale metteva in guardia nei confronti dei pericoli insiti in un’industrializzazione spinta, perché come egli scrisse non si può costruire con i mattoni del futuro.
In altre parole, sosteneva Bucharin, non si può mettere in programma la costruzione di un certo numero di case se devono essere ancora costruite le fabbriche che dovranno produrre i mattoni con i quali dovranno essere costruite le suddette case.
La scelta a favore dell’industrializzazione pesante, della direzione centralizzata dell’economia e della collettivizzazione forzata delle campagne, comportò da un lato la crescita distorta dell’economia sovietica che costrinse a penosi sacrifici il popolo russo a causa della penuria di beni di consumo; dall’altro lato, comportò degli sprechi inauditi di risorse umane, economiche e naturali che si nascondevano dietro agli alti tassi di crescita dell’industria pesante sovietica.
Tali alti tassi d crescita furono al centro di accese discussioni fra economisti marxisti ed economisti borghesi, come allora si definivano, allo stesso modo che furono al centro di un acceso dibattito le questioni relative alla pianificazione dell’economia. Per gli economisti borghesi non era possibile realizzare, come spiegò l’economista austriaco di Ludwig von Mises, un calcolo economico razionale in un’economia che non fosse di mercato.
Ludwig von Mises scriveva a ridosso della Rivoluzione bolscevica. Oggi, sappiamo che, almeno in via teorica, è possibile realizzare un calcolo economico razionale sia utilizzando teorie e metodi elaborati dagli “ottimalisti” sovietici, come Kantorovic e Novozilov, che teorie e metodi elaborati in Occidente. Pressoché insormontabili, invece, si sono rivelati i problemi pratici.
Questa difficoltà nasce dal fatto che non è sufficiente emanare degli ordini di produzione corretti dal punto di vista teorico. Occorre che ciò che viene ordinato venga realizzato in tempi e modi previsti dai pianificatori e questo fatto pone dei problemi che sono praticamente insormontabili per una pianificazione di tipo centralizzato com’eraa quello sovietico.
Il modello di crescita sovietico fu per anni il modello di rifermento dei governi dei paesi in via di sviluppo (PVS) in generale e, in particolare, degli economisti marxisti; penso a Paul Baran e a Charles Bettelheim. Baran parlava di “ripida ascesa” e di massimo saggio di surplus investibile. Bettelheim parlava di “sviluppo accelerato”
Le teorie di Baran e di Bettelheim presentavano i difetti delle teorie dello sviluppo della prima generazione, penso a Sviluppo economico e struttura di Kuznets, a Teoria dello sviluppo economico di Lewis, a La formazione del capitale nei paesi sottosviluppati di Nurske che fu tradotto in italiano da Lucio Libertini.
Eccentrici rispetto al pensiero dominante in materia di sviluppo economico, furono Teoria economica e paesi sottosviluppati di Myrdal e La strategia dello sviluppo economico nel quale Hirschman criticava il modello sovietico e introduceva il concetto di connessioni. In base a questa teoria, gli investimenti per lo sviluppo andavano effettuati nei settori che presentavano maggiori connessioni a monte e a valle.
Il fallimento dei modelli tradizionali di sviluppo e, più in generale, delle politiche per lo sviluppo della prima generazione portò all’elaborazione di nuove teorie, come la teoria dei poli di sviluppo e delle regioni motrici; ovvero, le nuove teorie della nuova dipendenza di Theotonio Dos Santos, dello sviluppo del sottosviluppo di André Gunder Frank, dello sviluppo autocentrato di Samir Amin, dello scambio ineguale di Arghiri Emmanuel.
Oggi, tutto ciò appare relegato irrevocabilmente al passato. Il neoliberismo ha mietuto le sue vittime anche nei PVS. Nessuno più dibatte dei tassi sovietici di crescita economica. Per essere più precisi, nessuno più si cura di teoria dello sviluppo; nessuno più discute di modelli di crescita. Nessuno più discute del problema relativo al rapporto fa economia e politica. Tutto ciò che succede viene dato per scontato, come se fosse scritto nel libro del destino.
