sabato 27 febbraio 2016

Ricordando con rabbia

Corrado Bevilacqua

RICORDI, SOGNI, RIFLESSIONI

Fra qualche mese compirò settant'anni. Da dieci anni lotto giorno dopo giorno contro il Parkinson, ho fatto tre ischemie cerebrali e m'hanno asportato un cancro che mi ha lasciato sulla guancia una cicatrice degna di Scarface. Malgrado ciò, non mi è passata la voglia di vivere. Lo dissi anche al mio parroco il quale commentò sorridendo: "La vita è un dono di Dio".
Questo lo sapevo. Me lo insegnarono prima alla scuola di catechismo, poi in collegio. Il problema è che non credo in Dio, o, per essere più preciso, non credo nel Dio antropomorfo che ho sempre visto nelle chiese. Non credo nella Santissma Trinità; perciò, non credo nemmeno nella natura divina di Gesù. Per me, Gesù era un profeta ebreo (R. Calimani Gesù ebreo, Rusconi) che venne portato dagli stessi ebrei davanti a Ponzio Pilato perché essi sostenevano che Gesù aveva bestemmiato Dio quando si era dichiarato figlio di Dio.
Pilato, scrisse Giovanni, si volse verso Gesù e gli chiese: "Quid est veritas?". Gesù gli sorride e gli risponde: "Tu l'hai detto". A quel punto Pilato si rivolge ai capi degli ebrei e dice loro che, a suo modo di vedere, Gesù è innocente. I capi degli ebrei si strappano le vesti dalla rabbia. Pilato che è un politico e che è per sua natura uno scettico, decide di condannare Gesù alla flagellazione; una pena che era paragonabile ad una straziante pena di morte. Il nome flagellazione deriva da flagello che era lo strumento con il quale essa veniva impartita. Si trattava di un gatto a sette code che terminavano con degli ossicini i quali strappavano la carne dal corpo. I capi dell'ebraismo non si accontentarono però della flagellazione. Volevano Gesù morto. Volevano cancellare la sua predicazione anti-farisaica. Pilato, per togliersi di imbarazzo, decise di dare la parola al popolo ebraico e il popolo ebraico scelse Barabba. (E. Renan, Vita di Gesù, Dall'Oglio). Barabba non era un criminale comune, era un terrorista che apparteneva probabilmente alla setta ebraica degli assassini così chiamati perché usavano ubriacarsi di assenzio prima di compiere i loro attentati a colpi di pugnale (W. Lacqueur Terrorismo senza fine, Il corbaccio). Gesù, invece, apparteneva probabilmente alla setta degli Esseni, quelli dei rotoli del Mar Morto, per capirci. (I rotoli del Mar Morto, a cura di L. Moraldi, Utet). Gesù predicava la non - violenza. Per Gesù, come per Gandhi, tra mezzi e fini esisteva la medesima relazione esistente tra seme e albero. Se volevamo ottenere un albero a frutto non potevamo piantare una erbaccia (M. Gandhi Antiche come montagne, Comunità).
Allora io pensavo che la violenza fosse "la levatrice della storia"; che Fanon avesse ragione quando affemava che solo attraverso l'uso della violenza i popoli del Terzo Mondo potevano liberarsi del loro complesso di inferorità nei confronti dei loro colonizzatori e, in particolare, nei confronti delle donne bianche (F. Fanon I dannati della terra", Prefazione di J-P. Sartre, Einaudi); e pensavo che anche Malcom X avesse ragione quando definiva Martin Luther King un "negro da cortile" (MalcomX Autobiogafia, Einaudi). Per comprendere il giudizio negativo espresso da Malcom X nei confroni di Martin Luther King, dobbiamo ricordare che erano gli anni nei quali un negro poteva essere linciato per il più futile dei motivi; che Rosa Parks era passata alla storia per essersi seduta in un autobus di Menphis su uno dei sedili riservati ai bianchi e che nei ghetti negri degli USA correva la parola d'ordine "Brucia, ragazzo, brucia". Franz Fanon era uno psichiatra e aveva studiato l'effetto psicologico delle torture perpetrate dai francesi sulle sue vittime algerine (F. Fanon Il negro e l'altro,Il saggiatore). Franz Fanon era morto durante la guerra d'Algeria. La Jeep sulla quale egli viaggiava era saltata su una mina. Il regista cinematografico Gillo Pontecorvo, fratello del famoso fisico che era fuggito in Unione Sovietica, girò un film sulla "battaglia di Algeri" che venne attentamente studiato dai servizi di sicurezza americani al tempo della "war on Iraq", allorché quella che, secondo il vice di George W. Bush, Dick Cheney, doveva essere una "ice-cream walking", ovvero, una "passeggiata mangiando il gelato", si trasformò in un inferno di ferro e di fuoco che causò un numero incalcolabile di vittime civili e dilapidò una quantità enorme di dollari senza riuscire cavare il classico ragno dal buco (J. Stiglitz A Three Trilion Dollars War, Penguin).
Al tempo della guerra d'Algeria, la cantante francese più famosa era Edith Piaf. Le cronache dell'epoca raccontano che i parà francesi imbarcandosi sulle navi che li avrebbero portati a casa, cantavano in coro una famosa canzone della Piaf i cui versi facevano: "Rien/rien de rien/rien/ je ne regrette rien". ll suono nasale della parola franese rien (nulla, niente) imprimeva alla canzone una forza inaudita di suggestione. A porre fine alla guerra d'Algeria fu il gen. Charles De Gaulle. teorico militare autore di un manuale sull'utilizzo dei carri armati sul quale s'erano formati molti ufficiali tedeschi fra i quali il generale Guderian, il quale, come scrisse il più grande teorico militare britannico del XX secolo, Basil Liddle-Hart, per nostra fortuna, non venne ascoltato da Hitler. De Gaulle, dopo l'invasione tedesca della Francia, aveva costituito un governo francese in esilio. Finita la guerra, era stato accolto dai parigini che festeggiavano la liberazione della città, come il padre della nuova Francia. Portata a termine la sua missione di liberare la Francia, egli si ritirò nella sua residenza di campagna con la moglie e vi sarebbe rimasto per il resto della sua vita, se la crisi politica nella quale era precipitata la Francia a causa della guerra d'Algeria non l'avessero fatto ritornare alla politica. De Gaulle non era uno sciocco e si rese subito conto che l'unico modo di uscire dal pantano algerino era di riconoscere la sconfitta. Ciò provocò un tentativo di putsch da parte del comando francese in Algeria ed una serie di attentati contro lo stesso gen. De Gaulle.
