martedì 31 maggio 2016

Ventenne maschio uccide ventenne femmina

Stamane ho ricevuto la seguente e-mail

Change.org
Ciao corrado,
I giornali di oggi aprono con la morte agghiacciante di Sara Di Pietrantonio, 20 anni, bruciata viva dall'ex. Anche Giordana Di Stefano, mamma di una bimba, aveva la stessa età. Il suo ex, reo confesso, l'ha uccisa con 42 coltellate perché, ha detto, lei non ne voleva sapere di tornare con lui. Roberta, amica di Giordana, e mamma Vera, chiedono che si faccia giustizia. E che tutti gli uomini che uccidono le donne paghino davvero. 

Femminicidi, vogliamo la Giusta Pena. Per Giordana uccisa a 20 anni dal suo ex @lauraboldrini @pietrograsso @matteorenzi @avvgbongiorno

Roberta Di Natale 
Italy
Mi chiamo Roberta, sono di Catania e mamma di tre figli. E sono molto, molto arrabbiata, come la mia carissima amica Vera. Sua figlia Giordana, 20 anni, è stata uccisa a inizio ottobre: 42 coltellate inferte dal suo ex, poi fermato mentre cercava di fuggire in Svizzera. Luca ha anche confessato: ha detto di averlo fatto perché Giordana si rifiutava di tornare con lui, condannando una bimba di 4 anni a crescere senza la propria madre. Una bimba che Giordana ha voluto a tutti i costi anche se è rimasta incinta a soli 15 anni.
Sì perché io la conoscevo molte bene, Giordana, e posso dire che era una mamma davvero dolcissima e sempre presente.
Tante cose sono state dette su questa storia e vogliamo che la giustizia faccia il suo corso. Ma lo deve fare bene, il suo corso. Giordana Di Stefano si era rivolta alle forze dell’ordine, aveva denunciato il suo ex per stalking. Eppure niente: la sua famiglia, i suoi amici, sua madre, noi tutti l’abbiamo vista morire.
Ora la giustizia rischia di essere ancora una volta non giustizia: quante volte abbiamo letto di uomini che hanno odiato e ucciso delle donne ma che sono usciti di prigione dopo aver scontato pene di pochi anni? Punizioni ridicole per persone che non hanno trovato alcuna soluzione migliore che spegnere la vita di una donna che aveva magari “osato” dire basta.
Ecco perché chiediamo, Vera ed io, una risposta al Governo, al Parlamento e ai nostri rappresentanti: approvare subito un provvedimento di legge che richiami la proposta presentata nella precedente legislatura e ora decaduta dall’avvocata Giulia Bongiorno. Vogliamo che venga prevista una specifica aggravante con il carcere a vita per chi compie un femminicidio.
Non ne sono morte abbastanza? I femminicidi devono essere puniti con l’ergastolo.
Giordana mi ha fatto entrare nella sua vita con naturalezza e spontaneità in questi anni. Ho sempre ammirato il suo coraggio, la sua forza di volontà, la sua grande passione per il ballo, unita a professionalità e creatività. Alla sua mamma Vera, che è chiusa nel suo dolore ma che è qui con me nel portare avanti questa battaglia, ho sempre detto che “Giordy” è la figlia che tutti vorremmo avere.
Oggi guardo le foto di Giordana e mi rifiuto di ricordare l’immagine della sua bara. Non riesco a pensare a tutte quelle maledette coltellate su quel corpicino così piccolo.
Nulla ci riporterà indietro Giordana. Ma tutti possiamo e dobbiamo fare in modo di combattere davvero queste morti senza senso, questi femminicidi.
Chiediamo insieme l’ergastolo per gli uomini che uccidono le donne.

La richiesta di una giusta condanna mio sembra corretta. Per me, che sono all'antica in un caso come questo, la  giusta condanna è  la pena di morte


l

domenica 29 maggio 2016

URSS, che cosa andò storto

Sommario di storia russa


L'abolizione della servitù della gleba nel 1862 per volontà dello zar Alessandro, peggiorò in modo sensibile le condizioni dei contadini a causa  della elevatezza dei canoni di affitto delle terre. L'imposta per ogni desjatina era di 5-7 volte più alta che per i signori. Molti contadini andarono a rimpolpare il nascen*te proletariato urbano. Contemporaneamente molte industrie straniere investivano grossi capitali in Russia per lo sviluppo dell'industria, prevalentemente di quella pesante.

Grazie agli investitori stranieri ci fu un grande sviluppo del sistema ferroviario. A differenza di quanto avveniva in Occidente, in Russia la grande industria capitalistica non era la conseguenza della trasformazione della piccola e media impresa, ma qualcosa di creato in maniera artificiale nel contesto di un’economia, tutto sommato, primitiva. La Russia non produceva per sé, poiché la stragrande maggioranza della popolazione non era in grado di comprare i prodotti, mentre i nobili preferivano la merce occidentale, più cara. L'aristocrazia accumulava capitale, ma lo spendeva immediatamente per mantenere il proprio lusso sfrenato.


Dagli anni Sessanta cominciarono a farsi strada i raznočincy, gli esponenti della classe media. Nel 1861 a Pietroburgo e Kazan’ ci furono dimostrazioni contro le disposizioni delle autorità scolastiche. Furono chiuse le università e creati corsi volontari, ai quali accanto agli uomini per la prima nella sfera dell’istruzione c’erano anche le donne. Nello stesso anno cominciarono a circolare fogli con proclami anti-zaristi. Tra il popolo si cominciava a parlare, e sempre più frequentemente, della necessità di nominare un’assemblea nazionale. La dissidenza interna si faceva sempre più forte. Le figure principali del pensiero progressista russo erano Černyševskij, Herzen e Bakunin. Ci furono diversi attentati allo zar, il primo dei quali fu per opera di uno studente, Karakozov. Si intensificò la reazione zarista nei confronti dei dissidenti. Dagli anni Settaomparve il movimento dell’“Andata al popolo” (Narodniki), il cui teorico era Kropotkin. Il programma prevedeva che studenti e accademici andassero in campagna e vivessero con i contadini per insegnare loro a pensare e a credere nella possibilità di partecipare alla vita politica. I risultati furono scarsi. Contemporaneamente nelle fabbriche scoppiarono ondate di scioperi. La coscienza del fallimento del movimento dei narodniki portò alla nascita di cellule terroriste. Ci furono tanti processi, alla conclusione dei quali vennero condannate per decreto dello zar anche persone che i tribunali avevano riconosciuto innocenti.

Questo momento segnò il passaggio del regime di Alessandro II alla fase dittatoriale. Nel 1877 i narodniki più estremisti fondarono il partito Zemlja e volja (terra e libertà). Si intensificarono gli attentati, non solo diretti verso lo zar, ma anche di quei rappresentanti dell’ordine costituito che diedero la caccia ai rivoluzionari. Nel 1879 da dissidi interni a Zemlja i volja si formò la cellula terroristica di Narodnaja volja (volontà popolare), i cui esponenti di spicco erano i terroristi Željabov, Vera Zasulič, Sof’ja Perovskaja. Ci fu un tentativo del governo di attuare riforme liberali, che, però, procedevano a rilento. Dopo quattro attentati consecutivi, nel 1881 i terroristi riuscirono a uccidere Alessandro II.

Dopo la morte di Alessandro II sale al trono Alessandro III, che ebbe come consigliere Podedonoscev, di estrema destra, reazionario, oscurantista. Dopo l’attentato del 1881, il movimento terrorista comprese l’impossibilità di arrivare alla rivoluzione con i metodi utilizzati fino ad allora, soprattutto a causa del fatto che i contadini rimanevano fedeli all’idea che il potere dello zar aveva origine divina. Inoltre, negli anni Ottanta furono arrestati molti dei capi del movimento e non c’era nessuno che potesse sostituirli.

Gli ideali panslavisti si trasformarono ben presto in teorie razziste e antisemite, e quindi portarono in breve alla persecuzione di minoranze etniche. Su quest’onda u attuata una politica di russificazione della Polonia, dell’Ucraina e delle province baltiche. Seguì un’ondata di antisemitismo e l’attiva persecuzione degli Ebrei, di fronte alla quale il governo o non intervenne o addirittura, disarmando gli Ebrei che si difendevano, aiutò la popolazione che promuoveva i pogrom. Tra rivoluzionari c’erano molti ebrei e il governo sfruttò questo fatto per giustificare le azioni di repressione. Alessandro era apertamente antisemita. Incominciarono anche pogrom governativi e furono introdotte leggi antiebraiche: gli ebrei dovevano vivere in zone apposite, vennero chiuse le scuole ebraiche. Ci fu un generale soffocamento della cultura e la sostituzione delle materie e delle dottrine “pericolose” con altre religiose. Furono soppresse le associazioni studentesche.

L’industria si sviluppava sensibilmente, soprattutto quella pesante (ferrovie), ma le condizioni dei lavoratori si facevano sempre peggiori. La produzione aveva molti freni: la mancanza di capitale, la mancanza di coordinazione degli investimenti, l’assenza di un mercato interno.

Nel 1894 morì Alessandro III. Gli successe Nicola II, nel quale all’inizio erano riposte le speranze di  reazionari (Pobedonoscev e altri). È vero che in un primo momento ammorbidì lo stato di polizia e tolse molti divieti alla cultura, accettò la costituzione finlandese (la Finlandia apparteneva alla Russia), ma poi riaffermò gradatamente l’autocrazia.
Le tensioni interne, tanto nelle fabbriche quanto anche nelle campagne e nei circoli intellettuali aumentavano sempre più, fomentando, di fatto, le spinte rivoluzionarie. Si formarono tanti partiti, che andavano dall’estrema destra a quello dei bolscevichi. Nel 1903 in Svizzera c’era stato il congresso dei partiti comunisti d’Europa, in occasione del quale era maturato uno scontro tra bolscevichi e menscevichi: i secondi si accontentavano di una rivoluzione borghese che  cacciasse lo Zarismo, mentre i bolscevichi di Lenin volevano la rivoluzione per instaurare la dittatura del proletariato. Le persecuzioni degli ebrei non si fermavano. La borghesia liberale voleva riforme costituzionali, ma senza porre fine allo zarismo. Alcuni tra i consiglieri dello zar gli consigliarono d'accettare, ma prevalse l’ala più intransigente.

Nei primi anni del nuovo secolo si registrarono interferenze giapponesi in Cina e in Corea, allora cinese. La Russia mirava al controllo delle coste pacifiche libere dai ghiacci e, con la scusa di ritirare a scaglioni le truppe stanziate in Manciuria, dove erano intervenute nella questione coreana, il governo zarista dilatò i tempi e creò tensioni con il Giappone che attaccò senza preavviso (1904). I generali russi e la corte prevedevano una guerra lampo che distogliesse l’attenzione dalle tensioni sociali interne. Dopo un anno e mezzo di campagne militari disastrose e ingenti vittime la Russia fu costretta a firmare una pace da perdente.

Il 9 gennaio 1905 (la domenica di sangue) un corteo con donne e bambini portò una petizione firmata da 135.000 persone allo zar, con la quale voleva mettere al corrente il sovrano del malgoverno dei suoi consiglieri. Il popolo vedeva in lui il batjuška, il piccolo padre, un messo di Dio, e quindi la colpa delle pessime condizioni di vita del popolo non potevano venire imputate a lui. I gendarmi schierati attorno al palazzo d’inverno  aprirono il fuoco sulla folla inerme. Questo momento segnò la fine delle speranze del popolo nello zar.

Cominciò una serie di scioperi a catena, che bloccarono la Russia per mesi e portarono alla rivoluzione del 1905, con agitazioni di contadini e operai. D’estate ci fu l’ammutinamento della corazzata Potemkin, cominciato con le lamentele dei marinai, a cui avevano dato carne avariata, e con l’uccisione di un marinaio da parte di un ufficiale. I marinai gettarono quindi a mare gli ufficiali, arrivarono a Odessa issando la bandiera rossa. A loro si unirono altri marinai e tennero il porto di Odessa per parecchio tempo. Infine furono sconfitti dalle forze governative.

Dopo altri due mesi di scioperi lo zar emendò il proclama di ottobre, un manifesto che concedeva la Duma costitutiva e introduceva il suffragio (non universale). Con questa mossa spezzò lo slancio dello sciopero generale, frammentò l’opposizione,
ma de facto non mutò nulla. I moti rivoluzionari si affievolirono e riprese lareazione. Nacquero le centurie nere (Černye sotni) che compirono pogrom, appoggiati e in molti casi addirittura organizzati dalla polizia e dallo stato. Ci furono sollevazioni di contadini, che bruciavano le proprietà dei padroni e requisivano cibarie e bestiame per sé. 6.000 marinai insorsero a Sebastopoli per chiedere la Costituente. La repressione zarista fu spietata. Ci furono molte esecuzioni di partecipanti ai moti del 1905.


Il populismo russo

Il termine 'populismo', ricordava Bruno Bongiovanni, corrisponde alla parola russa narodničestvo, la quale, a sua volta, deriva da narod, ovverossia 'popolo'. La parola russa cominciò a essere utilizzata intorno al 1870, e ancor più intorno al 1875. Nello stesso periodo si diffuse in Russia anche il termine narodnik, ovverossia 'populista'. Negli anni settanta dell'Ottocento, d'altra parte, il movimento cui faceva riferimento la nuova parola, sino ad allora un insieme senza nome di vigorose personalità, di agguerrite teorie politico-sociali e di realtà oggettive dotate di un peculiare profilo strutturale, assunse con forza una visibilità e una vitalità che lo rendevano in qualche modo al suo interno omogeneo, distinguendolo con nettezza dal restante movimento socialista europeo. Prima di quella particolare congiuntura si era parlato, a proposito dei personaggi che saranno poi storiograficamente ricompresi appunto nel narodničestvo, di democratici, di radicali, di socialisti, di comunisti, e addirittura di 'nichilisti' (o 'nihilisti'): un termine, quest'ultimo, che ebbe una gran fortuna internazionale, e non solo politica, ma ancor più psicologico-culturale, e talvolta fuorviante rispetto al significato originario, dopo la pubblicazione, nel 1862, del romanzo di Turgenev Padri e figli.

Gli anni settanta, quelli che dettero un nome al fenomeno, si aprirono del resto proprio con la morte di Herzen, l'uomo che, nell'esilio, aveva rappresentato il movimento democratico e socialista russo; proseguirono poi con il compimento, in ambito processuale, del torbido affare Nečaev, con la sconfessione di quest'ultimo e con il conseguente isterilirsi della tentazione meramente settario-cospirativa; con il grande movimento dell''andata al popolo' e con la propaganda degli studenti nelle campagne (1874-1877), fenomeni che contribuirono di fatto a diffondere in modo capillare la parola e a trasformarla in un concetto politico (R .Pipes Il regime bolscw                       .

litico e in un appello all'azione pratica. Si arrivò poi, proprio nell'anno della morte di Bakunin (1876), alla formazione della prima organizzazione rivoluzionaria panrussa, la Zemlja i volja; in seguito, nel 1879, avvennero la scissione che la lacerò e la nascita della Narodnaja volja, la cui febbrile deriva terroristica culminò nel 1881 con l'uccisione di Alessandro II, lo zar 'liberatore'. Questo avvenimento, a causa della repressione che ne seguì, provocò una crisi profonda nel movimento rivoluzionario russo, concludendone di fatto un'intera stagione.

Franco Venturi (F. Venturi Il populismousso, Einaudi) ha giustamente retrodatato la vicenda storica del populismo al 1848. Nella sua persuasiva e ormai unanimemente accettata periodizzazione del fenomeno l'intero scenario evocato dal termine narodničestvo si estende elasticamente nel tempo in due direzioni, vale a dire all'indietro appunto verso il 1848, e in avanti verso i nuovi sviluppi del movimento socialista russo, un movimento segnato profondamente, e per sempre, anche nella fase bolscevica, nonostante le roventi polemiche e le aspre ripulse, dall'esperienza populistica. La fortuna del termine in questione, a partire dal terreno strettamente semantico-lessicale, è stata infatti tenuta in vita e ulteriormente dilatata, dopo l'eclisse dei primi anni ottanta, proprio dalla critica di quei socialisti russi, talvolta riparati in Occidente, che facevano riferimento ai programmi politici della socialdemocrazia europea e che si trovavano tuttavia costretti a confrontarsi, e a venire inevitabilmente a patti, con i problemi ineludibili, e di fatto insormontabili, posti dalle tutt'altro che esaurite ragioni sociali e strutturali che avevano disegnato l'originale fisionomia del movimento populista russo. Tali ragioni, malgrado l'ormai iniziata industrializzazione in aree limitate dell'immenso Impero, avevano pur sempre a che fare con l'estesissima arretratezza precapitalistica, complicata e non sanata dall'emancipazione dei servi del 1861, con la persistente centralità assoluta del mondo rurale, e con la forma "semi-asiatica e semi-feudale", secondo la definizione di Marx, del sistema zarista di potere e di controllo sociale.

È comunque con il fallimento in Occidente delle rivoluzioni democratiche del 1848-1849 che si può far datare l'inizio di un approccio 'populistico' allo sviluppo delle idee rivoluzionarie in Russia, un approccio che sempre, sul terreno culturale come su quello politico, è stato innescato da una risposta alle sfide vincenti (lo sviluppo), o anche alle sfide abortite (l'avvento della democrazia), delle aree geo-economiche considerate storicamente più evolute. Dopo aver letto i risultati, pur animati da forte spirito conservatore, del viaggio-inchiesta in Russia del barone prussiano Haxthausen, e dopo aver ritenuto praticamente esaurita, nel 1849-1850, la spinta propulsiva della dinamica democratica e socialista in Occidente, fu Herzen che cominciò a individuare nel patrimonio comunitario dei contadini russi, vale a dire nella comune rurale spontaneamente e non artificialmente collettivistica (l'obščina), il punto di partenza della rigenerazione sociale - e morale - in Russia. Nell'Impero zarista la strada verso la redenzione doveva così restare, rispetto all'Europa occidentale, rigorosamente autonoma e rispettosa della propria specificità. Poteva anzi essere la Russia, e non viceversa, a indicare al mondo sviluppato, pur superiore quanto a risorse materiali, la via della soluzione democratica e popolare della questione sociale: ex Oriente lux.

Ed ecco profilarsi i fondamenti essenziali dell'identità del movimento socialista-populista russo, un'identità in gran parte costruita nell'ambito del confronto-contrasto con la realtà economico-industriale europea e con il panorama sociale proletarizzato che ne era scaturito. La presunta arretratezza non era realmente tale: per i populisti rivoluzionari, che si trovavano per questo aspetto in sintonia con l'orgoglio 'grande-slavo' o addirittura panslavista dei pur reazionari 'slavofili', si trattava di una differenza strutturale e di una via peculiare che poteva e doveva, tra l'altro, consentire di evitare le forche caudine e le peripezie sociali dello sviluppo capitalistico, quello sviluppo che per i socialisti occidentali si poneva invece come una tappa intermedia ineludibile, nonché produttrice di enorme ricchezza collettiva e anche di irrinunciabili spazi di libertà. Il territorio da cui far partire la battaglia per un'emancipazione futura, che equivaleva di fatto alla restaurazione della pienezza del comunismo rurale, non era la città, ma la campagna, non l'industria anonima e spersonalizzante, ma il mondo patriarcale e fortemente coeso della produzione rurale associata.

Il soggetto rivoluzionario per eccellenza era di conseguenza costituito dai contadini, che si identificavano in toto appunto con il popolo e con la virtuosa morale comunitaria che lo contraddistingueva, e non dagli operai, consustanziali - tanto da esserne il prodotto più clamorosamente visibile - con il processo capitalistico-borghese, un processo che corrompeva i costumi imborghesendoli con miraggi mercantili, divideva la comunità, degradava il tessuto sociale, creava individui e individualismi, allontanava dalle radici profonde, e naturali, della vita collettiva. Il socialismo, o il comunismo, non erano l'esito più o meno inevitabile, il rovesciamento-inveramento, da attuarsi con le riforme o con la rivoluzione, della dinamica capitalistica giunta alla sua feconda maturità, ma esistevano da tempo nell'organizzazione sociale e nel grembo antico delle istituzioni comunitarie russe, tanto da esserne diventati una sorta di codice genetico. Il che fare non consisteva, infine, nell'assecondare lo sviluppo storico, presunto alleato nell'Occidente della causa dell'emancipazione operaia, in attesa della conquista della democrazia da parte dell'immensa maggioranza proletarizzata (e quindi potenzialmente e a posteriori socialista), ma nel liberare l'immensa maggioranza contadina, già socialista a priori, dalle sovrastrutture parassitarie, in primo luogo dallo zarismo autocratico-liberticida e dall'aristocrazia fondiaria, con il risultato di lasciar spontaneamente scorrere in superficie il libero fiume incorrotto di un universo contadino e popolare messo finalmente nelle condizioni di obbedire, invece che a padroni esogeni e dispotici, alla propria natura.

Se lo sviluppo industriale era dunque in Occidente l'alleato dell'emancipazione operaia e della marcia verso il socialismo, nell'Europa orientale, per i populisti, esso era considerato la possibile causa di un deragliamento strutturale che, con esiti irreversibilmente antisocialistici, avrebbe potuto anche inquinare e nel tempo demolire il comunismo contadino autoctono. A questo proposito, anche se in chiave decisamente critica, e non certo apologetica, Jules Michelet - in un passo pubblicato nel 1854 all'interno delle Légendes démocratiques du Nord, ma scritto nel 1851, immediatamente dopo la lettura di Herzen - confermava che l'essenza della vita russa, in virtù della distribuzione della terra da parte della comunità rurale, era "il comunismo", un comunismo sorvegliato e promosso dall'autorità del signore feudale: la forza della Russia, per Michelet, analoga per certi versi a quella degli Stati Uniti, consisteva in una "specie di legge agraria", ossia nella "distribuzione della terra a tutti i sopravvenienti". Il confronto con gli Stati Uniti, del resto, non era certo una novità, e lo stesso concetto di populismo uscirà ulteriormente approfondito e reso più complesso, alla fine del XIX secolo, dall'esperienza americana. Non solo Tocqueville, infatti, nella celebre chiusa della prima parte de La démocratie en Amérique, aveva profetizzato (in America nella libertà, in Russia nella schiavitù) un vitale destino di contiguità tra le due nazioni 'popolari' per eccellenza, ma lo stesso 'slavofilo' Kireevskij, amico di Herzen, nel 1830, cinque anni prima di Tocqueville, aveva identificato nei Russi e negli Americani, in quanto popoli giovani e non logorati, i soli due soggetti dello scenario internazionale salvatisi dal generale rilassamento dei costumi subìto dall'umanità civilizzata.

L'esaltazione del popolo, racchiuso in una sorta di fissismo sociale che predisponeva forme di resistenza contro l'invadenza traumatizzante della storia, nonché erede e depositario della forma organica e armonica per eccellenza della convivenza, richiedeva tuttavia la predicazione, o anche l'agitazione rivoluzionaria introdotta dall'esterno, da parte di un ceto sociale largamente presente in Russia, non di rado privo di un'occupazione stabile, spesso frustrato (soprattutto dopo la Rivoluzione francese) e psicologicamente attratto-respinto dall'Occidente, vale a dire l'intelligencija, parola nata significativamente negli anni sessanta, con qualche anticipo sul termine narodničestvo. Il popolo contadino, infatti, in ragione dell'oppressione che subiva e delle condizioni miserevoli in cui, anche sul piano spirituale, si trovava, era comunista e non sapeva di essere tale. Non aveva cioè conoscenza dell'enorme potenziale di liberazione imprigionato nell'obščina, e cioè in quelle istituzioni che pure costituivano la forma della sua vita sociale quotidiana.

Occorreva accostarlo, trovare un linguaggio comune, risvegliarlo, indirizzarne nella giusta direzione le pulsioni di rivolta, scuoterlo con azioni esemplari, non esclusa, nei momenti di particolare disperazione, l'arma estrema del terrorismo. Occorreva insomma convincerlo che il comunismo era lì, non restava che afferrarlo. Narodnik, populista, non era del resto l'uomo del popolo, vale a dire il contadino russo, la cui autoevidenza 'popolare' non aveva infatti bisogno di ulteriori specificazioni, ma il militante proveniente dalle file dell'intelligencija che incitava il popolo a diventare consapevolmente ciò che esso già era. Emergeva qui una costante di ciò che sarà, in contesti certo diversi, il pur variegato concetto di populismo, un costrutto concettuale che aveva e ha tuttora a che fare non tanto con le presunte caratteristiche specifiche del popolo, quanto con la relazione che si viene a creare tra tali caratteristiche (esposte come fatti e come valori) e i soggetti esterni, o anche interni (ma autonomizzatisi), i quali, con motivazioni diverse, intendevano e intendono valorizzarle, portarle alla luce, rappresentarle, organizzarle, mobilitarle. Il protobolscevismo leninista, all'inizio del XX secolo, senza volgere formalmente le spalle allo schieramento socialdemocratico internazionale, seppe, universalizzandola, e riferendola al proletariato, dare sostanza teorico-politica proprio a questa relazione.

D'altra parte, un'aporia di partenza, probabilmente ineliminabile, risiede nel concetto stesso di 'popolo', nell'accezione in cui questo termine viene comunemente inteso e usato. I Romani, com'è noto, avevano escogitato la formula Senatus Populusque Romanus, a testimonianza del fatto che il popolo era una delle due componenti, quella plebea, della Respublica romanorum. Tale componente era naturalmente di gran lunga la più numerosa e il principato, dopo il crepuscolo della repubblica, fu anche la risposta cesaristica alle lacerazioni generate dall'antagonismo tra le due componenti. Nel mondo moderno e contemporaneo, tuttavia, il 'popolo' sin nelle stesse costituzioni - frutto, queste ultime, dell'istituzionalizzarsi della sfida lanciata dal liberalismo e dalla democrazia - diventerà la totalità della popolazione, resa compatta in taluni casi dal concetto forte di 'nazione', e il luogo sociale-universale da cui, legittimando il potere, verranno fatte scaturire la sovranità e la rappresentanza. Esso non smarriva però, neppure sotto il profilo semantico-lessicale - soprattutto in talune circostanze, e in taluni contesti storici - la sua originaria parzialità, la sua dimensione assiologica, il suo passato e il suo presente di generica subalternità, e infine la sua aprioristica e compatta organicità, contrapposta alla complessità policlassistica delle società moderne e nel contempo alle formazioni oligarchiche germinate dal potere politico-amministrativo e dal denaro.

L'ambiguità derivava dal fatto che il 'popolo' era, insieme, la collettività dei cittadini (un concetto giuridico-politico che privilegia l'inclusione di tutti i soggetti della 'nazione') e la collettività dei produttori (un concetto sociopolitico, si pensi al Terzo stato di Sieyès, che può fondarsi sull'esclusione degli 'oziosi', ma anche, talora, dei cosiddetti parassiti, dei politicanti, degli intellettuali, dei 'borghesi', soprattutto di quelli che vivono della mediazione, come, in un noto stereotipo, gli ebrei, ecc.). Non sempre, ovviamente, le due collettività poterono identificarsi. Il 'popolo' fu così, di volta in volta, o contemporaneamente, il 'tutto' e la 'parte', tanto che chi non veniva identificato con il popolo - concetto dotatosi nel romanticismo e in genere nel XIX secolo di una dimensione religiosa o addirittura mistica - poteva essere ritenuto estraneo, straniero, alieno e anche nemico. Il populista, così, poté essere talora colui che, in nome dei valori originari e preesistenti del popolo, enfatizzava prima la percezione che il popolo aveva di se stesso come 'parte' larghissimamente maggioritaria e purtuttavia insidiata nelle sue prerogative e addirittura nella sua identità, valorizzava poi la protesta collegata a tale percezione e spingeva infine la 'parte' ad autoconsiderarsi come 'tutto' e a sentirsi integrata con le proprie istituzioni originarie, con i programmi diffusi dal populista stesso, o anche, in talune esperienze novecentesche, con lo Stato e con le élites al potere, soprattutto con quelle recenti di origine 'plebea'.Tutto ciò, pur partendo dall'esperienza russa, ha tuttavia a che fare con la deriva che ebbe il concetto di populismo in generale, identificabile, in quanto tale, non con una dottrina sistematizzata una volta per tutte, ma piuttosto con un atteggiamento politico, e mentale, cangiante nel tempo e nelle diverse realtà territoriali.

Che cosa fu invece il populismo russo realmente esistito? Che cosa rappresentò nella storia della Russia? Numerose e autorevoli sono state le risposte fornite dalla storiografia a queste domande. Per Venturi e per Berlin esso fu sostanzialmente un'occasione mancata, e anche autoritariamente soffocata (dallo zarismo e dal bolscevismo), tanto da rappresentare la possibilità non realizzatasi di uno sviluppo democratico e liberale del movimento socialista russo, parte integrante, pur nella sua specificità, del movimento socialista europeo del XIX secolo. Per Gerschenkron, invece, che fece della sua conclamata differenza una sorta di modello esemplare, il populismo russo fu un fondamentale e 'rivelatore' capitolo della storia delle ideologie in una situazione di arretratezza. Per altri ancora, come Strada esso fu il movimento che conferì una "logica", cui si affiancò la "storicità" marxiana, al successivo movimento rivoluzionario russo, e in particolare al bolscevismo di Lenin. La questione della continuità (oggettiva) o della discontinuità (soggettiva e oggettiva) tra populismo e bolscevismo è d'altra parte, da tutti i punti di vista, assolutamente ineludibile.

Diverse furono, del resto, le anime del populismo russo: aristocraticamente liberale e democratica quella di Herzen; anarco-ribellistica e antitedesca quella di Bakunin; democratico-utopistica e letterariamente 'realistica' quella di Belinskij; legata a intellettuali di rango sociale declassato e portatori di radicalità crescente quella di Černyševskij e di Dobroljubov (i cosiddetti 'nichilisti'); neogiacobina quella di Tkačëv; internazionalistica quella di Lavrov; e così via, sino al tenebroso Nečaev, agli intransigenti, ai terroristi, ma anche, dopo la crisi del 1881, sino ai populisti liberali o 'legali' (Daniel'son e Michailovskij) da una parte e, dall'altra, al raggruppamento Čërnyi peredel, sorto nel 1879. Quest'ultimo, favorevole all'azione politica, costituirà il punto di partenza che anni dopo consentirà a una componente del movimento populistico, grazie al ruolo inizialmente giocato da Plechanov, di confluire nel POSDR (Partito Operaio Socialdemocratico Russo), formatosi nel 1894 e, a partire dal 1903, pienamente 'occidentalista', vale a dire non coinvolto nel particolarismo populistico-slavofilo, solo, e non sempre, con la frazione menscevica. Tutte le sfaccettature, e le propensioni, del pensiero democratico e socialista occidentale sono state comunque recepite dal populismo russo, il quale ha mantenuto la propria fisionomia e la propria fedeltà al comunitarismo rurale autoctono, ma ha mutato le strategie e le forme organizzative, sospinto certamente dall'evoluzione storico-sociale della Russia e tuttavia anche grazie alle suggestioni assorbite dalla cultura filosofica, politica e letteraria occidentale. Il populismo non poté dunque emanciparsi dall'Occidente.


Il socialismo russo

Il socialismo 'occidentalizzato' russo, quello che si autodefiniva socialdemocratico, non poté, a sua volta, emanciparsi dal populismo. Lo stesso Lenin, del resto, pur individuando nel populismo l'ideologia del "piccolo produttore" utopista e reazionario, intriso di "romanticismo economico", e pur riconoscendo come ormai irreversibili gli sviluppi dei rapporti capitalistici di produzione in Russia, ebbe a considerare la socialdemocrazia russa come la sola erede legittima del populismo rivoluzionario e dei combattenti della Narodnaja volja. (A: Herzen A un vecchio compagno. Testi di Herzen, Ogarev, Bakunin, Dostoevskij, Lopatin, Tchaev, Nchaev, a cura di V. Strada, Einaui).

Il bolscevismo al potere, invece, soprattutto alla fine degli anni venti, dopo la proclamazione della teoria del socialismo in un paese solo, farà di tutto, cancellando d'autorità ogni dibattito storiografico, per rimuovere persino la memoria di tale eredità, divenuta ora doppiamente imbarazzante con la collettivizzazione delle campagne e con la terribile repressione-deportazione dei contadini, annientati nella loro residua autonomia e nella loro capacità di resistenza. Il kolkhoz e il PCUS, intrecciati nelle campagne in una sintesi politico-sociale da cui scaturiva un socialismo che poteva apparire una sorta di populismo totalitario di Stato, avrebbero potuto infatti essere interpretati come due entità perversamente complementari, atte a riprodurre in modo allargato e onnipervasivo il sodalizio dispotico-orientale - da Marx in molte occasioni denunciato - che, sino al 1861 e anche oltre, aveva fatto della comune rurale e dello zarismo autocratico due facce di una medesima medaglia. (A. Rosenberg Storia del bolscevismo, Sansoni)



Storia di una lettera


All'inizio degli anni 80 del XIX secolo, scrisse lo studioso francese Maxmillien Rubel, la colonia dei rivoluzionari russi rifugiata a Ginevra accolse nei suoi ranghi molte nuove reclute che avevano svolta la loro militanza iniziale nel primo movimento socialista  che conobbe la Russia degli zar: il populismo
(narodnicestvo). Quattro di questi nuovi arrivati saranno, alcuni anni più tardi, i pionieri della socialdemocrazia russa di orientamento marxista: Georgij Valentinovič Plechanov, Pavel Axelrod, L. Deutsch e Vera Zasulich.
Prima della loro conversione al Marxismo, essi erano appartenuti ad una delle organizzazioni illegali del movimento populista che, nel 1879, dopo il mancato attentato dell'istitutore A. Soloviev contro Alessandro II, si era scisso in due frazioni: il gruppo detto Frazione Nera (Tchnorny Perediel) e quello di Volontà del popolo (Narodnaia Volia). Unanimi sullo scopo da raggiungere- il loro programma era insomma la realizzazione del socialismo agrario sognato da tutti gli ideologi populisti, da Herzen a Cernyševkij ed a Lavrov - essi erano in disaccordo sui metodi di lotta da impiegarsi nella prospettiva di rovesciare il regime zarista.

Mentre il primo gruppo voleva rimanere fedele alle tradizioni populiste intensificando la propaganda nei villaggi e rifiutando di dare alla loro andata verso il popolo un significato politico, il secondo proclamava la necessità di entrare nella lotta diretta sistematicamente condotta  contro l'autorità, per accelerarne l'affondamento e raggiungere così un obiettivo politico importante: la convocazione di un'assemblea costituente.

Espatriando, non pensavano di mettersi al riparo delle persecuzioni poliziesche né intenddevano rinunciare alla lotta rivoluzionaria e non era un caso se essi avevano scelto la città di Ginevra come luogo di incontro. Tranne Pavel Axelrod, nessuno di essi aveva ancora raggiunto la trentina. Essi provavano il bisogno di istruirsi e di conoscere il movimento socialista occidentale il cui teorico di genio aveva acquisito negli universitari russi una reputazione prodigiosa. È a Ginevra che si era formata la sezione russa dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori, sezione che, sin dal 1870, aveva incaricato Karl Marx di rappresentarla in seno al Consiglio generale di Londra. Certo, l'Internazionale aveva allora cessato di esistere, ma era noto che Marx continuava a intrattenere con gli ambienti rivoluzionari russi di Ginevra dei rapporti stretti e ad intervenire nelle polemiche tra i discepoli del defunto Bakunin ed i "marxisti".

I giovani narodniki parteciparono attivamente alle discussioni tra i diversi gruppi in un'atmosfera di libertà che essi non avevano conosciuto prima di aver abbandonato la loro patria. Un solo problema turbava i loro spiriti nutriti delle idee e dell'idealismo di Chernychevski (il cui messaggio era loro giunto dalle più remote profondità della Siberia), di Lavrov, di Mikailovski e di Tkatchev: i destini della Russia. La lettura del Capitale-tradotto in russo sin dal 1872- la censura zarista avendone autorizzata la pubblicazione, "benché l'autore fosse un socialista convinto, il rigore scientifico dell'opera lo rende difficilmente accessibile al lettore comune"- doveva far vacillare le nazioni dell'Occidente sulla via verso il socialismo. Non era logico che essi attribuissero a se stessi questa frase della prefazione del Capitale destinata al lettore tedesco, scettico in quanto allla sorte riservata al suo paese dall'"ineluttabile necessità" dello sviluppo capitalista, frase che terminava con l'adagio latino: De te fabula narratur, è la tua storia che racconto? E, qualche riga oltre, Marx non intendeva la Russia quando affermava che "il paese più sviluppato industrialmente non fa che mostrare al paese meno sviluppato l'immagine dell'avvenire che lo aspettava?".  E più in là ancora, non è della Russia che si parlava quando, tra l'altro, si leggeva: "Ogni nazione può e deve andare alla scuola dagli altri. Anche quando una società ha scoperto la legge naturale, che presiede al suo movimento... non può  né superare con un salto né abolire con dei decreti le fasi del suo sviluppo; ma può abbreviare e alleviare le doglie del proprio parto"?
I populisti si sentivano schiacciati sotto il peso del pesante apparato di ragionamenti scientifici con il quale Marx esponeva la legge bronzea dell'evoluzione sociale. Eppure,- la traduzione russa del Capitale non aveva come autori due narodniki di chiara fama, Nikolai-on, (pseudonimo di Nikolai Danielson); e Lopatin, noti per la loro incrollabile fede nel genio eccezionale del contadino russo? Non era noto, inoltre, che Piotr Lavrov, militante intrepido nel corso degli anni 1860-70 dell'organizzazione populista rivoluzionaria Zemlia i Volia (Terra e Libertà), autore  -ùùanonimo delle Lettres historiques écrites en Sibérie, la cui influenza era stata profonda sull'intellighentia, viveva,  dopo aver preso la strada dell'esilio e collaborato ai progetti dell'insegnamento popolare elaborarti dalla Comune del 1871, in intimità di Marx e  di Engels, a Londra, dove irigeva la rivista socialista Vperiod! (Avanti!) nel migliore spirito del narodnitchestvo [3]? E nella postfazione della seconda edizione del Capitale, così opprimente per ogni populista bruciante dal desiderio di vedere trionfare la sua causa, Marx non parlava di N. Chernychevski, apostolo e martire del populismo, come del "grande erudito e critico russo"?

Non è affatto improbabile che i nostri quattro narodniki siano espatriati con il solo pensiero di trovare, a Ginevra, una risposta definitiva a tutti questi interrogativi sconcertanti e che, una volta in questa città, essi abbiano preferito sollecitare Marx, per ricevere la soluzione del problema che era la loro ragione di vivere e di lottare: la Russia può seguire la propria via rivoluzionaria  differente da quella del mondo occidentale e del suo mostruoso sistema economico?

Il 16 febbraio 1881, Vera Zasulic inoltrò, a nome del suo gruppo, una lettera a Karl Marx in cui ricordò, innanzitutto, la grande popolarità  di cui godeva il suo Capitale in Russia, i cui rari esemplari sfuggiti al sequestro erano "letti e riletti dalla maggior parte delle persone più o meno istruite di questo paese. "Ma, scriveva, quel che ignorate probabilmente è il ruolo che il vostro Capitale svolge nelle nostre discussioni sulla questione agraria in Russia e sulla nostra comune rurale". Le idee di Chernychevski, lungi dall'essere state dimenticate dopo la sua partenza per l'esilio, conobbero al contrario un successo crescente. In quanto al problema della comune rurale: la vita e la morte del "partito socialista" russo dipende dalla soluzione che gli si dà. Da questo modo di vedere o da un altro, su questa questione dipende anche il destino personale dei nostri socialisti rivoluzionari".

È vera Zasulic a porre l'alternativa seguente in cui enuncia con una perfetta chiarezza e con il massimo di coincisione le prospettive teoriche dello sviluppo economico e sociale della Russia: "Delle due una: o questa comune rurale, affrancata dalle esigenze smisurate del fisco, dai pagamenti ai signori e dall'amministrazione arbitraria, è capace di svilupparsi sulla strada socialista, cioè ad organizzare a poco a poco la sua produzione e la sua distribuzione dei prodotti su basi collettivistiche. In questo caso il socialista rivoluzionario deve sacrificare tutte le sue forze all'affrancamento della comune ed al suo sviluppo.

"Se al contrario la comune è destinata a perire, non resta al socialista, in quanto tale, che dedicarsi ai calcoli più o meno malfondati per scoprire in quante decine d'anni la terra del contadino russo passerà dalle sue mani in quelle della borghesia, in quante centinaia di anni, forse, il capitalismo raggiungerà in Russia uno sviluppo simile a quello dell'Europa Occidentale. Dovranno allora fare la loro propaganda unicamente tra i lavoratori delle città che saranno continuamente diluiti nella massa dei contadini, la quale a seguito della dissoluzione della comune, sarà gettata sul lastrico delle grandi città alla ricerca del salario".

La lettera mette in seguito in gioco i Marxisti (sic!) che basando le proprie affermazioni sull'autorità del loro maestro, dichiarano che "la comune rurale è una forma arcaica che la storia, il socialismo scientifico, in una parola tutto quanto c'è di più indiscutibile, condannano a perire". Quando si obietta a questi sedicenti discepoli di Marx che quest'ultimo, in Il Capitale (tomo I), non tratta della questione agraria e non parla della Russia e che, di conseguenza, la condanna della comune contadina non potrebbe essere dedotta dalle teorie marxiane, la replica è la seguente: Marx l'avrebbe detto, se parlava del nostro paese. Terminando, Vera Zasulich chiede a Marx, con manifesta insistenza, di esporre, magari se non in modo dettagliato, almeno sotto  forma di lettera - che verrebbe pubblicata in Russia - le sue idee sul "possibile destino" della comune rurale e sulla "teoria della necessità storica per tutti i paesi del mondo di passare attraverso tutte le fasi della produzione capitalista".