Nello suo studio sullo sviluppo del capitalismo in Russia, Smith venne usato da Lenin nella sua polemica contro i populisti e i seguaci russi di Simonde de Sismondi. Sismondi fu uno dei primi critici del capitalismo. Sismondi non credeva nella legge di Say, non credeva, come egli scrisse sulla Edinburgh Review, che l’offerta creasse la propria domanda, che i prodotti si comperassero con i prodotti, che gli economisti dovessero occuparsi solo della ricchezza “facendo astrazione dalle sofferenze degli uomini che producono questa ricchezza”.
Tali sofferenze erano note a Smith, il quale in un passo molto significativo della Ricchezza delle nazioni si interroga sulle conseguenze che anni di lavoro stupidamente ripetitivo avranno sulla mente dei lavoratori. Hegel, nella Filosofia dello spirito jenese, analizzando le pagine dedicate da Smith alla divisione del lavoro, introduce il concetto di alienazione: “Il lavoro diventa sempre più assolutamente morto, sempre più macchina, l’abilità del singolo diventa sempre più infinitamente limitata e la coscienza degli operai della fabbrica diventa sempre più degradata fino all’ottusità”.
Queste considerazioni di Smith e di Hegel ci permettono di capire cosa Marx intendesse dire quando, nei Manoscritti del 1844 scriveva che “il lavoro non produce soltanto merci, produce il lavoro e l’operaio come merce…l’oggetto che il lavoro produce, il prodotto del lavoro, si contrappone ad esso come un essere estraneo, come una potenza indipendente…”
Ne derivava, per Marx, che solo nel comunismo, grazie alla abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione e scambio, sarebbe stato possibile abolire l’alienazione dell’operaio di fronte all’oggetto del proprio lavoro e restituire all’operaio la sua perduta dignità.
Ritorniamo così all’oggi. I dati della crisi sono impressionanti; e ancora più impressionanti dei dati della crisi sono gli errori compiuti dai nostri governi in nome del mito del pareggio di bilancio che hanno fatto precipitare le nostre società in una recessione senza fondo che ha messo in ginocchio le classi popolari, a dimostrazione che non è vero che le classi sociali non esistono più.
Esse continuano ad esistere e lo stato continua ad essere un comitato d’affari come ai tempi della Curée di Zola, titolo intraducibile che può essere reso con l’espressione volgare “trippa per gatti”. I gatti sono i signori del finanzkapital, la trippa è costituita dai titoli dei debiti sovrani da essi utilizzati per le loro speculazioni.
[Sul tema della crisi che scuote la civiltà occidentale, vedi: D. Harvey Crisi della modernità, A. Touraine Critica della modernità, S. Toulmin Cosmopolis, J. Habermas Il discorso filosofico della modernità, Z. Bauman Modernità liquida, T. Adorno M. Horkheimer Dialettica dell'illuminismo, Id. Eclissi della ragione, A. Gargani Crisi della ragione, U. Beck La società del rischio, M. Foucault Bisogna difendere la società, B. Barber Consumati, S. Freud Il disagio della civiltà]
La grande trasformazione.
L’ attuale crisi economica è stata spesso paragonata alla crisi del 1929. Il paragone è suggestivo, ma fuorviante. All’origine della crisi degli anni Trenta del secolo scorso vi fu, com’è noto, il crollo nel 1929 della borsa di Wall Street. Le vicende che portarono al Great Crash sono state narrate da Galbraith in un famoso libro intitolato Il grande crollo. Qui, è sufficiente ricordare che il crollo fu dovuto allo scoppio d’una bolla speculativa che aveva fatto salire vertiginosamente i corsi dei titoli durante una fase caratterizzata da quella che Shiller ha chiamato euforia irrazionale.
In altre parole, per dirla con Galbraith, nessuno può essere considerato responsabile della crisi; nessuno condusse la gente al macello. La crisi fu il prodotto della libera scelta di migliaia di persone spinte dal desiderio di diventare ricche. In realtà, la crisi scoppiò, come ricordò Gordon in Crescita e ciclo dell’economia americana, dopo un periodo di grande espansione sia a livello di produzione industriale che d formazione del capitale e, come scrisse Overy, le imprese lucravano cospicui profitti emettendo grandi quantità di azioni che eccedevano le capacità di assorbimento del mercato.
