mercoledì 23 marzo 2016

Salute/malattia/1


La riconquista del centro

Per lo storico dell'arte Hans Sedlmayer, la crisi della modernità può essere rappresentata come  “perdita del centro” ( H. Sedlmayer La perdita del centro”, Rusconi).  Per Sedlmayer l'espressione “perdita del centro” andava intesa nel senso di perdita di interesse per  l'uso della prospettiva matematica rinascimentale come forma simbolica (E. Panofskij La prospettiva come forma simbolica, Feltrinelli; R. White La rinascita dello spazio pittorico, Il saggiatore). Nel contesto di questo libro l'espressione  “riconquista del centro” va intesa nel senso di riconquista di un punto di riferimento politico e culturale.
L'avvento della prospettiva matematica (R. Blunt Teorie artistiche nell'Italia del Rinascimento, Einaudi) - quella che Paolo Uccello chiamava la dolce prospettiva, fu la conseguenza della affermazione di una nuova visione del mondo che poneva l'uomo al centro del creato (E. Cassirer Individuo e cosmo nel Rinascimento, La Nuova Italia. E. Garin La cultura filosofica del Rinascimento. Studi e ricerche, Sansoni: Id Scienza e vita civile nl Rinascimento italiano, Laterza; Id Rinascite e rivoluzioni. Movimenti culturali dal XIV al XVIII secolo, Laterza).
Questa concezione toc lo zenit nella orazione sulla dignità dell'uomo di Giovanni Pico della Mirandola. Secondo  Pico, l'uomo non era né angelo né demonio, ma era libero di divenire o angelo o demonio (E. Garin La pia redazione della orazione sulla dignitò dell'uomo in Id La cultura filosofica del Rinascimento italiano, .

Secondo il fisico  Kurt Mendelshoon, il dominio dell'Occidente ebbe sue origini l'idea che le nostre azioni potessero essere pianificate al fine di raggiungere determinati obiettivi (K. Mendelsshon La scienza e il dominio dell'Occidente, Editori Riuniti).  Nacquero così, in tempi recenti, la ricerca operativa, l'analisi dei costi-benefici, la programmazione lineare, l'analisi delle attività la valutazione di impatto ambientale (F. Caffè, a cura di, Il pensiero economico contemporaneo, vol. III, L'impiego delle risorse, Angeli; V. Bettini L'analisi d'impatto ambientale, Cluep)
La Rivoluzione bolscevica, l'avvento del comunismo e il varo del primo piano quinquennale in URSS (E.  Carr, R.D. Davies Le origini della pianificazione sovietica, Einaudi) creò l'illusione di poter realizzare ciò che fino a quel momento era stato relegato nel regno dell'utopia – parola di origine greca coniata nel XVI secolo da Tommaso Moro  che significa un non-dove, un non-luogo, un no-where che nel fanta-romanzo di Samuel Butler diventò Erewhon (Mondadori)
Il crollo del comunismo ha distrutto quel sogno e ci ha posti di fronte alla realtà: la vita non è pianificabile. In ogni caso, il crollo del comunismo non fu causato, come è stato spesso erroneamente scritto, dalla difficoltà teorica di pianificare una economia complessa. La matematica ha fatto dei passi da gigante dai tempi di Stalin. Il comunismo è crollato per due motivi:
1- l'esistenza negli USA di un enorme surplus economico potenziale da investire nelle “guerre stellari”
2- il venir meno del fascino della ideologia comunista che era rimasta abbarbicata ad un sistema di verità eterne che  avevano paralizzato la capacità creativa di interi popoli.(C. Milosz La mente prigioniera, Adelphi)

 La globalizzazione ha liquefatto la società (Z. Bauman Modernità iquida, Laterza) e ha trasformaro la nostra vita in uno “stagno delle ninfee” rendendo l'individuo più solo ed isolato che mai (Z. Bauman La solitudine dell'individuo globale, Feltrinelli). Ciò crea un  senso di spaesamento, di anomia, di sradicamento che sta mettendo a dura prova le “strutture elementari della società”. La globalizzazione infatti non ha eliminato le disuguagliane sociali; le ha rese “non di classe”o, per meglio dire le ha “traverzzalizzate” (U. Beck La società del rischio, Carocci; Id Humana conditio, Laterza). Inoltre, essa ha cambiato forme e funzioni del potere. Nella società capitalistica dell'era industriale le relazioni di classe erano basate sulla dialettica servo-padrone. Nelle società del consumo dell'ra post-industriale è diventato sempre più difficile individuare il nemico; mentre, gettata alle ortiche la vecchia “cultura del lavoro” è diventato sempre più difficile individuare dei valori comuni e fondare su di essi un nuovo genere di ordine sociale (U. Beck Potere contropotere nell'età globale, Laterza). Nessuno parla di “programmazione economica” o di “piano del capitale” (V. Foa Lotte operaie nello sviluppo capitalistico, in QR, n1; M. Tronti, La fabbrica e la società, in Q, n 2; Id. Il piano del capitale, in QR, n 3; D. Lanzardo Temi della programazione sociale dello sviluppo" in QR ul cit.; G. Greppi  A. Pedirolli Prduzione e programmaziome territoriale, in QR ult. cit).
Questa tematica , sviluppata da Raniero Panzieri nella Relazione sul neocaptalismo tenuta al convegno di Agape del 1962, diventò, per una certa sinistra, una specie di "chiave universale" che apriva tutte le porte e spiegava qualunque fenomeno economico, sociale, politico e culturale.(R.

Panzieri Relazione sul neo capitalismo, in id La rinascita del marxismo teorico in Italia, Sapere).
Altri vollero vedere in  John M. Keynes un sostenitore dell'economic planning targato Manchester. Nulla di più sbagliato. Egli era sia un avversario del manchesterismo come egli aveva scritto nel 1926 in La fine del lasciar fare, che un avversario del socialismo e dell'economic planning. Egli pensava che, come aveva scritto nel 1923 in La riforma monetaria, che era troppo facile per un economista tirarsi fuori dalla mischia affermando che, passata la tempesta, sarebbe ritornsto il sole. Per Kyenes l'economista doveva imparare a sporcarsi le mani con la politica.
Fu così che nel 1933, non appena Roosevelt si fu insediato a White House, Keynes gli chiese un incontro con lui. Roosevelt glielo concesse. Keynes e Roosevelt parlarono a lungo, ma non si capirono. Colpa della lingua? George Bernard Shaw amava dire che inglesi e americani erano un unico popolo diviso dalla lingua. Io credo che l'incomprensione fosse più profonda. Essa riguardava il rapporto fra economia e politica. Al termine del colloquio, Roosevelt confessò ad un suo collaboratore che Keynes gli aveva parlato per un'ora di matematica. Keynes confessò a un suo collaboratore che Roosevelt non capiva un accidente di economia.
Io spero di essere riuscito rendere comprensibile il fatto che  noi dobbiamo combattere due nemici: la nostra malattia ed una ideologia economico-politica che con i suoi tagli di spesa devoluta alla sanità aggrava oggettivamente la nostra condizione di malati che non chiedono la carità ma di essere rispettati come individui.

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