Marx, ha risposto a questa lettera? Trenta anni trascorsero prima che questa domanda fosse posta per la prima volta: nel 1911, David Riazanov, ordinando le carte di Marx conservate da Paul Lafargue, scoprì diversi fogli in-ottavo pieni di una scrittura minuta, familiare al ricercatore sperimentato. Vi erano numerose cancellature, numerosi passaggi intercalati ed aggiunti, poi di nuovo cancellati. Riazanov comprese presto che si trattava di diverse brutte copie di una risposta scritta da Marx alla lettera di Vera Zasulic del 16 febbraio 1881. Una di queste brutte copie reca la data 8 marzo 1881 e sembrava essere la risposta definitiva di Marx.

Spinto da una legittima curiosità, Riazanov scrisse innanzitutto a Plehanov per chiedergli se avesse conoscenza di una risposta di Marx alla lettera di Vera Zasulich. Plechanov gli rispose di non saperne nulla. Il risultato fu identico, quando Riazanov pose la stessa domanda a Vera Zasulich e, probabilmente anche a Pavel Axelrod. Nessuno degli antichi membri del Tchony Perediel si ricordava più se Marx aveva risposto alla loro domanda che, come diceva Vera Zasulic nella lettera che aveva indirizzato in nome dei suoi amici, era per essi "una questione di vita o di morte".
Ora, non è che dodici anni più tardi che l'enigma fu risolto, la lettera di Marx essendo stata ritrovata negli archivi di Pavel Axelrod, a Berlino.

Che i narodniki e tra di essi la destinataria della lettera di Marx abbiano dimenticato in modo così definitivo il fatto che l'autore di Il Capitale aveva preso posizione nei confronti del narodnicestvo non può mancare di meravigliare. Così Riazanov si vede obbligato a riconoscere "che questa dimenticanza, proprio a causa del particolare interesse che una simile lettera doveva suscitare, possiede uno strano carattere ed offre probabilmente allo psicologo specialista uno degli esempi più notevoli dell'insufficienza straordinaria del meccanismo della nostra memoria.
Senza invadere il campo dello psicologo professionista, possiamo tuttavia formulare alcune ipotesi suscettibili di darci la chiave di un oblio che saremmo tentati di assimilare ad una cospirazione del silenzio.
 
Ma prima  di azzardare una di queste ipotesi, potremmo, in tutta logica, supporre che la risposta che Marx aveva inviato alla sua interrogatrice non aveva fatto che confermare le argomentazioni per mezzo delle quali i "marxisti" russi di Ginevra, forti dell'autorità del loro maestro, avevano demolito le tesi o piuttosto le illusioni dei populisti. Questi ultimi non avrebbero, di conseguenza, appreso nulla di nuovo nella lettera di Marx che, diamo alla nostra supposizione il massimo di verosimiglianza- si sarebbero attenuti alle teorie scientifiche generali sviluppate nella sua opera principale. Questa supposizione sembra tanto più legittima in quanto sapiamo che, due anni appena dopo l'invio della Lettera di Vera Zasulich, quest'ultima ed i suoi amici del Tchorny Perediel erano diventati marxisti.
Così, nella prefazione che egli scrisse per la traduzione russa di Socialismo utopistico e Socialismo scientifico di Frederich Engels (Ginevra, 1884), Vera Zasulich segnala, con un tono di assoluta convinzione, l'irresistibile processo di disgregazione della comune rurale russa la cui autonomia ancestrale era visibilmente in fase di sbriciolarsi a profitto del contadino ricco, il kulak, facendo apparire la tendenza crescente verso un'accumulazione capitalista dovuta all'estensione della grande industria. Il destino della Russia essendo indissolubilmente legato a quello dello sviluppo dell'Europa occidentale, nulla poteva più arrestare questa decomposizione del mir, a meno che una rivoluzione socialista in Occidente, ponendo anche termine al capitalismo in Oriente, trovi ancora alcuni residui dell'antica proprietà comunale e li salvino dalla sparizione totale. Quest'ultima restrizione era, sotto la penna di Vera Zasulich, come unica concessione che era disposta a fare al populismo che aveva da poco abbandonato.  

Da parte sua, Plechanov, nel suo libro Le nostre differenze del 1883, polemizando con il populista Tkacev, ruppe deliberatamente con il suo passato di Narodniki: era diventato, con Vera Zasulich e Pavel Axelrod, il fondatore della prima organizzazione marxista russa, il gruppo detto dell'Emancipazione del Lavoro da cui nascerà più tardi il partito socialdemocratico russo. Oramai, non è più il contadino che sarà considerato come il motore umano della futura rivoluzione russa, ma l'operaio delle città.
Volgiamo ora, continuava Rubel, la nostra attenzione verso le copie di prova della lettera-risposta di Karl Marx così come esse furono rese pubbliche nel 1925, ed esaminiamo se queste note contengono gli elementi di una teoria sullo sviluppo economico e sociale della Russia, e se questi elementi erano di natura a fornire una giustificazione teorica al rigetto delle concezioni populiste così come fu fatto dagli ex-narodniki, diventati marxisti.  
Su quattro, tre sono molto più lunghe della lettera definitiva stessa, una, quella che reca la stessa data della lettera, è più corta di quest'ultima. Sulle tre copie di prova di grandi dimensioni, una è circa undici volte più lunga, e le due altre sono circa cinque volte più lunghe della lettera propriamente detta, contando le numerose ripetizioni

Cerchiamo di evidenziare dall'insieme di questi abbozzi di una teoria sociologica dello sviluppo della Russia le principali tesi esposte da Marx in risposta alle domande formulate nella lettera di Vera Zasulich. La genesi del capitalismo ed il problema dello sviluppo economico della Russia.

Alla base della genesi del modo di produzione capitalista, c'è, ricorda Marx citando il Capitale, "la separazione del produttore dai mezzi di produzione" e, più particolarmente, "l'espropriazione dei coltivatori". Questo processo si è compiuto sino ad ora, nel modo più radicale in Inghilterra, ma "tutti gli altri paesi dell'Europa occidentale percorreranno lo stesso movimento".

Marx sottolinea con particolare insistenza il fatto di aver "espressamente" ristretto la "fatalità storica" di questo movimento ai paesi dell'Europa occidentale.  

Già nella sua replica a Nikolai Michajovskij, che egli redasse in francese nel 1877, e che si astenne a rendere pubblica - essa fu scoperta dopo la sua morte e pubblicata nel 1884- Marx si era opposto contro il tentativo dei suoi interpreti di presentare il suo abbozzo sulla genesi del capitalismo nell'Europa occidentale come una "teoria storico-filosofica del cammino generale, fatalmente imposto a tutti i popoli, qualunque siano le circostanze storiche in cui essi si trovino posti". Per confondere questi esegeti troppo zelanti, Marx aveva richiamato alcuni passaggi del Capitale che trattavano le sorti dei plebei dell'antica Roma. "Erano originariamente dei contadini liberi, che coltivavano, ognuno per proprio conto, le loro piccole particelle. Nel corso della storia romana, essi furono espropriati. Il movimento che li separò dai loro mezzi di produzione e di sussistenza implicò non soltanto la formazione di grandi proprietà fondiarie, ma anche quella di grandi capitali monetari. Così un bel mattino c'erano da una parte, degli uomini liberi denudati di tutto tranne che della loro forza lavoro, e dall'altra, per sfruttare questo lavoro, i detentori di tutte le riccezze acquisite. Cosa accadde? I proletari romani divennero, non dei lavoratori salariati, ma un mob fannullone più abietto degli odierni poor white dei paesi meridionali degli Stati Uniti; ed accando ad essi si dispiegò un modo di produzione non capitalista, ma schiavistico. Dunque, degli avvenimenti di un'analogia notevole, ma che avvengono in ambienti storici differenti, portarono a dei risultati del tutto disparati. Studiando ognuna di queste evoluzioni a parte, e comparandole in seguito, troveremo facilmente la chiave di questi fenomeni, ma non vi riusciremmo mai con il passe-partout di una teoria storico-filosofica la cui suprema virtù consiste nell'essere sovrastorica".

È dunque nei paesi industrializzati, ed in nessuna altra parte, che la trasformazione dei mezzi di produzione individuali in mezzi di produzione "socialmente concentrati" e la sostituzione della proprietà privata capitalista alla proprietà privata fondata sul lavoro personale assumendo l'aspetto di un'implacabile legge storica.

In quanto alla Russia, non si pone la questione di una simile sostituzione, per la semplice ragione che l aterra posseduta dai contadini russi "non è e non è mai stata la proprietà privata del coltivatore". Di conseguenza, se esiste una necessità storica della dissoluzione del Mir, essa è indipende dalle leggi dello sviluppo economico in Europa occidentale. Affinché il capitalismo divenga anche il destino della Russia, bisognerà che la proprietà comune si trasformi in proprietà privata

I tipi arcaici della proprietà comune. n quasi tutte le copie di prova, Marx fa allusione ai diversi tipi arcaici della comune rurale ai quali aveva sempre dedicato una particolare attenzione, le sue vedite a questo proposito evolvevano a mano a mano che studiava le opere degli specialisti in questa materia, come Haxthausen, Maurer, Henry Maine, Morgan, ecc. E così, egli ancor prima di aver letto questi autori, parla con poca simpatia del sistema di villaggio dell'India, vedendovi il fondamento del dispotismo orientale, mentre, in seguito, rimase ammirato davanti alla tenace vitalità di queste comunità di villaggio che offrivano, al contrario del caos della divisione sociale del lavoro ed al dispotismo della divisione manifatturiera del lavoro sotto il regime capitalista, "l'immagine di un'organizzazione del lavoro sociale conformemente ad un paino e ad un'autorità".

È soprattutto dopo aver letto l'opera di Georg Ludwig von Maurer sulla comune tedesca che Marx concepì l'idea estremamente favorevole di questa istituzione arcaica, giungengo a vedervi la prefigurazione della futura forma dell'organizzazione economica e sociale. Questa svolta del suo pensiero si verifica nella sua corrispondenza con Engels, che egli mette a corrente sull'impressione lasciatagli dalla lettura di Maurer. Marx vi trovava una conferma delle sue proprie tesi, soprattutto che la proprietà privata è posteriore al comunismo primitivo; le forme di proprietà asiatiche ed indiane sono le prime in Europa. "In quanto ai Russi, l'ultima traccia di una pretesa of originality sparisce egualmente, anche in this line. Ciò che resta loro, è di conservare ancor oggi delle forme che i loro vicini hanno da lungo abbandonato" (14 marzo 1868).  

Poi, sempre a proposito dell'opera di Maurer: "Avviene per la storia umana quanto accade per la paleontologia. A causa di un certo judicial blindness, le migliori teste non si accorgono, per principio, delle cose che si trovano davanti al loro naso. Più tardi, giunto il momento, ci si accorge che i fatti non percepiti rivelano ovunque ancora le loro tracce. La prima reazione contro la rivoluzione francese ed i lumi che essa apportava fu naturalmente di giudicare tutto da un punto di vista medievale, romantico... La seconda reazione - quella che corrisponde all'orientamente socialista, benché i suoi rappresentanti eruditi non ne abbiano affatto coscienza- consiste nel guardare, oltre il medioevo, verso i tempi primitivi di ogni popolo. Questi ricercatori sono allora sorpresi di scoprire nei fenomeni più antichi i fatti \più nuovi..." (25 marzo 1868).  

Negli abbozzi delle sue lettere a Vera Zasulich, Marx insiste sulle idee di Maurer, e cita Lewis Henry Morgan in appoggio della tesi secondo la quale la comune russa sia fattibile. Infatti, una delle circostanze favorevoli alla sua conversione è, secondo Marx, che il sistema capitalista occidentale- a cui essa ha avuto la fortuna di sopravvivere, quando era intatto- si trova- si trova oramai in stato di crisi permanente, crisi che non potrà finire che con la sparizione del sistema capitalista e con un ritorno delle società moderne al tipo "arcaico" della proprietà comune, forma in cui- come dice un autore americano, tutt'altro che sospetto in quanto a tendenze rivoluzionarie... - "il nuovo sistema" a cui la società moderna tende "sarà una rinascita (a revival) in una forma superiore (in a superior form), di un tipo sociale arcaico". E Marx aggiunge: "Dunque, non bisogna lasciarsi troppo spaventare dalla parola arcaico".

Così la posizione teorica di Marx nei confronti delle forme primitive del comunismo agrario, contrassegnata innanzitutto dall'apprezzamento negativo della loro importanza e delle loro virtualità, è evoluto, grazie ad una migliore conoscenza della letteratura concernente specialmente questa materia, verso una concezione nettamente positiva del loro ruolo nello sviluppo storico delle società umane. Questa evoluzione del pensiero di Marx si esprime chiaramente in una frase di uno dei suoi abbozzi in cui egli sostiene che "i popoli presso i quali (la produzione capitalista) ha avuto il suo maggiore esordio in Europa e negli Stati Uniti d'America non aspirano che a spezzare le loro catene sostituendo la produzione capitalista con la produzione cooperativa e la proprietà capitalista con una forma superiore di tipo arcaico della proprietà, e cioè la proprietà comunista".

Prospettive della comune rurale russa. Mentre si apprestava a rispondere a Vera Zasulich, Marx possedeva delle conoscenze estese sulla situazione economica e sociale della Russia. N. F. Danielson, uno dei principali teorici populisti- pubblicava i suoi articoli ed opere con lo pseudonimo di Nicoali-in- Traduttore di Il Capitale, era in Russia, il suo corrispondente più fedele e gli inviava regolarmente dei documenti- articoli di stampa, materiali, statistiche, opere, ecc. - che Marx aveva intenzione di utilizzare ampiamente per lo studio che pensava di dedicare alla teoria della rendita fondiaria, nei successivi volumi del suo Il Capitale. Tutti questi materiali erano in russo, e Marx si era messo a studiare questa lingua sin dal 1869, con un accanimento molto pregiudizievole per la sua salute, già molto compromessa. A partire dal 1873, seguì attentamente le discussioni tra liberali e narodniki a proposito dell'obscina e, a proposito di una polemica che aveva portato allo scontro, nel 1856, il filosofo liberale Georgij Vasil'jevič Čičerin ed il giurista slavofilo Bielïayev, Marx scrisse a Danielson: "Il modo in cui questa forma di proprietà si è creata (storicamente) in Russia è, naturalmente, una questione di second'ordine e non inficia in nulla l'importanza di questa istituzione... Inoltre, ogni analogia parla contro Čičerin. Come è possibile che in Russia quest'istituzione sia stata introdotta come una misura puramente fiscale, come un fenomeno accessorio della servitù, mentre ovunque è nata naturalmente ed ha formato una fase necessaria dello sviluppo dei popoli liberi?".

Preparando la sua risposta ai rivoluzionari russi rifugiati a Ginevra, Marx notava con una singolare applicazione tutti gli argomenti favorevoli alle speranze ed attese dei narodniki, non senza segnalare i pericoli che minacciavano la sopravvivenza della comune contadina russa. Quest'ultima, grazie ad un concorso unico di circostanze, è stabilita su scala nazionale e potrebbe svilupparsi direttamente come elemento della produzione collettiva nazionale, mettendo a profitto le conquiste economiche, tecniche e sociali dell'Europa ocidentale. "Essa si trova così posta in un ambiente storico in cui la contemporaneità della produzione capitalista le presta tutte le condizioni del lavoro collettivo. È in grado anche di incorporare le acquisizioni positive elaborate dal sistema capitalista senza passare attraverso le sue forche caudine", e ciò tanto più facilmente in quanto in quanto possiede l'esperienza secolare del contratto dell'artel suscettibile di affrettare la transizione dal lavoro parcellare al lavoro cooperativo. Molti caratteri specifici distinguono inoltre la comune russa dai tipi di comunità anteriori: non poggia come quest'ultime, sulla parentela naturale dei suoi membri; è dunque più capace di adattarsi e di estendersi al contatto con degli estranei. Poi, ogni coltivatore possiede la sua casa ed il suo cortile individuali. Infine, la terra arabile, pur restando proprietà comunale, si divide periodicamente tra i membri della comune contadina. Questi ultimi "ammettono uno sviluppo dell'individualità, incompatibile con le condizioni delle comunità più primitive".  

Tuttavia, questo dualismo inerente alla natura della comune contadina russa - da una parte: la proprietà comune del suolo, dall'altra: la proprietà (casa e cortile) esclusivo della famiglia individuale e l'appropriazione dei frutti - racchiude dei germi della sua decomposizione. Infatti, l'accumulazione progressiva della ricchezza mobiliare dovuta al lavoro parcellare "introduce degli elementi eterogenei provocanti all'interno della comune dei conflitti di interesse e delle passioni adatte innanzitutto a erodere la proprietà comune delle terre arabili, in seguito quella delle foreste, dei pascoli, terre merginali, ecc., le quali, una volta convertite in annessioni della proprietà privata, alla lunga le soccomberanno".

A tutto ciò viene ad aggiungersi l'influenza nefasta di un ambiente storico sempre più ostile allo sviluppo spontaneo della comune rurale, influenza in grado di poter precipitare la disgregazione di questa istituzione plurisecolare. Lo Stato russo opprime, dopo la cosidetta emancipazione dei servi, questa comune da ogni specie di esazioni, cercando di acclimatare in Russia "come in una serra" le forme più sviluppate del sistema capitalista, a spese dei contadini.

Un'alternativa fatale. Abbiamo visto che, nella sua replica a Mikhailovsky, rimasta inedita mentre era vivo, Marx si era opposto ad un'interpretazione abusiva della sua analisi del capitalismo occidentale e contro la tendenza a trasformare le sue teorie in una dottrina storico-filosofica universalmente valida. Da allora, aveva riassunto il risultato delle sue ricerche effettuate "durante molti anni" nella seguente formula lapidaria: "Se la Russia continua a proseguire lungo il sentiero seguito dal 1861, essa perderà la più bella occasione che la storia abbia mai offerto ad un popolo, per subire tutte le peripezie del regime capitalista". E poco dopo, aveva espresso questo ragionamento ipotetico nei seguenti termini: "Se la Russia tende a diventare una nazione capitalista sul modello delle nazioni dell'Europa occidentale- e durante gli ultimi anni si è data da fare molto in questo senso- non riuscirà senza aver preventivamente trasformato una buona parte dei suoi contadini in proletari; e dopo di ciò, condotta nel girone del regime capitalista, ne subirà le spietate leggi come altre nazioni profane"

Nei suoi appunti per la risposta ai narodniki, Marx presenta questa ipotesi sotto forma di un'alternativa, derivante dal carattere dal carattere dualistico "innato" della comune rurale: o "il suo elemento di proprietà prevarrà sul suo elemento collettivo, o questo si impone su quello. Tutto "dipende dall'ambiente storico nel quale essa si trova". Esiste dunque non una "fatalità storica" né in un senso né in quello opposto: né la dissoluzione della comune rurale né la sua sopravvivenza sono fatali, considerate isolatamente. Soltanto quest'alternativa lo è.

Ora, per decidere del probabile futuro della comune, Marx, fedele ai principi etici così come li aveva enunciati nelle sue Tesi su Feuerbach, sposta il problema dal campo della teoria in quello della pratica,- della pratica rivoluzionaria: "Qui non si tratta più, egli sottolinea, di un problema da risolvere; si tratta del tutto semplicemente di un nemico da battere. Non è più dunque un problema teorico... Per salvare la comune russa, occorre una Rivoluzione russa... Se la rivoluzione si fa al momento opportuno, se essa concentra tutte le sue forze, per assicurare il libero sviluppo della comune rurale, quest'ultima si svilupperà presto come elemento rigeneratore della società russa e come elemento di superiorità sui paesi asserviti dal regime capitalista". Una volta assicurate le sue nuove assise, la comune rurale russa "può diventare il punto di partenza diretto del sistema economico al quale tende la società moderna e cambiare pelle senza cominciare dal suo suicidio".

Possiamo facilmente constatare che, nella redazione definitiva della sua lettera, Marx si limita a rispondere una domanda precisa, in modo non meno preciso.

La comune rurale russa è fattibile? Questo era il problema sollevato da Vera Zasulich in nome del suo gruppo. Marx rispose affermativamente, conferendo alla soluzione da egli data al problema un carattere condizionale, non teoretico. Non approvava dunque i "marxisti" russi ai quali la sua interrogatrice faceva allusione. Al contrario, la sua risposta non sembra mirare che a stimolare l'energia rivoluzionaria dei narodniki di cui ammirava il coraggio e l'abnegazione.

Ma se la soluzione proposta da Marx non aveva alcun carattere dogmatico e somigliava piuttosto ad un giudizio implicante un postulato etico- la soluzione essendo la rivoluzione- le supposizioni erano sostenute grazie allo studio delle "fonti originali" più importanti dell'epoca
.
Nel gennaio 1882, dunque ad un anno appena dopo aver comunicato la sua risposta al gruppo dello Tchorny Pérédiel, redigendo con Engels la prefazione della seconda edizione russa di Il Manifesto del partito comunista, nella traduzione di Vera Zasulich, Marx condensò, in una ventina di righe, le sue opinioni sulla comune rurale russa e le sue prospettive nel senso definito anteriormente da lui come da Engels (nella sua replica a Tkacev): "il compito di Il Manifesto, era di proclamare la sparizione inevitabile ed imminente dell'attuale proprietà borghese. Ora, in Russia accanto ad un ordine capitalista che si sviluppa con una velocità febbrile accanto alla proprietà fondiaria borghese allo stato di formazione, constatiamo che più della metà del suolo forma la proprietà comune dei contadini. Una domanda si pone dunque: La comune contadine russa- forma, è vero, molto disaggregata già di proprietà comune primitiva del suolo- può trasformarsi direttamente in una forma comunista superiore della proprietà fondiaria? Oppure dovrà subire preventivamente lo stesso processo di dissoluzione che si manifesta nell'evoluzione storica dell'Occidente?- La sola risposta che si possa attualmente dare a questa domanda è la seguente: Se la rivoluzione russa diventa il segnale di una rivoluzione operaia in Occidente di modo che le due si completano, l'attuale proprietà comune russa può diventare il punto di partenza di un'evoluzione comunista".

Posti di fronte all'alternativa di Marx, i populisti emigrati a Ginevra ne scelsero non il primo termine, il quale riposa su una valutazione ottimista della "opportunità storica" offerta alla Russia di passare, con il concorso delle conquiste tecniche e sociali della rivoluzione occidentale, da uno stadio inferiore del comunismo agrario ad una forma superiore della proprietà sociale. Optando per il secondo termine di quest'alternativa, il quale implica una visione fondamentalmente pessimistica dei destini di una Russia pronta a passare sotto le "forche caudine" del capitalismo, gli ex narodniki erano decisi di non dare alcun peso alla risposta incoraggiante che aveva loro fornito Marx.

È precisamente quest'atteggiamento nuovo, segnato dalla svolta totale delle opinioni di Vera Zasulich e dei suoi amici, che ci dà la chiave del problema psicologico sollevato, come abbiamo visto all'inizio del presente saggio, da David Riazanov. Quest'ultimo fu colpito da un'assenza di memoria così flagrante presso coloro che avevano sollecitato i lumi di Marx su una questione da cui dipendeva, per impiegare l'espressione del loro porta-parola, "il destino personale dei socialisti rivoluzionari" della Russia. Ecco l'ipotesi che si potrebbe allora formulare attorno a questo oblio: quest'ultimo era, presso gli interroganti russi di Marx, una conseguenza psicologicamente necessaria della loro adesione al "marxismo", detto altrimenti: a quella teoria storico-filosofica-passe-partout che  Mikhailovski aveva creduto poter dedurre dall'opera marxiana e di cui Marx stesso diceva che gli faceva "allo stesso tempo troppo onore e troppo vergogna",

Che diventando marxisti, si dimentichino i postulati essenziali del messaggio marxiano, non può che sembrare paradossale, se si considera che la storia, abbonda di esempi in cui l'apparizione di una personalità e di un pensiero di grande levatura fa nascere questo fenomeno così potentemente denunciato e così impietosamente sezionato da Sören Kierkegaard: l'ammirazione, atteggiamento di comodo il cui antipodo è l'imitazione, esigenza etica. Quando a sua volta Kierkegaard, così come il suo contemporaneo Marx- che egli ignorava, cercando, nel timore e nel tremore, ad essere il "contemporaneo" del Cristo- sia caduto vittima del complotto del tumulto dopo esserlo stato del silenzio, è del tutto proprio di un'umanità che, a forza di ricercare le soluzioni facili, ha perso persino il senso del problematico.


La lettera di Vera Zasulich a Marx



Onorato Cttadino,

Voi siete certamente a conoscenza del fatto che il vostro libro gode grande popolarità in Russia. Anche se l'edizione è stata confiscata, le poche copie rimanenti vengono letti e riletto dalla massa di persone più o meno istruiti nel nostro paese; uomini seri stanno studiando. Quello che probabilmente non si rendono conto è il ruolo che il vostro Capitale gioca nelle nostre discussioni sulla questione agraria in Russia e il nostro comune rurale. Lei sa meglio di chiunque altro quanto nel nostro paese questo problema sia urgente. Coniosci l'opera di Chernyshevskii. La nostra letteratura - Otečestvennye zapiski - continua a sviluppare le sue idee. Ma a mio avviso, è una questione di vita o di morte, soprattutto per il nostro partito socialista. In un modo o nell'altro, anche il destino personale dei nostri socialisti rivoluzionari dipende dalla vostra risposta alla domanda. Perché ci sono solo due possibilità. In entrambi i casi il comune rurale, liberato di richieste imposte esorbitanti, il pagamento per la nobiltà e la gestione arbitraria, è in grado di svilupparsi in senso socialista, trasformando ion senso socialista, l'organizzazione, la produzione e la distribuzione su base collettivista. In tal caso, il socialista rivoluzionario deve dedicare tutte le sue forze per la liberazione e lo sviluppo del comune.

Se, tuttavia, il comune è destinato a perire, tutto ciò che resta per il socialista, in quanto tale, è più o meno un calcolo infondasto di quante decenni ci vorrà per la terra del contadino russo a passare nelle mani della borghesia e quanti secoli ci vorranno per il capitalismo in Russia per raggiungere qualcosa di simile al livello di sviluppo già raggiunto in Europa occidentale. Il loro compito sarà quello di condurre la propaganda solo tra i lavoratori urbani, mentre questi lavoratori saranno continuamente annegati nella massa di contadini che, a seguito dello scioglimento del comune, saranno gettati per le strade delle grandi città in cerca di un salario.

Al giorno d'oggi, si sente spesso dire che il comune rurale è una forma arcaica condannato a perire. Coloro che predicano una tale visione si definiscono tuoi discepoli per eccellenza: 'Marksists'. Il loro argomento più forte è spesso: 'Marx diceva così.'

In nome dei miei amici, mi permetto di chiederle, Cittadino, a farci questo favore.

Se il tempo non consente di esporre le tue idee in maniera abbastanza dettagliata, quindi almeno essere così gentile da fare questo, sotto forma di una lettera che ci avrebbe permesso di tradurre e pubblicare in Russia.

Con rispettoso saluto,
Vera Zassoulich

Il mio indirizzo è: Imprimerie polonaise, Rue de Lausanne No. 49, Genève"

Lettera di Marx a Vera Zasulich


Cara cittadina.

Una malattia nervosa che mi ha colpito periodicamente per gli ultimi dieci anni mi ha impedito di rispondere presto la tua lettera del 16 febbraio. Mi dispiace che non sono in grado di darvi un resoconto sintetico per la pubblicazione della domanda che mi hai fatto l'onore di sollevamento. Qualche mese fa, ho già promesso un testo sullo stesso argomento al Comitato San Pietroburgo. Ancora, spero che poche righe saranno sufficienti a lasciare alcun dubbio circa il modo in cui la mia cosiddetta teoria è stato frainteso.

Nell'analizzare la genesi della produzione capitalistica, ho detto:

Il cuore del sistema capitalista è una separazione completa ... produttore dai mezzi di produzione ... l'esproprio del produttore agricolo è la base di tutto il processo. Solo in Inghilterra è lo stato compiuto in maniera radicale. ... Ma tutti gli altri paesi dell'Europa occidentale stanno seguendo lo stesso corso. (Capitale, edizione francese, p. 315.)

Il 'inevitabilità storica' di questo corso è quindi espressamente limitata ai paesi dell'Europa occidentale. La ragione di questa limitazione è indicata in Ch. XXXII: 'Proprietà privata, fondata su lavoro personale ... è soppiantato dalla proprietà privata capitalistica, che si basa sullo sfruttamento del lavoro altrui, il wagelabour.' (Lc, p 340...).

Nel caso occidentale, quindi, una forma di proprietà privata si trasforma in un'altra forma di proprietà privata. Nel caso dei contadini russi, tuttavia, la loro proprietà comune dovrebbe essere trasformato in proprietà privata.

L'analisi di Capitale prevede quindi alcun motivo a favore o contro la vitalità del comune russo. Ma lo studio speciale che ho fatto, tra cui la ricerca di materiale originale, mi ha convinto che il comune è il fulcro per la rigenerazione sociale in Russia. Ma in modo che esso possa funzionare come tale, le influenze nocive assalgono da tutte le parti devono prima essere eliminate, e deve quindi essere certi delle condizioni normali per sviluppo spontaneo.

Cordiali saluti,
Karl Marx


Lenin: Seconda lettera sulla tattica

Lenin trascorse come esule gran parte della sua vita. Un destino simile era toccato al suo maestro Georgij Plechanov. Benché si trovasse all'estero, Lenin non mancò mai di far sentire la sua voce e di far sapere quello che pensava.

"Il marxismo, scrisse Lenin nella seconda lettera sulla tattica,  esige da noi un'analisi il più esattta possibileassstrettamente esatta e oggettivamente verificabile dei rapporti di classe e delle caratteristiche peculiari di ogni situazione storica. Noi bolscevichi abbiamo sempre cercato di soddisfare questo requisito".

Nelle organizzazioni di sinistra che si ispiravano al leninismo si parlava di "analisi concreta della situazione concreta." Detto ciò, va osservato che per Marx "il concreto è concreto perchè sintesi di molte determinazioni e unità del molteplice". Chiaro? Per Marx, non si discende dall'astratto al concreto, ma si sale al concreto. (E. Ilenkov La dialettica dell'astratto e  del concreto nel Capitale d Marx,  Introduzione di L. Colletti, Feltrinelli.)
"La nostra teoria non è un dogma", asseriva Lenin, "ma una guida per l'azione". Marx ed Engels hanno sempre criticato giustamente la semplice memorizzazione e ripetizione di "formule" che nel migliore dei casi sono solo in grado di marcare i compiti generali, che sono necessariamente modificabili dalle condizioni economiche e politiche concrete di ogni periodo di un particolare processo storico."

Ora, spiegava Lenin, in Russia è in atto una rivoluzione e noi dobbiamo prenderne il comando, altrimenti lo faranno altri partiti. La politica aborre il vuoto, e la rivoluzione fallirà. A chi gli chiedeva come sarebbe andata a finire, Lenin rispondeva al mdo del Bonaparte: "Intanto diamo battaglia, poi vedremo".

Lenin aveva atteso da quando lo zar gli aveva impiccato il fratello Alexander il momento in cui avrebbe potuto applicare la legge del taglione. Il piccolo Volodia frequentava il ginnasio a Kazan. La madre era corsa a San Pietroburgo nel disperato tentativo di salvare la vita del figlio. Volodia era andato a scuola. Aveva compito di greco. Consegnò il compito e andò a passeggiare lungo il Volga.

Lenin; "La catastrofe imminente"

"La Russia è minacciata da una catastrofe inevitabile" scrisse Lenin in La catastrofe imminente. "I trasporti ferroviari sono incredibilmente disorganizzati, e la disorganizzazione aumenta. Le ferrovie si arresteranno. La fornitura delle materie prime e del carbone per le fabbriche cesserà e cesserà il rifornimento di cereali. I capitalisti sabotano (danneggiano, bloccano, minano, frenano) scientemente e incessantemente la produzione, con la speranza che una catastrofe inaudita porti al crollo della repubblica e della democrazia, dei soviet e, in generale, delle associazioni proletarie e contadine, faciliti il ritorno alla monarchia e la restaurazione dell'onnipotenza della borghesia e dei grandi proprietari fondiari. Una catastrofe di ampiezza senza precedenti e la carestia ci minacciano inesorabilmente. Tutti i giornali ne hanno parlato infinite volte. I diversi partiti e i soviet dei deputati degli operai, dei soldati e dei contadini, hanno approvato un numero inverosimile di risoluzioni nelle quali si riconosce che la catastrofe è inevitabile, imminente, che bisogna combatterla strenuamente, che il popolo deve fare «sforzi eroici » per scongiurare il disastro, ecc.

Tutti lo dicono. Tutti lo riconoscono. Tutti lo constatano. E non si fa nulla. Sono passati sei mesi di rivoluzione. La catastrofe si avvicina sempre più. Si è giunti alla disoccupazione di massa. Si pensi: nel paese vi è penuria di merci; il paese è in preda alla rovina per-ché mancano i prodotti, manca la manodopera mentre si hanno in quantità sufficiente grano e materie prime; e in questo paese, in un momento cosi critico, la disoccupazione ha assunto un carattere di massa! Quale prova occorre ancora per dimostrare che in sei mesi di rivoluzione (che alcuni chiamano grande, ma che, per il momento, sarebbe più giusto chiamare putrida), con una repubblica democratica ove abbondano le associazioni, gli organismi, le istituzioni che si dicono orgogliosamente «democratiche rivoluzionarie», non si è fatto proprio nulla di serio contro la catastrofe, contro la carestia? Ci avviciniamo al crollo con rapidità crescente, poiché la guerra non attende, e la disorganizzazione che essa porta in tutti i campi della vita nazionale si aggrava sempre più.

E tuttavia basterebbe un po' d'attenzione e di riflessione per convincersi che esistono i mezzi per combattere la catastrofe e la carestia, che i provvedimenti da adottare sono assolutamente chiari, semplici, realizzabili, adeguati alle forze del popolo e che questi provvedimenti non si prendono unicamente, esclusivamente perché la loro attuazione recherebbe pregiudizio ai profitti inauditi di un pugno di grandi proprietari fondiari e di capitalisti!

È un fatto. Posso affermare con certezza che non troverete un solo discorso, un solo articolo di giornale di qualsiasi tendenza, una sola risoluzione di qualsiasi assemblea o istituzione che non riconosca in termini chiari e precisi quali dovrebbero essere i provvedimenti fondamentali, principali, per combattere, per scongiurare la catastrofe e la carestia. Questi provvedimenti sono: controllo, sorveglianza, censimento, regolamentazione da parte dello Stato, ripartizione razionale della mano d'opera nella produzione e nella distribuzione, risparmio delle forze del popolo, soppresione di ogni loro sperpero, economia di queste forze. Controllo, sorveglianza, censimento: ecco da che cosa si deve incominciare per lottare contro la catastrofe e la carestia. Ecco ciò che è incontestabile e che tutti riconoscono. Ma è precisamente ciò che non si fa per tema di attentare all'onnipotenza dei proprietari fondiari e dei capitalisti, ai loro profitti smisurati, inauditi, scandalosi, profitti che essi intascano grazie all'alto costo della vita, alle forniture militari (per la guerra ora «lavorano», direttamente o indirettamente, quasi tutti), profitti che tutti conoscono, che tutti osservano, e a proposito dei quali tutti danno in esclamazioni.

Ma non si fa assolutamente nulla per istituire con qualche serietà un controllo, una sorveglianza e un censimento da parte dello Stato".

Lo storico francese Marc Ferro cita nella sua storia della rivoluzione russa un rapporto di polizia in cui si afferma che per gli operai delle città la situazione era ai limiti della disperazione. Ciò favoriva i bolscevichi che sapevano di poter contare su una enorme massa di manovra composta da disperati. Lenin sfruttò abilmente la massa di disperati che misero le loro vite nelle sue mani.


Lenin; "L'arte dell'insurrezione"


Per Lenin, l'insurezione era un'opera d'arte. Come egli scrisse nel settembre 1917,  "Coscienti della necessità assoluta dell'insurrezione degli operai di Pietrogrado e di Mosca per salvare la rivoluzione e la Russia, minacciata da una spartizione "separata fra gli imperialisti delle due coalizioni, dobbiamo dapprima alla Conferenza adattare la nostra tattica politica alle condizioni dell'insurrezione che sale, e in secondo luogo provare che non solo a parole noi accettiamo l'idea di Marx sulla necessità di considerare l'insurrezione come un'arte."

Alla Conferenza dobbiamo per prima cosa rendere coesa la frazione bolscevica, senza correre dietro al numero, senza temere di lasciare gli esitanti nel campo degli esitanti: "Là saranno più utili alla causa della rivoluzione che non nel campo dei combattenti risoluti e devoti.

"Dobbiamo redigere una breve dichiarazione a nome dei bolscevichi, sottolineando nel modo più reciso l’inopportunità dei lunghi discorsi, e dei “discorsi” in generale; la necessità di un’azione immediata per la salvezza della rivoluzione; la necessità assoluta di una rottura completa con la borghesia, della destituzione di tutto il governo attuale, senza alcuna eccezione per nessuno, di una rottura completa con gli imperialisti franco-inglesi che preparano una spartizione "separata" della Russia, e infine la necessità del passaggio immediato di tutto il potere nelle mani di una democrazia rivoluzionaria diretta dal proletariato rivoluzionario".

"La nostra dichiarazione deve formulare questa conclusione nel modo più breve e più reciso, in connessione col nostro progetto di programma: la pace ai popoli, la terra ai contadini, confisca dei profitti scandalosi dei capitalisti, repressione dello scandaloso sabotaggio della produzione perpetrato dai capitalisti."

Più la dichiarazione sarà breve e recisa, meglio sarà. Vi si dovranno soltanto indicare chiaramente altri due punti di grandissima importanza: il popolo è stanco fino all’esaurimento delle esitazioni, il popolo tormentato dalle indecisioni dei socialrivoluzionari e dei menscevichi; noi rompiamo definitivamente con questi partiti perchè essi hanno tradito la rivoluzione.

Altro punto: proponendo immediatamente una pace senza annessioni, rompendo senza indugio con gli imperialisti alleati con tutti gli imperialisti in generale, o noi otterremo immediatamente un armistizio, o tutto il proletariato rivoluzionario sarà per la difesa nazionale, e, sotto la sua direzione, la democrazia rivoluzionaria farà una guerra veramente giusta, veramente rivoluzionaria.

Dopo aver letto la nostra dichiarazione, dopo aver invitato a decidere e non a parlare, ad agire e non a stendere risoluzioni, dobbiamo lanciare tutta la nostra frazione nelle officine, nelle caserme: là è il suo posto, là è il nervo della vita, là è la sorgente della salvezza della rivoluzione, là è il motore della Conferenza democratica.

Con discorsi ardenti, appassionati, dobbiamo ivi spiegare il nostro programma, ponendo la questione in questi termini:o accettazione completa di questo programma da parte della Conferenza o insurrezione. Non c'è via di mezzo. È impossibile attendere. La rivoluzione è in pericolo.

Posta la questione in questi termini, centrata l'attività di tutta la nostra frazione nelle officine e nelle caserme, sceglieremo il momento propizio per l'insurrezione.

Per considerare l'insurrezione come la devono considerare i marxisti, cioè come un'arte, dobbiamo, al tempo stesso, senza perdere un istante, organizzare uno Stato Maggiore delle squadre insurrezionali, ripartire le nostre forze, inviare i reggimenti sicuri nei punti più importanti, circondare Aleksandrinka, occupare Pietropavlovka, arrestare lo Stato Maggiore generale e il governo. mandare contro gli junker e contro la divisione selvaggia delle squadre pronte a sacrificare la loro vita piuttosto che lasciare avanzare il nemico verso il centro della città, mobilitare gli operai armati, chiamarli ad un’ultima accanita battaglia, occupare immediatamente il telefono e il telegrafo, installare il nostro Stato Maggiore insurrezionale nella centrale telefonica, collegarla per telefono con tutte le officine, con tutti i reggimenti, con tutti i punti dove si svolgerà la lotta armata, ecc.

Tutto ciò è naturalmente approssimativo, detto al solo scopo di dimostrare che in questo momento non si può rimaner fedeli ai marxismo e alla rivoluzione senza considerare l'insurrezione come un'arte."


Il rinnegato Kausky


"La domanda fondamentale, scrisse Lenn, che Kautsky discute nel suo opuscolo che è l'essenza stessa della rivoluzione proletaria, vale a dire, la dittatura del proletariato. Questa è una domanda che è della massima importanza per tutti i paesi, in particolare per quelli avanzati, in particolare per quelli in guerra, e in particolare al momento attuale. Si può dire senza tema di esagerazione che questo è il problema fondamentale di tutta la lotta di classe proletaria. È pertanto necessario prestare particolare attenzione.

Kautsky formula la domanda come segue: "Il contrasto tra le due tendenze socialiste" (vale a dire, i bolscevichi ei non bolscevichi) "è il contrasto tra due metodi radicalmente diversi: la dittatura e la democrazia" (Pag. 3).

Cerchiamo di Segnaliamo, di passaggio, che quando si chiama i non bolscevichi in Russia, ad esempio, i menscevichi ei socialisti-rivoluzionari, socialisti, Kautsky è stata guidata dal loro nome, vale a dire, da una parola, e non dal luogo effettivo che occupano nella lotta tra il proletariato e la borghesia. Che meravigliosa comprensione e applicazione del marxismo! Ma più di questo più tardi. (A. Riosenberg Democrzia e socialismo, De Donato)

Per il momento, dobbiamo affrontare il punto principale, vale a dire, con grande scoperta di Kautsky del "contrasto fondamentale" tra "metodi democratici e dittatoriali". Questo è il nocciolo della questione; che è l'essenza dell'opuscolo di Kautsky. E questa è una confusione tale terribile teorica, una rinuncia così completa del marxismo, che Kautsky, bisogna confessare, è di gran lunga più eccelso di Bernstein.

La questione della dittatura del proletariato è una questione del rapporto dello Stato proletario allo Stato borghese, della democrazia proletaria alla democrazia borghese. Si potrebbe pensare che questo è chiaro come un pikestaff. Ma Kautsky, come un maestro di scuola che è diventata secca come la polvere dal citare gli stessi vecchi libri di testo di storia, si gira con insistenza la schiena il ventesimo secolo e il suo volto al XVIII secolo, e per la centesima volta, in un certo numero di punti, in modo incredibilmente noioso mastica il vecchio cud sulla relazione della democrazia borghese all'assolutismo e medievalismo!