Il crollo di Wall Street si ripercosse sulla economia reale causando la chiusura d’un grande numero di aziende e un aumento drammatico della disoccupazione. Gli effetti negativi della crisi vennero aggravati dalla politica del governo americano, il quale, invece di porre in essere le necessarie misure anti-crisi, emanò una serie di provvedimenti che andavano in direzione affatto opposta.
Il crollo Wall Street ebbe conseguenze negative anche in Europa. Come ricordava Aldcroft, alla metà del 1930 tutti i paesi europei erano caduti vittime della crisi. Il peggio, però, doveva ancora arrivare. Esso arrivò nell’estate del 1931 con il crack del viennese Credit Anstalt.
Le ripercussioni negative del crollo di Wall Street si fecero sentire particolarmente duro in Germania che era ancora alle prese con le conseguenze economiche negative della Prima guerra mondiale e con le difficoltà create dal pagamento delle riparazioni di guerra, come Keynes aveva previsto in Le conseguenze economiche della pace. Coloro che trattarono con la Germania le condizioni della pace non erano preoccupati del futuro dell’Europa, ma erano unicamente interessati a punire la Germania imponendole una pace cartaginese.
La storia economica della Germania di Weimar può essere divisa, come ha scritto Weitz, in tre fasi; la prima 1921-23 fu caratterizzata dall’iperinflazione, la seconda 1924-29 fu caratterizzata dalla modernizzazione; la terza 1929-33 fu caratterizzata dalla depressione. In altre parole, la crisi creata dal crollo di Wall Street colpisce, come ha scritto Peukert, una “economia malata” e le cause della malattia erano disoccupazione di massa e debolezza della crescita.
In sede storica s’è discusso se la crisi degli anni Trenta fosse evitabile. La conclusione è stata, per usare le parole di Kindleberger, che la crisi avrebbe potuto essere evitata qualora fosse esistito un cd prestatore di ultima istanza il quale si fosse fatto carico dell’onere non lieve dell’aggiustamento mettendo a disposizione degli operatori economici e finanziari la liquidità necessaria a frenare la corsa alla vendita di attività finanziarie.
Fu in questo contesto che Keynes elaborò la sua teoria. Essa si basava sulla critica radicale della teoria dominante secondo la quale l’economia di mercato possedeva dei meccanismi automatici di aggiustamento come accadeva quando, come Hicks aveva spiegato in Teoria dei salaria, a causa della elevata disoccupazione, i salari cadevano in modo da rendere conveniente per le imprese la riassunzione dei lavoratori che erano stati in precedenza licenziati.
La stessa cosa accadeva sul mercato dei beni di consumo. Un eccesso di offerta faceva scendere i prezzi. La discesa dei prezzi rendeva conveniente il loro acquisto. Ciò faceva risalire i prezzi rendendo così nuovamente conveniente la ripresa della loro produzione. Se ciò non accadeva, la causa andava cercata nel fatto, come aveva notato Hicks in Teoria dei salari, che esistevano delle rigidità, ovvero, andava cercata nel fatto che le curve di domanda e di offerta non erano abbastanza elastiche perché i mercati non erano perfettamente concorrenziali.
In particolare, per quello che riguardava il mercato del lavoro, Cecil Pigou, in The Theory of Unemployment, aveva sostenuto che se c’era disoccupazione la causa andava cercata , da un lato, nella presenza dei sindacati che imponevano salari più elevati di quello che avrebbero dovuto essere; dall’altro lato, nel rifiuto dei lavoratori di prestare la loro opera per salari più bassi di quelli contrattuali. In altre parole, se esisteva disoccupazione, era per colpa dei lavoratori e delle loro organizzazioni sindacali. Quindi si trattava di disoccupazione volontaria.
Keynes non credeva nell’azione provvidenzialistica della mano invisibile della concorrenza e non nutriva alcuna fiducia nei meccanismi automatici di aggiustamento presenti in un’economia di mercato. Come egli aveva scritto nel 1926 in La fine del lasciare fare, il mondo non era governato dall’alto da una mano invisibile che trasformava il perseguimento dell’interesse individuale in benessere collettivo.