La Francia, grazie a De Gaulle, riuscì a salvare capre e cavoli. Non dobbiamo dimenticare che, prima della sconfitta in Algeria, la Francia aveva subito un'altra sconfitta, non meno grave per l'orgoglio politico dei nipoti di Re Sole. Mi riferisco alla umiliante sconfitta nella guerra in Indocina ad opera di quello stesso Giap che vent'anni dopo sconfisse anche gli americani costringendoli ad una umiliante fuga dai tetti dell'ambasciata USA a Saigon. Intervistato da Ettore Mo del Corsera poco prima di morire, Giap disse che il generale Westmorleand, comandante del corpo di spedizione americano, era uno degli uomini più intelligenti che egli avesse conosciuto. Il motivo della sua sconfitta era da individuarsi nel fatto che egli non aveva capito il Vietnam. Un valente orientalista francese, Jean Chesneaux, pubblicò nel 1967 un saggio che diventò un best seller a livello mondiale il cui titolo recitava: Perché il Vietnam resiste. (Einaudi). Credo che una migliore conoscenza dei propri avversari avrebbe fatto risparmiare agli Usa le vite di molti giovani americani e avrebbe consentito a Johnson di vincere le elezioni presidenziali del 1968 risparmiando al GOP la figuraccia del Watergate. Senza Watergae non sarebbe comparsa la nuova stella del giornalismo americano, Bob Woodward, il quale, giunto all'età della pensione raccontò finalmente la verità su "Gola profonda", il quale era un funzionario della CIA che Bob Woodward aveva conosciuto durante il servizio militare da lui prestato come guardiamarina. Insomma, per dirla tutta, lo scandalo del Watergate fu una messa in scena della CIA per far fuori Nixon e quello che passò alla storia come il caso più famoso del cosiddetto "giornalismo investigativo americano" non fu altro che una "bufala" del quotidiano della capitale degli USA, The Washington Post.
Per amore della verità non si può parlare di Bob Woodward senza ricordare che egli fu sempre a servizio del potere e che solo di fronte alla disfatta americana in Iraq, si decise a dire la verità sulla guerra, su chi l'aveva voluta e sugli errori che erano stati compiuti dal Pentagono nel condurla (B. Woodward State of Denial, Simon & Schuster). Diversamente, però, da Peter W. Galbraith, figlio del famoso economista liberal John Kenneth, il quale nel libro The End of Iraq analizza citando le proprie fonti, il modo in cui gli USA avevano distrutto il paese che volevano liberare, Woodward nel suo libro non cita alcuna delle fonti delle sue informazioni come se fosse ancora al servizio di "Gola profonda" e di coloro che inscenarono lo scandalo del Watergate. Di ben altra natura fu il caso di Daniel Ellsberg il quale fotocopiò migliaia di pagine di documenti segreti del Pentagono che egli poi passò a The New York Times. (The New York Times I documenti segreti del Pentagono sulla guerra in Vietnam, Garzanti). Al processo intentatogli dal governo americano, il tribunale affidò la perizia sui documenti allo storico radicale Howard Zinn che raccontò nella sua deposizione la vera storia della guerra in Vietnam così come emerge dai documenti del Pentagono (H. Zinn Deposizione al processo Ellsberg, in id Disobbedienza e democrazia, Il saggiatore). Alla luce del racconto di Zinn sulle origini della guerra in Vietnam ricostruite sulla base dei documenti segreti del Pentagono e del racconto di Galbraith sul modo in cui gli Usa hanno gestito il dopoguerra in Iraq, non possiamo non porci una domanda: "In che mani siamo?
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La guerra fredda, come spiegò Enzo Traverso (E. Traverso A ferro e fuoco, Il mulino) fu una guerra essenzialmente ideologica che fu combattuta anche sul fronte cinematografico sia con film di pretta propaganda politica, come i classici film di guerra nei quali era facile prendersela con i nazisti, sia con film nei quali venivano esaltati i "valori americani" commuovendo il pubblico come L'amore è una cosa meravigliosa con un affascinante William Holden e un'adorabile Jennifer Jones.
Il genere cinematografico più sfruttato a fini propagandistici dagli USA fu tuttavia il genere western. L'elenco dei film western che sono entrati nella memoria collettiva è più lungo dell'elenco delle donne sedotte da don Giovanni: da Ombre rosse a Mezzogiorno di fuoco, da Sfida infernale a I magnifici sette, da L'ultima a notte a Warlock a Chi uccise Liberty Valance, da Nascita di una nazione a Là dove scende il fiume, da L'ultimo degli apache a Fort Apache, da Uomini a cavallo a Cavalcarono insieme, da Rio Bravo a Un dollaro d'onore...
L'URSS rispondeva con il cinema del disgelo e, in particolare con dei capolavori, come La ballata del soldato, Quando volano le cicogne, L'infanzia di Ivan di Tarkowskij. La Francia combatté la "guerra civile europea" con film che sono entrati nella storia del cinema come La grande illusione, Giustizia è fatta, La verità, Dio creò la donna, Soffio al cuore, Vite vendute, Ascensore per il patibolo.... La Francia ebbe inoltre la fortuna di imbattersi in attori che "bucavano" lo schermo e, soprattutto, di aver dato i natali alla più affascinante e alla più provocante di tutte le dive di sempre: BB. Come dimenticare la scena dell'incontro di BB con Kurd Jurgens in Dio creò la donna?