Suona proprio come stesse masticando stracci nel sonno!

Ma questo significa che assolutamente non riesce a capire che cosa è che cosa! Non si può fare sorridendo sforzo di Kautsky per far sembrare che ci sono persone che predicano "disprezzo per la democrazia" (p. 11) e così via. Questo è il genere di chiacchiere Kautsky usa per avvolgere e confondere la questione, poiché egli parla come i liberali, parlando di democrazia in generale, e non di democrazia borghese; Ha anche evita di usare questo preciso, termine di classe, e, invece, cerca di parlare di democrazia "presocialist". Questo parolaio dedica quasi un terzo del suo opuscolo, venti pagine di sessantatré anni, a questo chiacchiere, che è così piacevole per la borghesia, perché equivale a abbellire la democrazia borghese, e oscura la questione della rivoluzione proletaria.

Ma, dopo tutto, il titolo dell'opuscolo di Kautsky è la dittatura del proletariato. Tutti sanno che questa è l'essenza della dottrina di Marx; e dopo un sacco di chiacchiere irrilevanti Kautsky era obbligato a citare le parole di Marx sulla dittatura del proletariato.

Ma il modo in cui il "marxista" ha fatto è stato semplicemente una farsa! Ascolta questo:

"Questo punto di vista" (che Kautsky ribattezza "disprezzo per la democrazia") "poggia su una sola parola di Karl Marx". Questo è ciò che Kautsky dice letteralmente a pagina 20 ea pagina 60 la stessa cosa si ripete anche nella forma che essi (i bolscevichi) "opportunamente ricordato la parolina" (che è letteralmente quello che dice-des Wörtchens !!) " per la dittatura del proletariato che Marx una volta utilizzato nel 1875 in una lettera ".

Ecco "parolina" di Marx:

"Tra la società capitalista e comunista, si trova il periodo della trasformazione rivoluzionaria della uno dentro l'altro. Corrispondente a questo è anche un periodo di transizione politica in cui lo Stato non può essere altro che la dittatura rivoluzionaria del proletariato. "[3]

Prima di tutto, per chiamare questo ragionamento classica di Marx, che riassume tutta la sua dottrina rivoluzionaria, "una sola parola" e anche "un po 'di parola," è un insulto al completo e la rinuncia del marxismo. Non si deve dimenticare che Kautsky conosce Marx quasi a memoria, e, a giudicare da tutto quello che ha scritto, che ha nella sua scrivania, o nella sua testa, un certo numero di piccione-fori in cui tutto ciò che è stato mai scritto da Marx è più accuratamente depositata in modo da essere a portata di mano per la citazione. Kautsky deve sapere che sia Marx ed Engels, nelle loro lettere, così come nelle loro opere pubblicate, più volte parlato della dittatura del proletariato, prima e soprattutto dopo la Comune di Parigi. Kautsky deve sapere che la formula "dittatura del proletariato" è semplicemente una formulazione più storicamente concreta e scientificamente esatta del compito del proletariato di "smashing" macchina statale borghese, su cui sia Marx ed Engels, nel riassumere l'esperienza della rivoluzione del 1848, e, più ancora, del 1871, ha parlato per quaranta anni, tra il 1852 e il 1891.

Come è questa distorsione mostruosa del marxismo da quel pedante marxista Kautsky può spiegare? Per quanto riguarda le radici filosofiche di questo fenomeno sono interessati, equivale alla sostituzione dell'eclettismo e sofistica per la dialettica. Kautsky è un maestro passato in questo genere di sostituzione. Considerato dal punto di vista della politica pratica, esso ammonta a asservimento gli opportunisti, che è, in ultima analisi, alla borghesia. Dallo scoppio della guerra, Kautsky ha reso sempre più rapidi progressi in questa arte di essere un marxista a parole e un lacchè della borghesia nei fatti, fino a quando non è diventato un virtuoso a questo.

Ci si sente ancora più convinto di questo momento di esaminare il modo straordinario in cui Kautsky "interpreta" "parolina" di Marx sulla dittatura del proletariato. Ascolta questo:

"Marx, purtroppo, trascurato per mostrarci in modo più dettagliato come ha concepito questa dittatura. . . . "(Questa è una frase assolutamente menzognera di un rinnegato, per Marx ed Engels ci ha dato, infatti, un certo numero di maggior parte delle indicazioni dettagliate, che Kautsky, il pedante marxista, ha deliberatamente ignorato.)", Letteralmente, la parola dittatura significa il abolizione della democrazia. Ma, naturalmente, preso alla lettera, questa parola significa anche la regola indivisa di una sola persona non vincolato da alcuna legge-un'autocrazia, che si differenzia dal dispotismo solo nella misura in cui non è intesa come istituzione stato permanente, ma come una misura di emergenza transitoria .

"Il termine, 'dittatura del proletariato', quindi non la dittatura di un singolo individuo, ma di una classe, ipso facto preclude la possibilità che Marx a questo proposito aveva in mente una dittatura nel senso letterale del termine.

"Egli non parla qui di una forma di governo, ma di una condizione, che deve necessariamente nascere dovunque il proletariato ha acquisito il potere politico. Che Marx in questo caso non ha avuto in mente una forma di governo è dimostrato dal fatto che egli era del parere che in Gran Bretagna e in America il passaggio potrebbe avvenire in pace, cioè, in modo democratico "(p. 20).

Abbiamo volutamente citato questo argomento in pieno in modo che il lettore possa vedere chiaramente i metodi di Kautsky il "teorico" impiega.

Kautsky ha scelto di affrontare la questione in modo tale da iniziare con una definizione della dittatura "parola".

Ottimo. Ognuno ha un sacrosanto diritto di affrontare una domanda in qualunque modo che gli piace. Bisogna distinguere solo un approccio serio e onesto da uno disonesto. Chiunque voglia di essere seri nell'affrontare la questione in questo modo dovrebbe dare la propria definizione di "parola". Allora la domanda sarebbe stato messo in modo equo e ad angolo retto. Ma Kautsky non lo fa. "Letteralmente," egli scrive, "la parola dittatura significa l'abolizione della democrazia".

In primo luogo, questa non è una definizione. Se Kautsky ha voluto evitare di dare una definizione del concetto di dittatura, perché ha scelto questo particolare approccio alla questione?

In secondo luogo, è ovviamente sbagliato. E 'naturale per un liberale parlare di "democrazia" in generale; ma un marxista non potrà mai dimenticare di chiedere: "per quale classe" Tutti sanno, per esempio (e Kautsky lo "storico" sa troppo), che ribellioni, o anche forte fermento, tra gli schiavi in ​​tempi antichi in una volta rivelato il fatto che l'antico stato era essenzialmente una dittatura dei proprietari di schiavi. Ha fatto questa dittatura abolire la democrazia tra, e per i proprietari di schiavi? Everyhody sa che non ha fatto.

Kautsky il "marxista" fece questa dichiarazione mostruosamente assurda e falsa perché ha "dimenticato" la lotta di classe. . . .

Per trasformare l'affermazione liberale e falso di Kautsky in un marxista e vera, si deve dire: la dittatura non significa necessariamente la soppressione della democrazia per la classe che esercita la dittatura sopra altre classi; ma significa l'abolizione (o restrizione molto materiale, che è anche una forma di abolizione) della democrazia per la classe su cui, o contro il quale, si esercita la dittatura.

Ma, per quanto vera questa affermazione può essere, non dà una definizione della dittatura.

Esaminiamo frase successiva di Kautsky:

". . . Ma, naturalmente, preso alla lettera, questa parola significa anche la regola indivisa di una sola persona non vincolato da alcuna legge. . . ".

Come un cucciolo cieco sniffing in un primo caso in una direzione e poi in un'altra, Kautsky inciampato accidentalmente su una vera idea (vale a dire, che la dittatura è regola non vincolato da alcuna legge), tuttavia, non è riuscito a dare una definizione della dittatura, e per di più , ha fatto un errore storico ovvio, e cioè che la dittatura significa che la regola di una sola persona. Questo è anche grammaticalmente scorretto, dal momento che la dittatura può essere esercitato anche da un manipolo di persone, o da un'oligarchia, o da una classe, etc.

Kautsky passa poi a sottolineare la differenza tra la dittatura e il dispotismo, ma, anche se quello che dice è ovviamente errata, Non ci soffermeremo su di essa, come è del tutto irrilevante per la questione che ci interessa. Tutti sanno che l'inclinazione di Kautsky a girare dal ventesimo secolo al XVIII, e dal Settecento all'antichità classica, e speriamo che il proletariato tedesco, dopo che ha raggiunto la sua dittatura, porterà questa inclinazione del suo presente e lo nomina, dire, docente di storia antica a un certo Gymnasium. Per cercare di sfuggire a una definizione della dittatura del proletariato da filosofeggiare su dispotismo è o stupidità crassa o inganno molto goffo.

Come risultato, si scopre che, avendo intrapreso per discutere la dittatura, Kautsky snocciolato una grande quantità di bugie manifeste, ma ha dato alcuna definizione! Eppure, invece di fare affidamento sulle sue facoltà mentali avrebbe potuto usare la sua memoria per estrarre da "piccione-buchi" tutti quei casi in cui Marx parla della dittatura. Se lo avesse fatto, egli avrebbe certamente dovuto arrivare sia alla seguente definizione o in uno nella sostanza coincidente con esso:

La dittatura è regola basata direttamente sulla forza e senza restrizioni da alcuna legge.

La dittatura rivoluzionaria del proletariato è la regola vinto e mantenuto da l'uso della violenza da parte del proletariato contro la borghesia, regola che non ha limitazioni da alcuna legge.

Questa semplice verità, una verità che è chiaro come il sole per ogni operaio cosciente (che rappresenta il popolo, e non una sezione superiore di canaglie piccolo-borghesi che sono stati corrotti dai capitalisti, come sono i social-imperialisti di tutti i paesi), questa verità, che è evidente ad ogni rappresentante delle classi sfruttate in lotta per la loro emancipazione, questa verità, che è fuori discussione per ogni marxista, deve essere "estratta con la forza" dal dottissimo signor Kautsky! Come si può spiegare? Semplicemente quello spirito di servilismo con cui i capi della II Internazionale, che sono diventati sicofanti spregevoli al servizio della borghesia, sono imbevuti.

Kautsky prima commesso un gioco di prestigio, proclamando l'assurdità evidente che la parola dittatura, nel suo senso letterale, significa che la dittatura di una sola persona, e poi, in forza di questo gioco di prestigio-ha dichiarato che "di conseguenza" le parole di Marx della dittatura di una classe non erano destinate in senso letterale (ma in quello in cui la dittatura non implica violenza rivoluzionaria, ma la "pacifica" vincente di una maggioranza in borghese marchio tu- "democrazia").

Si deve, se non vi dispiace, distinguere tra una "condizione" e di una "forma di governo". Un meravigliosamente profonda distinzione; è come tracciare una distinzione tra la "condizione" di stupidità di un uomo che ragiona scioccamente e la "forma" della sua stupidità.

Kautsky ritiene necessario interpretare la dittatura come una "condizione di dominio" (questa è l'espressione letterale che usa nella pagina successiva, p. 21), perché allora la violenza rivoluzionaria, e la rivoluzione violenta, scompare. La "condizione di dominio" è una condizione in cui ogni parte si trova sotto ... "democrazia"! Grazie ad un tale frode, la rivoluzione scompare felicemente!

La frode, però, è troppo grezzo e non salverà Kautsky. Non si può nascondere il fatto che la dittatura presuppone ed implica una "condizione", uno così sgradevole per i rinnegati, della violenza rivoluzionaria di una classe contro un'altra. E 'palesemente assurdo distinguere tra una "condizione" e di una "forma di governo". Per parlare di forme di governo in questo settore si trebly stupido, per ogni scolaro sa che monarchia e repubblica sono due diverse forme di governo. Essa deve essere spiegato al signor Kautsky che entrambe queste forme di governo, come tutte le "forme di governo" di transizione sotto il capitalismo, sono solo variazioni dello Stato borghese, cioè della dittatura della borghesia.

Infine, per parlare di forme di governo non è solo uno stupido, ma anche una falsificazione molto grezzo di Marx, che è stato molto chiaro parlando qui di questa o quella forma o tipo di Stato, e non di forme di governo.

La rivoluzione proletaria è impossibile senza la distruzione violenta della macchina statale borghese e la sua sostituzione con uno nuovo, che, nelle parole di Engels, «non è più uno Stato nel senso proprio della parola". [4]

A causa della sua posizione rinnegato Kautsky, tuttavia, deve avvolgere e smentire tutto questo.

Guardate cosa tremendo sotterfugi che usa.

Prima sotterfugi. "Che Marx in questo caso non ha avuto in mente una forma di governo è dimostrato dal fatto che egli era del parere che in Gran Bretagna e in America il passaggio potrebbe avvenire in pace, cioè, in modo democratico".

La forma di governo non ha assolutamente nulla a che fare con essa, perché ci sono monarchie che non sono tipici dello stato borghese, come, per esempio, come non hanno alcuna cricca militare, e ci sono repubbliche che sono abbastanza tipico in questo senso, tali, per esempio, come hanno una cricca militare e una burocrazia. Questo è un fatto storico e politico universalmente noto, e Kautsky non può falsare esso.

Ci sono leggi storiche relative alla rivoluzione che sa di non fa eccezione: Se Kautsky avesse voluto discutere in modo serio e onesto avrebbe chiesto se stesso? E la risposta sarebbe stata: No, non ci sono tali leggi. Tali leggi si applicano solo al tipico, a ciò che Marx una volta definito il "ideale", cioè media, normale, il capitalismo tipica.

Inoltre, c'era negli anni Settanta tutto ciò che ha fatto l'Inghilterra e l'America eccezionale per quanto riguarda ciò che stiamo discutendo? Sarà evidente a chiunque a tutti familiarità con i requisiti della scienza per quanto riguarda i problemi della storia che la questione deve essere messo. Per riuscire a metterlo equivale a falsificare la scienza, di impegnarsi in sofismi. E, la questione che era stata sollevata, non ci può essere alcun dubbio sulla risposta: la dittatura rivoluzionaria del proletariato è la violenza contro la borghesia; e la necessità di tale violenza è particolarmente richiesto, come Marx ed Engels hanno ripetutamente spiegato in dettaglio (in particolare nella guerra civile in Francia e nella prefazione ad esso), dall'esistenza di militarismo e burocrazia. Ma è proprio queste istituzioni che sono stati inesistenti in Gran Bretagna e in America negli anni Settanta, quando Marx le sue osservazioni (che esistono in Gran Bretagna e in America ora)!

Kautsky deve ricorrere a trucchi letteralmente ad ogni passo per coprire la sua apostasia!

E notate come ha involontariamente tradito il suo zoccolo fesso quando scrisse: «pacificamente, vale a dire, in modo democratico"!

Nel definire la dittatura, Kautsky fece del suo meglio per nascondere al lettore la caratteristica fondamentale di questo concetto, cioè, violenza rivoluzionaria. Ma ora la verità è fuori: si tratta del contrasto tra le rivoluzioni pacifiche e violente.

Questo è il nocciolo della questione. Kautsky deve ricorrere a tutti questi sotterfugi sofismi e falsificazioni solo per scusarsi di rivoluzione violenta, e per nascondere la sua rinuncia, il suo passaggio dalla parte della politica operaia liberale, cioè dalla parte della borghesia. Questo è il nocciolo della questione.

Kautsky lo "storico" falsifica in modo spudoratamente storia che egli "dimentica" il fatto fondamentale che il pre-capitalismo monopolistico-che in realtà ha raggiunto il suo apice negli anni Settanta, era in virtù dei suoi tratti economici fondamentali, che ha trovato espressione più tipica in Gran Bretagna e in America, che si distingue per una, relativamente parlando, predilezione massimo per la pace e la libertà. L'imperialismo, d'altra parte, vale a dire, il capitalismo monopolistico, che finalmente maturato solo nel XX secolo, è, in virtù dei suoi tratti economici fondamentali, che si distinguono per una predilezione minimo per la pace e la libertà, e da un massimo e universale sviluppo del militarismo . Per "non notare" questo a discutere fino a che punto una rivoluzione pacifica o violenta è tipico o probabile è quello di chinarsi al livello di un lacchè più comune della borghesia.

Secondo sotterfugi. La Comune di Parigi era una dittatura del proletariato, ma è stato eletto a suffragio universale, vale a dire, senza privare la borghesia del franchising, vale a dire, "democraticamente". E Kautsky dice trionfalmente: ". . . La dittatura del proletariato era per Marx "(o: secondo Marx)", una condizione che segue necessariamente dalla democrazia pura, se il proletariato costituisce la maggioranza "(bei überwiegendem Proletariato, S. 21).

Questo argomento di Kautsky è così divertente che si soffre veramente da una vera e propria embarras de richesses (un imbarazzo per la ricchezza... Di obiezioni che possono essere fatte ad esso). In primo luogo, è ben noto che il fiore, lo Stato Maggiore, le sezioni superiori della borghesia, era fuggito da Parigi a Versailles. A Versailles c'era il "socialista" Louis Blanc-, che, tra l'altro, dimostra la falsità dell'affermazione di Kautsky che "tutte le tendenze" del socialismo hanno partecipato alla Comune di Parigi. Non è ridicolo rappresentare la divisione degli abitanti di Parigi in due campi belligeranti, uno dei quali ha abbracciato l'intera sezione militante e politicamente attivi della borghesia, come "democrazia pura" con "suffragio universale"?

In secondo luogo, il Comune di Parigi ha intrapreso la guerra contro Versailles come governo francese dei lavoratori contro il governo borghese. Che cosa hanno "democrazia pura" e "suffragio universale" a che fare con esso, quando Parigi stava decidendo il destino della Francia? Quando Marx ha espresso il parere che il Comune di Parigi aveva commesso un errore nel non riuscire a cogliere la banca, che apparteneva a tutta la Francia, [5] ha fatto non procede dai principi e la pratica della "democrazia pura"?

In realtà, è ovvio che Kautsky scrive in un paese dove la polizia vietano la gente a ridere "in folle", altrimenti Kautsky sarebbe stato ucciso dal ridicolo.

In terzo luogo, vorrei rispettosamente ricordare signor Kautsky, che ha Marx ed Engels off pat, delle seguenti valutazione del Comune di Parigi data da Engels dal punto di vista. . . "Democrazia pura":

"Avere questi signori" (gli anti-autoritari) "mai visto una rivoluzione? Una rivoluzione è certamente la cosa più autoritaria non c'è; si tratta di un atto con il quale una parte della popolazione impone la sua volontà all'altra per mezzo di fucili, baionette e cannoni-che sono tutti mezzi altamente autoritari. E il partito vittorioso deve mantenere il suo dominio per mezzo del terrore che le sue armi ispirano ai reazionari. Sarebbe la Comune di Parigi sono durati più di un giorno, se non avesse usato l'autorità del popolo armato contro la borghesia? Non possiamo, al contrario, la colpa per aver fatto troppo poco uso di questa autorità? "[6]

Qui è la vostra "democrazia pura"! Come Engels avrebbe ridicolizzato il piccolo borghese volgare, il "socialdemocratico" (nel senso francese degli anni Quaranta e il senso generale europeo del 1914-18), che ha preso in testa a parlare di "democrazia pura" in un divisa in classi della società!

Ma questo è sufficiente. E 'impossibile elencare varie assurdità tutto di Kautsky, dal momento che ogni frase che pronuncia è un pozzo senza fondo di apostasia.

Marx ed Engels hanno analizzato la Comune di Parigi in un modo più dettagliato e ha dimostrato che il suo merito sta nel suo tentativo di distruggere, per spezzare la "macchina statale già pronta". Marx ed Engels considerato questa conclusione sia così importante che questo era l'unico emendamento che ha introdotto nel 1872 nel programma "obsolete" (in alcune parti) del Manifesto Comunista. [7] Marx ed Engels hanno mostrato che il Comune di Parigi aveva abolito l'esercito e la burocrazia, aveva abolito il parlamentarismo, aveva distrutto ", che escrescenza parassitaria, lo stato", ecc Ma il saggio Kautsky, indossando il berretto da notte, ripete la favola di "democrazia pura", che è stato detto mille volte da liberale professori.

Non c'è da stupirsi Rosa Luxemburg ha dichiarato, il 4 agosto 1914, che la socialdemocrazia tedesca era un cadavere puzzolente.

Terzo sotterfugi. "Quando si parla della dittatura come forma di governo non si può parlare di dittatura di una classe, dal momento che una classe, come abbiamo già sottolineato, non può che dominare, ma non governare. . . . "E '" organizzazioni "o" parti "che governano.

Questo è un pasticcio, un pasticcio disgustoso, il signor "abborracciata Consigliere"! La dittatura non è una "forma di governo"; che è una sciocchezza ridicola. E Marx non parla della "forma di governo", ma della forma o tipo di Stato. Questo è qualcosa di completamente diverso, completamente diverso. È del tutto sbagliato, troppo, per dire che una classe non può governare: una tale assurdità poteva essere pronunciata solo da un "cretino parlamentare", che non vede altro che i parlamenti borghesi e le comunicazioni nient'altro che "partiti di governo". Qualsiasi paese europeo fornirà Kautsky esempi di governo di una classe dirigente, per esempio, i proprietari terrieri nel Medioevo, a dispetto della loro organizzazione insufficiente.

Per riassumere: Kautsky ha in un modo senza precedenti più distorto il concetto dittatura del proletariato, e si è trasformato Marx in un liberale comune; cioè, si è toccato il livello di un liberale che pronuncia frasi banali su "democrazia pura", abbellendo e sorvolare il contenuto di classe della democrazia borghese, e si riduce, soprattutto, dall'uso della violenza rivoluzionaria della classe oppressa . Così "interpretare" il concetto di "dittatura rivoluzionaria del proletariato", come di cancellare la violenza rivoluzionaria della classe oppressa contro i suoi oppressori, Kautsky ha battuto il record mondiale della distorsione liberale di Marx. Il rinnegato Bernstein ha dimostrato di essere un altro cucciolo rispetto al rinnegato Kautsky.



Lenin: I compiti immediati del potere sovietico


Quali erano, dunque, i fatti oggettivi chiaramente definiti, che dovevano essere considerati come gli elementi che dovevano guidare il partito del proletariato rivoluzionario, definire i compiti e le forme della sua attività?

"Sia nella mia prima Lettera da lontano  pubblicata sulla Pravda nn. 14 e 15, 21 marzo e 22, 1917, e nelle mie tesi, scrisse Lenin, definisco "la caratteristica specifica della situazione attuale Russia "come un periodo di transizione dalla prima fase della rivoluzione al secondo. Ho quindi ritenuto lo slogan di base, il "compito del giorno" in questo momento di essere: "I lavoratori hanno compiuto miracoli di eroismo proletario, l'eroismo del popolo, nella guerra civile contro lo zarismo. È necessario compiere miracoli di organizzazione, organizzazione del proletariato e di tutto il popolo, per preparare la strada per la vostra vittoria nella seconda fase della rivoluzione "(Pravda n. 15).

Qual è, allora, è la prima tappa? E 'il passaggio di potere statale alla borghesia. Prima della rivoluzione di febbraio-marzo del 1917, il potere dello Stato in Russia era nelle mani di una vecchia classe, vale a dire, la nobiltà terriera, guidata da Nicola Romanov.

Dopo la rivoluzione, il potere è nelle mani di una classe diversa, una nuova classe, vale a dire, la borghesia. Il passaggio del potere statale da una classe all'altra è il primo, il principale, il segno di base di una rivoluzione, sia nella strettamente scientifico e nel significato politico pratico di tale termine.

In questo senso borghese o democratico-borghese la rivoluzione in Russia è completata. Ma a questo punto si sente un clamore di protesta da parte di persone che hanno prontamente chiamano se stessi "vecchi bolscevichi". Non abbiamo sempre mantenere, dicono, che la rivoluzione democratica borghese è completata solo dalla "dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini"? E 'la rivoluzione agraria, che è anche una rivoluzione democratico-borghese, ha completato? Non è un dato di fatto, al contrario, che non è nem,meno iniziata?

La risposta di Lenin fu: Gli slogan e le idee bolsceviche nel complesso sono state confermate dalla storia; ma concretamente le cose hanno funzionato in modo diflerente; sono più originali, più particolari, più varie che ci si potesse aspettare.

Per ignorare o trascurare questo fatto significherebbe prendere dopo quelli "vecchi bolscevichi", che più di una volta già hanno giocato in modo deplorevole un ruolo nella storia del nostro partito ribadendo formule insensatamente imparate a memoria invece di studiare le caratteristiche specifiche del nuovo e di vita la realtà.

'La dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini "è già diventata una realtà nella rivoluzione russa. Questa" formula "prevede solo un rapporto di classi, e non un'istituzione politica concreta per l'attuazione della presente relazione": "Il Soviet dei lavoratori dei soldati".

Questa formula è già antiquata. Gli eventi hanno mtato il quadro della situazione. Un compito nuovo e diverso ora abbiamo di fronte: per effettuare una scissione all'interno di questa dittatura tra gli elementi proletari (l'anti-difensismo, elementi internazionalisti, "comunisti", che sono per una transizione verso il comune) e gli  elementi borghesi (Ckheidze, Tsereteli, Steklov, i socialisti-rivoluzionari e gli altri difensisti rivoluzionari, che si oppongono al movimento verso il comune e sono a favore di "sostenere" la borghesia e il governo borghese).

La persona che ora parla solo di una "dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini" è al passo coi tempi, di conseguenza, è andato verso la piccola borghesia contro la lotta di classe del proletariato a tutti gli effetti; quella persona dovrebbe essere consegnato all'archivio dei "bolscevichi" antiquariato pre-rivoluzionari (che può essere chiamato l'archivio di "vecchi bolscevichi").

La dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini è già stato realizzato, ma in un modo molto originale, e con un numero di estremamente importanti modifiche. Esaminerò separatamente in uno dei miei prossimi lettere. Per il momento, è essenziale per cogliere la verità incontestabile che un marxista deve prendere atto della vita reale, dei veri fatti della realtà, e non aggrapparsi a una teoria di ieri, che, come tutte le teorie, nella migliore delle ipotesi delinea solo il principale e il generale, viene solo in prossimità di abbracciare la vita in tutta la sua complessità.

Per affrontare la questione del "completamento" della rivoluzione borghese nel vecchio modo è quello di sacrificare il marxismo vivere alla lettera morta.

Secondo il vecchio modo di pensare, il dominio della borghesia potrebbe e dovrebbe essere seguito dal dominio del proletariato e dei contadini, per la loro dittatura.

Nella vita reale, però, le cose sono già andate diversamente; c'è stato un estremamente originale, nuova e interlacciamento senza precedenti da una con l'altra. Abbiamo fianco a fianco, esistente insieme, allo stesso tempo, sia il dominio della borghesia (il governo di Lvov e Guckov) e una dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini, che sta cedendo volontariamente il potere alla borghesia, volontariamente rendendosi un'appendice della borghesia.

Perché non si deve dimenticare che in realtà, a Pietrogrado, il potere è nelle mani degli operai e dei soldati; il nuovo governo non utilizza e non può usare la violenza contro di loro, perché non c'è polizia, né esercito permanente, né burocrazia. Questo è un dato di fatto, il tipo di realtà che è caratteristica di uno stato del tipo della Comune. Questo fatto non è adatta ai vecchi schemi. Bisogna saper adattare i regimi ai fatti, invece di ribadire le parole ormai senza senso di una "dittatura del proletariato e dei contadini" in generale.

Per gettare più luce su questa questione accostiamoci da un'altra angolazione. Un marxista non deve abbandonare il terreno di un'attenta analisi dei rapporti di classe. La borghesia è al potere. Ma non è la massa dei contadini anche una borghesia, solo di un diverso strato sociale, di natura diversa, di un carattere diverso? Donde ne consegue che questo strato non può venire al potere, in tal modo "completare" la rivoluzione democratica borghese? Perché dovrebbe essere impossibile?

Questo è il modo in cui il vecchio bolscevichi spesso sostengono. La mia risposta è che è del tutto possibile. Ma, nel valutare una data situazione, un marxista non deve procedere da ciò che è possibile, ma da ciò che è reale. E la realtà è che i soldati liberamente eletti e i  deputati eleti dai contadini si stanno liberamente unendo e sono pronti a integrare il governo; mentre la classe dominante sta cedendo il potere alla borghesia, un fatto che non per nulla in contrasto con la teoria del marxismo, perché abbiamo sempre saputo e ripetutamente sottolineato che la borghesia si mantiene al potere non solo con la forza, ma, anche in virtù della mancanza di coscienza di classe e di organizzazione delle masse.

In considerazione di questa realtà odierna, è semplicemente ridicolo voltare le spalle al fatto e parlare di "possibilità". Ma c'è anche un'altra possibilità; è possibile che i contadini prendano il consiglio del partito piccolo-borghese dei socialisti-rivoluzionari, che ha ceduto all'influenza della borghesia, ha adottato una posizione difensismo, e che consiglia di attendere l'Assemblea costituente, anche se non ancora la data della sua convocazione è stata fissata.

E 'possibile che i contadini mantengano e prolunghino il loro accordo con la borghesia, un affare che ora hanno concluso attraverso i Soviet dei deputati operai e soldati non solo nella forma, ma in realtà. Molte cose sono possibili. Sarebbe un grave errore dimenticare il movimento agrario e il programma agrario. Ma sarebbe altrettanto un errore di dimenticare la realtà, che rivela il fatto che un accordo esiste, esiste una collaborazione di classe. Quando questo fatto cesserà di essere un fatto, quando i contadini si separeranno dalla borghesia, vedremo il das farsi.

Un marxista che, in vista della possibilità di un tale futuro, dovesse dimenticare i suoi doveri nel presente, quando i contadini si accordano con la borghesia, si trasformerebbe in un piccolo borghese. Nelle mie tesi, scrisse Lenin, ho decisamente ridotto la domanda ad uno di una lotta per l'influenza all'interno dei Soviet dei deputati operai ', salariati agricoli, contadini e soldati Deputies.To non lasciano ombra di dubbio a questo proposito.

Persone ignoranti o rinnegati del marxismo, come il signor Plekhanov, possono gridare anarchismo, blanquismo, e così via. Ma coloro che vogliono pensare e imparare non può non capire che Blanquismo significa la presa del potere da parte di una minoranza, mentre i Soviet sono certamente l'organizzazione diretta ed immediata della maggior parte delle persone. Il lavoro confinato in una lotta per l'influenza all'interno di questi sovietici non può, semplicemente non può, smarrirsi nella palude di blanquismo. Né può smarrirsi nella palude di anarchismo, per l'anarchismo nega la necessità di uno Stato e stato di alimentazione nel periodo di transizione dal dominio della borghesia al dominio del proletariato, mentre io, con una precisione che preclude ogni possibilità di errata interpretazione, sostengono la necessità di uno stato in questo periodo, anche se, in accordo con Marx e le lezioni della Comune di Parigi, io non sostengo il solito stato borghese parlamentare, ma uno stato senza esercito permanente, senza una polizia opposta al popolo , senza una burocrazia posta al di sopra del popolo.

Quando il signor Plekhanov, nel suo giornale Yedinstvo, grida con tutta la forza che questo è l'anarchismo, egli è semplicemente dando ulteriore prova della sua rottura con il marxismo. Sfidato da me in Pravda (n ° 26) per dirci ciò che Marx ed Engels hanno insegnato sull'argomento nel 1871, il 1872 e il 1875 il signor Plekhanov canonly preservare il silenzio sulla questione in esame e gridare abusi alla maniera di la borghesia infuriato.

Il signor Plekhanov, l'ex-marxista, è assolutamente riuscito a comprendere la dottrina marxista dello Stato. Per inciso, i germi di questa mancanza di comprensione sono anche ha trovato nel suo opuscolo tedesco sull'anarchismo.
 
Ora vediamo come compagno Y. Kamenev, in Pravda n ° 27, formula il suo "disaccordo" con le mie tesi e con le opinioni espresse sopra. Questo ci aiuterà a cogliere più chiaramente.

"Per quanto riguarda schema generale del compagno Lenin", scrive il compagno Kamenev, "ci sembra inaccettabile, in quanto procede dal presupposto che la rivoluzione democratico-borghese è stata completata, e si basa sulla trasformazione immediata di questa rivoluzione in rivoluzione socialista. '

Ci sono due grandi errori qui.

Primo. La questione del "completamento" della rivoluzione democratica borghese si afferma a torto. La domanda è messo in un astratto, semplice, per così dire un colore, modo, che non corrisponde alla realtà oggettiva. Per mettere la questione in questo modo, a chiedere ora "se la rivoluzione democratica borghese è completato" e non dire altro, è quello di impedirsi di vedere la realtà estremamente complessa, che, almeno due colori. Questo è in teoria. In pratica, ciò significa cedere impotente a rivoluzionarismo piccolo-borghese.

In effetti, la realtà ci mostra sia il passaggio del potere nelle mani della borghesia (una rivoluzione democratico-borghese "a termine" del tipo solito) e, fianco a fianco con il governo vero e proprio, l'esistenza di un governo parallelo, che rappresenta il " dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini ". Questo "secondo governo" ha in sé ceduto il potere alla borghesia, si è incatenato al governo borghese.

È questa realtà coperti da vecchio-bolscevica formula del compagno Kamenev, che dice che "la rivoluzione borghese-democratica non è stata completata"?

Non è. La formula è obsoleto. E non va bene a tutti. E 'morto. Ed è inutile cercare di rianimarlo.

Secondo. Una questione pratica. Chissà se è ancora possibile attualmente per una speciale "dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini", staccato dal governo borghese, ad emergere in Russia? tattiche marxiste non possono essere basate su l'ignoto.

Ma se questo è ancora possibile, allora ce n'è uno, e uno solo, così verso di esso, vale a dire, una separazione immediata, decisa, e irrevocabile degli elementi comunisti proletari dagli elementi piccolo-borghesi.

Perché?

Poiché l'intera piccola borghesia ha, non a caso, ma per necessità, rivolta verso lo sciovinismo (= difensismo), in direzione di "sostegno" della borghesia, verso la dipendenza da esso, verso la paura di dover fare a meno, ecc, ecc

Come può la piccola borghesia essere "spinto" in potenza, se ancora oggi si può prendere il potere, ma non vuole?

Questo può essere fatto solo separando il proletaria, comunista, partito, conducendo una lotta di classe proletaria libera dalla timidezza di chi piccolo borghese. Solo il consolidamento dei proletari che sono liberi dall'influenza della piccola borghesia nei fatti e non solo a parole può rendere il terreno così caldo sotto i piedi della piccola borghesia che sarà costretta, in determinate circostanze, di prendere il potere; è ancora entro i limiti della possibilità che Guckov e Miliukov-ancora una volta, in determinate circostanze, sarà indulgente piena ed esclusiva il potere di Ckheidze, Tsereteli, il S.R.s, e Steklov, dal momento che, dopo tutto, si tratta di "difensisti".

Per separare gli elementi proletari dei sovietici (vale a dire, il proletario, comunista, partito) dagli elementi piccolo-borghesi in questo momento, immediatamente e irrevocabilmente, è quello di dare espressione corretta per gli interessi del movimento in uno dei due possibili eventi: in l'evento che la Russia ancora sperimentare una speciale "dittatura del proletariato e dei contadini" indipendente della borghesia, e nel caso in cui la piccola borghesia non sarà in grado di strappare per sé lontano dalla borghesia e oscillerà in eterno (vale a dire, fino a quando viene stabilito il socialismo) tra noi e.

Per essere guidati nella propria attività solo dalla semplice formula, "la rivoluzione borghese-democratica non è stata completata", è come prendere su di se stessi per garantire che la piccola borghesia è sicuramente capace di essere indipendente dalla borghesia. Per fare ciò è quello di gettare se stessi al momento opportuno in balia della piccola borghesia.

Per inciso, in connessione con la "formula" della dittatura del proletariato e dei contadini, vale la pena ricordare che, in Due tattiche (luglio 1905), ho fatto un punto di sottolineare (dodici anni, p. 435 [16]) Questo:

"Come tutto il resto del mondo, la dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini ha un passato e un futuro. Il suo passato è l'autocrazia, la servitù della gleba, la monarchia, e il privilegio .... Il suo futuro è la lotta contro la proprietà privata, la lotta del salariato nei confronti del datore di lavoro, la lotta per il socialismo .... " Errore del compagno Kamenev è che anche nel 1917 che vede solo il passato della dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini. È un dato di fatto il suo futuro è già iniziato, per gli interessi e le politiche del salariato e il titolare meschino hanno effettivamente divergenti già, anche in una questione così importante come quella di "difensismo", che l'atteggiamento verso il imperialista guerra.

Questo mi porta al secondo errore nel ragionamento del compagno Kamenev citato sopra. Lui mi critica, dicendo che il mio schema "costruisce" sulla "trasformazione immediata di questa rivoluzione {} democratica borghese in rivoluzione socialista".

Questo non è corretto. Io non solo non "costruire" sulla "trasformazione immediata" della nostra rivoluzione in un socialista, ma io in realtà avverto contro di essa, quando in Tesi n ° 8, premetto: "Non è nostro compito immediato di 'introdurre' il socialismo ... ".

Non è chiaro che nessuna persona che si basa sulla trasformazione immediata della nostra rivoluzione in rivoluzione socialista potrebbe essere opposto al compito immediato di introdurre il socialismo?

Inoltre, anche un "stato comune" (cioè, uno stato organizzato lungo le linee della Comune di Parigi) non possono essere introdotte in Russia "immediatamente", perché per fare che sarebbe necessario per la maggior parte dei deputati in tutti (o in la maggior parte) sovietici a riconoscere chiaramente tutto l'erroneità e danno delle tattiche e della politica perseguiti dalle SRS Ckheidze, Tsereteli, Steklov, ecc quanto a me, ho dichiarato inequivocabilmente che a questo proposito ho "costruire" solo "paziente", spiegando (cosa si deve essere pazienti per portare un cambiamento che può essere effettuata "immediatamente"?).

Il compagno Kamenev si è in qualche modo oltrepassato nel suo desiderio, e ha ripetuto il pregiudizio borghese sulla Comune di Parigi di aver voluto introdurre il socialismo "immediatamente". Questo non è così. Il Comune, purtroppo, era troppo lento per introdurre il socialismo. La vera essenza del Comune non è dove borghese solito guarda per esso, ma nella creazione di uno stato di tipo speciale. Un tale stato è già sorto in Russia, è il Soviet dei deputati operai 'e soldati deputati!

Il compagno Kamenev non ha riflettuto sul fatto, il significato, dei Soviet esistenti, la loro identità, al punto di tipo e di carattere socio-politico, con lo Stato comune, e invece di studiare il fatto, ha cominciato a parlare di qualcosa che ero dovrebbe essere "costruire" su per il futuro "immediato". Il risultato è, purtroppo, una ripetizione del metodo utilizzato da molti borghesi: dalla questione su quali siano i sovietici, siano essi di tipo superiore a una repubblica parlamentare, se sono più utili per le persone, più democratica, più conveniente per la lotta, per la lotta contro, per esempio, la carenza di grano, ecc-da questa vera e propria, urgente, questione vitale, l'attenzione viene deviata al vuoto, aspiranti scientifico, ma in realtà vuoto, domanda professorially morti di "edificio su una trasformazione immediata ".

Una domanda oziosa falsamente presentato. I "costruire" solo su questo, esclusivamente su questo, che i lavoratori, soldati e contadini tratteranno meglio i funzionari, meglio che la polizia, con la pratica difficile, problemi di produrre più grano, distribuendo meglio e mantenere i soldati meglio in dotazione, ecc, ecc

Sono profondamente convinto che i sovietici rendere l'attività autonoma delle masse una realtà in modo più rapido ed efficace di volontà una repubblica parlamentare (io confrontare i due tipi di stati in maggior dettaglio in un'altra lettera). Saranno in modo più efficace, più praticamente e più correttamente decidere quali misure possono essere prese verso il socialismo e come dovrebbero essere prese questi passaggi. Il controllo sulla abank, la fusione di tutte le banche in una sola, non è ancora il socialismo, ma è un passo verso il socialismo. Oggi tali misure vengono prese in Germania dalla Junkers e la borghesia contro il popolo. Domani il Soviet sarà in grado di prendere queste misure in modo più efficace a vantaggio del popolo se tutto il potere dello Stato è nelle sue mani.

Cosa spinge questi passi?

Carestia. la disorganizzazione economica. crollo imminente. Gli orrori della guerra. Gli orrori delle ferite inferte all'umanità dalla guerra.

Il compagno Kamenev conclude il suo articolo con l'osservazione che "in un ampio dibattito che spera di portare il suo punto di vista, che è l'unica possibile per la socialdemocrazia rivoluzionaria se vuole e deve rimanere fino alla fine il partito del rivoluzionario masse del proletariato, e non si trasformano in un gruppo di propagandisti comunisti ".

Mi sembra che queste parole tradiscono una stima del tutto erronea della situazione. Il compagno Kamenev contrapose ad un "partito di massa" a "gruppo di propagandisti". Ma le "masse" hanno ormai ceduto alla mania di difensivismo "rivoluzionario". Non è forse più diventando per internazionalisti in questo momento per dimostrare che possono resistere intossicazione "di massa", piuttosto che "desiderano rimanere" con le masse, vale a dire, a soccombere alla epidemia generale? Non abbiamo visto come in tutti i paesi belligeranti d'Europa gli sciovinisti hanno cercato di giustificarsi per il fatto che essi volevano "rimanere con le masse"? Dobbiamo non essere in grado di rimanere per un certo tempo in minoranza contro l'intossicazione "massa"? Non è forse il lavoro dei propagandisti in questo momento che costituisce il punto chiave per districare la linea proletaria dalla difensismo e piccolo-borghese intossicazione "di massa"? E 'stata questa fusione delle masse proletarie, e non proletari, indipendentemente dalle differenze di classe all'interno delle masse, che ha formato una delle condizioni per l'epidemia difensismo. Per parlare con disprezzo di un "gruppo di propagandisti" che sostengono una linea proletaria non sembra essere molto divenire.