Inoltre, egli pensava che, come ebbe a scrivere nel 1923 nel saggio La riforma monetaria, “gli economisti si attribuiscono un compito troppo facile e troppo inutile, se, in momenti tempestosi, possono dirci soltanto che , quando l’uragano sarà lontano, l’oceano tornerà tranquillo”
Secondo Keynes, noi agiamo in un mondo che noi non conosciamo e raramente gli effetti delle nostre azioni, come egli aveva scritto nel Trattato delle probabilità, risultano essere quelli voluti. In queste condizioni, soltanto per un caso fortunato può crearsi una situazione di equilibrio di piena occupazione.
Per quello che riguardava la crisi in corso, egli contestava l’affermazione che essa potesse essere superata con una riduzione dei salari monetari. Secondo Keynes, come egli aveva sostenuto nel 1933 in I mezzi della prosperità, la via della ripresa passava attraverso l’investimento autonomo da parte dello stato di denaro fresco in modo da attivare il moltiplicatore degli investimenti. Y =kI, dove k è l’inverso della propensione al consumo.
Ciò significava creare, attraverso una articolata politica di lavori pubblici, un congruo numero di occupati che avrebbero speso i loro salari in beni di consumo che erano altrimenti destinati a restare invenduti. Per Keynes, infatti, il livello di occupazione dipende, da un lato, dalla propensione al consumo; dall’altro lato, dalla disposizione a investire. La prima dipende dal livello di reddito e e dalla sua distribuzione. La seconda dipende dalla preferenza per la liquidità, dal tasso di interesse e dall’efficienza marginale del capitale e da tasso di interesse.. L’efficienza marginale del capitale dipende dalla quantità di capitale esistente, dallo stato della fiducia. Il tasso di interesse dipende dalla preferenza per la liquidità e dalla quantità di moneta.
Per quello che riguarda la legge di Say potremmo dire che essa è valida in un’economia basata sul baratto dove tutti i beni vengono prodotti per essere scambiati. Non è valida in presenza della moneta che ha fra le sue funzioni anche quella di riserva di valore per cui solo una parte viene spesa nell’acquisto di beni, mentre una parte, spesso cospicua, viene trattenuta sotto forma di scorte, oppure, può essere investita nei mercati finanziari.
In termini generali, posiamo dire con Joan Robinson che fu allieva di Keynes a Cambridge, che “anzitutto Keynes ha riportato nell’economia politica la praticità dei classici”; poi, “ha fatto riemergere il problema morale che la teoria del laissez fare aveva abolito”; infine, “riportò il tempo entro la teoria economica”. Soprattutto, potremmo aggiungere noi prese il capitalismo sul serio, cosa che gli economisti neoclassici s’erano sempre rifiutati di fare. In tal senso Keynes potrebbe essere definito il Marx della borghesia la cui teoria, come scrisse Mattick, aveva uno scopo molto pratico: salvare il capitalismo dal declino.
La crisi favorì, alla lunga, un sempre più esteso intervento dello stato nell’economia. Emblematici furono i casi dell’America del New Deal e dell’Italia fascista, dove, nel 1933, venne fondato l’IRI in funzione congiunturale come ente provvisorio. Nel 1937, esso venne trasformato in ente permanente con il compito di assicurare allo stato fascista, diventato nel frattempo imperiale, il controllo sui settori strategici dell’economia italiana.
Il New Deal non produsse l’effetto sperato nel campo di pertinenza dell’economia e nel 1937 l’economia americana piombò in una nuova drammatica crisi economica. Fu solo con l’avvio della politica di riarmo che l’economia americana imboccò la strada della ripresa. Grande fu invece l’effetto positivo prodotto dal New Deal sul piano politico ideologico.
Da questo punto di vista, estremamente interessante è, ancor oggi, la lettura dei testi delle conferenze tenute dai collaboratori di Roosevelt per illustrare la NRA. Tali conferenze vennero pubblicate in volume nel 1934 con il titolo America’s Recovery Program. Il testo era aperto dalla conferenza di Dickinson il quale analizzò l’impianto della NRA alla luce dei cambiamenti avvenuti nel capitalismo nel corso degli ultimi decenni e spiegò che era necessario trovare il modo di limitare il potere economico delle nuove grandi imprese se si voleva salvaguardare la democrazia americana.