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Nel frattempo in Cina era scoppiata a Rivoluzione culturale lanciata da Mao con il suo famoso discorso intitolato: Bombardate il quartier generale. Il CEO della Rivoluzione culturale Lin Biao aveva elaborato una teoria che si basava sulla divisione del mondo tra le città (i paesi capitalistici avanzati) e le campagne (i paesi del Terzo mondo). La Rivoluzione culturale causò la fine del maoismo. Essa produsse infatti una situazione caotica che a sua volta generò una reazione che riportò al potere Deng Xiaobing, il quale lanciò la Cina sulla via che l'avrebbe portata a instaurare una forma affatto nuova di capitalismo. In Cina, per un (E. Sarzi Amadè Due linee nell'economia cinese, Angeli). Queste due linee avevano dei loro sostenitori anche nel nostro paese.
Io non capivo una cosa del genere. Pensavo che Togliatti avesse ragione quando parlava di unità nella diversità. Togliatti aveva studiato all' università di Torino quando Benedetto Croce era in piena attività e nn mi stupiva che l'unità dei distinti tenesse banco anche in politica. Ciò che mi stupiva era che ci si potesse dividere sulla Cina. Pechino non era Praga. A Praga i carri armati sovietici avevano posto fine ad un tentativo di riforma in senso democratico del socialismo imposto dai sovietici con colpo di stato che aveva portato all'abbattimento di u governo legittimamente eletto e alla de-fenestrazione del suo capo.