Lenin non accettava che la "sua" rivoluzione venisse criticata. Tanto meno accettava di sottoporsi a critica. Lenin aveva sempre saputo d'essere Lenin, ovvero, d'essere fatto della stessa pasta di Cromwell e di Robespierre. Perciò, dopo aver gratificato il vecchio Kautsky affibbiandogli l'appellativo di rinnegato, attacca ad alzo zero il  giovane Bucharin accusando di muovergli delle critiche infantili.



Infantilismo di sinistra




È, credo, scrisse Lenin, universalmente noto che i bolscevichi non avrebbero potuto mantenuto il potere per due mesi e mezzo, per non parlare di due anni e mezzo, senza la disciplina più rigorosa e il pugno di ferro nel nostro partito, o senza il pieno e il sostegno incondizionato da tutta la massa della classe operaia, cioè, da ogni pensiero, elementi, devoti e influenti di lealtà in esso, in grado di guidare gli strati arretrati o portare questi a loro.

La dittatura del proletariato significa una guerra più determinata e più spietata condotta dalla nuova classe contro un nemico più potente, la borghesia, la cui resistenza è decuplicata dal loro rovesciamento (anche se solo in un singolo paese), e il cui risiede il potere, non solo nella forza del capitale internazionale, la resistenza e la durata dei loro collegamenti internazionali, ma anche nella forza di abitudine, nella forza della piccola produzione. Purtroppo, la produzione su piccola scala è ancora diffusa in tutto il mondo, e la produzione su piccola scala genera il capitalismo e la borghesia continuamente, ogni giorno, ogni ora, in modo spontaneo, e su scala di massa. Tutte queste ragioni fanno la dittatura del proletariato necessaria, e la vittoria sulla borghesia è impossibile senza una lunga, tenace e disperata lotta per la vita e la morte che richiede tenacia, la disciplina, e una singola e inflessibile volontà.

Ripeto: l'esperienza della dittatura vittoriosa del proletariato in Russia ha mostrato chiaramente anche a coloro che sono incapaci di pensare o non hanno avuto occasione di riflettere sulla questione che la centralizzazione assoluta e rigorosa disciplina del proletariato sono le condizionì essenziali di vittoria sulla borghesia.

Tuttavia, non abbastanza pensiero è dato a ciò che significa, e in quali condizioni è possibile. Non sarebbe meglio se i saluti rivolti ai sovietici e i bolscevichi erano più frequentemente accompagnati da una profonda analisi dei motivi per cui i bolscevichi sono stati in grado di costruire la disciplina necessaria da parte del proletariato rivoluzionario?

Come una corrente di pensiero politico e come partito politico, il bolscevismo esiste dal 1903. Solo la storia del bolscevismo durante l'intero periodo della sua esistenza può soddisfacente spiegare perché è stato in grado di costruire e mantenere, in condizioni più difficili, la disciplina di ferro necessario per la vittoria del proletariato.

Le prime domande a sorgere sono: come è la disciplina del partito rivoluzionario del proletariato mantenuto? Come viene testato? Come è rafforzato? In primo luogo, dalla coscienza di classe dell'avanguardia proletaria e dalla sua devozione per la rivoluzione, per la sua tenacia, spirito di sacrificio e di eroismo. In secondo luogo, per la sua capacità di collegamento, mantenere il contatto più vicino, e, se lo si desidera, si fondono, in certa misura, con le più ampie masse del popolo-in primo luogo di lavoro con il proletariato, ma anche con le masse non proletarie di lavoro persone. In terzo luogo, per la correttezza della leadership politica esercitata da questa avanguardia, per la correttezza della sua strategia politica e tattica, a condizione che le grandi masse hanno visto, dalla propria esperienza, che siano corrette. Senza queste condizioni, la disciplina in un partito rivoluzionario realmente capace di essere il partito della classe avanzata, la cui missione è quella di rovesciare la borghesia e trasformare tutta la società, non può essere raggiunto. Senza queste condizioni, tutti i tentativi di stabilire la disciplina inevitabilmente cadono piatta e finiscono in phrasemongering e clownerie. D'altra parte, queste condizioni non possono emergere contemporaneamente. Essi vengono creati solo con uno sforzo prolungato e l'esperienza conquistata a fatica. La loro creazione è facilitato da una corretta teoria rivoluzionaria, che, a sua volta, non è un dogma, ma si assume la forma definitiva solo in stretta connessione con l'attività pratica di un movimento veramente di massa e veramente rivoluzionario.

Il fatto che, nel 1917-1920, il bolscevismo è stato in grado, in condizioni difficili senza precedenti, per costruire con successo e mantenere la massima centralizzazione e ferro disciplina era dovuto semplicemente a una serie di peculiarità storiche della Russia.

Da un lato, il bolscevismo è sorto nel 1903 su una base molto fermo della teoria marxista. La correttezza di questa teoria rivoluzionaria, e da solo, è stato dimostrato, non solo per l'esperienza del mondo per tutto il XIX secolo, ma soprattutto dall'esperienza dei Seekings e esitazioni, gli errori e le delusioni del pensiero rivoluzionario in Russia. Per circa mezzo secolo circa dagli anni Quaranta agli anni novanta del ultimo pensiero secolo-progressive in Russia, oppressi da un zarismo più brutale e reazionario, ha cercato con entusiasmo per una corretta teoria rivoluzionaria, e seguita con la massima diligenza e rigore ogni e ogni "ultima parola" in questo campo in Europa e in America. La Russia ha raggiunto il marxismo, l'unica corretta rivoluzionaria teoria attraverso l'agonia ha vissuto nel corso di mezzo secolo di tormento senza precedenti e di sacrificio, di impareggiabile eroismo rivoluzionario, incredibile energia, la ricerca dedicata, studio, prova pratica, delusione. verifica e confronto con l'esperienza europea. Grazie alla emigrazione politica causata dallo zarismo, la Russia rivoluzionaria, nella seconda metà del XIX secolo, ha acquisito un gran numero di collegamenti internazionali e le informazioni eccellente sulle forme e le teorie del movimento rivoluzionario mondiale, come nessun altro paese possiede.

D'altra parte, il bolscevismo, sorto su questo fondamento di granito della teoria, ha attraversato quindici anni di storia pratico (1903-1917) ha eguali in tutto il mondo nella sua ricchezza di esperienza. Durante questi quindici anni, nessun altro paese sapeva niente neanche approssima a quella esperienza rivoluzionaria, quella successione rapida e variegata di diverse forme di movimento-legale e illegale, pacifica e tempestosa, sotterraneo e aperto, circoli locali e movimenti di massa, e parlamentare e forme di terrorismo. In nessun altro paese c'è stato concentrato, in così breve periodo, una tale ricchezza di forme, colori e metodi di lotta di tutte le classi della società moderna, una lotta che, a causa della arretratezza del paese e la gravità della giogo zarista, maturata con una rapidità eccezionale, e assimilato la maggior parte con entusiasmo e con successo "l'ultima parola" appropriato di esperienza politica americana ed europea.



io che Lenin temeva era un nuovo 1905 e c'era un solo modo di evitarlo: prendere il potere in nome del proletariato.


La NEP


Si tratta della politica economica gestita dal governo dell'Urss che rappresenta un rifugio temporaneo dalla sua precedente politica di estrema centralizzazione e socialismo dottrinario. La politica del comunismo di guerra, in vigore dal 1918, ha avuto nel 1921 ha portato l'economia nazionale, fino al punto di rottura totale. Il Kronshtadt Ribellione del marzo 1921 ha convinto il partito comunista e il suo leader, Vladimir Lenin, la necessità di ritirarsi dalle politiche socialiste al fine di mantenere la presa del partito sul potere. Di conseguenza, il Congresso del partito 10 MARZO 1921 ha introdotto le misure della nuova politica economica. Queste misure comprendono il ritorno di più l'agricoltura, il commercio al dettaglio, e l'industria leggera su piccola scala alla proprietà privata e alla gestione mentre lo stato mantenuto il controllo dell'industria pesante, trasporti, banche, e il commercio estero. Il denaro è stato reintrodotto nell'economia nel 1922 (era stato abolito sotto comunismo di guerra). I contadini sono stati autorizzati a possedere e coltivare la propria terra, mentre il pagamento delle imposte allo Stato. La nuova politica economica reintrodotto una certa stabilità per l'economia e ha permesso il popolo sovietico a riprendersi da anni di guerra, la guerra civile, e la cattiva gestione di governo. I piccoli imprenditori e manager che fiorirono in questo periodo divenne noto come gli uomini NEP.

Ma la NEP era visto dal governo sovietico come un semplice espediente temporaneo per consentire all'economia di recuperare, mentre i comunisti solidificato la loro presa sul potere. Nel 1925 Nikolay Bucharin era diventato il principale sostenitore della NEP, mentre Leon Trotsky era opposto ad esso e Joseph Stalin era senza impegno. La NEP è stato perseguitato dalla cronica incapacità del governo di acquistare forniture di grano a sufficienza da contadini per alimentare la sua forza lavoro urbana. Nel 1928-1929 queste carenze di grano richiesto Joseph Stalin, da allora leader supremo del paese, di eliminare con la forza la proprietà privata dei terreni agricoli e la collettivizzazione dell'agricoltura sotto il controllo dello Stato, in modo da garantire l'approvvigionamento di un adeguato approvvigionamento di cibo per le città del futuro. Questo cambiamento di politica brusco, che è stata accompagnata dalla distruzione di diversi milioni di più prosperi agricoltori privati ​​del Paese, ha segnato la fine della NEP. E 'stata seguita dalla reintroduzione del controllo statale su tutta l'industria e il commercio nel paese nel 1931.
Nuova Politica Economica (NEP), la politica economica del governo dell'Unione Sovietica 1921-1928, che rappresenta un rifugio temporaneo dalla sua precedente politica di estrema centralizzazione e socialismo dottrinario. La politica del comunismo di guerra, in vigore dal 1918, ha avuto nel 1921 ha portato l'economia nazionale, fino al punto di rottura totale. Il Kronshtadt Ribellione del marzo 1921 ha convinto il partito comunista e il suo leader, Vladimir Lenin, la necessità di ritirarsi dalle politiche socialiste al fine di mantenere la presa del partito sul potere. Di conseguenza, il Congresso del partito 10 MARZO 1921 ha introdotto le misure della nuova politica economica. Queste misure comprendono il ritorno di più l'agricoltura, il commercio al dettaglio, e l'industria leggera su piccola scala alla proprietà privata e alla gestione mentre lo stato mantenuto il controllo dell'industria pesante, trasporti, banche, e il commercio estero. Il denaro è stato reintrodotto nell'economia nel 1922 (era stato abolito sotto comunismo di guerra). I contadini sono stati autorizzati a possedere e coltivare la propria terra, mentre il pagamento delle imposte allo Stato. La nuova politica economica reintrodotto una certa stabilità per l'economia e ha permesso il popolo sovietico a riprendersi da anni di guerra, la guerra civile, e la cattiva gestione di governo. I piccoli imprenditori e manager che fiorirono in questo periodo divenne noto come gli uomin
Nuova Politica Economica (NEP), la politica economica del governo dell'Unione Sovietica 1921-1928, che rappresenta un rifugio temporaneo dalla sua precedente politica di estrema centralizzazione e socialismo dottrinario. La politica del comunismo di guerra, in vigore dal 1918, ha avuto nel 1921 ha portato l'economia nazionale, fino al punto di rottura totale. Il Kronshtadt Ribellione del marzo 1921 ha convinto il partito comunista e il suo leader, Vladimir Lenin, la necessità di ritirarsi dalle politiche socialiste al fine di mantenere la presa del partito sul potere. Di conseguenza, il Congresso del partito 10 MARZO 1921 ha introdotto le misure della nuova politica economica. Queste misure comprendono il ritorno di più l'agricoltura, il commercio al dettaglio, e l'industria leggera su piccola scala alla proprietà privata e alla gestione mentre lo stato mantenuto il controllo dell'industria pesante, trasporti, banche, e il commercio estero. Il denaro è stato reintrodotto nell'economia nel 1922 (era stato abolito sotto comunismo di guerra). I contadini sono stati autorizzati a possedere e coltivare la propria terra, mentre il pagamento delle imposte allo Stato. La nuova politica economica reintrodotto una certa stabilità per l'economia e ha permesso il popolo sovietico a riprendersi da anni di guerra, la guerra civile, e la cattiva gestione di governo. I piccoli imprenditori e manager che fiorirono in questo periodo divenne noto come gli uomini della NEP.


Lenin sulla NEP


Lenin non era un teorico. Lenin era un politico che aveva dato il meglio di sé come tattico. Il suo motto era: "On s'èngage et puis on voit". Lenin non aveva elaborato un modello di socialismo (L. Szamuely Primi modelli di socialismo, Liguori). Quando Lenin prese il potere si trovò a prendere delle decisioni per le quali era assolutamente impreparato. Del resto, la stessa rivoluzione aveva colto tutti di sorpresa. Come Athur Rosenberg scrisse nella sua Storia del bolscevismo, nessuno avrebbe immaginato che borghesi e contadini si sarebbero alleati contro l'aristocrazia (A. Rosenberg Storia del bolscevismo, Sansoni). Ciò non signfica che Lenin non vesse delle sue idee sulla economia socialista, come dimostra il testo pubblicato qui sotto tratto dal XXX volume delle sue opere complete. downloaded da Marxist Internet Archive .


"Avevo intenzione di scrivere un breve opuscolo sul tema indicato nel titolo, afferma Lenin, in occasione del secondo anniversario del potere sovietico. Ma a causa della mole di lavoro quotidiano non sono stato in grado di andare oltre i preparativi preliminari per alcune delle sezioni. Ho quindi deciso di pubblicare una breve esposizione di quello che, a mio parere, sono le idee più essenziali in materia. Una esposizione riassunto, naturalmente, possiede molti svantaggi e carenze. Tuttavia, un breve articolo di giornale può forse raggiungere l'obiettivo modesto in vista, che è quello di presentare il problema e le basi per la sua discussione dai comunisti dei vari paesi.

1

Teoricamente, non vi può essere alcun dubbio che tra il capitalismo e il comunismo si trova un periodo transizione che deve combinare le caratteristiche e le proprietà di entrambe queste forme di economia sociale. Questo periodo di transizione deve essere un periodo di lotta tra capitalismo e comunismo morire, o nascente, in altre parole, tra il capitalismo, che è stato sconfitto, ma non distrutto e il comunismo, che è nato, ma è ancora molto debole.

La necessità di un intero periodo storico che si distingue per queste caratteristiche transitorie dovrebbe essere evidente non solo per i marxisti, ma a qualsiasi persona istruita che si trovi in qualsiasi grado conoscere la teoria dello sviluppo. Eppure, tutti i discorsi sul tema della transizione al socialismo, che si sente da attuali democratici piccolo-borghesi (e come, nonostante la loro etichetta socialista spurio, sono tutti i capi della II Internazionale, tra cui tali individui come MacDonald, Jean Longuet, Kautsky e Friedrich Adler) è caratterizzato da completo disinteresse di questa ovvia verità. democratici piccolo-borghesi si distinguono per una avversione per la lotta di classe, dai loro sogni di evitarlo, per i loro sforzi per appianare, a conciliare, per rimuovere spigoli vivi. Tali democratici, di conseguenza, sia evitare di riconoscere qualsiasi necessità di un intero periodo storico di transizione dal capitalismo al comunismo o lo considerano loro dovere di inventare schemi per conciliare le due forze si contendono invece di condurre la lotta di una di queste forze.

In Russia, la dittatura del proletariato deve inevitabilmente differire in alcuni particolari da quello che sarebbe stato nei paesi avanzati, a causa della grandissima arretratezza e carattere piccolo-borghese del nostro paese. Ma le forze-e di base delle forme fondamentali di economia- sociale sono le stesse in Russia come in ogni paese capitalista, in modo che le peculiarità possono applicare solo a ciò che è di minore importanza.

Le forme di base di economia sociale sono il capitalismo, piccola produzione mercantile, e il comunismo. Le forze di base sono la borghesia, la piccola borghesia (i contadini in particolare) e il proletariato.

Il sistema economico della Russia nell'era della dittatura del proletariato rappresenta la lotta del lavoro, uniti a principi comunisti sulla scala di un vasto Stato e facendo i suoi primi passi, la lotta contro la piccola produzione mercantile e contro il capitalismo che persiste e contro ciò che è stato recentemente derivanti sulla base della piccola produzione mercantile.

In Russia, il lavoro è communistically unita nella misura in cui, in primo luogo, la proprietà privata dei mezzi di produzione è stata abolita, e, dall'altro, il potere statale proletario organizza la produzione su larga scala su terreni demaniali e nelle imprese di proprietà statale su una scala nazionale, sta distribuendo forza-lavoro tra i vari rami di produzione e le varie imprese, e sta distribuendo tra le persone che lavorano grandi quantità di articoli di consumo appartenenti allo stato.

Si parla di "primi passi" del comunismo in Russia (si è anche messo in questo modo nel nostro programma di partito, adottato nel marzo 1919), perché tutte queste cose sono state solo in parte effettuate nel nostro paese, o, per dirla diversamente, la loro realizzazione è solo nelle sue fasi iniziali. Abbiamo compiuto subito, in un colpo rivoluzionario, tutto ciò che può, in generale, essere realizzato immediatamente; il primo giorno della dittatura del proletariato, per esempio, il 26 ottobre (8 novembre), 1917, la proprietà privata della terra è stata abolita senza compensazione per il grande landowners- i grandi proprietari terrieri sono stati espropriati. Nel giro di pochi mesi praticamente tutti i grandi capitalisti, i proprietari di fabbriche, società per azioni, banche, ferrovie, e così via, sono stati espropriati senza indennizzo. L'organizzazione dello stato della produzione su larga scala nel settore industriale e il passaggio dal "controllo operaio" a "lavoratori" gestione "delle fabbriche e railways- questo ha, in generale, già stato fatto; ma in relazione al settore agricolo che è appena iniziato ( "fattorie di stato", cioè, grandi aziende agricole organizzate da Stato operaio su area demaniale). Allo stesso modo, abbiamo appena iniziato l'organizzazione di varie forme di società cooperative di piccoli agricoltori come una transizione dall'agricoltura merce piccola all'agricoltura comunista. [1] lo stesso si deve dire della distribuzione organizzata stato di prodotti in luogo-del commercio privato, vale a dire, l'approvvigionamento di stato e la consegna di grano verso le città e di prodotti industriali per la campagna. dati statistici disponibili su questo argomento saranno riportati di seguito.

La produzione contadina continua ad essere piccola produzione mercantile. Qui abbiamo un estremamente ampia e molto solide basi, radicata per il capitalismo, una base su cui il capitalismo persiste o si pone di nuovo in una dura lotta contro il comunismo. Le forme di questa lotta sono speculazione privata e speculazione contro l'approvvigionamento stato di grano (e altri prodotti) e la distribuzione dello stato dei prodotti in generale.

Per illustrare queste proposizioni teoriche astratte, citiamo cifre reali.

Secondo i dati del Commissariato d 'popolare alimentari, appalti statali di grano in Russia tra il 1 Agosto 1917 e 1 agosto 1918, pari a circa 30.000.000 milioni di pud, e l'anno successivo a circa 110.000.000 pudi. Durante i primi tre mesi della prossima campagna (1919-20) gli appalti saranno presumibilmente totale di circa 45.000.000 pudi, contro 37.000.000 pud per lo stesso periodo (agosto-ottobre) nel 1918.

Questi dati parlano di un lento miglioramento della situazione dal punto di vista della vittoria del comunismo sul capitalismo. Questo miglioramento è stato raggiunto nonostante le difficoltà, senza mondo parallelo, difficoltà a causa della guerra civile organizzata dai capitalisti russi e stranieri che stanno sfruttando tutte le forze dei poteri più forti del mondo.
estensione, le dimensioni e la rapidità è senza parallelo nel mondo, viene ignorato dai sostenitori della borghesia (compresi i democratici piccolo-borghesi), i quali, quando hanno parlare di libertà e di uguaglianza, media parlamentare democrazia borghese, che hanno falsamente dichiarano di essere "democrazia" in generale, o "democrazia pura" (Kautsky).

Ma le persone che lavorano sono interessate solo con l'uguaglianza reale e vera libertà (libertà dai latifondisti e dei capitalisti), ed è per questo che danno il governo sovietico come supporto solido.

In questo paese contadino è stato i contadini nel suo insieme, che sono stati i primi a guadagnare, che ha ottenuto la maggior parte, ed ha guadagnato immediatamente dalla dittatura del proletariato. Il contadino in Russia di fame sotto i latifondisti e dei capitalisti. Nel corso dei lunghi secoli della nostra storia, il contadino non ha mai avuto l'opportunità di lavorare per se stesso: egli fame mentre consegnare centinaia di milioni di pud di grano ai capitalisti, per le città e per l'esportazione. Sotto la dittatura del proletariato contadino per la prima volta ha lavorato per sé e per l'alimentazione migliore rispetto al abitante della città. Per la prima volta il contadino ha visto la vera libertà, la libertà di mangiare il suo pane, la libertà dalla fame. Nella distribuzione della terra, come sappiamo, è stata stabilita l'uguaglianza massima; nella stragrande maggioranza dei casi i contadini stanno dividendo il territorio in base al numero di "bocche da sfamare".

Socialismo significa l'abolizione delle classi.

Al fine di abolire le classi è necessario, in primo luogo, di rovesciare i proprietari terrieri e dei capitalisti. Questa parte del nostro compito è stato compiuto, ma è solo una parte, e per di più, non è la parte più difficile. Al fine di abolire le classi è necessario, in secondo luogo, di abolire la differenza tra operaio e contadino, per rendere i lavoratori di tutti loro. Questo non può essere fatto tutto in una volta. Questo compito è incomparabilmente più difficile e di necessità richiedere molto tempo. Non è un problema che può essere risolto rovesciando una classe. Si può essere risolto solo con la ricostruzione organizzativa di tutta l'economia sociale, da una transizione dalla produzione individuale, disuniti piccola delle materie prime alla produzione sociale su larga scala. Questo deve passare necessariamente essere estremamente protratta. Esso può essere ritardata e complicata da misure amministrative e legislative affrettate e incauti solo. Si può essere accelerato solo offrendo tale assistenza al contadino come gli permetterà di effettuare un miglioramento immenso nella sua tecnica agricola tutta per riformare radicalmente.

Al fine di risolvere la seconda e più difficile parte del problema, il proletariato, dopo aver sconfitto la borghesia, deve fermamente condurre la sua politica nei confronti dei contadini secondo le seguenti linee fondamentali. Il proletariato deve separare, delimitare il contadino di lavoro da parte del proprietario contadino, l'operaio contadino del droghiere contadino, il contadino che si affatica dal contadino che profittatori.

In questo demarcazione sta tutta l'essenza del socialismo.

E non è sorprendente che i socialisti che sono socialisti a parole, ma i democratici piccolo-borghesi in atto (il Martov, la Cernov Kautsky e altri) non capiscono questa essenza del socialismo.

La linea di demarcazione che qui riferiamo è estremamente difficile, perché nella vita reale tutte le caratteristiche della "contadina", tuttavia diverse possano essere, per quanto contraddittori possano essere, si fondono in un tutto. Tuttavia, la demarcazione è possibile; e non solo è possibile, ne consegue inevitabilmente dalle condizioni di contadina e della vita contadina. Il contadino di lavoro è stata per secoli oppresso dai proprietari terrieri, i capitalisti, i venditori ambulanti e profittatori e dal loro stato, tra cui anche le repubbliche borghesi più democratiche. Nel corso dei secoli il contadino di lavoro si è addestrati ad odiare e detestare questi oppressori e sfruttatori, e questa "formazione", generata dalle condizioni di vita, obbliga il contadino a cercare un'alleanza con il lavoratore contro il capitalista e contro il profittatore e droghiere . Eppure, allo stesso tempo, le condizioni economiche, le condizioni di produzione delle materie prime, inevitabilmente girare il contadino (non sempre, ma nella stragrande maggioranza dei casi) in un droghiere e profittatore.

Le statistiche sopra citati rivelano una notevole differenza tra il contadino di lavoro e il profittatore contadina. Quel contadino che durante 1918-19 consegnato agli operai affamati delle città 40.000.000 pud di grano a prezzi fissi di stato, che ha consegnato il grano per le agenzie di stato, nonostante tutti i difetti di questi ultimi, carenze pienamente realizzati da parte del governo dei lavoratori, ma che erano inevitabili nel primo periodo della transizione al socialismo, che contadino è un contadino di lavoro, il compagno e pari del lavoratore socialista, il suo alleato più fedele, il suo fratello di sangue nella lotta contro il giogo del capitale. Considerando che tale contadino che clandestinamente venduto 40.000.000 di pud di grano a dieci volte il prezzo di stato, approfittando della necessità e della fame del lavoratore della città, ingannando lo Stato, e ovunque aumentando e creando l'inganno, rapina e frode quel contadino è un profittatore, un alleato del capitalista, un nemico di classe del lavoratore, uno sfruttatore. Per chi possiede surplus di grano raccolto da terra appartenente a tutto lo stato, con l'aiuto di attrezzi, in cui in un modo o nell'altro è incarnata del lavoro non solo del contadino, ma anche del lavoratore e così on chiunque ne possieda un surplus di grano e profittatori in quel grano è uno sfruttatore del lavoratore fame.

Sei violatori della libertà, l'uguaglianza e la democrazia, gridano a noi su tutti i lati, indicando la disuguaglianza del lavoratore e il contadino sotto la nostra Costituzione, alla dissoluzione della Costituente, alla confisca forzata di grano in eccesso, e così via. Abbiamo reply-mai al mondo c'è stato un stato che ha fatto tanto per rimuovere la diseguaglianza attuale, l'attuale mancanza di libertà da cui il contadino che lavora ha sofferto per secoli. Ma non potremo mai riconoscere l'uguaglianza con il profittatore contadini, così come non riconosciamo "uguaglianza" tra sfruttatore e sfruttati, tra il sazio e la fame, né la "libertà" per l'ex di rubare la seconda. E quelli istruiti persone che si rifiutano di riconoscere questa differenza tratteremo come guardie bianche, anche se possono chiamarsi democratici, socialisti, internazionalisti, Kautsky, Cernov o Martov.

Socialismo significa l'abolizione delle classi. La dittatura del proletariato ha fatto tutto il possibile per abolire le classi. Ma le classi non possono essere abolite in un colpo solo.

E le classi rimangono e rimarranno in epoca della dittatura del proletariato. La dittatura diventa inutile quando le classi scompaiono. Senza la dittatura del proletariato non spariranno.

Le classi sono rimaste, ma nell'era della dittatura del proletariato ogni classe ha subito un cambiamento, e le relazioni tra le classi sono cambiati. La lotta di classe non sparisce sotto la dittatura del proletariato; si limita assume forme diverse.

Sotto il capitalismo il proletariato era una classe oppressa, una classe che era stato privato dei mezzi di produzione, l'unica classe che si trovava direttamente e completamente opposta alla borghesia, e quindi l'unico in grado di essere rivoluzionario fino alla fine. Dopo aver rovesciato la borghesia e il potere politico conquistato, il proletariato è diventata la classe dirigente; si esercita il potere dello Stato, esercita il controllo su mezzi di produzione già socializzato; guida il vacillante e gli elementi e le classi intermedie; schiaccia la resistenza sempre più tenace degli sfruttatori. Tutti questi sono compiti specifici della lotta di classe, i compiti che il proletariato in precedenza non ha e non avrebbe potuto si è posta.

La classe di sfruttatori, i grandi proprietari fondiari e dei capitalisti, non è scomparso e non può sparire tutto in una volta sotto la dittatura del proletariato. Gli sfruttatori sono stati rotti, ma non distrutto. Hanno ancora una base nazionale, tra l'sotto forma di capitale internazionale, di cui sono un ramo. Essi conservano ancora alcuni mezzi di produzione, in parte, hanno ancora i soldi, hanno ancora vaste connessioni sociali. Perché sono stati sconfitti, l'energia della loro resistenza è aumentata di cento e mille volte. L ' "arte" di stato, militari e dell'amministrazione economica dà loro una superiorità, e una grande superiorità, in modo che la loro importanza è incomparabilmente superiore alla loro proporzione numerica della popolazione. La lotta di classe condotta dagli sfruttatori rovesciato contro l'avanguardia vittoriosa degli sfruttati, vale a dire, il proletariato, è diventato incomparabilmente più amaro. E non può essere altrimenti, nel caso di una rivoluzione, a meno che questo concetto viene sostituito (come è per tutti gli eroi della Seconda Internazionale) di illusioni riformiste.

Infine, i contadini, come la piccola borghesia in generale, occupano una metà, posizione intermedia anche sotto la dittatura del proletariato: da un lato, sono abbastanza grande (e in Russia arretrata, un vasto) massa di lavoro persone, unite dal comune interesse di tutte le persone che lavorano per emanciparsi dal proprietario terriero e il capitalista; d'altra parte, essi sono piccoli proprietari disuniti, possidenti e commercianti. Una tale posizione economica fa sì che inevitabilmente loro di oscillano tra il proletariato e la borghesia. In considerazione della forma acuta, che la lotta tra queste due classi ha assunto, in vista del incredibilmente grave rottura di tutti i rapporti sociali, e in vista del grande attaccamento dei contadini e della piccola borghesia in generale al vecchio, la routine , e l'immutabile, è naturale che dobbiamo inevitabilmente trovarli oscillare da un lato all'altro, che dovremmo trovare loro vacillante, mutevole, incerto, e così via.

In relazione a questa classe, o di questi social elementi del proletariato deve cercare di stabilire la sua influenza su di essa, per guidarlo. Per dare la leadership al vacillante e instabile, tale è il compito del proletariato.

Se mettiamo a confronto tutte le forze di base o le classi e le loro interrelazioni, come modificata dalla dittatura del proletariato, noi rendersi conto di quanto indicibilmente insensato e teoricamente stupido è l'idea piccolo-borghese comune condiviso da tutti i rappresentanti della II Internazionale, che la transizione al socialismo è possibile "mediante la democrazia" in generale. La fonte fondamentale di questo errore sta nel pregiudizio ereditato dalla borghesia che "democrazia" è qualcosa di classi assoluti e di cui sopra. È un dato di fatto, la stessa democrazia passa in una fase completamente nuova sotto la dittatura del proletariato, e la lotta di classe sale a un livello più alto, che domina su ogni singolo modulo.

Per tentare di risolvere i problemi concreti della dittatura del proletariato da tali generalità equivale ad accettare le teorie e dei principi della borghesia nella loro interezza. Dal punto di vista del proletariato, la questione può essere attuato soltanto nel modo seguente: libertà dall'oppressione da quale classe? parità di quale classe con la quale? democrazia basata sulla proprietà privata, o su una lotta per l'abolizione della proprietà privata? E così via.

Molto tempo fa Engels nel suo Anti-Dühring ha spiegato che il concetto di "uguaglianza" è modellato dai rapporti di produzione delle materie prime; uguaglianza diventa un pregiudizio se non si intende l'abolizione delle classi. Questa verità elementare, per quanto riguarda la distinzione tra il democratico-borghese e la concezione socialista di uguaglianza viene costantemente dimenticata. Ma se non è dimenticato diventa evidente che dal rovesciamento della borghesia il proletariato prende il passo più decisivo verso l'abolizione delle classi, e che al fine di completare il processo il proletariato deve continuare la sua lotta di classe, facendo uso degli apparati dello stato potenza e impiegando vari metodi di lotta, influenzare e portare pressione sui borghesia rovesciato e la vacillante piccola borghesia.

[Questo articolo di Lenin è rimasto incompiuto]





Morte di Lenin. Lettera al Congresso



Lenin venne colpito da ictus cerebrale il 25 maggio 1922. Mori a causa di un secondo ictus il 21 gennaio 1924. Ai funerali di Lenin, Stalin pronunciò una orazione funebre nella quale alternava due frasi - Tu compagno Lenin ci hai insegnato.... Noi ti giuriamo...  Ne fu data lettura ai delegati del XIII Congresso che si tenne dal 23 al 31 maggio 1924. Il congresso decise all'unanimità di non pubblicarla, considerando che, essendo rivolta al congresso, non ne era stata prevista la pubblicazione sulla stampa. Per decisione del CC del PCUS, queste lettere di Lenin furono portate a conoscenza dei delegati del XX Congresso del PCUS e poi delle organizzazioni del partito. Nel 1956 furono pubblicate su Komunist n. 9 e poi raccolte in un opuscolo di grande tiratura.


"Consiglierei vivamente di intraprendere a questo congresso una serie di mutamenti nella nostra struttura politica.

Vorrei sottoporvi le considerazioni che ritengo più importanti.

In primo luogo propongo di elevare il numero dei membri del CC portandolo ad alcune decine o anche a un centinaio. Penso che, se non intraprendessimo una tale riforma, grandi pericoli minaccerebbero il nostro CC nel caso in cui il corso degli avvenimenti non ci fosse del tutto favorevole (cosa di cui non possiamo non tener conto).

Penso poi di sottoporre all'attenzione del congresso la proposta di dare, a certe condizioni, un carattere legislativo alle decisioni dei Gosplan, andando così incontro, fino a un certo punto e a certe condizioni, al compagno Trotski.

Per quel che riguarda il primo punto, cioè l'aumento del numero dei membri del CC, penso che ciò sia necessario e per elevare l'autorità del CC, e per lavorare seriamente al miglioramento del nostro apparato, e per evitare che conflitti di piccoli gruppi del CC possano avere una importanza troppo sproporzionata per le sorti di tutto il partito.

Io penso che il nostro partito abbia il diritto di esigere dalla classe operaia 50-100 membri del CC e che possa ottenerli senza un eccessivo sforzo da parte di essa.

Una tale riforma aumenterebbe notevolmente la solidità del nostro partito e faciliterebbe la lotta che esso deve condurre in mezzo a Stati nemici e che, a mio parere, potrà e dovrà acuirsi fortemente nei prossimi anni. Io penso che la stabilità del nostro partito guadagnerebbe enormemente da un tale provvedimento.

Per stabilità del Comitato centrale, di cui ho parlato sopra, intendo provvedimenti contro la scissione, nella misura in cui tali provvedimenti possano in generale essere presi. Perché, certo, la guardia bianca della Russkaia MysI (mi pare fosse S. F. Oldenburg) [1] aveva ragione quando, in primo luogo, faceva assegnamento, per quanto riguarda il loro gioco contro la Russia sovietica, sulla scissione del nostro partito, e quando, in secondo luogo, faceva assegnamento, per l'avverarsi di questa scissione, sui gravissimi dissensi nel partito.

Il nostro partito si fonda su due classi, e sarebbe perciò possibile la sua instabilità, e inevitabile il suo crollo, se tra queste due classi non potesse sussistere un'intesa. In questo caso sarebbe inutile prendere questi o quel provvedimenti e in generale discutere sulla stabilità del nostro CC. Non ci sono provvedimenti, in questo caso, capaci di evitare la scissione. Ma spero che questo sia un avvenimento di un futuro troppo lontano e troppo inverosimile perché se ne debba parlare.

Intendo stabilità come garanzia contro la scissione nel prossimo avvenire, e ho l'intenzione di esporre qui una serie di considerazioni di natura puramente personale.

Io penso che, da questo punto di vista, fondamentali per la questione della stabilità siano certi membri del CC come Stalin e Troztski.

I rapporti tra loro, secondo me, rappresentano una buona metà del pericolo di quella scissione, che potrebbe essere evitata e ad evitare la quale, a mio parere, dovrebbe servire, tra l'altro, l'aumento del numero dei membri del CC a 50 o a 100 persone.

Il compagno Stalin, divenuto segretario generale, ha concentrato nelle sue mani un immenso potere, e io non sono sicuro che egli sappia servirsene sempre con sufficiente prudenza. D'altro canto, il compagno Trotski come ha già dimostrato la sua lotta contro il CC nella questione del commissariato del popolo per i trasporti, si distingue non solo per le sue eminenti capacità. Personalmente egli è forse il più capace tra i membri dell'attuale CC, ma ha anche una eccessiva sicurezza di sé e una tendenza eccessiva a considerare il lato puramente amministrativo dei problemi.

Queste due qualità dei due capi più eminenti dell'attuale CC possono eventualmente portare alla scissione, e se il nostro partito non prenderà misure per impedirlo, la scissione può avvenire improvvisamente.

Non continuerò a caratterizzare gli altri membri del CC secondo le loro qualità personali. Ricordo soltanto che l'episodio di cui sono stati protagonisti nell'ottobre Zinoviev e Kamenev [2] non fu certamente casuale, ma che d'altra parte non glielo si può ascrivere personalmente a colpa, così come il non bolscevismo a Trotski.

Dei giovani membri del CC, voglio dire qualche parola su Bukharin e Piatakov. Sono queste, secondo me, le forze più eminenti (tra quelle più giovani), e riguardo a loro bisogna tener presente quanto segue: Bukharin non è soltanto un validissimo e importantissimo teorico del partito, ma è considerato anche, giustamente, il prediletto di tutto il partito, ma le sue concezioni teoriche solo con grandissima perplessità possono essere considerate pienamente marxiste, poiché in lui vi è qualcosa di scolastico (egli non ha mai appreso e, penso, mai compreso pienamente la dialettica)

Ed ora Piatakov: è un uomo indubbiamente di grandissima volontà e di grandissime capacità, ma troppo attratto dal metodo amministrativo e dall'aspetto amministrativo dei problemi perché si possa contare su di lui per una seria questione politica.

Naturalmente, sia questa che quella osservazione sono fatte solo per il momento, nel presupposto che ambedue questi eminenti e devoti militanti trovino l'occasione di completare le proprie conoscenze e di eliminare la propria unilateralità.

Lenin non mancò di gratificare Stalin facendolo oggetto di pesanti critiche, In particolare, in una aggiunta alla lettera del 24 dicembre 1922. Lenin scrisse:

"Stalin è troppo grossolano, e questo difetto, del tutto tollerabile nell'ambiente e nel rapporti tra noi comunisti, diventa intollerabile nella funzione di segretario generale. Perciò propongo ai compagni di pensare alla maniera di togliere Stalin da questo incarico e di designare a questo posto un altro uomo che, a parte tutti gli altri aspetti, si distingua dal compagno Stalin solo per una migliore qualità, quella cioè di essere più tollerante, più leale, più cortese e più riguardoso verso i compagni, meno capriccioso, ecc. Questa circostanza può apparire una piccolezza insignificante. Ma io penso che, dal punto di vista dell'impedimento di una scissione e di quanto ho scritto sopra sui rapporti tra Stalin e Trotski, non è una piccolezza, ovvero è una piccolezza che può avere un'importanza decisiva.

Lenin

4 gennaio 1923

In un'altra aggiunta del 26 dicembre 1922, Lenn scrisse.

"L'aumento del numero dei membri del CC a 50 o anche a 100 persone deve servire, secondo me, a un duplice, o, anzi, a un triplice scopo: quanto più saranno i membri del CC, tanto più saranno quelli che impareranno a lavorare nel CC e tanto minore sarà il pericolo di una scissione derivante da una qualsiasi imprudenza. La partecipazione di molti operai al CC aiuterà gli operai a migliorare il nostro apparato, che è piuttosto cattivo. Esso, in sostanza, c'è stato tramandato dal vecchio regime, poiché trasformarlo in così breve tempo, soprattutto con la guerra, la fame, ecc., era assolutamente impossibile. Perciò a quei "critici" che, con un sorrisetto o con cattiveria, ci fanno notare i difetti del nostro apparato, si può tranquillamente rispondere che essi assolutamente non comprendono le condizioni della rivoluzione contemporanea. Non si può assolutamente trasformare a sufficienza un apparato in cinque anni, soprattutto nelle condizioni in cui è avvenuta da noi la rivoluzione. E' già abbastanza che in cinque anni abbiamo creato un nuovo tipo di Stato in cui gli operai marciano alla testa dei contadini contro la borghesia; e ciò, con una situazione internazionale avversa, rappresenta di per sé un fatto enorme. Ma la coscienza di questo non ci deve assolutamente far chiudere gli occhi sul fatto che noi abbiamo ereditato, in sostanza, il vecchio apparato dello zar e della borghesia, e che ora, sopravvenuta la pace e assicurato il minimo necessario contro la fame, tutto il lavoro dev'essere diretto al suo miglioramento .

La mia idea è che alcune decine di operai, entrando a far parte del CC, possono accingersi meglio di qualsiasi altro alla verifica, al miglioramento e al rinnovamento del nostro apparato. L'Ispezione operaia e contadina, cui prima spettava questa funzione, si è rivelata incapace di adempierla e può essere utilizzata solo come "appendice" o come aiuto, in determinate condizioni, a questi membri del CC. Gli operai che entrano a far parte del CC debbono essere, a mio parere, in modo prevalente non di quegli operai che hanno compiuto un lungo servizio nelle organizzazioni dei soviet (dicendo operai, in questa parte della mia lettera intendo sempre anche i contadini), poiché in questi operai si sono già create certe tradizioni e certi pregiudizi contro i quali appunto noi vogliamo lottare.

Gli operai che devono entrare nel CC debbono essere in prevalenza operai che stiano più in basso di quello strato che è entrato a far parte da noi, in questi cinque anni, della schiera degli impiegati sovietici, e che appartengano piuttosto al numero degli operai e dei contadini di base, che tuttavia non rientrino direttamente o indirettamente nella categoria degli sfruttatori. Io penso che tali operai, assistendo a tutte le sedute del CC, a tutte le sedute dell'Ufficio politico, leggendo tutti i documenti del CC, possano costituire un nucleo di devoti partigiani del regime sovietico, capaci, in primo luogo, di dare stabilità allo stesso CC e, in secondo luogo, capaci di lavorare effettivamente al rinnovamento e al miglioramento dell'apparato.

Aumentando il numero dei membri del CC, ci si deve a mio parere, preoccupare anche e, forse, soprattutto, di controllare e migliorare il nostro apparato, che non va affatto. A questo scopo dobbiamo utilizzare l'opera di specialisti altamente qualificati, e la ricerca di questi specialisti deve essere compito della Ispezione operaia e contadina.

Come combinare questi specialisti-controllori, - dotati delle necessarie conoscenze - e questi nuovi membri del CC? E' questo un problema che deve essere risolto praticamente.