Lo sviluppo di tale linea di ragionamento portò alla formulazione da parte d Galbraith nel secondo dopoguerra della teoria dei “poteri contrapposti”. In questo modo, come conseguenza della crisi economica, si operò, per usare una celebre definizione di Polany, la “grande trasformazione” della società capitalistico-borghese che sanzionò il passaggio dal capitalismo concorrenziale fondato sull’attività di una miriade di imprese di medie e piccole dimensioni al capitalismo monopolistico fondato su imprese di grandi dimensioni non più gestite direttamente dai proprietari, ma da potenti consigli di amministrazione, come dimostrarono Berle e Means in Società per azioni e proprietà privata, opera da essi pubblicata nel 1932.
Pollock dedicò la propria attenzione al nascente fenomeno del capitalismo di stato. Buhrnam parlò di rivoluzione manageriale da lui definita come una rivoluzione nei rapporti di proprietà e nella gestione degli stessi. Tale teoria, criticata aspramente da Sweezy in Il presente come storia, per il quale l’avvento del capitalismo manageriale non modificava il tradizionale ordine economico capitalistico fondato sulla proprietà privata dei mezzi di produzione e scambio. ispirò la teoria del “nuovo stato industriale” di Galbraith che nel 1966 introdusse nel ragionamento economico il concetto di tecnostruttura.
La trasformazione del capitalismo da individualistico-concorrenziale in capitalismo monopolistico indusse gli economisti a sviluppare nuove teorie a livello di economia di impresa – teorie che cercavano di rendere conto delle trasformazioni avvenute appunto a livello di impresa quali la teoria della concorrenza imperfetta, la teoria della concorrenza monopolistica, la teoria della concorrenza tra pochi, la teoria dell’oligopolio, la teoria del grado di monopolio.
In un modo o nell’altro, tutte queste nuove teorie si occupavano della maniera i cui le imprese riuscissero a condizionare il mercato e potessero per questa via difendere e/o espandere la propria quota di mercato utilizzando a proprio vantaggio le esistenti barriere alla concorrenza.
Altri economisti avevano dedicato le loro energie nell’affrontare il problema delle crisi e, più in generale, il problema del ciclo economico. Di particolare interesse in questo campo sono lavori di Aftalion, Spiethoff, Mitchell, Hawtrey, von Hayek, Myrdal, Kondrat’ev.
In particolare, secondo la teoria di Kondratev, lo sviluppo nel lungo periodo della economia capitalistica sarebbe caratterizzato dalle presenza di onde lunghe generate da fattori quali guerre e rivoluzioni, innovazioni tecniche, scoperta di nuove miniere d’oro, la comparsa di nuove potenze economiche.
In questo contesto, si colloca l’opera di Schumpeter. Come egli scrisse in Cicli economici, sviluppando un’idea contenuta ini Teoria dello sviluppo economico, il progresso tecnologico è uno dei fattori determinanti lo sviluppo dell’economia capitalista. Esso, però, non procede i modo lineare, ma attraverso delle fasi che determinano lo sviluppo ciclico dell’economia capitalista. Fondamentali in tale contesto sono i concetti di innovazione e di imprenditore. Laddove tale funzione venga meno, viene meno, come egli scrisse in Capitalismo, socialismo, democrazia, anche la giustificazione dell’esistenza del capitalismo.
Timori sul futuro del capitalismo furono espressi anche da Hansen. Tre erano, secondo Hansen, gli “elementi costitutivi del progresso economico: le invenzioni, le scoperte geografiche e lo sviluppo di nuovi territori, lo sviluppo della popolazione.” Questi fattori mostravano segni di rallentamento e questo fatto non era certamente di buon auspicio per il futuro del capitalismo.
Per Kaleki, l’economista polacco considerato come l’alter ego di Keynes, “lo sviluppo di lungo di lungo periodo non è inerente l’economia capitalistica”. Anche per Kalecki, come per Schumpeter, le innovazioni sono il motore dello sviluppo economico. Il crescente grado di monopolizzazione dell’economia ovvero l’aumento grado di monopolio delle imprese avrebbe potuto disincentivare l’introduzione di innovazioni da parte delle imprese e rallentare la crescita dell’economia capitalistica.