Io non ero mai stato un "maoista", tuttavia avevo sempre considerato Mao un marxista. Lo dimostravano i suoi scritti teorici. "La conoscenza, aveva scritto Mao nel suo saggio sulla prassi, comincia con la pratica" (Mao tse-dung Opere scelte, vol. I, a cura del PCC, Pechino, Edizioni in lingue estere).
Sembrava di leggere le Tesi su Feuerbach di Marx. Come accadde a molti leaders politici, una volta giunto al potere, Mao perse il lume della ragione e commise un errore dietro l'altro: il grande balzo in avanti del 1958, la campagna per la creazione delle comuni ... (Alta marea nelle campagne cinesi, a cura di Lisa Foa, Feltrinelli). Immutata era rimasta per contro la sua abilità di propagandista. Penso ai titoli di certi suoi articoli: Una scintilla può incendiare la prateria. Camminare con due gambe, Com Yukun spostò le montagne... (E. Collotti Pischel Le origini culturali della rivoluzione cinese, Einaudi; id. La rivoluzione cinese, Editori Riuniti. E. Masi Lettura delle posizioni cinesi, Einaudi; id. La rivoluzione cinese, Laterza).
In realtà, si seppe sempre molto poco di quello che accadeva in Cina. Ciò permise a molti intellettuali di sinistra di difendere la Rivoluzione culturale in nome della difesa del socialismo. Una cosa analoga era accaduta in Unione sovietica al tempo di Stalin.

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La rivoluzione bolscevica venne definita i cari modi. Il giovane Gramsci, in un articolo su Ordine nuovo definì la rivoluzione bolscevica "Una rivoluzione contro Il capitale", cioè, una rivoluzione contro le previsioni di Marx che non aveva mai creduto possibile una rivoluzione socialista in un paese arretrato (H. Carrére d'Encausse, J. Stuart Schramm Marx, Engels e la rivoluzione nei paesi arretrati, Il saggiatore). Leone Trockcij la definì, una "rivoluzione tradita". Isaac Deutscher la definì "incompiuta". Nel campo dell'arte, nel campo della musica le opere incompiute sono spesso dei capolavori. Pensiamo alla Incompiuta di Schubert, alla Pietà Rondanini di Michelangelo. Ciò non vale nel campo della politica. Più in generale potremmo dire che in Russia non c'erano le condizioni oggettive e soggettive della rivoluzione socialista.
Lenin era cosciente di questo fatto e aveva inventato una teoria seconda la quale la coscienza di classe doveva essere portata al proletariato dall'esterno. Ad essa, Lenin aveva abbinato la teoria del partito come avanguardia formata da rivoluzionari di professione (V. Lenin Che fsare? in id Opere scelte, v. 1, Editori Riuniti). Per essere chiari, la teoria di Lenin non aveva niente a che fare con la teoria di Marx. (G.M Bravo Marx e la Prima internazionale, Laterza). Per Marx la rivoluzione era il punto di arrivo di un processo storico che attraverso lo sviluppo delle forze produttive e culturali aveva creato le condizioni per il "superamento" della società borghese e l'instaurazione di nuovi rapporti sociali (K. Marx Prefazione a Per la critica della economia politica, Editori Riuniti).
Ciò che propugnava Lenin era una rivoluzione dall'alto in nome di quella che sarà poi chiamata "autonomia del politico". Stalin non ci mise nulla di suo dal punto di vista teorico. Teoricamente lo stalinismo ebbe il suo fondamento teorico nel leninismo. Stalin ci mise la sua malvagità.
E' difficile credere, come mi disse una volta Vittorio Foa, che Togliatti non fosse a conoscenza dei crimini di Stalin ed è pure difficile credere che i comunisti italiani non sapessero che la pianificazione sovietica non funzionava e che gli alti tassi di crescita della economia sovietica non riflettevano la realtà di un'economia che aveva degli spaventosi buchi neri dovuti dalle scelte del PCUS che miravano a fare dell'URSS una grande potenza militare. Ciò aveva sempre penalizzato il settore dei beni di consumo e l'agricoltura.
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Negli Anni Venti, in Unione sovietica c'era stato un acceso dibattito sull'industrializzazione (N. Spulber, a cura di, Il dibattito sovietico sulla industrializzazione, Einaudi; A. Erlich Il dibattito sulla industrializzazione in Unione sovietica, Laterza). Il dibattito era complesso e verteva i settori che andavano sviluppati per primi. Secondo Evgenij Preobrazensky, i settori che andavano sviluppati per primi erano quelli dell'industria pesante e per poter fare una cosa del genere occorreva trarre risorse dalla agricoltura (E. Prebrazenskij La nuova economia, Jaca book).
Affatto diversa era la posizione di Bucharin. Per Bucharin, la parola d'ordine da rivolgere ai contadini era "Arricchitevi". Solo una agricoltura sviluppata avrebbe potuto fornire alle città i prodotti di consumo richiesti e chiudere così la "crisi delle fobici" tra prezzi agricoli in salita e prezzi industriali in discesa. (N. Bucharin, E. Preobrazenskij L'accumulazione originaria socialista" a cura d L. Foa, Editori Riuniti). Alla fine, vinsero gli "industrializzatori ad oltranza" come Kujbiscev (V. Kujbiscev Scritti e discorsi sulla pianificazione, Feltrinelli), i sostenitori dei cosiddetti "piani tesi" (S. Strumilin L'economia sovietica, Editori Riuniti), i quali non tenevano conto del monito di Nicolai Ivanovic Bucharin, il quale in un articolo del 1927 affermò che non si può costruire con i mattoni del futuro (N. I. Bucharin Note di un economista all'inizio dell'anno economico, in Spulber cit.).
Il problema posto da Bucharin
Nel 1972 lo storico dissidente sovietico Roy Medevedev pubblicò una storia dello stalinismo che per la prima volta riferiva dei dati credibili i quali dimostravano che i critici delle statistiche sovietiche non avevano tutti i torti e che la pianificazione era molto meno efficiente di quello che si pensasse in Occidente. Secondo Ludwig von Mises ciò dipendeva dal fatto che in URSS non esisteva una economia di mercato, ma una economia pianificata centralmente e ci rendeva impossibile la formazione di un sistema razionale dei prezzi. (L. von Mises Socialismo, Rusconi).