A me pare che l'Ispezione operaia e contadina (per effetto del suo sviluppo nonché delle nostre perplessità a proposito del suo sviluppo) ha dato in ultima analisi ciò che ora osserviamo, e cioè uno stato di transizione da un particolare commissariato del popolo a una particolare funzione dei membri del CC; da una istituzione che revisiona tutto e tutti, a un insieme di revisori non numerosi, ma di prim'ordine, che debbono essere ben pagati (questo è soprattutto necessario nella nostra epoca, in cui tutto va pagato, e dato che i revisori si pongono direttamente al servizio di quelle istituzioni che meglio li pagano).

Se il numero dei membri del CC sarà opportunamente aumentato e se essi svolgeranno di anno in anno un corso di amministrazione statale con l'aiuto di tali specialisti altamente qualificati e di membri della Ispezione operaia e contadina dotati di grande autorità in tutti i settori, allora, io penso, adempiremo felicemente questo compito che per tanto tempo non siamo riusciti ad assolvere.

Insomma, fino a 100 membri del CC e non più di 400-500 loro collaboratori, membri dell'Ispezione operaia e contadina, che svolgano funzioni di revisione per loro incarico. (M. Lewin L'ultima battaglia di Lenin, Laterza)



La polemica tra Bucharin e Preobrazenskji


Nel corso degli Ann Venti si svolse in Unione sovietica un importante dibattito sulla industrializzazione e, più in generale sullo svilupppo economico.  Fu in questo contesto che si svolse la polemica tra Bucharin Preobrazenskij

Corrado Bevilacqua

Siberia

ie
A mio nipote Alvise Bevilacqua
morto a trentadue anni
di fibrosi cistica


Premessa

Per una questione inerente il mio lavoro di giornalista, ho avuto modo di conscere molti dissidenti russi. Uno fu Abraham Terz.  Gli chiesi cosa ricordava della Siberia. Egli mi guardò come si guarda un demente, poi disse secco:la neve. La neve della Seria è ciò che unifica la storia russa.

Lo sfondo storico


La Russia fu il nucleo di due grandi formazioni storico-politiche ormai tramontate: l'Impero zarista (fino al 1917) e l'Unione Sovietica (dal 1922 al 1991). Dal 1991 è il cuore politico della Federazione russa, la quale fa parte della Comunità degli Stati indipendenti. Per gran parte della sua storia, la Russia è stata un paese arretrato dal punto di vista sociale ed economico, e autoritario dal punto di vista politico. Per molti aspetti essa è stata anche – ed è tuttora – un paese in bilico tra Oriente e Occidente. Dopo la Rivoluzione bolscevica del 1917 e fino al principio degli anni Novanta del XX secolo la sua storia ha coinciso con la parabola
dell'ascesa e poi del crollo del comunismo.


Sommario di Storia russa



L'eliminazione della servitù della gleba nel 1862 per volontà dello zar Alesandro, peggiorò in modo sensibile le condizioni dei contadini a causa  della elevatezza dei canoni di affitto delle terre. L'imposta per ogni desjatina era di 5-7 volte più alta che per i signori. Molti cntadini andarono a rimpolpare il nascente proletariato urbano. Contemporaneamente molte industrie straniere investivano grossi capitali in Russia per lo sviluppo dell'industria, prevalentemente di quella pesante.

Grazie agli investitori stranieri ci fu un grande sviluppo del sistema ferroviario. A differenza di quanto avveniva in Occidente, in Russia la grande industria capit alistica non era la conseguenza della trasformazione della piccola e media impresa, ma qualcosa di creato in maniera artificiale nel contesto di un’economia, tutto sommato, primitiva. La Russia non produceva per sé, poiché la stragrande maggioranza della popolazione non era in grado di comprare i prodotti, mentre i nobili preferivano la merce occidentale, più cara. L'aristocrazia accumulava capitale, ma lo spendeva immediatamente per mantenere il proprio lusso sfrenato.


Dagli anni Sessanta cominciarono a farsi strada i raznočincy, gli esponenti della classe media. Nel 1861 a Pietroburgo e Kazan’ ci furono dimostrazioni contro le disposizioni delle autorità scolastiche. Furono chiuse le università e creati corsi volontari, ai quali accanto agli uomini per la prima nella sfera dell’istruzione c’erano anche le donne. Nello stesso anno cominciarono a circolare fogli con proclami antizaristi. Tra il popolo si cominciava a parlare, e sempre più frequentemente, della necessità di nominare un’assemblea nazionale. La dissidenza interna si faceva sempre più forte. Le figure principali del pensiero progressista russo erano Černyševskij, Herzen e Bakunin. Ci furono diversi attentati allo zar, il primo dei quali fu per opera di uno studente, Karakozov. Si intensificò la reazione zarista nei confronti dei dissidenti. Dagli anni Settanta comparve il movimento dell’“Andata al popolo” (Narodniki), il cui teorico era Kropotkin. Il programma prevedeva che studenti e ccademici andassero in campagna e vivessero con i contadini per insegnare loro a pensare e a credere nella possibilità di partecipare alla vita politica. I risultati furono scarsi. Contemporaneamente nelle fabbriche scoppiarono ondate di scioperi. La coscienza del fallimento del movimento dei narodniki portò alla nascita di cellule terroriste. Ci furono tanti processi, tra cui quello dei cinquanta e quello dei centonovantatre, alla conclusione dei quali vennero condannate per decreto dello zar anche persone che i tribunali avevano riconosciuto innocenti.

Questo momento segnò il passaggio del regime di Alessandro II alla fase dittatoriale. Nel 1877 i narodniki più estremisti fondarono il partito Zemlja e volja (terra e libertà). Si intensificarono gli attentati, non solo diretti verso lo zar, ma anche di quei rappresentanti dell’ordine costituito che diedero la caccia ai rivoluzionari. Nel 1879 da dissidi interni a Zemlja i volja si formò la cellula terroristica di Narodnaja volja (volontà popolare), i cui esponenti di spicco erano i terroristi Željabov, Vera Zasulič, Sof’ja Perovskaja. Ci fu un tentativo del governo di attuare riforme liberali, che, però, procedevano a rilento. Dopo quattro attentati consecutivi, nel 1881 i terroristi riuscirono a uccidere Alessandro II.

Dopo la morte di Alessandro II sale al trono Alessandro III, che ebbe come consigliere Podedonoscev, di estrema destra, reazionario, oscurantista. Dopo l’attentato del 1881, il movimento terrorista comprese l’impossibilità di arrivare alla rivoluzione con i metodi utilizzati fino ad allora, soprattutto a causa del fatto che i contadini rimanevano fedeli all’idea che il potere dello zar aveva origine divina. Inoltre, negli anni Ottanta furono arrestati molti dei capi del movimento e non c’era nessuno che potesse sostituirli.

Gli ideali panslavisti si trasformarono ben presto in teorie razziste e antisemite, e quindi portarono in breve alla persecuzione di minoranze etniche. Su quest’onda u attuata una politica di russificazione della Polonia, dell’Ucraina e delle province baltiche. Seguì un’ondata di antisemitismo e l’attiva persecuzione degli Ebrei, di fronte alla quale il governo o non intervenne o addirittura, disarmando gli Ebrei che si difendevano, aiutò la popolazione che promuoveva i pogrom. Tra irivoluzionari c’erano molti ebrei e il governo sfruttò questo fatto per giustificare le azioni di repressione. Alessandro era apertamente antisemita. Incominciarono anche pogrom governativi e furono introdotte leggi antiebraiche: gli ebrei dovevano vivere in zone apposite, vennero chiuse le scuole ebraiche. Ci fu un generale soffocamento della cultura e la sostituzione delle materie e delle dottrine “pericolose” con altre religiose. Furono soppresse le associazioni studentesche.

L’industria si sviluppava sensibilmente, soprattutto quella pesante (ferrovie), ma le condizioni dei lavoratori si facevano sempre peggiori. La produzione aveva molti freni: la mancanza di capitale, la mancanza di coordinazione degli investimenti, l’assenza di un mercato interno.

Nel 1894 morì Alessandro III. Gli successe Nicola II, nel quale all’inizio erano riposte le speranze di rinnovamento di molti, ma in realtà restò fedele agli ideali del padre. Si rcondò di consiglieri reazionari (Pobedonoscev e altri). È vero che in un primo momento ammorbidì lo stato di polizia e tolse molti divieti alla cultura, accettò la costituzione finlandese (la Finlandia apparteneva alla Russia), ma poi riaffermò gradatamente l’autocrazia.
Le tensioni interne, tanto nelle fabbriche quanto anche nelle campagne e nei circoli intellettuali aumentavano sempre più, fomentando, di fatto, le spinte rivoluzionarie. Si formarono tanti partiti, che andavano dall’estrema destra a quello dei bolscevichi. Nel 1903 in Svizzera c’era stato il congresso dei partiti comunisti d’Europa, in occasione del quale era maturato uno scontro tra bolscevichi e menscevichi: i secondi si accontentavano di una rivoluzione borghese che  cacciasse lo zarismo, mentre i bolscevichi di Lenin volevano la rivoluzione per instaurare la dittatura del proletariato. Le persecuzioni degli ebrei non si fermavano. La borghesia liberale voleva riforme costituzionali, ma senza porre fine allo zarismo. Alcuni tra i consiglieri dello zar gli consigliarono d'accettare, ma prevalse l’ala più intransigente.

Nei primi anni del nuovo secolo si registrarono interferenze giapponesi in Cina e in Corea, allora cinese. La Russia mirava al controllo delle coste pacifiche libere dai ghiacci e, con la scusa di ritirare a scaglioni le truppe stanziate in Manciuria, dove erano intervenute nella questione coreana, il governo zarista dilatò i tempi e creò tensioni con il Giappone che attaccò senza preavviso (1904). I generali russi e la corte prevedevano una guerra lampo che distogliesse l’attenzione dalle tensioni sociali interne. Dopo un anno e mezzo di campagne militari disastrose e ingenti vittime la Russia fu costretta a firmare una pace da perdente.

Il 9 gennaio 1905 (la domenica di sangue) un corteo con donne e bambini portò una petizione firmata da 135.000 persone allo zar, con la quale voleva mettere al corrente il sovrano del malgoverno dei suoi consiglieri. Il popolo vedeva in lui il batjuška, il piccolo padre, un messo di Dio, e quindi la colpa delle pessime condizioni di vita del popolo non potevano venire imputate a lui. I gendarmi schierati attorno al palazzo d’inverno  aprirono il fuoco sulla folla inerme. Questo momento segnò la fine delle speranze del popolo nello zar.

Cominciò una serie di scioperi a catena, che bloccarono la Russia per mesi e portarono alla rivoluzione del 1905, con agitazioni di contadini e operai. D’estate ci fu l’ammutinamento della corazzata Potemkin, cominciato con le lamentele dei marinai, a cui avevano dato carne avariata, e con l’uccisione di un marinaio da parte di un ufficiale. I marinai gettarono quindi a mare gli ufficiali, arrivarono a Odessa issando la bandiera rossa. A loro si unirono altri marinai e tennero il porto di Odessa per parecchio tempo. Infine furono sconfitti dalle forze governative.

Dopo altri due mesi di scioperi lo zar emendò il proclama di ottobre, un manifesto che concedeva la Duma costitutiva e introduceva il suffragio (non universale). Con questa mossa spezzò lo slancio dello sciopero generale, frammentò l’opposizione,
ma de facto non mutò nulla. I moti rivoluzionari si affievolirono e riprese lareazione. Nacquero le centurie nere (Černye sotni) che compirono pogrom, appoggiati e in molti casi addirittura organizzati dalla polizia e dallo stato. Ci furono sollevazioni di contadini, che bruciavano le proprietà dei padroni e requisivano cibarie e bestiame per sé. 6.000 marinai insorsero a Sebastopoli per chiedere la Costituente. La repressione zarista fu spietata. Ci furono molte esecuzioni di partecipanti ai moti del 1905.


Il populismo russo

Il termine 'populismo', ricordava Buno Bongiovanni, corrisponde alla parola russa narodničestvo, la quale, a sua volta, deriva da narod, ovverossia 'popolo'. La parola russa cominciò a essere utilizzata intorno al 1870, e ancor più intorno al 1875. Nello stesso periodo si diffuse in Russia anche il termine narodnik, ovverossia 'populista'. Negli anni settanta dell'Ottocento, d'altra parte, il movimento cui faceva riferimento la nuova parola, sino ad allora un insieme senza nome di vigorose personalità, di agguerrite teorie politico-sociali e di realtà oggettive dotate di un peculiare profilo strutturale, assunse con forza una visibilità e una vitalità che lo rendevano in qualche modo al suo interno omogeneo, distinguendolo con nettezza dal restante movimento socialista europeo. Prima di quella particolare congiuntura si era parlato, a proposito dei personaggi che saranno poi storiograficamente ricompresi appunto nel narodničestvo, di democratici, di radicali, di socialisti, di comunisti, e addirittura di 'nichilisti' (o 'nihilisti'): un termine, quest'ultimo, che ebbe una gran fortuna internazionale, e non solo politica, ma ancor più psicologico-culturale, e talvolta fuorviante rispetto al significato originario, dopo la pubblicazione, nel 1862, del romanzo di Turgenev Padri e figli.

Gli anni settanta, quelli che dettero un nome al fenomeno, si aprirono del resto proprio con la morte di Herzen, l'uomo che, nell'esilio, aveva rappresentato il movimento democratico e socialista russo; proseguirono poi con il compimento, in ambito processuale, del torbido affare Nečaev, con la sconfessione di quest'ultimo e con il conseguente isterilirsi della tentazione meramente settario-cospirativa; con il grande movimento dell''andata al popolo' e con la propaganda degli studenti nelle campagne (1874-1877), fenomeni che contribuirono di fatto a diffondere in modo capillare la parola e a trasformarla in un concetto politico (R.ipes                         .

litico e in un appello all'azione pratica. Si arrivò poi, proprio nell'anno della morte di Bakunin (1876), alla formazione della prima organizzazione rivoluzionaria panrussa, la Zemlja i volja; in seguito, nel 1879, avvennero la scissione che la lacerò e la nascita della Narodnaja volja, la cui febbrile deriva terroristica culminò nel 1881 con l'uccisione di Alessandro II, lo zar 'liberatore'. Questo avvenimento, a causa della repressione che ne seguì, provocò una crisi profonda nel movimento rivoluzionario russo, concludendone di fatto un'intera stagione.

Franco Venturi (F. Venturi Il populismo usso, Einaudi) ha giustamente retrodatato la vicenda storica del populismo al 1848. Nella sua persuasiva e ormai unanimemente accettata periodizzazione del fenomeno l'intero scenario evocato dal termine narodničestvo si estende elasticamente nel tempo in due direzioni, vale a dire all'indietro appunto verso il 1848, e in avanti verso i nuovi sviluppi del movimento socialista russo, un movimento segnato profondamente, e per sempre, anche nella fase bolscevica, nonostante le roventi polemiche e le aspre ripulse, dall'esperienza populistica. La fortuna del termine in questione, a partire dal terreno strettamente semantico-lessicale, è stata infatti tenuta in vita e ulteriormente dilatata, dopo l'eclisse dei primi anni ottanta, proprio dalla critica di quei socialisti russi, talvolta riparati in Occidente, che facevano riferimento ai programmi politici della socialdemocrazia europea e che si trovavano tuttavia costretti a confrontarsi, e a venire inevitabilmente a patti, con i problemi ineludibili, e di fatto insormontabili, posti dalle tutt'altro che esaurite ragioni sociali e strutturali che avevano disegnato l'originale fisionomia del movimento populista russo. Tali ragioni, malgrado l'ormai iniziata industrializzazione in aree limitate dell'immenso Impero, avevano pur sempre a che fare con l'estesissima arretratezza precapitalistica, complicata e non sanata dall'emancipazione dei servi del 1861, con la persistente centralità assoluta del mondo rurale, e con la forma "semi-asiatica e semi-feudale", secondo la definizione di Marx, del sistema zarista di potere e di controllo sociale.

È comunque con il fallimento in Occidente delle rivoluzioni democratiche del 1848-1849 che si può far datare l'inizio di un approccio 'populistico' allo sviluppo delle idee rivoluzionarie in Russia, un approccio che sempre, sul terreno culturale come su quello politico, è stato innescato da una risposta alle sfide vincenti (lo sviluppo), o anche alle sfide abortite (l'avvento della democrazia), delle aree geo-economiche considerate storicamente più evolute. Dopo aver letto i risultati, pur animati da forte spirito conservatore, del viaggio-inchiesta in Russia del barone prussiano Haxthausen, e dopo aver ritenuto praticamente esaurita, nel 1849-1850, la spinta propulsiva della dinamica democratica e socialista in Occidente, fu Herzen che cominciò a individuare nel patrimonio comunitario dei contadini russi, vale a dire nella comune rurale spontaneamente e non artificialmente collettivistica (l'obščina), il punto di partenza della rigenerazione sociale - e morale - in Russia. Nell'Impero zarista la strada verso la redenzione doveva così restare, rispetto all'Europa occidentale, rigorosamente autonoma e rispettosa della propria specificità. Poteva anzi essere la Russia, e non viceversa, a indicare al mondo sviluppato, pur superiore quanto a risorse materiali, la via della soluzione democratica e popolare della questione sociale: ex Oriente lux.

Ed ecco profilarsi i fondamenti essenziali dell'identità del movimento socialista-populista russo, un'identità in gran parte costruita nell'ambito del confronto-contrasto con la realtà economico-industriale europea e con il panorama sociale proletarizzato che ne era scaturito. La presunta arretratezza non era realmente tale: per i populisti rivoluzionari, che si trovavano per questo aspetto in sintonia con l'orgoglio 'grande-slavo' o addirittura panslavista dei pur reazionari 'slavofili', si trattava di una differenza strutturale e di una via peculiare che poteva e doveva, tra l'altro, consentire di evitare le forche caudine e le peripezie sociali dello sviluppo capitalistico, quello sviluppo che per i socialisti occidentali si poneva invece come una tappa intermedia ineludibile, nonché produttrice di enorme ricchezza collettiva e anche di irrinunciabili spazi di libertà. Il territorio da cui far partire la battaglia per un'emancipazione futura, che equivaleva di fatto alla restaurazione della pienezza del comunismo rurale, non era la città, ma la campagna, non l'industria anonima e spersonalizzante, ma il mondo patriarcale e fortemente coeso della produzione rurale associata.

Il soggetto rivoluzionario per eccellenza era di conseguenza costituito dai contadini, che si identificavano in toto appunto con il popolo e con la virtuosa morale comunitaria che lo contraddistingueva, e non dagli operai, consustanziali - tanto da esserne il prodotto più clamorosamente visibile - con il processo capitalistico-borghese, un processo che corrompeva i costumi imborghesendoli con miraggi mercantili, divideva la comunità, degradava il tessuto sociale, creava individui e individualismi, allontanava dalle radici profonde, e naturali, della vita collettiva. Il socialismo, o il comunismo, non erano l'esito più o meno inevitabile, il rovesciamento-inveramento, da attuarsi con le riforme o con la rivoluzione, della dinamica capitalistica giunta alla sua feconda maturità, ma esistevano da tempo nell'organizzazione sociale e nel grembo antico delle istituzioni comunitarie russe, tanto da esserne diventati una sorta di codice genetico. Il che fare non consisteva, infine, nell'assecondare lo sviluppo storico, presunto alleato nell'Occidente della causa dell'emancipazione operaia, in attesa della conquista della democrazia da parte dell'immensa maggioranza proletarizzata (e quindi potenzialmente e a posteriori socialista), ma nel liberare l'immensa maggioranza contadina, già socialista a priori, dalle sovrastrutture parassitarie, in primo luogo dallo zarismo autocratico-liberticida e dall'aristocrazia fondiaria, con il risultato di lasciar spontaneamente scorrere in superficie il libero fiume incorrotto di un universo contadino e popolare messo finalmente nelle condizioni di obbedire, invece che a padroni esogeni e dispotici, alla propria natura.

Se lo sviluppo industriale era dunque in Occidente l'alleato dell'emancipazione operaia e della marcia verso il socialismo, nell'Europa orientale, per i populisti, esso era considerato la possibile causa di un deragliamento strutturale che, con esiti irreversibilmente antisocialistici, avrebbe potuto anche inquinare e nel tempo demolire il comunismo contadino autoctono. A questo proposito, anche se in chiave decisamente critica, e non certo apologetica, Jules Michelet - in un passo pubblicato nel 1854 all'interno delle Légendes démocratiques du Nord, ma scritto nel 1851, immediatamente dopo la lettura di Herzen - confermava che l'essenza della vita russa, in virtù della distribuzione della terra da parte della comunità rurale, era "il comunismo", un comunismo sorvegliato e promosso dall'autorità del signore feudale: la forza della Russia, per Michelet, analoga per certi versi a quella degli Stati Uniti, consisteva in una "specie di legge agraria", ossia nella "distribuzione della terra a tutti i sopravvenienti". Il confronto con gli Stati Uniti, del resto, non era certo una novità, e lo stesso concetto di populismo uscirà ulteriormente approfondito e reso più complesso, alla fine del XIX secolo, dall'esperienza americana. Non solo Tocqueville, infatti, nella celebre chiusa della prima parte de La démocratie en Amérique, aveva profetizzato (in America nella libertà, in Russia nella schiavitù) un vitale destino di contiguità tra le due nazioni 'popolari' per eccellenza, ma lo stesso 'slavofilo' Kireevskij, amico di Herzen, nel 1830, cinque anni prima di Tocqueville, aveva identificato nei Russi e negli Americani, in quanto popoli giovani e non logorati, i soli due soggetti dello scenario internazionale salvatisi dal generale rilassamento dei costumi subìto dall'umanità civilizzata.

L'esaltazione del popolo, racchiuso in una sorta di fissismo sociale che predisponeva forme di resistenza contro l'invadenza traumatizzante della storia, nonché erede e depositario della forma organica e armonica per eccellenza della convivenza, richiedeva tuttavia la predicazione, o anche l'agitazione rivoluzionaria introdotta dall'esterno, da parte di un ceto sociale largamente presente in Russia, non di rado privo di un'occupazione stabile, spesso frustrato (soprattutto dopo la Rivoluzione francese) e psicologicamente attratto-respinto dall'Occidente, vale a dire l'intelligencija, parola nata significativamente negli anni sessanta, con qualche anticipo sul termine narodničestvo. Il popolo contadino, infatti, in ragione dell'oppressione che subiva e delle condizioni miserevoli in cui, anche sul piano spirituale, si trovava, era comunista e non sapeva di essere tale. Non aveva cioè conoscenza dell'enorme potenziale di liberazione imprigionato nell'obščina, e cioè in quelle istituzioni che pure costituivano la forma della sua vita sociale quotidiana.

Occorreva accostarlo, trovare un linguaggio comune, risvegliarlo, indirizzarne nella giusta direzione le pulsioni di rivolta, scuoterlo con azioni esemplari, non esclusa, nei momenti di particolare disperazione, l'arma estrema del terrorismo. Occorreva insomma convincerlo che il comunismo era lì, non restava che afferrarlo. Narodnik, populista, non era del resto l'uomo del popolo, vale a dire il contadino russo, la cui autoevidenza 'popolare' non aveva infatti bisogno di ulteriori specificazioni, ma il militante proveniente dalle file dell'intelligencija che incitava il popolo a diventare consapevolmente ciò che esso già era. Emergeva qui una costante di ciò che sarà, in contesti certo diversi, il pur variegato concetto di populismo, un costrutto concettuale che aveva e ha tuttora a che fare non tanto con le presunte caratteristiche specifiche del popolo, quanto con la relazione che si viene a creare tra tali caratteristiche (esposte come fatti e come valori) e i soggetti esterni, o anche interni (ma autonomizzatisi), i quali, con motivazioni diverse, intendevano e intendono valorizzarle, portarle alla luce, rappresentarle, organizzarle, mobilitarle. Il protobolscevismo leninista, all'inizio del XX secolo, senza volgere formalmente le spalle allo schieramento socialdemocratico internazionale, seppe, universalizzandola, e riferendola al proletariato, dare sostanza teorico-politica proprio a questa relazione.

D'altra parte, un'aporia di partenza, probabilmente ineliminabile, risiede nel concetto stesso di 'popolo', nell'accezione in cui questo termine viene comunemente inteso e usato. I Romani, com'è noto, avevano escogitato la formula Senatus Populusque Romanus, a testimonianza del fatto che il popolo era una delle due componenti, quella plebea, della Respublica romanorum. Tale componente era naturalmente di gran lunga la più numerosa e il principato, dopo il crepuscolo della repubblica, fu anche la risposta cesaristica alle lacerazioni generate dall'antagonismo tra le due componenti. Nel mondo moderno e contemporaneo, tuttavia, il 'popolo' sin nelle stesse costituzioni - frutto, queste ultime, dell'istituzionalizzarsi della sfida lanciata dal liberalismo e dalla democrazia - diventerà la totalità della popolazione, resa compatta in taluni casi dal concetto forte di 'nazione', e il luogo sociale-universale da cui, legittimando il potere, verranno fatte scaturire la sovranità e la rappresentanza. Esso non smarriva però, neppure sotto il profilo semantico-lessicale - soprattutto in talune circostanze, e in taluni contesti storici - la sua originaria parzialità, la sua dimensione assiologica, il suo passato e il suo presente di generica subalternità, e infine la sua aprioristica e compatta organicità, contrapposta alla complessità policlassistica delle società moderne e nel contempo alle formazioni oligarchiche germinate dal potere politico-amministrativo e dal denaro.

L'ambiguità derivava dal fatto che il 'popolo' era, insieme, la collettività dei cittadini (un concetto giuridico-politico che privilegia l'inclusione di tutti i soggetti della 'nazione') e la collettività dei produttori (un concetto sociopolitico, si pensi al Terzo stato di Sieyès, che può fondarsi sull'esclusione degli 'oziosi', ma anche, talora, dei cosiddetti parassiti, dei politicanti, degli intellettuali, dei 'borghesi', soprattutto di quelli che vivono della mediazione, come, in un noto stereotipo, gli ebrei, ecc.). Non sempre, ovviamente, le due collettività poterono identificarsi. Il 'popolo' fu così, di volta in volta, o contemporaneamente, il 'tutto' e la 'parte', tanto che chi non veniva identificato con il popolo - concetto dotatosi nel romanticismo e in genere nel XIX secolo di una dimensione religiosa o addirittura mistica - poteva essere ritenuto estraneo, straniero, alieno e anche nemico. Il populista, così, poté essere talora colui che, in nome dei valori originari e preesistenti del popolo, enfatizzava prima la percezione che il popolo aveva di se stesso come 'parte' larghissimamente maggioritaria e purtuttavia insidiata nelle sue prerogative e addirittura nella sua identità, valorizzava poi la protesta collegata a tale percezione e spingeva infine la 'parte' ad autoconsiderarsi come 'tutto' e a sentirsi integrata con le proprie istituzioni originarie, con i programmi diffusi dal populista stesso, o anche, in talune esperienze novecentesche, con lo Stato e con le élites al potere, soprattutto con quelle recenti di origine 'plebea'.Tutto ciò, pur partendo dall'esperienza russa, ha tuttavia a che fare con la deriva che ebbe il concetto di populismo in generale, identificabile, in quanto tale, non con una dottrina sistematizzata una volta per tutte, ma piuttosto con un atteggiamento politico, e mentale, cangiante nel tempo e nelle diverse realtà territoriali.

Che cosa fu invece il populismo russo realmente esistito? Che cosa rappresentò nella storia della Russia? Numerose e autorevoli sono state le risposte fornite dalla storiografia a queste domande. Per Venturi e per Berlin esso fu sostanzialmente un'occasione mancata, e anche autoritariamente soffocata (dallo zarismo e dal bolscevismo), tanto da rappresentare la possibilità non realizzatasi di uno sviluppo democratico e liberale del movimento socialista russo, parte integrante, pur nella sua specificità, del movimento socialista europeo del XIX secolo. Per Gerschenkron, invece, che fece della sua conclamata differenza una sorta di modello esemplare, il populismo russo fu un fondamentale e 'rivelatore' capitolo della storia delle ideologie in una situazione di arretratezza. Per altri ancora, come Strada esso fu il movimento che conferì una "logica", cui si affiancò la "storicità" marxiana, al successivo movimento rivoluzionario russo, e in particolare al bolscevismo di Lenin. La questione della continuità (oggettiva) o della discontinuità (soggettiva e oggettiva) tra populismo e bolscevismo è d'altra parte, da tutti i punti di vista, assolutamente ineludibile.

Diverse furono, del resto, le anime del populismo russo: aristocraticamente liberale e democratica quella di Herzen; anarco-ribellistica e antitedesca quella di Bakunin; democratico-utopistica e letterariamente 'realistica' quella di Belinskij; legata a intellettuali di rango sociale declassato e portatori di radicalità crescente quella di Černyševskij e di Dobroljubov (i cosiddetti 'nichilisti'); neogiacobina quella di Tkačëv; internazionalistica quella di Lavrov; e così via, sino al tenebroso Nečaev, agli intransigenti, ai terroristi, ma anche, dopo la crisi del 1881, sino ai populisti liberali o 'legali' (Daniel'son e Michailovskij) da una parte e, dall'altra, al raggruppamento Čërnyi peredel, sorto nel 1879. Quest'ultimo, favorevole all'azione politica, costituirà il punto di partenza che anni dopo consentirà a una componente del movimento populistico, grazie al ruolo inizialmente giocato da Plechanov, di confluire nel POSDR (Partito Operaio Socialdemocratico Russo), formatosi nel 1894 e, a partire dal 1903, pienamente 'occidentalista', vale a dire non coinvolto nel particolarismo populistico-slavofilo, solo, e non sempre, con la frazione menscevica. Tutte le sfaccettature, e le propensioni, del pensiero democratico e socialista occidentale sono state comunque recepite dal populismo russo, il quale ha mantenuto la propria fisionomia e la propria fedeltà al comunitarismo rurale autoctono, ma ha mutato le strategie e le forme organizzative, sospinto certamente dall'evoluzione storico-sociale della Russia e tuttavia anche grazie alle suggestioni assorbite dalla cultura filosofica, politica e letteraria occidentale. Il populismo non poté dunque emanciparsi dall'Occidente.


Il socialismo russo

Il socialismo 'occidentalizzato' russo, quello che si autodefiniva socialdemocratico, non poté, a sua volta, emanciparsi dal populismo. Lo stesso Lenin, del resto, pur individuando nel populismo l'ideologia del "piccolo produttore" utopista e reazionario, intriso di "romanticismo economico", e pur riconoscendo come ormai irreversibili gli sviluppi dei rapporti capitalistici di produzione in Russia, ebbe a considerare la socialdemocrazia russa come la sola erede legittima del populismo rivoluzionario e dei combattenti della Narodnaja volja. (A: Herzen A un vecchio compagno. Testi di Herzen, Ogarev, Bakunin, Dostoevskij, Lopatin, Tchaev, Nchaev, a cura di V. Strada, Einaui).

Il bolscevismo al potere, invece, soprattutto alla fine degli anni venti, dopo la proclamazione della teoria del socialismo in un paese solo, farà di tutto, cancellando d'autorità ogni dibattito storiografico, per rimuovere persino la memoria di tale eredità, divenuta ora doppiamente imbarazzante con la collettivizzazione delle campagne e con la terribile repressione-deportazione dei contadini, annientati nella loro residua autonomia e nella loro capacità di resistenza. Il kolkhoz e il PCUS, intrecciati nelle campagne in una sintesi politico-sociale da cui scaturiva un socialismo che poteva apparire una sorta di populismo totalitario di Stato, avrebbero potuto infatti essere interpretati come due entità perversamente complementari, atte a riprodurre in modo allargato e onnipervasivo il sodalizio dispotico-orientale - da Marx in molte occasioni denunciato - che, sino al 1861 e anche oltre, aveva fatto della comune rurale e dello zarismo autocratico due facce di una medesima medaglia. (A. Rosenberg Storia del bolscevismo, Sansoni)



Storia di una lettera


All'inizio degli anni 80 del XIX secolo, scrisse lo studioso francese Maxmillien Rubel, la colonia dei rivoluzionari russi rifugiata a Ginevra accolse nei suoi ranghi molte nuove reclute che avevano svolta la loro militanza iniziale nel primo movimento socialista  che conobbe la Russia degli zar: il populismo
(narodnicestvo). Quattro di questi nuovi arrivati saranno, alcuni anni più tardi, i pionieri della socialdemocrazia russa di orientamento marxista: Georgij Valentinovič Plechanov, Pavel Axelrod, L. Deutsch e Vera Zasulich.
Prima della loro conversione al Marxismo, essi erano appartenuti ad una delle organizzazioni illegali del movimento populista che, nel 1879, dopo il mancato attentato dell'istitutore A. Soloviev contro Alessandro II, si era scisso in due frazioni: il gruppo detto Frazione Nera (Tchnorny Perediel) e quello di Volontà del popolo (Narodnaia Volia). Unanimi sullo scopo da raggiungere- il loro programma era insomma la realizzazione del socialismo agrario sognato da tutti gli ideologi populisti, da Herzen a Cernyševkij ed a Lavrov - essi erano in disaccordo sui metodi di lotta da impiegarsi nella prospettiva di rovesciare il regime zarista.

Mentre il primo gruppo voleva rimanere fedele alle tradizioni populiste intensificando la propaganda nei villaggi e rifiutando di dare alla loro andata verso il popolo un significato politico, il secondo proclamava la necessità di entrare nella lotta diretta sistematicamente condotta  contro l'autorità, per accelerarne l'affondamento e raggiungere così un obiettivo politico importante: la convocazione di un'assemblea costituente.

Espatriando, non pensavano di mettersi al riparo delle persecuzioni poliziesche né intenddevano rinunciare alla lotta rivoluzionaria e non era un caso se essi avevano scelto la città di Ginevra come luogo di incontro. Tranne Pavel Axelrod, nessuno di essi aveva ancora raggiunto la trentina. Essi provavano il bisogno di istruirsi e di conoscere il movimento socialista occidentale il cui teorico di genio aveva acquisito negli universitari russi una reputazione prodigiosa. È a Ginevra che si era formata la sezione russa dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori, sezione che, sin dal 1870, aveva incaricato Karl Marx di rappresentarla in seno al Consiglio generale di Londra. Certo, l'Internazionale aveva allora cessato di esistere, ma era noto che Marx continuava a intrattenere con gli ambienti rivoluzionari russi di Ginevra dei rapporti stretti e ad intervenire nelle polemiche tra i discepoli del defunto Bakunin ed i "marxisti".

I giovani narodniki parteciparono attivamente alle discussioni tra i diversi gruppi in un'atmosfera di libertà che essi non avevano conosciuto prima di aver abbandonato la loro patria. Un solo problema turbava i loro spiriti nutriti delle idee e dell'idealismo di Chernychevski (il cui messaggio era loro giunto dalle più remote profondità della Siberia), di Lavrov, di Mikailovski e di Tkatchev: i destini della Russia. La lettura del Capitale-tradotto in russo sin dal 1872- la censura zarista avendone autorizzata la pubblicazione, "benché l'autore fosse un socialista convinto, il rigore scientifico dell'opera lo rende difficilmente accessibile al lettore comune"- doveva far vacillare le nazioni dell'Occidente sulla via verso il socialismo. Non era logico che essi attribuissero a se stessi questa frase della prefazione del Capitale destinata al lettore tedesco, scettico in quanto allla sorte riservata al suo paese dall'"ineluttabile necessità" dello sviluppo capitalista, frase che terminava con l'adagio latino: De te fabula narratur, è la tua storia che racconto? E, qualche riga oltre, Marx non intendeva la Russia quando affermava che "il paese più sviluppato industrialmente non fa che mostrare al paese meno sviluppato l'immagine dell'avvenire che lo aspettava?".  E più in là ancora, non è della Russia che si parlava quando, tra l'altro, si leggeva: "Ogni nazione può e deve andare alla scuola dagli altri. Anche quando una società ha scoperto la legge naturale, che presiede al suo movimento... non può  né superare con un salto né abolire con dei decreti le fasi del suo sviluppo; ma può abbreviare e alleviare le doglie del proprio parto"?
I populisti si sentivano schiacciati sotto il peso del pesante apparato di ragionamenti scientifici con il quale Marx esponeva la legge bronzea dell'evoluzione sociale. Eppure,- la traduzione russa del Capitale non aveva come autori due narodniki di chiara fama, Nikolai-on, (pseudonimo di Nikolai Danielson); e Lopatin, noti per la loro incrollabile fede nel genio eccezionale del contadino russo? Non era noto, inoltre, che Piotr Lavrov, militante intrepido nel corso degli anni 1860-70 dell'organizzazione populista rivoluzionaria Zemlia i Volia (Terra e Libertà), autore  -ùùanonimo delle Lettres historiques écrites en Sibérie, la cui influenza era stata profonda sull'intellighentia, viveva,  dopo aver preso la strada dell'esilio e collaborato ai progetti dell'insegnamento popolare elaborarti dalla Comune del 1871, in intimità di Marx e  di Engels, a Londra, dove irigeva la rivista socialista Vperiod! (Avanti!) nel migliore spirito del narodnitchestvo [3]? E nella postfazione della seconda edizione del Capitale, così opprimente per ogni populista bruciante dal desiderio di vedere trionfare la sua causa, Marx non parlava di N. Chernychevski, apostolo e martire del populismo, come del "grande erudito e critico russo"?

Non è affatto improbabile che i nostri quattro narodniki siano espatriati con il solo pensiero di trovare, a Ginevra, una risposta definitiva a tutti questi interrogativi sconcertanti e che, una volta in questa città, essi abbiano preferito sollecitare Marx, per ricevere la soluzione del problema che era la loro ragione di vivere e di lottare: la Russia può seguire la propria via rivoluzionaria  differente da quella del mondo occidentale e del suo mostruoso sistema economico?

Il 16 febbraio 1881, Vera Zasulic inoltrò, a nome del suo gruppo, una lettera a Karl Marx in cui ricordò, innanzitutto, la grande popolarità  di cui godeva il suo Capitale in Russia, i cui rari esemplari sfuggiti al sequestro erano "letti e riletti dalla maggior parte delle persone più o meno istruite di questo paese. "Ma, scriveva, quel che ignorate probabilmente è il ruolo che il vostro Capitale svolge nelle nostre discussioni sulla questione agraria in Russia e sulla nostra comune rurale". Le idee di Chernychevski, lungi dall'essere state dimenticate dopo la sua partenza per l'esilio, conobbero al contrario un successo crescente. In quanto al problema della comune rurale: la vita e la morte del "partito socialista" russo dipende dalla soluzione che gli si dà. Da questo modo di vedere o da un altro, su questa questione dipende anche il destino personale dei nostri socialisti rivoluzionari".

È vera Zasulic a porre l'alternativa seguente in cui enuncia con una perfetta chiarezza e con il massimo di coincisione le prospettive teoriche dello sviluppo economico e sociale della Russia: "Delle due una: o questa comune rurale, affrancata dalle esigenze smisurate del fisco, dai pagamenti ai signori e dall'amministrazione arbitraria, è capace di svilupparsi sulla strada socialista, cioè ad organizzare a poco a poco la sua produzione e la sua distribuzione dei prodotti su basi collettivistiche. In questo caso il socialista rivoluzionario deve sacrificare tutte le sue forze all'affrancamento della comune ed al suo sviluppo.

"Se al contrario la comune è destinata a perire, non resta al socialista, in quanto tale, che dedicarsi ai calcoli più o meno malfondati per scoprire in quante decine d'anni la terra del contadino russo passerà dalle sue mani in quelle della borghesia, in quante centinaia di anni, forse, il capitalismo raggiungerà in Russia uno sviluppo simile a quello dell'Europa Occidentale. Dovranno allora fare la loro propaganda unicamente tra i lavoratori delle città che saranno continuamente diluiti nella massa dei contadini, la quale a seguito della dissoluzione della comune, sarà gettata sul lastrico delle grandi città alla ricerca del salario".

La lettera mette in seguito in gioco i Marxisti (sic!) che basando le proprie affermazioni sull'autorità del loro maestro, dichiarano che "la comune rurale è una forma arcaica che la storia, il socialismo scientifico, in una parola tutto quanto c'è di più indiscutibile, condannano a perire". Quando si obietta a questi sedicenti discepoli di Marx che quest'ultimo, in Il Capitale (tomo I), non tratta della questione agraria e non parla della Russia e che, di conseguenza, la condanna della comune contadina non potrebbe essere dedotta dalle teorie marxiane, la replica è la seguente: Marx l'avrebbe detto, se parlava del nostro paese. Terminando, Vera Zasulich chiede a Marx, con manifesta insistenza, di esporre, magari se non in modo dettagliato, almeno sotto  forma di lettera - che verrebbe pubblicata in Russia - le sue idee sul "possibile destino" della comune rurale e sulla "teoria della necessità storica per tutti i paesi del mondo di passare attraverso tutte le fasi della produzione capitalista".

Marx, ha risposto a questa lettera? Trenta anni trascorsero prima che questa domanda fosse posta per la prima volta: nel 1911, David Riazanov, ordinando le carte di Marx conservate da Paul Lafargue, scoprì diversi fogli in-ottavo pieni di una scrittura minuta, familiare al ricercatore sperimentato. Vi erano numerose cancellature, numerosi passaggi intercalati ed aggiunti, poi di nuovo cancellati. Riazanov comprese presto che si trattava di diverse brutte copie di una risposta scritta da Marx alla lettera di Vera Zasulic del 16 febbraio 1881. Una di queste brutte copie reca la data 8 marzo 1881 e sembrava essere la risposta definitiva di Marx.

Spinto da una legittima curiosità, Riazanov scrisse innanzitutto a Plehanov per chiedergli se avesse conoscenza di una risposta di Marx alla lettera di Vera Zasulich. Plechanov gli rispose di non saperne nulla. Il risultato fu identico, quando Riazanov pose la stessa domanda a Vera Zasulich e, probabilmente anche a Pavel Axelrod. Nessuno degli antichi membri del Tchony Perediel si ricordava più se Marx aveva risposto alla loro domanda che, come diceva Vera Zasulic nella lettera che aveva indirizzato in nome dei suoi amici, era per essi "una questione di vita o di morte".
Ora, non è che dodici anni più tardi che l'enigma fu risolto, la lettera di Marx essendo stata ritrovata negli archivi di Pavel Axelrod, a Berlino.