Posizione analoga era stata espressa da Sweezy quando s’era chiesto se l’economia capitalistica non stesse entrando in un’epoca di depressione cronica. Secondo Sweezy, infatti, era inerente al capitalismo una tendenza al sottoconsumo che portava al sottoutilizzo dei mezzi di produzione. Si creava in questo modo un crescente surplus economico che veniva assorbito essenzialmente nell’aumento delle spese militari.
A conclusioni simili era pervenuto Baran nelle Riflessioni sul sottoconsumo. Per tale via, Sweezy e Baran facevano propria, seppurev in forma diversa quella che era stata la posizione di Rosa Luxenburg , in Accumulazione del capitale, aveva notato che il capitalismo s’era sviluppato in un ambiente non capitalistico e che gli occorreva l’esistenza di un ambiente non capitalistico per potersi sviluppare ancora.
In realtà, come i fattori scatenanti la crisi sono, come ricordava Dobb in l’anarchia della ricordava Dobb, produzione capitalistica e la ricerca del massimo profitto che porta i capitalisti a sovra-accumulare capitale il quale viene poi svalorizzato attraverso la crisi.
La crisi degli anni Trenta spianò la strada al nazismo che scatenò, a sua volta, la Seconda guerra mondiale.. La responsabilità della Germania nazista nello scatenamento della Seconda guerra mondiale venne messa in discussione dal famoso storico britannico Taylor, secondo il quale fu la Gran Bretagna che, modificando la sua politica verso l’Europa, si rese responsabile della crisi che portò allo scatenamento della Seconda guerra mondiale. Per Taylor, Hitler non fece altro che dare nuovo impulso al tradizionale espansionismo tedesco verso oriente.
In realtà, se Francia e Gran Bretagna avessero voluto fermare Hitler, esse avrebbero potuto farlo in più d’una occasione. Il problema è che esse non lo vollero fare. I motivi furono molti, non ultimo il fatto che gli elettori francesi e britannici non avrebbero probabilmente accettato d’essere trascinati dai loro governanti in una nuova guerra con la Germania.
Per quello che riguarda l’ascesa al potere di Hitler, è da ricordare che essa venne facilitata, com’era accaduto in Italia con il fascismo, dal comportamento della classe dirigente tedesca che credette di poter utilizzare Hitler in funzione antisocialista.
Inoltre, è da ricordare che non si può capire l’ascesa al potere di Hitler se si prescinde dalla crisi che sconvolse la breve e drammatica vita della repubblica di Weimar. Frutto d’una rivoluzione abortita, essa non era mai riuscita a ottenere il consenso della maggioranza dei tedeschi, i quali, quando gli eventi giunsero al dunque, le voltarono le spalle e l’abbandonarono al suo destino senza provare alcun rimpianto.
Ancora aperta, invece, è la discussione sulla responsabilità del popolo tedesco per i crimini compiuti dal regime nazista. Ora io credo sia sbagliato parlare di responsabilità collettiva, ovvero, chiamare un intero popolo sul banco degli accusati. La responsabilità è sempre individuale, a meno chi compie l’azione non sia legato a qualcun altro da un accordo preventivo. E’ l’individuo che commette il crimine. Chiarito ciò, possiamo pure discutere di tutto il resto al fine di dare a ciascuno il suo. Ciò non riguarda solo il popolo tedesco. Riguarda anche la chiesa cattolica.
Mentre in Occidente imperversava la più grave crisi che avesse mai colpito il capitalismo, in Russia si stava costruendo una società di nuovo genere i cui pilastri erano: la pianificazione economica centralizzata, il partito unico della classe operaia, un potente e temuto servizio di sicurezza, un’ideologia ufficiale che veniva inculcata nelle teste dei bambini fin dalle scuole elementari e che costituiva, in quanto teoria dei “nessi dell’esistente”, la fonte di ogni sapere.