Che i narodniki e tra di essi la destinataria della lettera di Marx abbiano dimenticato in modo così definitivo il fatto che l'autore di Il Capitale aveva preso posizione nei confronti del narodnicestvo non può mancare di meravigliare. Così Riazanov si vede obbligato a riconoscere "che questa dimenticanza, proprio a causa del particolare interesse che una simile lettera doveva suscitare, possiede uno strano carattere ed offre probabilmente allo psicologo specialista uno degli esempi più notevoli dell'insufficienza straordinaria del meccanismo della nostra memoria.
Senza invadere il campo dello psicologo professionista, possiamo tuttavia formulare alcune ipotesi suscettibili di darci la chiave di un oblio che saremmo tentati di assimilare ad una cospirazione del silenzio.
 
Ma prima  di azzardare una di queste ipotesi, potremmo, in tutta logica, supporre che la risposta che Marx aveva inviato alla sua interrogatrice non aveva fatto che confermare le argomentazioni per mezzo delle quali i "marxisti" russi di Ginevra, forti dell'autorità del loro maestro, avevano demolito le tesi o piuttosto le illusioni dei populisti. Questi ultimi non avrebbero, di conseguenza, appreso nulla di nuovo nella lettera di Marx che, diamo alla nostra supposizione il massimo di verosimiglianza- si sarebbero attenuti alle teorie scientifiche generali sviluppate nella sua opera principale. Questa supposizione sembra tanto più legittima in quanto sapiamo che, due anni appena dopo l'invio della Lettera di Vera Zasulich, quest'ultima ed i suoi amici del Tchorny Perediel erano diventati marxisti.
Così, nella prefazione che egli scrisse per la traduzione russa di Socialismo utopistico e Socialismo scientifico di Frederich Engels (Ginevra, 1884), Vera Zasulich segnala, con un tono di assoluta convinzione, l'irresistibile processo di disgregazione della comune rurale russa la cui autonomia ancestrale era visibilmente in fase di sbriciolarsi a profitto del contadino ricco, il kulak, facendo apparire la tendenza crescente verso un'accumulazione capitalista dovuta all'estensione della grande industria. Il destino della Russia essendo indissolubilmente legato a quello dello sviluppo dell'Europa occidentale, nulla poteva più arrestare questa decomposizione del mir, a meno che una rivoluzione socialista in Occidente, ponendo anche termine al capitalismo in Oriente, trovi ancora alcuni residui dell'antica proprietà comunale e li salvino dalla sparizione totale. Quest'ultima restrizione era, sotto la penna di Vera Zasulich, come unica concessione che era disposta a fare al populismo che aveva da poco abbandonato.  

Da parte sua, Plechanov, nel suo libro Le nostre differenze del 1883, polemizando con il populista Tkacev, ruppe deliberatamente con il suo passato di Narodniki: era diventato, con Vera Zasulich e Pavel Axelrod, il fondatore della prima organizzazione marxista russa, il gruppo detto dell'Emancipazione del Lavoro da cui nascerà più tardi il partito socialdemocratico russo. Oramai, non è più il contadino che sarà considerato come il motore umano della futura rivoluzione russa, ma l'operaio delle città.
Volgiamo ora, continuava Rubel, la nostra attenzione verso le copie di prova della lettera-risposta di Karl Marx così come esse furono rese pubbliche nel 1925, ed esaminiamo se queste note contengono gli elementi di una teoria sullo sviluppo economico e sociale della Russia, e se questi elementi erano di natura a fornire una giustificazione teorica al rigetto delle concezioni populiste così come fu fatto dagli ex-narodniki, diventati marxisti.  
Su quattro, tre sono molto più lunghe della lettera definitiva stessa, una, quella che reca la stessa data della lettera, è più corta di quest'ultima. Sulle tre copie di prova di grandi dimensioni, una è circa undici volte più lunga, e le due altre sono circa cinque volte più lunghe della lettera propriamente detta, contando le numerose ripetizioni

Cerchiamo di evidenziare dall'insieme di questi abbozzi di una teoria sociologica dello sviluppo della Russia le principali tesi esposte da Marx in risposta alle domande formulate nella lettera di Vera Zasulich. La genesi del capitalismo ed il problema dello sviluppo economico della Russia.

Alla base della genesi del modo di produzione capitalista, c'è, ricorda Marx citando il Capitale, "la separazione del produttore dai mezzi di produzione" e, più particolarmente, "l'espropriazione dei coltivatori". Questo processo si è compiuto sino ad ora, nel modo più radicale in Inghilterra, ma "tutti gli altri paesi dell'Europa occidentale percorreranno lo stesso movimento".

Marx sottolinea con particolare insistenza il fatto di aver "espressamente" ristretto la "fatalità storica" di questo movimento ai paesi dell'Europa occidentale.  

Già nella sua replica a Nikolai Michajovskij, che egli redasse in francese nel 1877, e che si astenne a rendere pubblica - essa fu scoperta dopo la sua morte e pubblicata nel 1884- Marx si era opposto contro il tentativo dei suoi interpreti di presentare il suo abbozzo sulla genesi del capitalismo nell'Europa occidentale come una "teoria storico-filosofica del cammino generale, fatalmente imposto a tutti i popoli, qualunque siano le circostanze storiche in cui essi si trovino posti". Per confondere questi esegeti troppo zelanti, Marx aveva richiamato alcuni passaggi del Capitale che trattavano le sorti dei plebei dell'antica Roma. "Erano originariamente dei contadini liberi, che coltivavano, ognuno per proprio conto, le loro piccole particelle. Nel corso della storia romana, essi furono espropriati. Il movimento che li separò dai loro mezzi di produzione e di sussistenza implicò non soltanto la formazione di grandi proprietà fondiarie, ma anche quella di grandi capitali monetari. Così un bel mattino c'erano da una parte, degli uomini liberi denudati di tutto tranne che della loro forza lavoro, e dall'altra, per sfruttare questo lavoro, i detentori di tutte le riccezze acquisite. Cosa accadde? I proletari romani divennero, non dei lavoratori salariati, ma un mob fannullone più abietto degli odierni poor white dei paesi meridionali degli Stati Uniti; ed accando ad essi si dispiegò un modo di produzione non capitalista, ma schiavistico. Dunque, degli avvenimenti di un'analogia notevole, ma che avvengono in ambienti storici differenti, portarono a dei risultati del tutto disparati. Studiando ognuna di queste evoluzioni a parte, e comparandole in seguito, troveremo facilmente la chiave di questi fenomeni, ma non vi riusciremmo mai con il passe-partout di una teoria storico-filosofica la cui suprema virtù consiste nell'essere sovrastorica".

È dunque nei paesi industrializzati, ed in nessuna altra parte, che la trasformazione dei mezzi di produzione individuali in mezzi di produzione "socialmente concentrati" e la sostituzione della proprietà privata capitalista alla proprietà privata fondata sul lavoro personale assumendo l'aspetto di un'implacabile legge storica.

In quanto alla Russia, non si pone la questione di una simile sostituzione, per la semplice ragione che l aterra posseduta dai contadini russi "non è e non è mai stata la proprietà privata del coltivatore". Di conseguenza, se esiste una necessità storica della dissoluzione del Mir, essa è indipende dalle leggi dello sviluppo economico in Europa occidentale. Affinché il capitalismo divenga anche il destino della Russia, bisognerà che la proprietà comune si trasformi in proprietà privata

I tipi arcaici della proprietà comune. n quasi tutte le copie di prova, Marx fa allusione ai diversi tipi arcaici della comune rurale ai quali aveva sempre dedicato una particolare attenzione, le sue vedite a questo proposito evolvevano a mano a mano che studiava le opere degli specialisti in questa materia, come Haxthausen, Maurer, Henry Maine, Morgan, ecc. E così, egli ancor prima di aver letto questi autori, parla con poca simpatia del sistema di villaggio dell'India, vedendovi il fondamento del dispotismo orientale, mentre, in seguito, rimase ammirato davanti alla tenace vitalità di queste comunità di villaggio che offrivano, al contrario del caos della divisione sociale del lavoro ed al dispotismo della divisione manifatturiera del lavoro sotto il regime capitalista, "l'immagine di un'organizzazione del lavoro sociale conformemente ad un paino e ad un'autorità".

È soprattutto dopo aver letto l'opera di Georg Ludwig von Maurer sulla comune tedesca che Marx concepì l'idea estremamente favorevole di questa istituzione arcaica, giungengo a vedervi la prefigurazione della futura forma dell'organizzazione economica e sociale. Questa svolta del suo pensiero si verifica nella sua corrispondenza con Engels, che egli mette a corrente sull'impressione lasciatagli dalla lettura di Maurer. Marx vi trovava una conferma delle sue proprie tesi, soprattutto che la proprietà privata è posteriore al comunismo primitivo; le forme di proprietà asiatiche ed indiane sono le prime in Europa. "In quanto ai Russi, l'ultima traccia di una pretesa of originality sparisce egualmente, anche in this line. Ciò che resta loro, è di conservare ancor oggi delle forme che i loro vicini hanno da lungo abbandonato" (14 marzo 1868).  

Poi, sempre a proposito dell'opera di Maurer: "Avviene per la storia umana quanto accade per la paleontologia. A causa di un certo judicial blindness, le migliori teste non si accorgono, per principio, delle cose che si trovano davanti al loro naso. Più tardi, giunto il momento, ci si accorge che i fatti non percepiti rivelano ovunque ancora le loro tracce. La prima reazione contro la rivoluzione francese ed i lumi che essa apportava fu naturalmente di giudicare tutto da un punto di vista medievale, romantico... La seconda reazione - quella che corrisponde all'orientamente socialista, benché i suoi rappresentanti eruditi non ne abbiano affatto coscienza- consiste nel guardare, oltre il medioevo, verso i tempi primitivi di ogni popolo. Questi ricercatori sono allora sorpresi di scoprire nei fenomeni più antichi i fatti \più nuovi..." (25 marzo 1868).  

Negli abbozzi delle sue lettere a Vera Zasulich, Marx insiste sulle idee di Maurer, e cita Lewis Henry Morgan in appoggio della tesi secondo la quale la comune russa sia fattibile. Infatti, una delle circostanze favorevoli alla sua conversione è, secondo Marx, che il sistema capitalista occidentale- a cui essa ha avuto la fortuna di sopravvivere, quando era intatto- si trova- si trova oramai in stato di crisi permanente, crisi che non potrà finire che con la sparizione del sistema capitalista e con un ritorno delle società moderne al tipo "arcaico" della proprietà comune, forma in cui- come dice un autore americano, tutt'altro che sospetto in quanto a tendenze rivoluzionarie... - "il nuovo sistema" a cui la società moderna tende "sarà una rinascita (a revival) in una forma superiore (in a superior form), di un tipo sociale arcaico". E Marx aggiunge: "Dunque, non bisogna lasciarsi troppo spaventare dalla parola arcaico".

Così la posizione teorica di Marx nei confronti delle forme primitive del comunismo agrario, contrassegnata innanzitutto dall'apprezzamento negativo della loro importanza e delle loro virtualità, è evoluto, grazie ad una migliore conoscenza della letteratura concernente specialmente questa materia, verso una concezione nettamente positiva del loro ruolo nello sviluppo storico delle società umane. Questa evoluzione del pensiero di Marx si esprime chiaramente in una frase di uno dei suoi abbozzi in cui egli sostiene che "i popoli presso i quali (la produzione capitalista) ha avuto il suo maggiore esordio in Europa e negli Stati Uniti d'America non aspirano che a spezzare le loro catene sostituendo la produzione capitalista con la produzione cooperativa e la proprietà capitalista con una forma superiore di tipo arcaico della proprietà, e cioè la proprietà comunista".

Prospettive della comune rurale russa. Mentre si apprestava a rispondere a Vera Zasulich, Marx possedeva delle conoscenze estese sulla situazione economica e sociale della Russia. N. F. Danielson, uno dei principali teorici populisti- pubblicava i suoi articoli ed opere con lo pseudonimo di Nicoali-in- Traduttore di Il Capitale, era in Russia, il suo corrispondente più fedele e gli inviava regolarmente dei documenti- articoli di stampa, materiali, statistiche, opere, ecc. - che Marx aveva intenzione di utilizzare ampiamente per lo studio che pensava di dedicare alla teoria della rendita fondiaria, nei successivi volumi del suo Il Capitale. Tutti questi materiali erano in russo, e Marx si era messo a studiare questa lingua sin dal 1869, con un accanimento molto pregiudizievole per la sua salute, già molto compromessa. A partire dal 1873, seguì attentamente le discussioni tra liberali e narodniki a proposito dell'obscina e, a proposito di una polemica che aveva portato allo scontro, nel 1856, il filosofo liberale Georgij Vasil'jevič Čičerin ed il giurista slavofilo Bielïayev, Marx scrisse a Danielson: "Il modo in cui questa forma di proprietà si è creata (storicamente) in Russia è, naturalmente, una questione di second'ordine e non inficia in nulla l'importanza di questa istituzione... Inoltre, ogni analogia parla contro Čičerin. Come è possibile che in Russia quest'istituzione sia stata introdotta come una misura puramente fiscale, come un fenomeno accessorio della servitù, mentre ovunque è nata naturalmente ed ha formato una fase necessaria dello sviluppo dei popoli liberi?".

Preparando la sua risposta ai rivoluzionari russi rifugiati a Ginevra, Marx notava con una singolare applicazione tutti gli argomenti favorevoli alle speranze ed attese dei narodniki, non senza segnalare i pericoli che minacciavano la sopravvivenza della comune contadina russa. Quest'ultima, grazie ad un concorso unico di circostanze, è stabilita su scala nazionale e potrebbe svilupparsi direttamente come elemento della produzione collettiva nazionale, mettendo a profitto le conquiste economiche, tecniche e sociali dell'Europa ocidentale. "Essa si trova così posta in un ambiente storico in cui la contemporaneità della produzione capitalista le presta tutte le condizioni del lavoro collettivo. È in grado anche di incorporare le acquisizioni positive elaborate dal sistema capitalista senza passare attraverso le sue forche caudine", e ciò tanto più facilmente in quanto in quanto possiede l'esperienza secolare del contratto dell'artel suscettibile di affrettare la transizione dal lavoro parcellare al lavoro cooperativo. Molti caratteri specifici distinguono inoltre la comune russa dai tipi di comunità anteriori: non poggia come quest'ultime, sulla parentela naturale dei suoi membri; è dunque più capace di adattarsi e di estendersi al contatto con degli estranei. Poi, ogni coltivatore possiede la sua casa ed il suo cortile individuali. Infine, la terra arabile, pur restando proprietà comunale, si divide periodicamente tra i membri della comune contadina. Questi ultimi "ammettono uno sviluppo dell'individualità, incompatibile con le condizioni delle comunità più primitive".  

Tuttavia, questo dualismo inerente alla natura della comune contadina russa - da una parte: la proprietà comune del suolo, dall'altra: la proprietà (casa e cortile) esclusivo della famiglia individuale e l'appropriazione dei frutti - racchiude dei germi della sua decomposizione. Infatti, l'accumulazione progressiva della ricchezza mobiliare dovuta al lavoro parcellare "introduce degli elementi eterogenei provocanti all'interno della comune dei conflitti di interesse e delle passioni adatte innanzitutto a erodere la proprietà comune delle terre arabili, in seguito quella delle foreste, dei pascoli, terre merginali, ecc., le quali, una volta convertite in annessioni della proprietà privata, alla lunga le soccomberanno".

A tutto ciò viene ad aggiungersi l'influenza nefasta di un ambiente storico sempre più ostile allo sviluppo spontaneo della comune rurale, influenza in grado di poter precipitare la disgregazione di questa istituzione plurisecolare. Lo Stato russo opprime, dopo la cosidetta emancipazione dei servi, questa comune da ogni specie di esazioni, cercando di acclimatare in Russia "come in una serra" le forme più sviluppate del sistema capitalista, a spese dei contadini.

Un'alternativa fatale. Abbiamo visto che, nella sua replica a Mikhailovsky, rimasta inedita mentre era vivo, Marx si era opposto ad un'interpretazione abusiva della sua analisi del capitalismo occidentale e contro la tendenza a trasformare le sue teorie in una dottrina storico-filosofica universalmente valida. Da allora, aveva riassunto il risultato delle sue ricerche effettuate "durante molti anni" nella seguente formula lapidaria: "Se la Russia continua a proseguire lungo il sentiero seguito dal 1861, essa perderà la più bella occasione che la storia abbia mai offerto ad un popolo, per subire tutte le peripezie del regime capitalista". E poco dopo, aveva espresso questo ragionamento ipotetico nei seguenti termini: "Se la Russia tende a diventare una nazione capitalista sul modello delle nazioni dell'Europa occidentale- e durante gli ultimi anni si è data da fare molto in questo senso- non riuscirà senza aver preventivamente trasformato una buona parte dei suoi contadini in proletari; e dopo di ciò, condotta nel girone del regime capitalista, ne subirà le spietate leggi come altre nazioni profane"

Nei suoi appunti per la risposta ai narodniki, Marx presenta questa ipotesi sotto forma di un'alternativa, derivante dal carattere dal carattere dualistico "innato" della comune rurale: o "il suo elemento di proprietà prevarrà sul suo elemento collettivo, o questo si impone su quello. Tutto "dipende dall'ambiente storico nel quale essa si trova". Esiste dunque non una "fatalità storica" né in un senso né in quello opposto: né la dissoluzione della comune rurale né la sua sopravvivenza sono fatali, considerate isolatamente. Soltanto quest'alternativa lo è.

Ora, per decidere del probabile futuro della comune, Marx, fedele ai principi etici così come li aveva enunciati nelle sue Tesi su Feuerbach, sposta il problema dal campo della teoria in quello della pratica,- della pratica rivoluzionaria: "Qui non si tratta più, egli sottolinea, di un problema da risolvere; si tratta del tutto semplicemente di un nemico da battere. Non è più dunque un problema teorico... Per salvare la comune russa, occorre una Rivoluzione russa... Se la rivoluzione si fa al momento opportuno, se essa concentra tutte le sue forze, per assicurare il libero sviluppo della comune rurale, quest'ultima si svilupperà presto come elemento rigeneratore della società russa e come elemento di superiorità sui paesi asserviti dal regime capitalista". Una volta assicurate le sue nuove assise, la comune rurale russa "può diventare il punto di partenza diretto del sistema economico al quale tende la società moderna e cambiare pelle senza cominciare dal suo suicidio".

Possiamo facilmente constatare che, nella redazione definitiva della sua lettera, Marx si limita a rispondere una domanda precisa, in modo non meno preciso.

La comune rurale russa è fattibile? Questo era il problema sollevato da Vera Zasulich in nome del suo gruppo. Marx rispose affermativamente, conferendo alla soluzione da egli data al problema un carattere condizionale, non teoretico. Non approvava dunque i "marxisti" russi ai quali la sua interrogatrice faceva allusione. Al contrario, la sua risposta non sembra mirare che a stimolare l'energia rivoluzionaria dei narodniki di cui ammirava il coraggio e l'abnegazione.

Ma se la soluzione proposta da Marx non aveva alcun carattere dogmatico e somigliava piuttosto ad un giudizio implicante un postulato etico- la soluzione essendo la rivoluzione- le supposizioni erano sostenute grazie allo studio delle "fonti originali" più importanti dell'epoca
.
Nel gennaio 1882, dunque ad un anno appena dopo aver comunicato la sua risposta al gruppo dello Tchorny Pérédiel, redigendo con Engels la prefazione della seconda edizione russa di Il Manifesto del partito comunista, nella traduzione di Vera Zasulich, Marx condensò, in una ventina di righe, le sue opinioni sulla comune rurale russa e le sue prospettive nel senso definito anteriormente da lui come da Engels (nella sua replica a Tkacev): "il compito di Il Manifesto, era di proclamare la sparizione inevitabile ed imminente dell'attuale proprietà borghese. Ora, in Russia accanto ad un ordine capitalista che si sviluppa con una velocità febbrile accanto alla proprietà fondiaria borghese allo stato di formazione, constatiamo che più della metà del suolo forma la proprietà comune dei contadini. Una domanda si pone dunque: La comune contadine russa- forma, è vero, molto disaggregata già di proprietà comune primitiva del suolo- può trasformarsi direttamente in una forma comunista superiore della proprietà fondiaria? Oppure dovrà subire preventivamente lo stesso processo di dissoluzione che si manifesta nell'evoluzione storica dell'Occidente?- La sola risposta che si possa attualmente dare a questa domanda è la seguente: Se la rivoluzione russa diventa il segnale di una rivoluzione operaia in Occidente di modo che le due si completano, l'attuale proprietà comune russa può diventare il punto di partenza di un'evoluzione comunista".

Posti di fronte all'alternativa di Marx, i populisti emigrati a Ginevra ne scelsero non il primo termine, il quale riposa su una valutazione ottimista della "opportunità storica" offerta alla Russia di passare, con il concorso delle conquiste tecniche e sociali della rivoluzione occidentale, da uno stadio inferiore del comunismo agrario ad una forma superiore della proprietà sociale. Optando per il secondo termine di quest'alternativa, il quale implica una visione fondamentalmente pessimistica dei destini di una Russia pronta a passare sotto le "forche caudine" del capitalismo, gli ex narodniki erano decisi di non dare alcun peso alla risposta incoraggiante che aveva loro fornito Marx.

È precisamente quest'atteggiamento nuovo, segnato dalla svolta totale delle opinioni di Vera Zasulich e dei suoi amici, che ci dà la chiave del problema psicologico sollevato, come abbiamo visto all'inizio del presente saggio, da David Riazanov. Quest'ultimo fu colpito da un'assenza di memoria così flagrante presso coloro che avevano sollecitato i lumi di Marx su una questione da cui dipendeva, per impiegare l'espressione del loro porta-parola, "il destino personale dei socialisti rivoluzionari" della Russia. Ecco l'ipotesi che si potrebbe allora formulare attorno a questo oblio: quest'ultimo era, presso gli interroganti russi di Marx, una conseguenza psicologicamente necessaria della loro adesione al "marxismo", detto altrimenti: a quella teoria storico-filosofica-passe-partout che  Mikhailovski aveva creduto poter dedurre dall'opera marxiana e di cui Marx stesso diceva che gli faceva "allo stesso tempo troppo onore e troppo vergogna",

Che diventando marxisti, si dimentichino i postulati essenziali del messaggio marxiano, non può che sembrare paradossale, se si considera che la storia, abbonda di esempi in cui l'apparizione di una personalità e di un pensiero di grande levatura fa nascere questo fenomeno così potentemente denunciato e così impietosamente sezionato da Sören Kierkegaard: l'ammirazione, atteggiamento di comodo il cui antipodo è l'imitazione, esigenza etica. Quando a sua volta Kierkegaard, così come il suo contemporaneo Marx- che egli ignorava, cercando, nel timore e nel tremore, ad essere il "contemporaneo" del Cristo- sia caduto vittima del complotto del tumulto dopo esserlo stato del silenzio, è del tutto proprio di un'umanità che, a forza di ricercare le soluzioni facili, ha perso persino il senso del problematico.


La lettera di Vera Zasulich a Marx



Onorato Cttadino,

Voi siete certamente a conoscenza del fatto che il vostro libro gode grande popolarità in Russia. Anche se l'edizione è stata confiscata, le poche copie rimanenti vengono letti e riletto dalla massa di persone più o meno istruiti nel nostro paese; uomini seri stanno studiando. Quello che probabilmente non si rendono conto è il ruolo che il vostro Capitale gioca nelle nostre discussioni sulla questione agraria in Russia e il nostro comune rurale. Lei sa meglio di chiunque altro quanto nel nostro paese questo problema sia urgente. Coniosci l'opera di Chernyshevskii. La nostra letteratura - Otečestvennye zapiski - continua a sviluppare le sue idee. Ma a mio avviso, è una questione di vita o di morte, soprattutto per il nostro partito socialista. In un modo o nell'altro, anche il destino personale dei nostri socialisti rivoluzionari dipende dalla vostra risposta alla domanda. Perché ci sono solo due possibilità. In entrambi i casi il comune rurale, liberato di richieste imposte esorbitanti, il pagamento per la nobiltà e la gestione arbitraria, è in grado di svilupparsi in senso socialista, trasformando ion senso socialista, l'organizzazione, la produzione e la distribuzione su base collettivista. In tal caso, il socialista rivoluzionario deve dedicare tutte le sue forze per la liberazione e lo sviluppo del comune.

Se, tuttavia, il comune è destinato a perire, tutto ciò che resta per il socialista, in quanto tale, è più o meno un calcolo infondasto di quante decenni ci vorrà per la terra del contadino russo a passare nelle mani della borghesia e quanti secoli ci vorranno per il capitalismo in Russia per raggiungere qualcosa di simile al livello di sviluppo già raggiunto in Europa occidentale. Il loro compito sarà quello di condurre la propaganda solo tra i lavoratori urbani, mentre questi lavoratori saranno continuamente annegati nella massa di contadini che, a seguito dello scioglimento del comune, saranno gettati per le strade delle grandi città in cerca di un salario.

Al giorno d'oggi, si sente spesso dire che il comune rurale è una forma arcaica condannato a perire. Coloro che predicano una tale visione si definiscono tuoi discepoli per eccellenza: 'Marksists'. Il loro argomento più forte è spesso: 'Marx diceva così.'

In nome dei miei amici, mi permetto di chiederle, Cittadino, a farci questo favore.

Se il tempo non consente di esporre le tue idee in maniera abbastanza dettagliata, quindi almeno essere così gentile da fare questo, sotto forma di una lettera che ci avrebbe permesso di tradurre e pubblicare in Russia.

Con rispettoso saluto,
Vera Zassoulich

Il mio indirizzo è: Imprimerie polonaise, Rue de Lausanne No. 49, Genève"

Lettera di Marx a Vera Zasulich


Cara cittadina.

Una malattia nervosa che mi ha colpito periodicamente per gli ultimi dieci anni mi ha impedito di rispondere presto la tua lettera del 16 febbraio. Mi dispiace che non sono in grado di darvi un resoconto sintetico per la pubblicazione della domanda che mi hai fatto l'onore di sollevamento. Qualche mese fa, ho già promesso un testo sullo stesso argomento al Comitato San Pietroburgo. Ancora, spero che poche righe saranno sufficienti a lasciare alcun dubbio circa il modo in cui la mia cosiddetta teoria è stato frainteso.

Nell'analizzare la genesi della produzione capitalistica, ho detto:

Il cuore del sistema capitalista è una separazione completa ... produttore dai mezzi di produzione ... l'esproprio del produttore agricolo è la base di tutto il processo. Solo in Inghilterra è lo stato compiuto in maniera radicale. ... Ma tutti gli altri paesi dell'Europa occidentale stanno seguendo lo stesso corso. (Capitale, edizione francese, p. 315.)

Il 'inevitabilità storica' di questo corso è quindi espressamente limitata ai paesi dell'Europa occidentale. La ragione di questa limitazione è indicata in Ch. XXXII: 'Proprietà privata, fondata su lavoro personale ... è soppiantato dalla proprietà privata capitalistica, che si basa sullo sfruttamento del lavoro altrui, il wagelabour.' (Lc, p 340...).

Nel caso occidentale, quindi, una forma di proprietà privata si trasforma in un'altra forma di proprietà privata. Nel caso dei contadini russi, tuttavia, la loro proprietà comune dovrebbe essere trasformato in proprietà privata.

L'analisi di Capitale prevede quindi alcun motivo a favore o contro la vitalità del comune russo. Ma lo studio speciale che ho fatto, tra cui la ricerca di materiale originale, mi ha convinto che il comune è il fulcro per la rigenerazione sociale in Russia. Ma in modo che esso possa funzionare come tale, le influenze nocive assalgono da tutte le parti devono prima essere eliminate, e deve quindi essere certi delle condizioni normali per sviluppo spontaneo.

Cordiali saluti,
Karl Marx


Lenin: Seconda lettera sulla tattica

Lenin trascorse come esule gran parte della sua vita. Un destino simile era toccato al suo maestro Georgij Plechanov. Benché si trovasse all'estero, Lenin non mancò mai di far sentire la sua voce e di far sapere quello che pensava.

"Il marxismo, scrisse Lenin nella seconda lettera sulla tattica,  esige da noi un'analisi il più esattta possibileassstrettamente esatta e oggettivamente verificabile dei rapporti di classe e delle caratteristiche peculiari di ogni situazione storica. Noi bolscevichi abbiamo sempre cercato di soddisfare questo requisito".

Nelle organizzazioni di sinistra che si ispiravano al leninismo si parlava di "analisi concreta della situazione concreta." Detto ciò, va osservato che per Marx "il concreto è concreto perchè sintesi di molte determinazioni e unità del molteplice". Chiaro? Per Marx, non si discende dall'astratto al concreto, ma si sale al concreto. (E. Ilenkov La dialettica dell'astratto e  del concreto nel Capitale d Marx,  Introduzione di L. Colletti, Feltrinelli.)
"La nostra teoria non è un dogma", asseriva Lenin, "ma una guida per l'azione". Marx ed Engels hanno sempre criticato giustamente la semplice memorizzazione e ripetizione di "formule" che nel migliore dei casi sono solo in grado di marcare i compiti generali, che sono necessariamente modificabili dalle condizioni economiche e politiche concrete di ogni periodo di un particolare processo storico."

Ora, spiegava Lenin, in Russia è in atto una rivoluzione e noi dobbiamo prenderne il comando, altrimenti lo faranno altri partiti. La politica aborre il vuoto, e la rivoluzione fallirà. A chi gli chiedeva come sarebbe andata a finire, Lenin rispondeva al mdo del Bonaparte: "Intanto diamo battaglia, poi vedremo".

Lenin aveva atteso da quando lo zar gli aveva impiccato il fratello Alexander il momento in cui avrebbe potuto applicare la legge del taglione. Il piccolo Volodia frequentava il ginnasio a Kazan. La madre era corsa a San Pietroburgo nel disperato tentativo di salvare la vita del figlio. Volodia era andato a scuola. Aveva compito di greco. Consegnò il compito e andò a passeggiare lungo il Volga.

Lenin; "La catastrofe imminente"

"La Russia è minacciata da una catastrofe inevitabile" scrisse Lenin in La catastrofe imminente. "I trasporti ferroviari sono incredibilmente disorganizzati, e la disorganizzazione aumenta. Le ferrovie si arresteranno. La fornitura delle materie prime e del carbone per le fabbriche cesserà e cesserà il rifornimento di cereali. I capitalisti sabotano (danneggiano, bloccano, minano, frenano) scientemente e incessantemente la produzione, con la speranza che una catastrofe inaudita porti al crollo della repubblica e della democrazia, dei soviet e, in generale, delle associazioni proletarie e contadine, faciliti il ritorno alla monarchia e la restaurazione dell'onnipotenza della borghesia e dei grandi proprietari fondiari. Una catastrofe di ampiezza senza precedenti e la carestia ci minacciano inesorabilmente. Tutti i giornali ne hanno parlato infinite volte. I diversi partiti e i soviet dei deputati degli operai, dei soldati e dei contadini, hanno approvato un numero inverosimile di risoluzioni nelle quali si riconosce che la catastrofe è inevitabile, imminente, che bisogna combatterla strenuamente, che il popolo deve fare «sforzi eroici » per scongiurare il disastro, ecc.

Tutti lo dicono. Tutti lo riconoscono. Tutti lo constatano. E non si fa nulla. Sono passati sei mesi di rivoluzione. La catastrofe si avvicina sempre più. Si è giunti alla disoccupazione di massa. Si pensi: nel paese vi è penuria di merci; il paese è in preda alla rovina per-ché mancano i prodotti, manca la manodopera mentre si hanno in quantità sufficiente grano e materie prime; e in questo paese, in un momento cosi critico, la disoccupazione ha assunto un carattere di massa! Quale prova occorre ancora per dimostrare che in sei mesi di rivoluzione (che alcuni chiamano grande, ma che, per il momento, sarebbe più giusto chiamare putrida), con una repubblica democratica ove abbondano le associazioni, gli organismi, le istituzioni che si dicono orgogliosamente «democratiche rivoluzionarie», non si è fatto proprio nulla di serio contro la catastrofe, contro la carestia? Ci avviciniamo al crollo con rapidità crescente, poiché la guerra non attende, e la disorganizzazione che essa porta in tutti i campi della vita nazionale si aggrava sempre più.

E tuttavia basterebbe un po' d'attenzione e di riflessione per convincersi che esistono i mezzi per combattere la catastrofe e la carestia, che i provvedimenti da adottare sono assolutamente chiari, semplici, realizzabili, adeguati alle forze del popolo e che questi provvedimenti non si prendono unicamente, esclusivamente perché la loro attuazione recherebbe pregiudizio ai profitti inauditi di un pugno di grandi proprietari fondiari e di capitalisti!

È un fatto. Posso affermare con certezza che non troverete un solo discorso, un solo articolo di giornale di qualsiasi tendenza, una sola risoluzione di qualsiasi assemblea o istituzione che non riconosca in termini chiari e precisi quali dovrebbero essere i provvedimenti fondamentali, principali, per combattere, per scongiurare la catastrofe e la carestia. Questi provvedimenti sono: controllo, sorveglianza, censimento, regolamentazione da parte dello Stato, ripartizione razionale della mano d'opera nella produzione e nella distribuzione, risparmio delle forze del popolo, soppresione di ogni loro sperpero, economia di queste forze. Controllo, sorveglianza, censimento: ecco da che cosa si deve incominciare per lottare contro la catastrofe e la carestia. Ecco ciò che è incontestabile e che tutti riconoscono. Ma è precisamente ciò che non si fa per tema di attentare all'onnipotenza dei proprietari fondiari e dei capitalisti, ai loro profitti smisurati, inauditi, scandalosi, profitti che essi intascano grazie all'alto costo della vita, alle forniture militari (per la guerra ora «lavorano», direttamente o indirettamente, quasi tutti), profitti che tutti conoscono, che tutti osservano, e a proposito dei quali tutti danno in esclamazioni.

Ma non si fa assolutamente nulla per istituire con qualche serietà un controllo, una sorveglianza e un censimento da parte dello Stato".

Lo storico francese Marc Ferro cita nella sua storia della rivoluzione russa un rapporto di polizia in cui si afferma che per gli operai delle città la situazione era ai limiti della disperazione. Ciò favoriva i bolscevichi che sapevano di poter contare su una enorme massa di manovra composta da disperati. Lenin sfruttò abilmente la massa di disperati che misero le loro vite nelle sue mani.


Lenin; "L'arte dell'insurrezione"


Per Lenin, l'insurezione era un'opera d'arte. Come egli scrisse nel settembre 1917,  "Coscienti della necessità assoluta dell'insurrezione degli operai di Pietrogrado e di Mosca per salvare la rivoluzione e la Russia, minacciata da una spartizione "separata fra gli imperialisti delle due coalizioni, dobbiamo dapprima alla Conferenza adattare la nostra tattica politica alle condizioni dell'insurrezione che sale, e in secondo luogo provare che non solo a parole noi accettiamo l'idea di Marx sulla necessità di considerare l'insurrezione come un'arte."

Alla Conferenza dobbiamo per prima cosa rendere coesa la frazione bolscevica, senza correre dietro al numero, senza temere di lasciare gli esitanti nel campo degli esitanti: "Là saranno più utili alla causa della rivoluzione che non nel campo dei combattenti risoluti e devoti.

"Dobbiamo redigere una breve dichiarazione a nome dei bolscevichi, sottolineando nel modo più reciso l’inopportunità dei lunghi discorsi, e dei “discorsi” in generale; la necessità di un’azione immediata per la salvezza della rivoluzione; la necessità assoluta di una rottura completa con la borghesia, della destituzione di tutto il governo attuale, senza alcuna eccezione per nessuno, di una rottura completa con gli imperialisti franco-inglesi che preparano una spartizione "separata" della Russia, e infine la necessità del passaggio immediato di tutto il potere nelle mani di una democrazia rivoluzionaria diretta dal proletariato rivoluzionario".

"La nostra dichiarazione deve formulare questa conclusione nel modo più breve e più reciso, in connessione col nostro progetto di programma: la pace ai popoli, la terra ai contadini, confisca dei profitti scandalosi dei capitalisti, repressione dello scandaloso sabotaggio della produzione perpetrato dai capitalisti."

Più la dichiarazione sarà breve e recisa, meglio sarà. Vi si dovranno soltanto indicare chiaramente altri due punti di grandissima importanza: il popolo è stanco fino all’esaurimento delle esitazioni, il popolo tormentato dalle indecisioni dei socialrivoluzionari e dei menscevichi; noi rompiamo definitivamente con questi partiti perchè essi hanno tradito la rivoluzione.

Altro punto: proponendo immediatamente una pace senza annessioni, rompendo senza indugio con gli imperialisti alleati con tutti gli imperialisti in generale, o noi otterremo immediatamente un armistizio, o tutto il proletariato rivoluzionario sarà per la difesa nazionale, e, sotto la sua direzione, la democrazia rivoluzionaria farà una guerra veramente giusta, veramente rivoluzionaria.

Dopo aver letto la nostra dichiarazione, dopo aver invitato a decidere e non a parlare, ad agire e non a stendere risoluzioni, dobbiamo lanciare tutta la nostra frazione nelle officine, nelle caserme: là è il suo posto, là è il nervo della vita, là è la sorgente della salvezza della rivoluzione, là è il motore della Conferenza democratica.

Con discorsi ardenti, appassionati, dobbiamo ivi spiegare il nostro programma, ponendo la questione in questi termini:o accettazione completa di questo programma da parte della Conferenza o insurrezione. Non c'è via di mezzo. È impossibile attendere. La rivoluzione è in pericolo.

Posta la questione in questi termini, centrata l'attività di tutta la nostra frazione nelle officine e nelle caserme, sceglieremo il momento propizio per l'insurrezione.

Per considerare l'insurrezione come la devono considerare i marxisti, cioè come un'arte, dobbiamo, al tempo stesso, senza perdere un istante, organizzare uno Stato Maggiore delle squadre insurrezionali, ripartire le nostre forze, inviare i reggimenti sicuri nei punti più importanti, circondare Aleksandrinka, occupare Pietropavlovka, arrestare lo Stato Maggiore generale e il governo. mandare contro gli junker e contro la divisione selvaggia delle squadre pronte a sacrificare la loro vita piuttosto che lasciare avanzare il nemico verso il centro della città, mobilitare gli operai armati, chiamarli ad un’ultima accanita battaglia, occupare immediatamente il telefono e il telegrafo, installare il nostro Stato Maggiore insurrezionale nella centrale telefonica, collegarla per telefono con tutte le officine, con tutti i reggimenti, con tutti i punti dove si svolgerà la lotta armata, ecc.

Tutto ciò è naturalmente approssimativo, detto al solo scopo di dimostrare che in questo momento non si può rimaner fedeli ai marxismo e alla rivoluzione senza considerare l'insurrezione come un'arte."


Il rinnegato Kausky


"La domanda fondamentale, scrisse Lenn, che Kautsky discute nel suo opuscolo che è l'essenza stessa della rivoluzione proletaria, vale a dire, la dittatura del proletariato. Questa è una domanda che è della massima importanza per tutti i paesi, in particolare per quelli avanzati, in particolare per quelli in guerra, e in particolare al momento attuale. Si può dire senza tema di esagerazione che questo è il problema fondamentale di tutta la lotta di classe proletaria. È pertanto necessario prestare particolare attenzione.

Kautsky formula la domanda come segue: "Il contrasto tra le due tendenze socialiste" (vale a dire, i bolscevichi ei non bolscevichi) "è il contrasto tra due metodi radicalmente diversi: la dittatura e la democrazia" (Pag. 3).

Cerchiamo di Segnaliamo, di passaggio, che quando si chiama i non bolscevichi in Russia, ad esempio, i menscevichi ei socialisti-rivoluzionari, socialisti, Kautsky è stata guidata dal loro nome, vale a dire, da una parola, e non dal luogo effettivo che occupano nella lotta tra il proletariato e la borghesia. Che meravigliosa comprensione e applicazione del marxismo! Ma più di questo più tardi. (A. Riosenberg Democrzia e socialismo, De Donato)

Per il momento, dobbiamo affrontare il punto principale, vale a dire, con grande scoperta di Kautsky del "contrasto fondamentale" tra "metodi democratici e dittatoriali". Questo è il nocciolo della questione; che è l'essenza dell'opuscolo di Kautsky. E questa è una confusione tale terribile teorica, una rinuncia così completa del marxismo, che Kautsky, bisogna confessare, è di gran lunga più eccelso di Bernstein.

La questione della dittatura del proletariato è una questione del rapporto dello Stato proletario allo Stato borghese, della democrazia proletaria alla democrazia borghese. Si potrebbe pensare che questo è chiaro come un pikestaff. Ma Kautsky, come un maestro di scuola che è diventata secca come la polvere dal citare gli stessi vecchi libri di testo di storia, si gira con insistenza la schiena il ventesimo secolo e il suo volto al XVIII secolo, e per la centesima volta, in un certo numero di punti, in modo incredibilmente noioso mastica il vecchio cud sulla relazione della democrazia borghese all'assolutismo e medievalismo!

Suona proprio come stesse masticando stracci nel sonno!

Ma questo significa che assolutamente non riesce a capire che cosa è che cosa! Non si può fare sorridendo sforzo di Kautsky per far sembrare che ci sono persone che predicano "disprezzo per la democrazia" (p. 11) e così via. Questo è il genere di chiacchiere Kautsky usa per avvolgere e confondere la questione, poiché egli parla come i liberali, parlando di democrazia in generale, e non di democrazia borghese; Ha anche evita di usare questo preciso, termine di classe, e, invece, cerca di parlare di democrazia "presocialist". Questo parolaio dedica quasi un terzo del suo opuscolo, venti pagine di sessantatré anni, a questo chiacchiere, che è così piacevole per la borghesia, perché equivale a abbellire la democrazia borghese, e oscura la questione della rivoluzione proletaria.

Ma, dopo tutto, il titolo dell'opuscolo di Kautsky è la dittatura del proletariato. Tutti sanno che questa è l'essenza della dottrina di Marx; e dopo un sacco di chiacchiere irrilevanti Kautsky era obbligato a citare le parole di Marx sulla dittatura del proletariato.