Tale ideologia, nota come materialismo dialettico, era la rielaborazione del pensiero di Marx letto attraverso l’interpretazione che ne era stata data da Engels, cui s’erano aggiunti i contributi di Lenin. E’ un errore infatti considerare il marxismo come un blocco monolitico. Il pensiero di Marx differisce da quello di Engels il quale differisce da quello di Lenin che differisce da quello di Marx. Per Marx, la rivoluzione era il punto d’arrivo di un processo storico che era necessario alla creazione delle basi materiali del socialismo. Per Lenin, la rivoluzione era il punto di partenza del processo storico che avrebbe portato alla costruzione del socialismo. Per Marx, la coscienza di classe si formava nel corso del processo storico che creava le bassi materiali della costruzione del socialismo. Per Lenin, la coscienza di classe doveva essere portata al proletariato dall’esterno.
Per Marx, il soggetto rivoluzionario era rappresentato dalla classe operaia. Per Lenin, il soggetto rivoluzionario era rappresentato dal partito intesa come avanguardia politica composta da rivoluzionari di professione.
Engels, figlio di un industriale tessile della Renania, finito il liceo, era stato mandato dal padre a farsi le ossa a Lubecca; quindi venne inviato a Manchester, dove il padre aveva aperto una succursale. Engels era, perciò, un autodidatta e come tale si mise a studiare filosofia, fisica, chimica, biologia. Chi legga oggi i sui scritti in materia non può non rimanere colpito dalla loro ingenuità.
Malgrado ciò, egli influenzò il pensiero socialista più di Marx. Fu Engels infatti a dare la definizione del materialismo dialettico come “filosofia dei nessi dell’esistente” che tanta parte ebbe nella formazione del Diamat sovietico. Lenin era un rivoluzionario di professione, non era un filosofo; tuttavia, egli si occupò, per motivi politici, anche di filosofia. Lenin era un “realista”, sbeffeggiava la cosa-in-sé di Kant e ironizzava sulla nuova fisica senza aver compreso, come scrisse il socialista olandese Pannekoek in Lenin filosofo, il significato della rivoluzione quantistica.
Per Lenin, l’unica differenza era fra ciò che sappiamo e ciò che ancora non sappiamo, come scrisse in Materialismo e empiriocriticismo. Lenin pensava, come scrisse in Quaderni filosofici, che le cose del mondo esterno si riflettessero nel nostro cervello.
Lenin ragionava come un economista classico. La sua visione dello sviluppo dell’economia di mercato era prettamente smithiana. Critico di Simondi, come dimostra il suo saggio sul Romanticismo economico, egli associava, infatti, come egli scrisse in Lo sviluppo del capitalismo in Russia, sviluppo dell’economia di mercato e sviluppo della divisione del lavoro.
Il suo scritto economico più importante è comunemente considerato Imperialismo fase suprema del capitalismo. Nel saggio, pubblicato nel 1917, egli intendeva dimostrare le origini economiche della Prima guerra mondiale. Secondo Lenin, l’imperialismo era il prodotto del capitalismo monopolistico sorto dalla fusione fra banche e industria.
L’analisi di Lenin, stimolante dal punto di vista politico, era gravemente manchevole, come dimostrarono Baran e Sweezy, dal punto di vista economico, mancando nel saggio di Lenin un’analisi microeconomica del modo di funzionamento delle grandi imprese moderne.
Alla guida della nuova società in costruzione in Russia c’era Stalin, un uomo, che era stato criticato dallo stesso Lenin per i suoi modi militareschi, la sua insofferenza per ogni genere di dibattito politico, per il suo modo burocratico di affrontare i problemi del partito. Quest’uomo, tanto odiato quanto temuto, era riuscito a creare un filo diretto con le masse alle quali l’ideologia ufficiale affidava il compito di creare questo nuovo genere di società.
Gli studiosi di cose sovietiche si sono a suo tempo chiesti, per usare le parole di Nove, se Stalin fosse necessario; ovvero, se fosse destino della Russia cadere nelle grinfie di Stalin. Io credo di no. Stalin non fu necessario, come la Rivoluzione d’ottobre non fu ineluttabile. Stalin e, più in generale, il fenomeno dello stalinismo, furono, come dimostrò Reiman, il prodotto d’una serie di circostanze economiche e di decisioni politiche che segnarono il corso della storia russa.
L’abilità di Stalin consistette nel sapersi avvalere delle suddette circostanze per conquistare il potere. Poi, una volta conquistato il potere, egli usò in modo spietato gli strumenti che gli erano forniti dal potere che era nelle sue mani o per liberarsi di tutti coloro che avrebbero potuto ostacolare la sua azione o per vendicarsi delle umiliazioni subite. Il metodo fu quello di offrirli in pasto alle masse con l’accusa d’aver tradito la causa della rivoluzione.