Ma il modo in cui il "marxista" ha fatto è stato semplicemente una farsa! Ascolta questo:

"Questo punto di vista" (che Kautsky ribattezza "disprezzo per la democrazia") "poggia su una sola parola di Karl Marx". Questo è ciò che Kautsky dice letteralmente a pagina 20 ea pagina 60 la stessa cosa si ripete anche nella forma che essi (i bolscevichi) "opportunamente ricordato la parolina" (che è letteralmente quello che dice-des Wörtchens !!) " per la dittatura del proletariato che Marx una volta utilizzato nel 1875 in una lettera ".

Ecco "parolina" di Marx:

"Tra la società capitalista e comunista, si trova il periodo della trasformazione rivoluzionaria della uno dentro l'altro. Corrispondente a questo è anche un periodo di transizione politica in cui lo Stato non può essere altro che la dittatura rivoluzionaria del proletariato. "[3]

Prima di tutto, per chiamare questo ragionamento classica di Marx, che riassume tutta la sua dottrina rivoluzionaria, "una sola parola" e anche "un po 'di parola," è un insulto al completo e la rinuncia del marxismo. Non si deve dimenticare che Kautsky conosce Marx quasi a memoria, e, a giudicare da tutto quello che ha scritto, che ha nella sua scrivania, o nella sua testa, un certo numero di piccione-fori in cui tutto ciò che è stato mai scritto da Marx è più accuratamente depositata in modo da essere a portata di mano per la citazione. Kautsky deve sapere che sia Marx ed Engels, nelle loro lettere, così come nelle loro opere pubblicate, più volte parlato della dittatura del proletariato, prima e soprattutto dopo la Comune di Parigi. Kautsky deve sapere che la formula "dittatura del proletariato" è semplicemente una formulazione più storicamente concreta e scientificamente esatta del compito del proletariato di "smashing" macchina statale borghese, su cui sia Marx ed Engels, nel riassumere l'esperienza della rivoluzione del 1848, e, più ancora, del 1871, ha parlato per quaranta anni, tra il 1852 e il 1891.

Come è questa distorsione mostruosa del marxismo da quel pedante marxista Kautsky può spiegare? Per quanto riguarda le radici filosofiche di questo fenomeno sono interessati, equivale alla sostituzione dell'eclettismo e sofistica per la dialettica. Kautsky è un maestro passato in questo genere di sostituzione. Considerato dal punto di vista della politica pratica, esso ammonta a asservimento gli opportunisti, che è, in ultima analisi, alla borghesia. Dallo scoppio della guerra, Kautsky ha reso sempre più rapidi progressi in questa arte di essere un marxista a parole e un lacchè della borghesia nei fatti, fino a quando non è diventato un virtuoso a questo.

Ci si sente ancora più convinto di questo momento di esaminare il modo straordinario in cui Kautsky "interpreta" "parolina" di Marx sulla dittatura del proletariato. Ascolta questo:

"Marx, purtroppo, trascurato per mostrarci in modo più dettagliato come ha concepito questa dittatura. . . . "(Questa è una frase assolutamente menzognera di un rinnegato, per Marx ed Engels ci ha dato, infatti, un certo numero di maggior parte delle indicazioni dettagliate, che Kautsky, il pedante marxista, ha deliberatamente ignorato.)", Letteralmente, la parola dittatura significa il abolizione della democrazia. Ma, naturalmente, preso alla lettera, questa parola significa anche la regola indivisa di una sola persona non vincolato da alcuna legge-un'autocrazia, che si differenzia dal dispotismo solo nella misura in cui non è intesa come istituzione stato permanente, ma come una misura di emergenza transitoria .

"Il termine, 'dittatura del proletariato', quindi non la dittatura di un singolo individuo, ma di una classe, ipso facto preclude la possibilità che Marx a questo proposito aveva in mente una dittatura nel senso letterale del termine.

"Egli non parla qui di una forma di governo, ma di una condizione, che deve necessariamente nascere dovunque il proletariato ha acquisito il potere politico. Che Marx in questo caso non ha avuto in mente una forma di governo è dimostrato dal fatto che egli era del parere che in Gran Bretagna e in America il passaggio potrebbe avvenire in pace, cioè, in modo democratico "(p. 20).

Abbiamo volutamente citato questo argomento in pieno in modo che il lettore possa vedere chiaramente i metodi di Kautsky il "teorico" impiega.

Kautsky ha scelto di affrontare la questione in modo tale da iniziare con una definizione della dittatura "parola".

Ottimo. Ognuno ha un sacrosanto diritto di affrontare una domanda in qualunque modo che gli piace. Bisogna distinguere solo un approccio serio e onesto da uno disonesto. Chiunque voglia di essere seri nell'affrontare la questione in questo modo dovrebbe dare la propria definizione di "parola". Allora la domanda sarebbe stato messo in modo equo e ad angolo retto. Ma Kautsky non lo fa. "Letteralmente," egli scrive, "la parola dittatura significa l'abolizione della democrazia".

In primo luogo, questa non è una definizione. Se Kautsky ha voluto evitare di dare una definizione del concetto di dittatura, perché ha scelto questo particolare approccio alla questione?

In secondo luogo, è ovviamente sbagliato. E 'naturale per un liberale parlare di "democrazia" in generale; ma un marxista non potrà mai dimenticare di chiedere: "per quale classe" Tutti sanno, per esempio (e Kautsky lo "storico" sa troppo), che ribellioni, o anche forte fermento, tra gli schiavi in ​​tempi antichi in una volta rivelato il fatto che l'antico stato era essenzialmente una dittatura dei proprietari di schiavi. Ha fatto questa dittatura abolire la democrazia tra, e per i proprietari di schiavi? Everyhody sa che non ha fatto.

Kautsky il "marxista" fece questa dichiarazione mostruosamente assurda e falsa perché ha "dimenticato" la lotta di classe. . . .

Per trasformare l'affermazione liberale e falso di Kautsky in un marxista e vera, si deve dire: la dittatura non significa necessariamente la soppressione della democrazia per la classe che esercita la dittatura sopra altre classi; ma significa l'abolizione (o restrizione molto materiale, che è anche una forma di abolizione) della democrazia per la classe su cui, o contro il quale, si esercita la dittatura.

Ma, per quanto vera questa affermazione può essere, non dà una definizione della dittatura.

Esaminiamo frase successiva di Kautsky:

". . . Ma, naturalmente, preso alla lettera, questa parola significa anche la regola indivisa di una sola persona non vincolato da alcuna legge. . . ".

Come un cucciolo cieco sniffing in un primo caso in una direzione e poi in un'altra, Kautsky inciampato accidentalmente su una vera idea (vale a dire, che la dittatura è regola non vincolato da alcuna legge), tuttavia, non è riuscito a dare una definizione della dittatura, e per di più , ha fatto un errore storico ovvio, e cioè che la dittatura significa che la regola di una sola persona. Questo è anche grammaticalmente scorretto, dal momento che la dittatura può essere esercitato anche da un manipolo di persone, o da un'oligarchia, o da una classe, etc.

Kautsky passa poi a sottolineare la differenza tra la dittatura e il dispotismo, ma, anche se quello che dice è ovviamente errata, Non ci soffermeremo su di essa, come è del tutto irrilevante per la questione che ci interessa. Tutti sanno che l'inclinazione di Kautsky a girare dal ventesimo secolo al XVIII, e dal Settecento all'antichità classica, e speriamo che il proletariato tedesco, dopo che ha raggiunto la sua dittatura, porterà questa inclinazione del suo presente e lo nomina, dire, docente di storia antica a un certo Gymnasium. Per cercare di sfuggire a una definizione della dittatura del proletariato da filosofeggiare su dispotismo è o stupidità crassa o inganno molto goffo.

Come risultato, si scopre che, avendo intrapreso per discutere la dittatura, Kautsky snocciolato una grande quantità di bugie manifeste, ma ha dato alcuna definizione! Eppure, invece di fare affidamento sulle sue facoltà mentali avrebbe potuto usare la sua memoria per estrarre da "piccione-buchi" tutti quei casi in cui Marx parla della dittatura. Se lo avesse fatto, egli avrebbe certamente dovuto arrivare sia alla seguente definizione o in uno nella sostanza coincidente con esso:

La dittatura è regola basata direttamente sulla forza e senza restrizioni da alcuna legge.

La dittatura rivoluzionaria del proletariato è la regola vinto e mantenuto da l'uso della violenza da parte del proletariato contro la borghesia, regola che non ha limitazioni da alcuna legge.

Questa semplice verità, una verità che è chiaro come il sole per ogni operaio cosciente (che rappresenta il popolo, e non una sezione superiore di canaglie piccolo-borghesi che sono stati corrotti dai capitalisti, come sono i social-imperialisti di tutti i paesi), questa verità, che è evidente ad ogni rappresentante delle classi sfruttate in lotta per la loro emancipazione, questa verità, che è fuori discussione per ogni marxista, deve essere "estratta con la forza" dal dottissimo signor Kautsky! Come si può spiegare? Semplicemente quello spirito di servilismo con cui i capi della II Internazionale, che sono diventati sicofanti spregevoli al servizio della borghesia, sono imbevuti.

Kautsky prima commesso un gioco di prestigio, proclamando l'assurdità evidente che la parola dittatura, nel suo senso letterale, significa che la dittatura di una sola persona, e poi, in forza di questo gioco di prestigio-ha dichiarato che "di conseguenza" le parole di Marx della dittatura di una classe non erano destinate in senso letterale (ma in quello in cui la dittatura non implica violenza rivoluzionaria, ma la "pacifica" vincente di una maggioranza in borghese marchio tu- "democrazia").

Si deve, se non vi dispiace, distinguere tra una "condizione" e di una "forma di governo". Un meravigliosamente profonda distinzione; è come tracciare una distinzione tra la "condizione" di stupidità di un uomo che ragiona scioccamente e la "forma" della sua stupidità.

Kautsky ritiene necessario interpretare la dittatura come una "condizione di dominio" (questa è l'espressione letterale che usa nella pagina successiva, p. 21), perché allora la violenza rivoluzionaria, e la rivoluzione violenta, scompare. La "condizione di dominio" è una condizione in cui ogni parte si trova sotto ... "democrazia"! Grazie ad un tale frode, la rivoluzione scompare felicemente!

La frode, però, è troppo grezzo e non salverà Kautsky. Non si può nascondere il fatto che la dittatura presuppone ed implica una "condizione", uno così sgradevole per i rinnegati, della violenza rivoluzionaria di una classe contro un'altra. E 'palesemente assurdo distinguere tra una "condizione" e di una "forma di governo". Per parlare di forme di governo in questo settore si trebly stupido, per ogni scolaro sa che monarchia e repubblica sono due diverse forme di governo. Essa deve essere spiegato al signor Kautsky che entrambe queste forme di governo, come tutte le "forme di governo" di transizione sotto il capitalismo, sono solo variazioni dello Stato borghese, cioè della dittatura della borghesia.

Infine, per parlare di forme di governo non è solo uno stupido, ma anche una falsificazione molto grezzo di Marx, che è stato molto chiaro parlando qui di questa o quella forma o tipo di Stato, e non di forme di governo.

La rivoluzione proletaria è impossibile senza la distruzione violenta della macchina statale borghese e la sua sostituzione con uno nuovo, che, nelle parole di Engels, «non è più uno Stato nel senso proprio della parola". [4]

A causa della sua posizione rinnegato Kautsky, tuttavia, deve avvolgere e smentire tutto questo.

Guardate cosa tremendo sotterfugi che usa.

Prima sotterfugi. "Che Marx in questo caso non ha avuto in mente una forma di governo è dimostrato dal fatto che egli era del parere che in Gran Bretagna e in America il passaggio potrebbe avvenire in pace, cioè, in modo democratico".

La forma di governo non ha assolutamente nulla a che fare con essa, perché ci sono monarchie che non sono tipici dello stato borghese, come, per esempio, come non hanno alcuna cricca militare, e ci sono repubbliche che sono abbastanza tipico in questo senso, tali, per esempio, come hanno una cricca militare e una burocrazia. Questo è un fatto storico e politico universalmente noto, e Kautsky non può falsare esso.

Ci sono leggi storiche relative alla rivoluzione che sa di non fa eccezione: Se Kautsky avesse voluto discutere in modo serio e onesto avrebbe chiesto se stesso? E la risposta sarebbe stata: No, non ci sono tali leggi. Tali leggi si applicano solo al tipico, a ciò che Marx una volta definito il "ideale", cioè media, normale, il capitalismo tipica.

Inoltre, c'era negli anni Settanta tutto ciò che ha fatto l'Inghilterra e l'America eccezionale per quanto riguarda ciò che stiamo discutendo? Sarà evidente a chiunque a tutti familiarità con i requisiti della scienza per quanto riguarda i problemi della storia che la questione deve essere messo. Per riuscire a metterlo equivale a falsificare la scienza, di impegnarsi in sofismi. E, la questione che era stata sollevata, non ci può essere alcun dubbio sulla risposta: la dittatura rivoluzionaria del proletariato è la violenza contro la borghesia; e la necessità di tale violenza è particolarmente richiesto, come Marx ed Engels hanno ripetutamente spiegato in dettaglio (in particolare nella guerra civile in Francia e nella prefazione ad esso), dall'esistenza di militarismo e burocrazia. Ma è proprio queste istituzioni che sono stati inesistenti in Gran Bretagna e in America negli anni Settanta, quando Marx le sue osservazioni (che esistono in Gran Bretagna e in America ora)!

Kautsky deve ricorrere a trucchi letteralmente ad ogni passo per coprire la sua apostasia!

E notate come ha involontariamente tradito il suo zoccolo fesso quando scrisse: «pacificamente, vale a dire, in modo democratico"!

Nel definire la dittatura, Kautsky fece del suo meglio per nascondere al lettore la caratteristica fondamentale di questo concetto, cioè, violenza rivoluzionaria. Ma ora la verità è fuori: si tratta del contrasto tra le rivoluzioni pacifiche e violente.

Questo è il nocciolo della questione. Kautsky deve ricorrere a tutti questi sotterfugi sofismi e falsificazioni solo per scusarsi di rivoluzione violenta, e per nascondere la sua rinuncia, il suo passaggio dalla parte della politica operaia liberale, cioè dalla parte della borghesia. Questo è il nocciolo della questione.

Kautsky lo "storico" falsifica in modo spudoratamente storia che egli "dimentica" il fatto fondamentale che il pre-capitalismo monopolistico-che in realtà ha raggiunto il suo apice negli anni Settanta, era in virtù dei suoi tratti economici fondamentali, che ha trovato espressione più tipica in Gran Bretagna e in America, che si distingue per una, relativamente parlando, predilezione massimo per la pace e la libertà. L'imperialismo, d'altra parte, vale a dire, il capitalismo monopolistico, che finalmente maturato solo nel XX secolo, è, in virtù dei suoi tratti economici fondamentali, che si distinguono per una predilezione minimo per la pace e la libertà, e da un massimo e universale sviluppo del militarismo . Per "non notare" questo a discutere fino a che punto una rivoluzione pacifica o violenta è tipico o probabile è quello di chinarsi al livello di un lacchè più comune della borghesia.

Secondo sotterfugi. La Comune di Parigi era una dittatura del proletariato, ma è stato eletto a suffragio universale, vale a dire, senza privare la borghesia del franchising, vale a dire, "democraticamente". E Kautsky dice trionfalmente: ". . . La dittatura del proletariato era per Marx "(o: secondo Marx)", una condizione che segue necessariamente dalla democrazia pura, se il proletariato costituisce la maggioranza "(bei überwiegendem Proletariato, S. 21).

Questo argomento di Kautsky è così divertente che si soffre veramente da una vera e propria embarras de richesses (un imbarazzo per la ricchezza... Di obiezioni che possono essere fatte ad esso). In primo luogo, è ben noto che il fiore, lo Stato Maggiore, le sezioni superiori della borghesia, era fuggito da Parigi a Versailles. A Versailles c'era il "socialista" Louis Blanc-, che, tra l'altro, dimostra la falsità dell'affermazione di Kautsky che "tutte le tendenze" del socialismo hanno partecipato alla Comune di Parigi. Non è ridicolo rappresentare la divisione degli abitanti di Parigi in due campi belligeranti, uno dei quali ha abbracciato l'intera sezione militante e politicamente attivi della borghesia, come "democrazia pura" con "suffragio universale"?

In secondo luogo, il Comune di Parigi ha intrapreso la guerra contro Versailles come governo francese dei lavoratori contro il governo borghese. Che cosa hanno "democrazia pura" e "suffragio universale" a che fare con esso, quando Parigi stava decidendo il destino della Francia? Quando Marx ha espresso il parere che il Comune di Parigi aveva commesso un errore nel non riuscire a cogliere la banca, che apparteneva a tutta la Francia, [5] ha fatto non procede dai principi e la pratica della "democrazia pura"?

In realtà, è ovvio che Kautsky scrive in un paese dove la polizia vietano la gente a ridere "in folle", altrimenti Kautsky sarebbe stato ucciso dal ridicolo.

In terzo luogo, vorrei rispettosamente ricordare signor Kautsky, che ha Marx ed Engels off pat, delle seguenti valutazione del Comune di Parigi data da Engels dal punto di vista. . . "Democrazia pura":

"Avere questi signori" (gli anti-autoritari) "mai visto una rivoluzione? Una rivoluzione è certamente la cosa più autoritaria non c'è; si tratta di un atto con il quale una parte della popolazione impone la sua volontà all'altra per mezzo di fucili, baionette e cannoni-che sono tutti mezzi altamente autoritari. E il partito vittorioso deve mantenere il suo dominio per mezzo del terrore che le sue armi ispirano ai reazionari. Sarebbe la Comune di Parigi sono durati più di un giorno, se non avesse usato l'autorità del popolo armato contro la borghesia? Non possiamo, al contrario, la colpa per aver fatto troppo poco uso di questa autorità? "[6]

Qui è la vostra "democrazia pura"! Come Engels avrebbe ridicolizzato il piccolo borghese volgare, il "socialdemocratico" (nel senso francese degli anni Quaranta e il senso generale europeo del 1914-18), che ha preso in testa a parlare di "democrazia pura" in un divisa in classi della società!

Ma questo è sufficiente. E 'impossibile elencare varie assurdità tutto di Kautsky, dal momento che ogni frase che pronuncia è un pozzo senza fondo di apostasia.

Marx ed Engels hanno analizzato la Comune di Parigi in un modo più dettagliato e ha dimostrato che il suo merito sta nel suo tentativo di distruggere, per spezzare la "macchina statale già pronta". Marx ed Engels considerato questa conclusione sia così importante che questo era l'unico emendamento che ha introdotto nel 1872 nel programma "obsolete" (in alcune parti) del Manifesto Comunista. [7] Marx ed Engels hanno mostrato che il Comune di Parigi aveva abolito l'esercito e la burocrazia, aveva abolito il parlamentarismo, aveva distrutto ", che escrescenza parassitaria, lo stato", ecc Ma il saggio Kautsky, indossando il berretto da notte, ripete la favola di "democrazia pura", che è stato detto mille volte da liberale professori.

Non c'è da stupirsi Rosa Luxemburg ha dichiarato, il 4 agosto 1914, che la socialdemocrazia tedesca era un cadavere puzzolente.

Terzo sotterfugi. "Quando si parla della dittatura come forma di governo non si può parlare di dittatura di una classe, dal momento che una classe, come abbiamo già sottolineato, non può che dominare, ma non governare. . . . "E '" organizzazioni "o" parti "che governano.

Questo è un pasticcio, un pasticcio disgustoso, il signor "abborracciata Consigliere"! La dittatura non è una "forma di governo"; che è una sciocchezza ridicola. E Marx non parla della "forma di governo", ma della forma o tipo di Stato. Questo è qualcosa di completamente diverso, completamente diverso. È del tutto sbagliato, troppo, per dire che una classe non può governare: una tale assurdità poteva essere pronunciata solo da un "cretino parlamentare", che non vede altro che i parlamenti borghesi e le comunicazioni nient'altro che "partiti di governo". Qualsiasi paese europeo fornirà Kautsky esempi di governo di una classe dirigente, per esempio, i proprietari terrieri nel Medioevo, a dispetto della loro organizzazione insufficiente.

Per riassumere: Kautsky ha in un modo senza precedenti più distorto il concetto dittatura del proletariato, e si è trasformato Marx in un liberale comune; cioè, si è toccato il livello di un liberale che pronuncia frasi banali su "democrazia pura", abbellendo e sorvolare il contenuto di classe della democrazia borghese, e si riduce, soprattutto, dall'uso della violenza rivoluzionaria della classe oppressa . Così "interpretare" il concetto di "dittatura rivoluzionaria del proletariato", come di cancellare la violenza rivoluzionaria della classe oppressa contro i suoi oppressori, Kautsky ha battuto il record mondiale della distorsione liberale di Marx. Il rinnegato Bernstein ha dimostrato di essere un altro cucciolo rispetto al rinnegato Kautsky.



Lenin: I compiti immediati del potere sovietico


Quali erano, dunque, i fatti oggettivi chiaramente definiti, che dovevano essere considerati come gli elementi che dovevano guidare il partito del proletariato rivoluzionario, definire i compiti e le forme della sua attività?

"Sia nella mia prima Lettera da lontano  pubblicata sulla Pravda nn. 14 e 15, 21 marzo e 22, 1917, e nelle mie tesi, scrisse Lenin, definisco "la caratteristica specifica della situazione attuale Russia "come un periodo di transizione dalla prima fase della rivoluzione al secondo. Ho quindi ritenuto lo slogan di base, il "compito del giorno" in questo momento di essere: "I lavoratori hanno compiuto miracoli di eroismo proletario, l'eroismo del popolo, nella guerra civile contro lo zarismo. È necessario compiere miracoli di organizzazione, organizzazione del proletariato e di tutto il popolo, per preparare la strada per la vostra vittoria nella seconda fase della rivoluzione "(Pravda n. 15).

Qual è, allora, è la prima tappa? E 'il passaggio di potere statale alla borghesia. Prima della rivoluzione di febbraio-marzo del 1917, il potere dello Stato in Russia era nelle mani di una vecchia classe, vale a dire, la nobiltà terriera, guidata da Nicola Romanov.

Dopo la rivoluzione, il potere è nelle mani di una classe diversa, una nuova classe, vale a dire, la borghesia. Il passaggio del potere statale da una classe all'altra è il primo, il principale, il segno di base di una rivoluzione, sia nella strettamente scientifico e nel significato politico pratico di tale termine.

In questo senso borghese o democratico-borghese la rivoluzione in Russia è completata. Ma a questo punto si sente un clamore di protesta da parte di persone che hanno prontamente chiamano se stessi "vecchi bolscevichi". Non abbiamo sempre mantenere, dicono, che la rivoluzione democratica borghese è completata solo dalla "dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini"? E 'la rivoluzione agraria, che è anche una rivoluzione democratico-borghese, ha completato? Non è un dato di fatto, al contrario, che non è nem,meno iniziata?

La risposta di Lenin fu: Gli slogan e le idee bolsceviche nel complesso sono state confermate dalla storia; ma concretamente le cose hanno funzionato in modo diflerente; sono più originali, più particolari, più varie che ci si potesse aspettare.

Per ignorare o trascurare questo fatto significherebbe prendere dopo quelli "vecchi bolscevichi", che più di una volta già hanno giocato in modo deplorevole un ruolo nella storia del nostro partito ribadendo formule insensatamente imparate a memoria invece di studiare le caratteristiche specifiche del nuovo e di vita la realtà.

'La dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini "è già diventata una realtà nella rivoluzione russa. Questa" formula "prevede solo un rapporto di classi, e non un'istituzione politica concreta per l'attuazione della presente relazione": "Il Soviet dei lavoratori dei soldati".

Questa formula è già antiquata. Gli eventi hanno mtato il quadro della situazione. Un compito nuovo e diverso ora abbiamo di fronte: per effettuare una scissione all'interno di questa dittatura tra gli elementi proletari (l'anti-difensismo, elementi internazionalisti, "comunisti", che sono per una transizione verso il comune) e gli  elementi borghesi (Ckheidze, Tsereteli, Steklov, i socialisti-rivoluzionari e gli altri difensisti rivoluzionari, che si oppongono al movimento verso il comune e sono a favore di "sostenere" la borghesia e il governo borghese).

La persona che ora parla solo di una "dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini" è al passo coi tempi, di conseguenza, è andato verso la piccola borghesia contro la lotta di classe del proletariato a tutti gli effetti; quella persona dovrebbe essere consegnato all'archivio dei "bolscevichi" antiquariato pre-rivoluzionari (che può essere chiamato l'archivio di "vecchi bolscevichi").

La dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini è già stato realizzato, ma in un modo molto originale, e con un numero di estremamente importanti modifiche. Esaminerò separatamente in uno dei miei prossimi lettere. Per il momento, è essenziale per cogliere la verità incontestabile che un marxista deve prendere atto della vita reale, dei veri fatti della realtà, e non aggrapparsi a una teoria di ieri, che, come tutte le teorie, nella migliore delle ipotesi delinea solo il principale e il generale, viene solo in prossimità di abbracciare la vita in tutta la sua complessità.

Per affrontare la questione del "completamento" della rivoluzione borghese nel vecchio modo è quello di sacrificare il marxismo vivere alla lettera morta.

Secondo il vecchio modo di pensare, il dominio della borghesia potrebbe e dovrebbe essere seguito dal dominio del proletariato e dei contadini, per la loro dittatura.

Nella vita reale, però, le cose sono già andate diversamente; c'è stato un estremamente originale, nuova e interlacciamento senza precedenti da una con l'altra. Abbiamo fianco a fianco, esistente insieme, allo stesso tempo, sia il dominio della borghesia (il governo di Lvov e Guckov) e una dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini, che sta cedendo volontariamente il potere alla borghesia, volontariamente rendendosi un'appendice della borghesia.

Perché non si deve dimenticare che in realtà, a Pietrogrado, il potere è nelle mani degli operai e dei soldati; il nuovo governo non utilizza e non può usare la violenza contro di loro, perché non c'è polizia, né esercito permanente, né burocrazia. Questo è un dato di fatto, il tipo di realtà che è caratteristica di uno stato del tipo della Comune. Questo fatto non è adatta ai vecchi schemi. Bisogna saper adattare i regimi ai fatti, invece di ribadire le parole ormai senza senso di una "dittatura del proletariato e dei contadini" in generale.

Per gettare più luce su questa questione accostiamoci da un'altra angolazione. Un marxista non deve abbandonare il terreno di un'attenta analisi dei rapporti di classe. La borghesia è al potere. Ma non è la massa dei contadini anche una borghesia, solo di un diverso strato sociale, di natura diversa, di un carattere diverso? Donde ne consegue che questo strato non può venire al potere, in tal modo "completare" la rivoluzione democratica borghese? Perché dovrebbe essere impossibile?

Questo è il modo in cui il vecchio bolscevichi spesso sostengono. La mia risposta è che è del tutto possibile. Ma, nel valutare una data situazione, un marxista non deve procedere da ciò che è possibile, ma da ciò che è reale. E la realtà è che i soldati liberamente eletti e i  deputati eleti dai contadini si stanno liberamente unendo e sono pronti a integrare il governo; mentre la classe dominante sta cedendo il potere alla borghesia, un fatto che non per nulla in contrasto con la teoria del marxismo, perché abbiamo sempre saputo e ripetutamente sottolineato che la borghesia si mantiene al potere non solo con la forza, ma, anche in virtù della mancanza di coscienza di classe e di organizzazione delle masse.

In considerazione di questa realtà odierna, è semplicemente ridicolo voltare le spalle al fatto e parlare di "possibilità". Ma c'è anche un'altra possibilità; è possibile che i contadini prendano il consiglio del partito piccolo-borghese dei socialisti-rivoluzionari, che ha ceduto all'influenza della borghesia, ha adottato una posizione difensismo, e che consiglia di attendere l'Assemblea costituente, anche se non ancora la data della sua convocazione è stata fissata.

E 'possibile che i contadini mantengano e prolunghino il loro accordo con la borghesia, un affare che ora hanno concluso attraverso i Soviet dei deputati operai e soldati non solo nella forma, ma in realtà. Molte cose sono possibili. Sarebbe un grave errore dimenticare il movimento agrario e il programma agrario. Ma sarebbe altrettanto un errore di dimenticare la realtà, che rivela il fatto che un accordo esiste, esiste una collaborazione di classe. Quando questo fatto cesserà di essere un fatto, quando i contadini si separeranno dalla borghesia, vedremo il das farsi.

Un marxista che, in vista della possibilità di un tale futuro, dovesse dimenticare i suoi doveri nel presente, quando i contadini si accordano con la borghesia, si trasformerebbe in un piccolo borghese. Nelle mie tesi, scrisse Lenin, ho decisamente ridotto la domanda ad uno di una lotta per l'influenza all'interno dei Soviet dei deputati operai ', salariati agricoli, contadini e soldati Deputies.To non lasciano ombra di dubbio a questo proposito.

Persone ignoranti o rinnegati del marxismo, come il signor Plekhanov, possono gridare anarchismo, blanquismo, e così via. Ma coloro che vogliono pensare e imparare non può non capire che Blanquismo significa la presa del potere da parte di una minoranza, mentre i Soviet sono certamente l'organizzazione diretta ed immediata della maggior parte delle persone. Il lavoro confinato in una lotta per l'influenza all'interno di questi sovietici non può, semplicemente non può, smarrirsi nella palude di blanquismo. Né può smarrirsi nella palude di anarchismo, per l'anarchismo nega la necessità di uno Stato e stato di alimentazione nel periodo di transizione dal dominio della borghesia al dominio del proletariato, mentre io, con una precisione che preclude ogni possibilità di errata interpretazione, sostengono la necessità di uno stato in questo periodo, anche se, in accordo con Marx e le lezioni della Comune di Parigi, io non sostengo il solito stato borghese parlamentare, ma uno stato senza esercito permanente, senza una polizia opposta al popolo , senza una burocrazia posta al di sopra del popolo.

Quando il signor Plekhanov, nel suo giornale Yedinstvo, grida con tutta la forza che questo è l'anarchismo, egli è semplicemente dando ulteriore prova della sua rottura con il marxismo. Sfidato da me in Pravda (n ° 26) per dirci ciò che Marx ed Engels hanno insegnato sull'argomento nel 1871, il 1872 e il 1875 il signor Plekhanov canonly preservare il silenzio sulla questione in esame e gridare abusi alla maniera di la borghesia infuriato.

Il signor Plekhanov, l'ex-marxista, è assolutamente riuscito a comprendere la dottrina marxista dello Stato. Per inciso, i germi di questa mancanza di comprensione sono anche ha trovato nel suo opuscolo tedesco sull'anarchismo.
 
Ora vediamo come compagno Y. Kamenev, in Pravda n ° 27, formula il suo "disaccordo" con le mie tesi e con le opinioni espresse sopra. Questo ci aiuterà a cogliere più chiaramente.

"Per quanto riguarda schema generale del compagno Lenin", scrive il compagno Kamenev, "ci sembra inaccettabile, in quanto procede dal presupposto che la rivoluzione democratico-borghese è stata completata, e si basa sulla trasformazione immediata di questa rivoluzione in rivoluzione socialista. '

Ci sono due grandi errori qui.

Primo. La questione del "completamento" della rivoluzione democratica borghese si afferma a torto. La domanda è messo in un astratto, semplice, per così dire un colore, modo, che non corrisponde alla realtà oggettiva. Per mettere la questione in questo modo, a chiedere ora "se la rivoluzione democratica borghese è completato" e non dire altro, è quello di impedirsi di vedere la realtà estremamente complessa, che, almeno due colori. Questo è in teoria. In pratica, ciò significa cedere impotente a rivoluzionarismo piccolo-borghese.

In effetti, la realtà ci mostra sia il passaggio del potere nelle mani della borghesia (una rivoluzione democratico-borghese "a termine" del tipo solito) e, fianco a fianco con il governo vero e proprio, l'esistenza di un governo parallelo, che rappresenta il " dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini ". Questo "secondo governo" ha in sé ceduto il potere alla borghesia, si è incatenato al governo borghese.

È questa realtà coperti da vecchio-bolscevica formula del compagno Kamenev, che dice che "la rivoluzione borghese-democratica non è stata completata"?

Non è. La formula è obsoleto. E non va bene a tutti. E 'morto. Ed è inutile cercare di rianimarlo.

Secondo. Una questione pratica. Chissà se è ancora possibile attualmente per una speciale "dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini", staccato dal governo borghese, ad emergere in Russia? tattiche marxiste non possono essere basate su l'ignoto.

Ma se questo è ancora possibile, allora ce n'è uno, e uno solo, così verso di esso, vale a dire, una separazione immediata, decisa, e irrevocabile degli elementi comunisti proletari dagli elementi piccolo-borghesi.

Perché?

Poiché l'intera piccola borghesia ha, non a caso, ma per necessità, rivolta verso lo sciovinismo (= difensismo), in direzione di "sostegno" della borghesia, verso la dipendenza da esso, verso la paura di dover fare a meno, ecc, ecc

Come può la piccola borghesia essere "spinto" in potenza, se ancora oggi si può prendere il potere, ma non vuole?

Questo può essere fatto solo separando il proletaria, comunista, partito, conducendo una lotta di classe proletaria libera dalla timidezza di chi piccolo borghese. Solo il consolidamento dei proletari che sono liberi dall'influenza della piccola borghesia nei fatti e non solo a parole può rendere il terreno così caldo sotto i piedi della piccola borghesia che sarà costretta, in determinate circostanze, di prendere il potere; è ancora entro i limiti della possibilità che Guckov e Miliukov-ancora una volta, in determinate circostanze, sarà indulgente piena ed esclusiva il potere di Ckheidze, Tsereteli, il S.R.s, e Steklov, dal momento che, dopo tutto, si tratta di "difensisti".

Per separare gli elementi proletari dei sovietici (vale a dire, il proletario, comunista, partito) dagli elementi piccolo-borghesi in questo momento, immediatamente e irrevocabilmente, è quello di dare espressione corretta per gli interessi del movimento in uno dei due possibili eventi: in l'evento che la Russia ancora sperimentare una speciale "dittatura del proletariato e dei contadini" indipendente della borghesia, e nel caso in cui la piccola borghesia non sarà in grado di strappare per sé lontano dalla borghesia e oscillerà in eterno (vale a dire, fino a quando viene stabilito il socialismo) tra noi e.

Per essere guidati nella propria attività solo dalla semplice formula, "la rivoluzione borghese-democratica non è stata completata", è come prendere su di se stessi per garantire che la piccola borghesia è sicuramente capace di essere indipendente dalla borghesia. Per fare ciò è quello di gettare se stessi al momento opportuno in balia della piccola borghesia.

Per inciso, in connessione con la "formula" della dittatura del proletariato e dei contadini, vale la pena ricordare che, in Due tattiche (luglio 1905), ho fatto un punto di sottolineare (dodici anni, p. 435 [16]) Questo:

"Come tutto il resto del mondo, la dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini ha un passato e un futuro. Il suo passato è l'autocrazia, la servitù della gleba, la monarchia, e il privilegio .... Il suo futuro è la lotta contro la proprietà privata, la lotta del salariato nei confronti del datore di lavoro, la lotta per il socialismo .... " Errore del compagno Kamenev è che anche nel 1917 che vede solo il passato della dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini. È un dato di fatto il suo futuro è già iniziato, per gli interessi e le politiche del salariato e il titolare meschino hanno effettivamente divergenti già, anche in una questione così importante come quella di "difensismo", che l'atteggiamento verso il imperialista guerra.

Questo mi porta al secondo errore nel ragionamento del compagno Kamenev citato sopra. Lui mi critica, dicendo che il mio schema "costruisce" sulla "trasformazione immediata di questa rivoluzione {} democratica borghese in rivoluzione socialista".

Questo non è corretto. Io non solo non "costruire" sulla "trasformazione immediata" della nostra rivoluzione in un socialista, ma io in realtà avverto contro di essa, quando in Tesi n ° 8, premetto: "Non è nostro compito immediato di 'introdurre' il socialismo ... ".

Non è chiaro che nessuna persona che si basa sulla trasformazione immediata della nostra rivoluzione in rivoluzione socialista potrebbe essere opposto al compito immediato di introdurre il socialismo?

Inoltre, anche un "stato comune" (cioè, uno stato organizzato lungo le linee della Comune di Parigi) non possono essere introdotte in Russia "immediatamente", perché per fare che sarebbe necessario per la maggior parte dei deputati in tutti (o in la maggior parte) sovietici a riconoscere chiaramente tutto l'erroneità e danno delle tattiche e della politica perseguiti dalle SRS Ckheidze, Tsereteli, Steklov, ecc quanto a me, ho dichiarato inequivocabilmente che a questo proposito ho "costruire" solo "paziente", spiegando (cosa si deve essere pazienti per portare un cambiamento che può essere effettuata "immediatamente"?).

Il compagno Kamenev si è in qualche modo oltrepassato nel suo desiderio, e ha ripetuto il pregiudizio borghese sulla Comune di Parigi di aver voluto introdurre il socialismo "immediatamente". Questo non è così. Il Comune, purtroppo, era troppo lento per introdurre il socialismo. La vera essenza del Comune non è dove borghese solito guarda per esso, ma nella creazione di uno stato di tipo speciale. Un tale stato è già sorto in Russia, è il Soviet dei deputati operai 'e soldati deputati!

Il compagno Kamenev non ha riflettuto sul fatto, il significato, dei Soviet esistenti, la loro identità, al punto di tipo e di carattere socio-politico, con lo Stato comune, e invece di studiare il fatto, ha cominciato a parlare di qualcosa che ero dovrebbe essere "costruire" su per il futuro "immediato". Il risultato è, purtroppo, una ripetizione del metodo utilizzato da molti borghesi: dalla questione su quali siano i sovietici, siano essi di tipo superiore a una repubblica parlamentare, se sono più utili per le persone, più democratica, più conveniente per la lotta, per la lotta contro, per esempio, la carenza di grano, ecc-da questa vera e propria, urgente, questione vitale, l'attenzione viene deviata al vuoto, aspiranti scientifico, ma in realtà vuoto, domanda professorially morti di "edificio su una trasformazione immediata ".

Una domanda oziosa falsamente presentato. I "costruire" solo su questo, esclusivamente su questo, che i lavoratori, soldati e contadini tratteranno meglio i funzionari, meglio che la polizia, con la pratica difficile, problemi di produrre più grano, distribuendo meglio e mantenere i soldati meglio in dotazione, ecc, ecc

Sono profondamente convinto che i sovietici rendere l'attività autonoma delle masse una realtà in modo più rapido ed efficace di volontà una repubblica parlamentare (io confrontare i due tipi di stati in maggior dettaglio in un'altra lettera). Saranno in modo più efficace, più praticamente e più correttamente decidere quali misure possono essere prese verso il socialismo e come dovrebbero essere prese questi passaggi. Il controllo sulla abank, la fusione di tutte le banche in una sola, non è ancora il socialismo, ma è un passo verso il socialismo. Oggi tali misure vengono prese in Germania dalla Junkers e la borghesia contro il popolo. Domani il Soviet sarà in grado di prendere queste misure in modo più efficace a vantaggio del popolo se tutto il potere dello Stato è nelle sue mani.

Cosa spinge questi passi?

Carestia. la disorganizzazione economica. crollo imminente. Gli orrori della guerra. Gli orrori delle ferite inferte all'umanità dalla guerra.

Il compagno Kamenev conclude il suo articolo con l'osservazione che "in un ampio dibattito che spera di portare il suo punto di vista, che è l'unica possibile per la socialdemocrazia rivoluzionaria se vuole e deve rimanere fino alla fine il partito del rivoluzionario masse del proletariato, e non si trasformano in un gruppo di propagandisti comunisti ".

Mi sembra che queste parole tradiscono una stima del tutto erronea della situazione. Il compagno Kamenev contrapose ad un "partito di massa" a "gruppo di propagandisti". Ma le "masse" hanno ormai ceduto alla mania di difensivismo "rivoluzionario". Non è forse più diventando per internazionalisti in questo momento per dimostrare che possono resistere intossicazione "di massa", piuttosto che "desiderano rimanere" con le masse, vale a dire, a soccombere alla epidemia generale? Non abbiamo visto come in tutti i paesi belligeranti d'Europa gli sciovinisti hanno cercato di giustificarsi per il fatto che essi volevano "rimanere con le masse"? Dobbiamo non essere in grado di rimanere per un certo tempo in minoranza contro l'intossicazione "massa"? Non è forse il lavoro dei propagandisti in questo momento che costituisce il punto chiave per districare la linea proletaria dalla difensismo e piccolo-borghese intossicazione "di massa"? E 'stata questa fusione delle masse proletarie, e non proletari, indipendentemente dalle differenze di classe all'interno delle masse, che ha formato una delle condizioni per l'epidemia difensismo. Per parlare con disprezzo di un "gruppo di propagandisti" che sostengono una linea proletaria non sembra essere molto divenire.

Lenin non accettava che la "sua" rivoluzione venisse criticata. Tanto meno accettava di sottoporsi a critica. Lenin aveva sempre saputo d'essere Lenin, ovvero, d'essere fatto della stessa pasta di Cromwell e di Robespierre. Perciò, dopo aver gratificato il vecchio Kautsky affibbiandogli l'appellativo di rinnegato, attacca ad alzo zero il  giovane Bucharin accusando di muovergli delle critiche infantili.



Infantilismo di sinistra




È, credo, scrisse Lenin, universalmente noto che i bolscevichi non avrebbero potuto mantenuto il potere per due mesi e mezzo, per non parlare di due anni e mezzo, senza la disciplina più rigorosa e il pugno di ferro nel nostro partito, o senza il pieno e il sostegno incondizionato da tutta la massa della classe operaia, cioè, da ogni pensiero, elementi, devoti e influenti di lealtà in esso, in grado di guidare gli strati arretrati o portare questi a loro.