Fu così che venne messa a morte tutta la vecchia guardia bolscevica. Stalin fu autore d’una nutrita serie di scritti e discorsi che diventarono la lettura obbligata dei comunisti di tutto il mondo. Come scrittore, Stalin fu una nullità. Ed una nullità fu anche come ideologo. Ciononostante, egli affascinò fior fiore di intellettuali in tutto il mondo, a dimostrazione del potere micidiale dell’ideologia.
Bettelheim, nel libro Lotte di classe in Urss 1917-1930, critica quella che egli chiama la visione idealistica della storia dell’Unione sovietica, propria di storici come Ellenstein, che vedono nella creazione dell’Unione sovietica la realizzazione pratica del pensiero di Marx. In realtà, se è vero che, quando Marx parlava di socialismo, pensava a tutto meno che alla Russia da lui considerata troppo arretrata per essere oggetto del suo interesse; è anche vero che furono proprio Lenin e Stalin a assumere il pensiero in Marx come riferimento della loro azione politica.
Per renderci conto di questo fatto, possiamo pensare agli appunti preparatori di Stato e rivoluzione di Lenin, oppure, possiamo pensare a Materialismo storico, materialismo dialettico di Stalin. Ciò non significa che Marx debba essere considerato l’ispiratore dei crimini di Stalin.
Stalin era, come ha messo in evidenza Amis, un dittatore sanguinario che si divertiva a giocare a gatto e topo e che godeva nel far soffrire le sue vittime prima di consegnarle ai suoi boia, nessuno dei quali è morto nel proprio letto.
Chiarito ciò, va ricordato che, se fu possibile a Stalin procedere all’eliminazione fisica dei suoi avversari politici per vie legali, ciò accadde in virtù d’una concezione strumentale del diritto che era considerato, per usare le parole del pubblico accusatore nei processi si Mosca, “forza materiale nella costruzione del socialismo”.
In questo contesto, io credo sia difficile comprendere il pensiero politico bolscevico prescindendo dalla concezione comunista del diritto cui Kelsen dedicò a suo tempo alcuni saggi fondamentali.
La Seconda guerra mondiale aprì la via al lungo boom degli anni ’50-’60 che – è stato detto – vide il trionfo delle idee di Keynes. In realtà, gli anni ’50-’60 videro il trionfo della cd sintesi neoclassica. In tal senso, più che gli anni di Keynes essi furono gli anni di Modigliani.
Keynes non era un rivoluzionario. Professore di economia a Cambridge, direttore di “Economic Journal”, membro della delegazione britannica ai colloqui di pace a Versailles, membro della delegazione britannica a Bretton Woods, frequentatore del Circolo di Bloomsbury, amico di Wittgenstein, autore di ponderosi libri di economia, di brillanti saggi di attualità politica, di fondamentali testi di logica matematica, era un liberale vecchio stampo che non voleva abolire la proprietà privata dei mezzi di produzione e scambio. Ciò non gli impedì di elaborare una critica della teoria economica dominante che ne distruggeva i fondamenti.
La pubblicazione di tale critica gli attirò gli strali dei suoi colleghi di Cambridge e delle altre università. Fu così che si pensò, stimolati da una famosa recensione di Hicks, di correre ai ripari cercando di dimostrare che la teoria di Keynes rappresentava un caso particolare della teoria economica dominante che si registra quando le condizioni economiche sono tali da scoraggiare gli investitori anche in presenza di un tasso di interesse prossimo a zero. Nacque in questo modo con il contributo fondamentale di Modigliani la cd sintesi neoclassica.
Il nome di Keynes è stato spesso associato a quello dei teorici dell’economic planning. Niente di più sbagliato. Keynes era un economista tradizionale; né ci potremmo aspettare qualcosa di diverso da un allievo di Marshall. Keynes s’era reso conto che la tradizionale prassi liberale di attendere che che la crisi facesse il suo corso non funzionava più. Occorreva intervenire con denaro fresco per mettere in moto il moltiplicatore.