La dittatura del proletariato significa una guerra più determinata e più spietata condotta dalla nuova classe contro un nemico più potente, la borghesia, la cui resistenza è decuplicata dal loro rovesciamento (anche se solo in un singolo paese), e il cui risiede il potere, non solo nella forza del capitale internazionale, la resistenza e la durata dei loro collegamenti internazionali, ma anche nella forza di abitudine, nella forza della piccola produzione. Purtroppo, la produzione su piccola scala è ancora diffusa in tutto il mondo, e la produzione su piccola scala genera il capitalismo e la borghesia continuamente, ogni giorno, ogni ora, in modo spontaneo, e su scala di massa. Tutte queste ragioni fanno la dittatura del proletariato necessaria, e la vittoria sulla borghesia è impossibile senza una lunga, tenace e disperata lotta per la vita e la morte che richiede tenacia, la disciplina, e una singola e inflessibile volontà.

Ripeto: l'esperienza della dittatura vittoriosa del proletariato in Russia ha mostrato chiaramente anche a coloro che sono incapaci di pensare o non hanno avuto occasione di riflettere sulla questione che la centralizzazione assoluta e rigorosa disciplina del proletariato sono le condizionì essenziali di vittoria sulla borghesia.

Tuttavia, non abbastanza pensiero è dato a ciò che significa, e in quali condizioni è possibile. Non sarebbe meglio se i saluti rivolti ai sovietici e i bolscevichi erano più frequentemente accompagnati da una profonda analisi dei motivi per cui i bolscevichi sono stati in grado di costruire la disciplina necessaria da parte del proletariato rivoluzionario?

Come una corrente di pensiero politico e come partito politico, il bolscevismo esiste dal 1903. Solo la storia del bolscevismo durante l'intero periodo della sua esistenza può soddisfacente spiegare perché è stato in grado di costruire e mantenere, in condizioni più difficili, la disciplina di ferro necessario per la vittoria del proletariato.

Le prime domande a sorgere sono: come è la disciplina del partito rivoluzionario del proletariato mantenuto? Come viene testato? Come è rafforzato? In primo luogo, dalla coscienza di classe dell'avanguardia proletaria e dalla sua devozione per la rivoluzione, per la sua tenacia, spirito di sacrificio e di eroismo. In secondo luogo, per la sua capacità di collegamento, mantenere il contatto più vicino, e, se lo si desidera, si fondono, in certa misura, con le più ampie masse del popolo-in primo luogo di lavoro con il proletariato, ma anche con le masse non proletarie di lavoro persone. In terzo luogo, per la correttezza della leadership politica esercitata da questa avanguardia, per la correttezza della sua strategia politica e tattica, a condizione che le grandi masse hanno visto, dalla propria esperienza, che siano corrette. Senza queste condizioni, la disciplina in un partito rivoluzionario realmente capace di essere il partito della classe avanzata, la cui missione è quella di rovesciare la borghesia e trasformare tutta la società, non può essere raggiunto. Senza queste condizioni, tutti i tentativi di stabilire la disciplina inevitabilmente cadono piatta e finiscono in phrasemongering e clownerie. D'altra parte, queste condizioni non possono emergere contemporaneamente. Essi vengono creati solo con uno sforzo prolungato e l'esperienza conquistata a fatica. La loro creazione è facilitato da una corretta teoria rivoluzionaria, che, a sua volta, non è un dogma, ma si assume la forma definitiva solo in stretta connessione con l'attività pratica di un movimento veramente di massa e veramente rivoluzionario.

Il fatto che, nel 1917-1920, il bolscevismo è stato in grado, in condizioni difficili senza precedenti, per costruire con successo e mantenere la massima centralizzazione e ferro disciplina era dovuto semplicemente a una serie di peculiarità storiche della Russia.

Da un lato, il bolscevismo è sorto nel 1903 su una base molto fermo della teoria marxista. La correttezza di questa teoria rivoluzionaria, e da solo, è stato dimostrato, non solo per l'esperienza del mondo per tutto il XIX secolo, ma soprattutto dall'esperienza dei Seekings e esitazioni, gli errori e le delusioni del pensiero rivoluzionario in Russia. Per circa mezzo secolo circa dagli anni Quaranta agli anni novanta del ultimo pensiero secolo-progressive in Russia, oppressi da un zarismo più brutale e reazionario, ha cercato con entusiasmo per una corretta teoria rivoluzionaria, e seguita con la massima diligenza e rigore ogni e ogni "ultima parola" in questo campo in Europa e in America. La Russia ha raggiunto il marxismo, l'unica corretta rivoluzionaria teoria attraverso l'agonia ha vissuto nel corso di mezzo secolo di tormento senza precedenti e di sacrificio, di impareggiabile eroismo rivoluzionario, incredibile energia, la ricerca dedicata, studio, prova pratica, delusione. verifica e confronto con l'esperienza europea. Grazie alla emigrazione politica causata dallo zarismo, la Russia rivoluzionaria, nella seconda metà del XIX secolo, ha acquisito un gran numero di collegamenti internazionali e le informazioni eccellente sulle forme e le teorie del movimento rivoluzionario mondiale, come nessun altro paese possiede.

D'altra parte, il bolscevismo, sorto su questo fondamento di granito della teoria, ha attraversato quindici anni di storia pratico (1903-1917) ha eguali in tutto il mondo nella sua ricchezza di esperienza. Durante questi quindici anni, nessun altro paese sapeva niente neanche approssima a quella esperienza rivoluzionaria, quella successione rapida e variegata di diverse forme di movimento-legale e illegale, pacifica e tempestosa, sotterraneo e aperto, circoli locali e movimenti di massa, e parlamentare e forme di terrorismo. In nessun altro paese c'è stato concentrato, in così breve periodo, una tale ricchezza di forme, colori e metodi di lotta di tutte le classi della società moderna, una lotta che, a causa della arretratezza del paese e la gravità della giogo zarista, maturata con una rapidità eccezionale, e assimilato la maggior parte con entusiasmo e con successo "l'ultima parola" appropriato di esperienza politica americana ed europea.



io che Lenin temeva era un nuovo 1905 e c'era un solo modo di evitarlo: prendere il potere in nome del proletariato.


La NEP


Si tratta della politica economica gestita dal governo dell'Urss che rappresenta un rifugio temporaneo dalla sua precedente politica di estrema centralizzazione e socialismo dottrinario. La politica del comunismo di guerra, in vigore dal 1918, ha avuto nel 1921 ha portato l'economia nazionale, fino al punto di rottura totale. Il Kronshtadt Ribellione del marzo 1921 ha convinto il partito comunista e il suo leader, Vladimir Lenin, la necessità di ritirarsi dalle politiche socialiste al fine di mantenere la presa del partito sul potere. Di conseguenza, il Congresso del partito 10 MARZO 1921 ha introdotto le misure della nuova politica economica. Queste misure comprendono il ritorno di più l'agricoltura, il commercio al dettaglio, e l'industria leggera su piccola scala alla proprietà privata e alla gestione mentre lo stato mantenuto il controllo dell'industria pesante, trasporti, banche, e il commercio estero. Il denaro è stato reintrodotto nell'economia nel 1922 (era stato abolito sotto comunismo di guerra). I contadini sono stati autorizzati a possedere e coltivare la propria terra, mentre il pagamento delle imposte allo Stato. La nuova politica economica reintrodotto una certa stabilità per l'economia e ha permesso il popolo sovietico a riprendersi da anni di guerra, la guerra civile, e la cattiva gestione di governo. I piccoli imprenditori e manager che fiorirono in questo periodo divenne noto come gli uomini NEP.

Ma la NEP era visto dal governo sovietico come un semplice espediente temporaneo per consentire all'economia di recuperare, mentre i comunisti solidificato la loro presa sul potere. Nel 1925 Nikolay Bucharin era diventato il principale sostenitore della NEP, mentre Leon Trotsky era opposto ad esso e Joseph Stalin era senza impegno. La NEP è stato perseguitato dalla cronica incapacità del governo di acquistare forniture di grano a sufficienza da contadini per alimentare la sua forza lavoro urbana. Nel 1928-1929 queste carenze di grano richiesto Joseph Stalin, da allora leader supremo del paese, di eliminare con la forza la proprietà privata dei terreni agricoli e la collettivizzazione dell'agricoltura sotto il controllo dello Stato, in modo da garantire l'approvvigionamento di un adeguato approvvigionamento di cibo per le città del futuro. Questo cambiamento di politica brusco, che è stata accompagnata dalla distruzione di diversi milioni di più prosperi agricoltori privati ​​del Paese, ha segnato la fine della NEP. E 'stata seguita dalla reintroduzione del controllo statale su tutta l'industria e il commercio nel paese nel 1931.
Nuova Politica Economica (NEP), la politica economica del governo dell'Unione Sovietica 1921-1928, che rappresenta un rifugio temporaneo dalla sua precedente politica di estrema centralizzazione e socialismo dottrinario. La politica del comunismo di guerra, in vigore dal 1918, ha avuto nel 1921 ha portato l'economia nazionale, fino al punto di rottura totale. Il Kronshtadt Ribellione del marzo 1921 ha convinto il partito comunista e il suo leader, Vladimir Lenin, la necessità di ritirarsi dalle politiche socialiste al fine di mantenere la presa del partito sul potere. Di conseguenza, il Congresso del partito 10 MARZO 1921 ha introdotto le misure della nuova politica economica. Queste misure comprendono il ritorno di più l'agricoltura, il commercio al dettaglio, e l'industria leggera su piccola scala alla proprietà privata e alla gestione mentre lo stato mantenuto il controllo dell'industria pesante, trasporti, banche, e il commercio estero. Il denaro è stato reintrodotto nell'economia nel 1922 (era stato abolito sotto comunismo di guerra). I contadini sono stati autorizzati a possedere e coltivare la propria terra, mentre il pagamento delle imposte allo Stato. La nuova politica economica reintrodotto una certa stabilità per l'economia e ha permesso il popolo sovietico a riprendersi da anni di guerra, la guerra civile, e la cattiva gestione di governo. I piccoli imprenditori e manager che fiorirono in questo periodo divenne noto come gli uomin
Nuova Politica Economica (NEP), la politica economica del governo dell'Unione Sovietica 1921-1928, che rappresenta un rifugio temporaneo dalla sua precedente politica di estrema centralizzazione e socialismo dottrinario. La politica del comunismo di guerra, in vigore dal 1918, ha avuto nel 1921 ha portato l'economia nazionale, fino al punto di rottura totale. Il Kronshtadt Ribellione del marzo 1921 ha convinto il partito comunista e il suo leader, Vladimir Lenin, la necessità di ritirarsi dalle politiche socialiste al fine di mantenere la presa del partito sul potere. Di conseguenza, il Congresso del partito 10 MARZO 1921 ha introdotto le misure della nuova politica economica. Queste misure comprendono il ritorno di più l'agricoltura, il commercio al dettaglio, e l'industria leggera su piccola scala alla proprietà privata e alla gestione mentre lo stato mantenuto il controllo dell'industria pesante, trasporti, banche, e il commercio estero. Il denaro è stato reintrodotto nell'economia nel 1922 (era stato abolito sotto comunismo di guerra). I contadini sono stati autorizzati a possedere e coltivare la propria terra, mentre il pagamento delle imposte allo Stato. La nuova politica economica reintrodotto una certa stabilità per l'economia e ha permesso il popolo sovietico a riprendersi da anni di guerra, la guerra civile, e la cattiva gestione di governo. I piccoli imprenditori e manager che fiorirono in questo periodo divenne noto come gli uomini della NEP.


Lenin sulla NEP


Lenin non era un teorico. Lenin era un politico che aveva dato il meglio di sé come tattico. Il suo motto era: "On s'èngage et puis on voit". Lenin non aveva elaborato un modello di socialismo (L. Szamuely Primi modelli di socialismo, Liguori). Quando Lenin prese il potere si trovò a prendere delle decisioni per le quali era assolutamente impreparato. Del resto, la stessa rivoluzione aveva colto tutti di sorpresa. Come Athur Rosenberg scrisse nella sua Storia del bolscevismo, nessuno avrebbe immaginato che borghesi e contadini si sarebbero alleati contro l'aristocrazia (A. Rosenberg Storia del bolscevismo, Sansoni). Ciò non signfica che Lenin non vesse delle sue idee sulla economia socialista, come dimostra il testo pubblicato qui sotto tratto dal XXX volume delle sue opere complete. downloaded da Marxist Internet Archive .


"Avevo intenzione di scrivere un breve opuscolo sul tema indicato nel titolo, afferma Lenin, in occasione del secondo anniversario del potere sovietico. Ma a causa della mole di lavoro quotidiano non sono stato in grado di andare oltre i preparativi preliminari per alcune delle sezioni. Ho quindi deciso di pubblicare una breve esposizione di quello che, a mio parere, sono le idee più essenziali in materia. Una esposizione riassunto, naturalmente, possiede molti svantaggi e carenze. Tuttavia, un breve articolo di giornale può forse raggiungere l'obiettivo modesto in vista, che è quello di presentare il problema e le basi per la sua discussione dai comunisti dei vari paesi.

1

Teoricamente, non vi può essere alcun dubbio che tra il capitalismo e il comunismo si trova un periodo transizione che deve combinare le caratteristiche e le proprietà di entrambe queste forme di economia sociale. Questo periodo di transizione deve essere un periodo di lotta tra capitalismo e comunismo morire, o nascente, in altre parole, tra il capitalismo, che è stato sconfitto, ma non distrutto e il comunismo, che è nato, ma è ancora molto debole.

La necessità di un intero periodo storico che si distingue per queste caratteristiche transitorie dovrebbe essere evidente non solo per i marxisti, ma a qualsiasi persona istruita che si trovi in qualsiasi grado conoscere la teoria dello sviluppo. Eppure, tutti i discorsi sul tema della transizione al socialismo, che si sente da attuali democratici piccolo-borghesi (e come, nonostante la loro etichetta socialista spurio, sono tutti i capi della II Internazionale, tra cui tali individui come MacDonald, Jean Longuet, Kautsky e Friedrich Adler) è caratterizzato da completo disinteresse di questa ovvia verità. democratici piccolo-borghesi si distinguono per una avversione per la lotta di classe, dai loro sogni di evitarlo, per i loro sforzi per appianare, a conciliare, per rimuovere spigoli vivi. Tali democratici, di conseguenza, sia evitare di riconoscere qualsiasi necessità di un intero periodo storico di transizione dal capitalismo al comunismo o lo considerano loro dovere di inventare schemi per conciliare le due forze si contendono invece di condurre la lotta di una di queste forze.

In Russia, la dittatura del proletariato deve inevitabilmente differire in alcuni particolari da quello che sarebbe stato nei paesi avanzati, a causa della grandissima arretratezza e carattere piccolo-borghese del nostro paese. Ma le forze-e di base delle forme fondamentali di economia- sociale sono le stesse in Russia come in ogni paese capitalista, in modo che le peculiarità possono applicare solo a ciò che è di minore importanza.

Le forme di base di economia sociale sono il capitalismo, piccola produzione mercantile, e il comunismo. Le forze di base sono la borghesia, la piccola borghesia (i contadini in particolare) e il proletariato.

Il sistema economico della Russia nell'era della dittatura del proletariato rappresenta la lotta del lavoro, uniti a principi comunisti sulla scala di un vasto Stato e facendo i suoi primi passi, la lotta contro la piccola produzione mercantile e contro il capitalismo che persiste e contro ciò che è stato recentemente derivanti sulla base della piccola produzione mercantile.

In Russia, il lavoro è communistically unita nella misura in cui, in primo luogo, la proprietà privata dei mezzi di produzione è stata abolita, e, dall'altro, il potere statale proletario organizza la produzione su larga scala su terreni demaniali e nelle imprese di proprietà statale su una scala nazionale, sta distribuendo forza-lavoro tra i vari rami di produzione e le varie imprese, e sta distribuendo tra le persone che lavorano grandi quantità di articoli di consumo appartenenti allo stato.

Si parla di "primi passi" del comunismo in Russia (si è anche messo in questo modo nel nostro programma di partito, adottato nel marzo 1919), perché tutte queste cose sono state solo in parte effettuate nel nostro paese, o, per dirla diversamente, la loro realizzazione è solo nelle sue fasi iniziali. Abbiamo compiuto subito, in un colpo rivoluzionario, tutto ciò che può, in generale, essere realizzato immediatamente; il primo giorno della dittatura del proletariato, per esempio, il 26 ottobre (8 novembre), 1917, la proprietà privata della terra è stata abolita senza compensazione per il grande landowners- i grandi proprietari terrieri sono stati espropriati. Nel giro di pochi mesi praticamente tutti i grandi capitalisti, i proprietari di fabbriche, società per azioni, banche, ferrovie, e così via, sono stati espropriati senza indennizzo. L'organizzazione dello stato della produzione su larga scala nel settore industriale e il passaggio dal "controllo operaio" a "lavoratori" gestione "delle fabbriche e railways- questo ha, in generale, già stato fatto; ma in relazione al settore agricolo che è appena iniziato ( "fattorie di stato", cioè, grandi aziende agricole organizzate da Stato operaio su area demaniale). Allo stesso modo, abbiamo appena iniziato l'organizzazione di varie forme di società cooperative di piccoli agricoltori come una transizione dall'agricoltura merce piccola all'agricoltura comunista. [1] lo stesso si deve dire della distribuzione organizzata stato di prodotti in luogo-del commercio privato, vale a dire, l'approvvigionamento di stato e la consegna di grano verso le città e di prodotti industriali per la campagna. dati statistici disponibili su questo argomento saranno riportati di seguito.

La produzione contadina continua ad essere piccola produzione mercantile. Qui abbiamo un estremamente ampia e molto solide basi, radicata per il capitalismo, una base su cui il capitalismo persiste o si pone di nuovo in una dura lotta contro il comunismo. Le forme di questa lotta sono speculazione privata e speculazione contro l'approvvigionamento stato di grano (e altri prodotti) e la distribuzione dello stato dei prodotti in generale.

Per illustrare queste proposizioni teoriche astratte, citiamo cifre reali.

Secondo i dati del Commissariato d 'popolare alimentari, appalti statali di grano in Russia tra il 1 Agosto 1917 e 1 agosto 1918, pari a circa 30.000.000 milioni di pud, e l'anno successivo a circa 110.000.000 pudi. Durante i primi tre mesi della prossima campagna (1919-20) gli appalti saranno presumibilmente totale di circa 45.000.000 pudi, contro 37.000.000 pud per lo stesso periodo (agosto-ottobre) nel 1918.

Questi dati parlano di un lento miglioramento della situazione dal punto di vista della vittoria del comunismo sul capitalismo. Questo miglioramento è stato raggiunto nonostante le difficoltà, senza mondo parallelo, difficoltà a causa della guerra civile organizzata dai capitalisti russi e stranieri che stanno sfruttando tutte le forze dei poteri più forti del mondo.
estensione, le dimensioni e la rapidità è senza parallelo nel mondo, viene ignorato dai sostenitori della borghesia (compresi i democratici piccolo-borghesi), i quali, quando hanno parlare di libertà e di uguaglianza, media parlamentare democrazia borghese, che hanno falsamente dichiarano di essere "democrazia" in generale, o "democrazia pura" (Kautsky).

Ma le persone che lavorano sono interessate solo con l'uguaglianza reale e vera libertà (libertà dai latifondisti e dei capitalisti), ed è per questo che danno il governo sovietico come supporto solido.

In questo paese contadino è stato i contadini nel suo insieme, che sono stati i primi a guadagnare, che ha ottenuto la maggior parte, ed ha guadagnato immediatamente dalla dittatura del proletariato. Il contadino in Russia di fame sotto i latifondisti e dei capitalisti. Nel corso dei lunghi secoli della nostra storia, il contadino non ha mai avuto l'opportunità di lavorare per se stesso: egli fame mentre consegnare centinaia di milioni di pud di grano ai capitalisti, per le città e per l'esportazione. Sotto la dittatura del proletariato contadino per la prima volta ha lavorato per sé e per l'alimentazione migliore rispetto al abitante della città. Per la prima volta il contadino ha visto la vera libertà, la libertà di mangiare il suo pane, la libertà dalla fame. Nella distribuzione della terra, come sappiamo, è stata stabilita l'uguaglianza massima; nella stragrande maggioranza dei casi i contadini stanno dividendo il territorio in base al numero di "bocche da sfamare".

Socialismo significa l'abolizione delle classi.

Al fine di abolire le classi è necessario, in primo luogo, di rovesciare i proprietari terrieri e dei capitalisti. Questa parte del nostro compito è stato compiuto, ma è solo una parte, e per di più, non è la parte più difficile. Al fine di abolire le classi è necessario, in secondo luogo, di abolire la differenza tra operaio e contadino, per rendere i lavoratori di tutti loro. Questo non può essere fatto tutto in una volta. Questo compito è incomparabilmente più difficile e di necessità richiedere molto tempo. Non è un problema che può essere risolto rovesciando una classe. Si può essere risolto solo con la ricostruzione organizzativa di tutta l'economia sociale, da una transizione dalla produzione individuale, disuniti piccola delle materie prime alla produzione sociale su larga scala. Questo deve passare necessariamente essere estremamente protratta. Esso può essere ritardata e complicata da misure amministrative e legislative affrettate e incauti solo. Si può essere accelerato solo offrendo tale assistenza al contadino come gli permetterà di effettuare un miglioramento immenso nella sua tecnica agricola tutta per riformare radicalmente.

Al fine di risolvere la seconda e più difficile parte del problema, il proletariato, dopo aver sconfitto la borghesia, deve fermamente condurre la sua politica nei confronti dei contadini secondo le seguenti linee fondamentali. Il proletariato deve separare, delimitare il contadino di lavoro da parte del proprietario contadino, l'operaio contadino del droghiere contadino, il contadino che si affatica dal contadino che profittatori.

In questo demarcazione sta tutta l'essenza del socialismo.

E non è sorprendente che i socialisti che sono socialisti a parole, ma i democratici piccolo-borghesi in atto (il Martov, la Cernov Kautsky e altri) non capiscono questa essenza del socialismo.

La linea di demarcazione che qui riferiamo è estremamente difficile, perché nella vita reale tutte le caratteristiche della "contadina", tuttavia diverse possano essere, per quanto contraddittori possano essere, si fondono in un tutto. Tuttavia, la demarcazione è possibile; e non solo è possibile, ne consegue inevitabilmente dalle condizioni di contadina e della vita contadina. Il contadino di lavoro è stata per secoli oppresso dai proprietari terrieri, i capitalisti, i venditori ambulanti e profittatori e dal loro stato, tra cui anche le repubbliche borghesi più democratiche. Nel corso dei secoli il contadino di lavoro si è addestrati ad odiare e detestare questi oppressori e sfruttatori, e questa "formazione", generata dalle condizioni di vita, obbliga il contadino a cercare un'alleanza con il lavoratore contro il capitalista e contro il profittatore e droghiere . Eppure, allo stesso tempo, le condizioni economiche, le condizioni di produzione delle materie prime, inevitabilmente girare il contadino (non sempre, ma nella stragrande maggioranza dei casi) in un droghiere e profittatore.

Le statistiche sopra citati rivelano una notevole differenza tra il contadino di lavoro e il profittatore contadina. Quel contadino che durante 1918-19 consegnato agli operai affamati delle città 40.000.000 pud di grano a prezzi fissi di stato, che ha consegnato il grano per le agenzie di stato, nonostante tutti i difetti di questi ultimi, carenze pienamente realizzati da parte del governo dei lavoratori, ma che erano inevitabili nel primo periodo della transizione al socialismo, che contadino è un contadino di lavoro, il compagno e pari del lavoratore socialista, il suo alleato più fedele, il suo fratello di sangue nella lotta contro il giogo del capitale. Considerando che tale contadino che clandestinamente venduto 40.000.000 di pud di grano a dieci volte il prezzo di stato, approfittando della necessità e della fame del lavoratore della città, ingannando lo Stato, e ovunque aumentando e creando l'inganno, rapina e frode quel contadino è un profittatore, un alleato del capitalista, un nemico di classe del lavoratore, uno sfruttatore. Per chi possiede surplus di grano raccolto da terra appartenente a tutto lo stato, con l'aiuto di attrezzi, in cui in un modo o nell'altro è incarnata del lavoro non solo del contadino, ma anche del lavoratore e così on chiunque ne possieda un surplus di grano e profittatori in quel grano è uno sfruttatore del lavoratore fame.

Sei violatori della libertà, l'uguaglianza e la democrazia, gridano a noi su tutti i lati, indicando la disuguaglianza del lavoratore e il contadino sotto la nostra Costituzione, alla dissoluzione della Costituente, alla confisca forzata di grano in eccesso, e così via. Abbiamo reply-mai al mondo c'è stato un stato che ha fatto tanto per rimuovere la diseguaglianza attuale, l'attuale mancanza di libertà da cui il contadino che lavora ha sofferto per secoli. Ma non potremo mai riconoscere l'uguaglianza con il profittatore contadini, così come non riconosciamo "uguaglianza" tra sfruttatore e sfruttati, tra il sazio e la fame, né la "libertà" per l'ex di rubare la seconda. E quelli istruiti persone che si rifiutano di riconoscere questa differenza tratteremo come guardie bianche, anche se possono chiamarsi democratici, socialisti, internazionalisti, Kautsky, Cernov o Martov.

Socialismo significa l'abolizione delle classi. La dittatura del proletariato ha fatto tutto il possibile per abolire le classi. Ma le classi non possono essere abolite in un colpo solo.

E le classi rimangono e rimarranno in epoca della dittatura del proletariato. La dittatura diventa inutile quando le classi scompaiono. Senza la dittatura del proletariato non spariranno.

Le classi sono rimaste, ma nell'era della dittatura del proletariato ogni classe ha subito un cambiamento, e le relazioni tra le classi sono cambiati. La lotta di classe non sparisce sotto la dittatura del proletariato; si limita assume forme diverse.

Sotto il capitalismo il proletariato era una classe oppressa, una classe che era stato privato dei mezzi di produzione, l'unica classe che si trovava direttamente e completamente opposta alla borghesia, e quindi l'unico in grado di essere rivoluzionario fino alla fine. Dopo aver rovesciato la borghesia e il potere politico conquistato, il proletariato è diventata la classe dirigente; si esercita il potere dello Stato, esercita il controllo su mezzi di produzione già socializzato; guida il vacillante e gli elementi e le classi intermedie; schiaccia la resistenza sempre più tenace degli sfruttatori. Tutti questi sono compiti specifici della lotta di classe, i compiti che il proletariato in precedenza non ha e non avrebbe potuto si è posta.

La classe di sfruttatori, i grandi proprietari fondiari e dei capitalisti, non è scomparso e non può sparire tutto in una volta sotto la dittatura del proletariato. Gli sfruttatori sono stati rotti, ma non distrutto. Hanno ancora una base nazionale, tra l'sotto forma di capitale internazionale, di cui sono un ramo. Essi conservano ancora alcuni mezzi di produzione, in parte, hanno ancora i soldi, hanno ancora vaste connessioni sociali. Perché sono stati sconfitti, l'energia della loro resistenza è aumentata di cento e mille volte. L ' "arte" di stato, militari e dell'amministrazione economica dà loro una superiorità, e una grande superiorità, in modo che la loro importanza è incomparabilmente superiore alla loro proporzione numerica della popolazione. La lotta di classe condotta dagli sfruttatori rovesciato contro l'avanguardia vittoriosa degli sfruttati, vale a dire, il proletariato, è diventato incomparabilmente più amaro. E non può essere altrimenti, nel caso di una rivoluzione, a meno che questo concetto viene sostituito (come è per tutti gli eroi della Seconda Internazionale) di illusioni riformiste.

Infine, i contadini, come la piccola borghesia in generale, occupano una metà, posizione intermedia anche sotto la dittatura del proletariato: da un lato, sono abbastanza grande (e in Russia arretrata, un vasto) massa di lavoro persone, unite dal comune interesse di tutte le persone che lavorano per emanciparsi dal proprietario terriero e il capitalista; d'altra parte, essi sono piccoli proprietari disuniti, possidenti e commercianti. Una tale posizione economica fa sì che inevitabilmente loro di oscillano tra il proletariato e la borghesia. In considerazione della forma acuta, che la lotta tra queste due classi ha assunto, in vista del incredibilmente grave rottura di tutti i rapporti sociali, e in vista del grande attaccamento dei contadini e della piccola borghesia in generale al vecchio, la routine , e l'immutabile, è naturale che dobbiamo inevitabilmente trovarli oscillare da un lato all'altro, che dovremmo trovare loro vacillante, mutevole, incerto, e così via.

In relazione a questa classe, o di questi social elementi del proletariato deve cercare di stabilire la sua influenza su di essa, per guidarlo. Per dare la leadership al vacillante e instabile, tale è il compito del proletariato.

Se mettiamo a confronto tutte le forze di base o le classi e le loro interrelazioni, come modificata dalla dittatura del proletariato, noi rendersi conto di quanto indicibilmente insensato e teoricamente stupido è l'idea piccolo-borghese comune condiviso da tutti i rappresentanti della II Internazionale, che la transizione al socialismo è possibile "mediante la democrazia" in generale. La fonte fondamentale di questo errore sta nel pregiudizio ereditato dalla borghesia che "democrazia" è qualcosa di classi assoluti e di cui sopra. È un dato di fatto, la stessa democrazia passa in una fase completamente nuova sotto la dittatura del proletariato, e la lotta di classe sale a un livello più alto, che domina su ogni singolo modulo.

Per tentare di risolvere i problemi concreti della dittatura del proletariato da tali generalità equivale ad accettare le teorie e dei principi della borghesia nella loro interezza. Dal punto di vista del proletariato, la questione può essere attuato soltanto nel modo seguente: libertà dall'oppressione da quale classe? parità di quale classe con la quale? democrazia basata sulla proprietà privata, o su una lotta per l'abolizione della proprietà privata? E così via.

Molto tempo fa Engels nel suo Anti-Dühring ha spiegato che il concetto di "uguaglianza" è modellato dai rapporti di produzione delle materie prime; uguaglianza diventa un pregiudizio se non si intende l'abolizione delle classi. Questa verità elementare, per quanto riguarda la distinzione tra il democratico-borghese e la concezione socialista di uguaglianza viene costantemente dimenticata. Ma se non è dimenticato diventa evidente che dal rovesciamento della borghesia il proletariato prende il passo più decisivo verso l'abolizione delle classi, e che al fine di completare il processo il proletariato deve continuare la sua lotta di classe, facendo uso degli apparati dello stato potenza e impiegando vari metodi di lotta, influenzare e portare pressione sui borghesia rovesciato e la vacillante piccola borghesia.

[Questo articolo di Lenin è rimasto incompiuto]





Morte di Lenin. Lettera al Congresso



Lenin venne colpito da ictus cerebrale il 25 maggio 1922. Mori a causa di un secondo ictus il 21 gennaio 1924. Ai funerali di Lenin, Stalin pronunciò una orazione funebre nella quale alternava due frasi - Tu compagno Lenin ci hai insegnato.... Noi ti giuriamo...  Ne fu data lettura ai delegati del XIII Congresso che si tenne dal 23 al 31 maggio 1924. Il congresso decise all'unanimità di non pubblicarla, considerando che, essendo rivolta al congresso, non ne era stata prevista la pubblicazione sulla stampa. Per decisione del CC del PCUS, queste lettere di Lenin furono portate a conoscenza dei delegati del XX Congresso del PCUS e poi delle organizzazioni del partito. Nel 1956 furono pubblicate su Komunist n. 9 e poi raccolte in un opuscolo di grande tiratura.


"Consiglierei vivamente di intraprendere a questo congresso una serie di mutamenti nella nostra struttura politica.

Vorrei sottoporvi le considerazioni che ritengo più importanti.

In primo luogo propongo di elevare il numero dei membri del CC portandolo ad alcune decine o anche a un centinaio. Penso che, se non intraprendessimo una tale riforma, grandi pericoli minaccerebbero il nostro CC nel caso in cui il corso degli avvenimenti non ci fosse del tutto favorevole (cosa di cui non possiamo non tener conto).

Penso poi di sottoporre all'attenzione del congresso la proposta di dare, a certe condizioni, un carattere legislativo alle decisioni dei Gosplan, andando così incontro, fino a un certo punto e a certe condizioni, al compagno Trotski.

Per quel che riguarda il primo punto, cioè l'aumento del numero dei membri del CC, penso che ciò sia necessario e per elevare l'autorità del CC, e per lavorare seriamente al miglioramento del nostro apparato, e per evitare che conflitti di piccoli gruppi del CC possano avere una importanza troppo sproporzionata per le sorti di tutto il partito.

Io penso che il nostro partito abbia il diritto di esigere dalla classe operaia 50-100 membri del CC e che possa ottenerli senza un eccessivo sforzo da parte di essa.

Una tale riforma aumenterebbe notevolmente la solidità del nostro partito e faciliterebbe la lotta che esso deve condurre in mezzo a Stati nemici e che, a mio parere, potrà e dovrà acuirsi fortemente nei prossimi anni. Io penso che la stabilità del nostro partito guadagnerebbe enormemente da un tale provvedimento.

Per stabilità del Comitato centrale, di cui ho parlato sopra, intendo provvedimenti contro la scissione, nella misura in cui tali provvedimenti possano in generale essere presi. Perché, certo, la guardia bianca della Russkaia MysI (mi pare fosse S. F. Oldenburg) [1] aveva ragione quando, in primo luogo, faceva assegnamento, per quanto riguarda il loro gioco contro la Russia sovietica, sulla scissione del nostro partito, e quando, in secondo luogo, faceva assegnamento, per l'avverarsi di questa scissione, sui gravissimi dissensi nel partito.

Il nostro partito si fonda su due classi, e sarebbe perciò possibile la sua instabilità, e inevitabile il suo crollo, se tra queste due classi non potesse sussistere un'intesa. In questo caso sarebbe inutile prendere questi o quel provvedimenti e in generale discutere sulla stabilità del nostro CC. Non ci sono provvedimenti, in questo caso, capaci di evitare la scissione. Ma spero che questo sia un avvenimento di un futuro troppo lontano e troppo inverosimile perché se ne debba parlare.

Intendo stabilità come garanzia contro la scissione nel prossimo avvenire, e ho l'intenzione di esporre qui una serie di considerazioni di natura puramente personale.

Io penso che, da questo punto di vista, fondamentali per la questione della stabilità siano certi membri del CC come Stalin e Troztski.

I rapporti tra loro, secondo me, rappresentano una buona metà del pericolo di quella scissione, che potrebbe essere evitata e ad evitare la quale, a mio parere, dovrebbe servire, tra l'altro, l'aumento del numero dei membri del CC a 50 o a 100 persone.

Il compagno Stalin, divenuto segretario generale, ha concentrato nelle sue mani un immenso potere, e io non sono sicuro che egli sappia servirsene sempre con sufficiente prudenza. D'altro canto, il compagno Trotski come ha già dimostrato la sua lotta contro il CC nella questione del commissariato del popolo per i trasporti, si distingue non solo per le sue eminenti capacità. Personalmente egli è forse il più capace tra i membri dell'attuale CC, ma ha anche una eccessiva sicurezza di sé e una tendenza eccessiva a considerare il lato puramente amministrativo dei problemi.

Queste due qualità dei due capi più eminenti dell'attuale CC possono eventualmente portare alla scissione, e se il nostro partito non prenderà misure per impedirlo, la scissione può avvenire improvvisamente.

Non continuerò a caratterizzare gli altri membri del CC secondo le loro qualità personali. Ricordo soltanto che l'episodio di cui sono stati protagonisti nell'ottobre Zinoviev e Kamenev [2] non fu certamente casuale, ma che d'altra parte non glielo si può ascrivere personalmente a colpa, così come il non bolscevismo a Trotski.

Dei giovani membri del CC, voglio dire qualche parola su Bukharin e Piatakov. Sono queste, secondo me, le forze più eminenti (tra quelle più giovani), e riguardo a loro bisogna tener presente quanto segue: Bukharin non è soltanto un validissimo e importantissimo teorico del partito, ma è considerato anche, giustamente, il prediletto di tutto il partito, ma le sue concezioni teoriche solo con grandissima perplessità possono essere considerate pienamente marxiste, poiché in lui vi è qualcosa di scolastico (egli non ha mai appreso e, penso, mai compreso pienamente la dialettica)

Ed ora Piatakov: è un uomo indubbiamente di grandissima volontà e di grandissime capacità, ma troppo attratto dal metodo amministrativo e dall'aspetto amministrativo dei problemi perché si possa contare su di lui per una seria questione politica.

Naturalmente, sia questa che quella osservazione sono fatte solo per il momento, nel presupposto che ambedue questi eminenti e devoti militanti trovino l'occasione di completare le proprie conoscenze e di eliminare la propria unilateralità.

Lenin non mancò di gratificare Stalin facendolo oggetto di pesanti critiche, In particolare, in una aggiunta alla lettera del 24 dicembre 1922. Lenin scrisse:

"Stalin è troppo grossolano, e questo difetto, del tutto tollerabile nell'ambiente e nel rapporti tra noi comunisti, diventa intollerabile nella funzione di segretario generale. Perciò propongo ai compagni di pensare alla maniera di togliere Stalin da questo incarico e di designare a questo posto un altro uomo che, a parte tutti gli altri aspetti, si distingua dal compagno Stalin solo per una migliore qualità, quella cioè di essere più tollerante, più leale, più cortese e più riguardoso verso i compagni, meno capriccioso, ecc. Questa circostanza può apparire una piccolezza insignificante. Ma io penso che, dal punto di vista dell'impedimento di una scissione e di quanto ho scritto sopra sui rapporti tra Stalin e Trotski, non è una piccolezza, ovvero è una piccolezza che può avere un'importanza decisiva.

Lenin

4 gennaio 1923

In un'altra aggiunta del 26 dicembre 1922, Lenn scrisse.

"L'aumento del numero dei membri del CC a 50 o anche a 100 persone deve servire, secondo me, a un duplice, o, anzi, a un triplice scopo: quanto più saranno i membri del CC, tanto più saranno quelli che impareranno a lavorare nel CC e tanto minore sarà il pericolo di una scissione derivante da una qualsiasi imprudenza. La partecipazione di molti operai al CC aiuterà gli operai a migliorare il nostro apparato, che è piuttosto cattivo. Esso, in sostanza, c'è stato tramandato dal vecchio regime, poiché trasformarlo in così breve tempo, soprattutto con la guerra, la fame, ecc., era assolutamente impossibile. Perciò a quei "critici" che, con un sorrisetto o con cattiveria, ci fanno notare i difetti del nostro apparato, si può tranquillamente rispondere che essi assolutamente non comprendono le condizioni della rivoluzione contemporanea. Non si può assolutamente trasformare a sufficienza un apparato in cinque anni, soprattutto nelle condizioni in cui è avvenuta da noi la rivoluzione. E' già abbastanza che in cinque anni abbiamo creato un nuovo tipo di Stato in cui gli operai marciano alla testa dei contadini contro la borghesia; e ciò, con una situazione internazionale avversa, rappresenta di per sé un fatto enorme. Ma la coscienza di questo non ci deve assolutamente far chiudere gli occhi sul fatto che noi abbiamo ereditato, in sostanza, il vecchio apparato dello zar e della borghesia, e che ora, sopravvenuta la pace e assicurato il minimo necessario contro la fame, tutto il lavoro dev'essere diretto al suo miglioramento .

La mia idea è che alcune decine di operai, entrando a far parte del CC, possono accingersi meglio di qualsiasi altro alla verifica, al miglioramento e al rinnovamento del nostro apparato. L'Ispezione operaia e contadina, cui prima spettava questa funzione, si è rivelata incapace di adempierla e può essere utilizzata solo come "appendice" o come aiuto, in determinate condizioni, a questi membri del CC. Gli operai che entrano a far parte del CC debbono essere, a mio parere, in modo prevalente non di quegli operai che hanno compiuto un lungo servizio nelle organizzazioni dei soviet (dicendo operai, in questa parte della mia lettera intendo sempre anche i contadini), poiché in questi operai si sono già create certe tradizioni e certi pregiudizi contro i quali appunto noi vogliamo lottare.

Gli operai che devono entrare nel CC debbono essere in prevalenza operai che stiano più in basso di quello strato che è entrato a far parte da noi, in questi cinque anni, della schiera degli impiegati sovietici, e che appartengano piuttosto al numero degli operai e dei contadini di base, che tuttavia non rientrino direttamente o indirettamente nella categoria degli sfruttatori. Io penso che tali operai, assistendo a tutte le sedute del CC, a tutte le sedute dell'Ufficio politico, leggendo tutti i documenti del CC, possano costituire un nucleo di devoti partigiani del regime sovietico, capaci, in primo luogo, di dare stabilità allo stesso CC e, in secondo luogo, capaci di lavorare effettivamente al rinnovamento e al miglioramento dell'apparato.

Aumentando il numero dei membri del CC, ci si deve a mio parere, preoccupare anche e, forse, soprattutto, di controllare e migliorare il nostro apparato, che non va affatto. A questo scopo dobbiamo utilizzare l'opera di specialisti altamente qualificati, e la ricerca di questi specialisti deve essere compito della Ispezione operaia e contadina.

Come combinare questi specialisti-controllori, - dotati delle necessarie conoscenze - e questi nuovi membri del CC? E' questo un problema che deve essere risolto praticamente.

A me pare che l'Ispezione operaia e contadina (per effetto del suo sviluppo nonché delle nostre perplessità a proposito del suo sviluppo) ha dato in ultima analisi ciò che ora osserviamo, e cioè uno stato di transizione da un particolare commissariato del popolo a una particolare funzione dei membri del CC; da una istituzione che revisiona tutto e tutti, a un insieme di revisori non numerosi, ma di prim'ordine, che debbono essere ben pagati (questo è soprattutto necessario nella nostra epoca, in cui tutto va pagato, e dato che i revisori si pongono direttamente al servizio di quelle istituzioni che meglio li pagano).

Se il numero dei membri del CC sarà opportunamente aumentato e se essi svolgeranno di anno in anno un corso di amministrazione statale con l'aiuto di tali specialisti altamente qualificati e di membri della Ispezione operaia e contadina dotati di grande autorità in tutti i settori, allora, io penso, adempiremo felicemente questo compito che per tanto tempo non siamo riusciti ad assolvere.

Insomma, fino a 100 membri del CC e non più di 400-500 loro collaboratori, membri dell'Ispezione operaia e contadina, che svolgano funzioni di revisione per loro incarico. (M. Lewin L'ultima battaglia di Lenin, Laterza)