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Nel 1976, Medvedev pubblicò un libro in cui si chiedeva se la rivoluzione russa fosse ineluttabile (R. Medvedev La rivoluzione russa era ineluttabile? Editori Riuniti). Per questa via, Medevdev ripropose un problema sul quale la sinistra aveva lungamente discusso tra Ottocento e Novecento. In altre parole, si trattava di capire se la storia andava considerata, per usare le parole di Condorcet come la "storia dei progressi dello spirito umano" (Editori Rinuniti); ovvero, per usare le parole di Adam Fergusson, come una serie di stadi che l'umanità aveva superato passando dalla barbarie primitiva alla civiltà borghese; oppure, se essa andava considerata una " possibilità" alla Benjamin (W. Benjamin Tesi di filosofia della storia, iid Angelus Novus, Einaudi).
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Di lì a poco, esplose il fenomeno del dissenso sovietico.( R. Medevdev Il dissenso sovietico, Einaudi). L'atteggiamento della sinistra italiana fu estremamente ambiguo. Né avrebbe potuto essere diversamente. Oggi tutto ciò fa parte di un passato di cui nessuno si augura un ritorno. Nello stesso tempo, chiunque un po' di sale in zucca non può non rendersi conto che la mancanza di rigore intellettuale e morale ci sta portando verso il baratro. L'origine di questa mancanza di rigore morale risiede nel fatto che, per usare una espressione cara a Weber, nella cultura italiana non esiste il concetto luterano di beruf inteso come vocazione e/o professione.
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Nietzsche in Al di là del bene e del male definisce il Cristianesimo una religione del ressentiment. Nella predicazione di Gesù non v'era ressentiment. Gesù disse: "Date a Cesare quello che è di Cesare, date a Dio quello è di Dio". "Beati gli ultimi perché saranno i primi, beati gli assetati di giustizia perché saranno dissetati". E, soprattutto, "Ama il prossimo tuo come te sesso". Questa affermazione di Gesù mi porta alla memoria, una famosa massima di Kant contenuta in Fondazione della metafisica dei costumi. Per Kant non vi è alcun merito nell'amare i propri genitori. Gesù andò oltre e ci invitò ad amare i nostri nemici. (E. Bianchi La differenza cristiana, Einaudi)

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Lo scorso Natale sono andato a messa alle 10,30. Ho provato invece una grande tristezza. Non c'erano bambini, a dimostrazione che la città sta morendo o, per meglio dire. si è trasformata in una sorta di luna park e credo ce la miglior cosa da fare sarebbe quella di darla n gestione a qualche boss di Las Vegas.


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Albert Camus era morto nel 1957 in un incidente automobilistico. appena ricevuto il Nobel per la letteratura. Sartre lo rifiutò qualche anno dopo. Sartre aveva sempre sostenuto che Camus non capiva un accidente di filosofia e, in effetti, gli scritti teorici di Camus lasciano spesso a desiderare, come lasciano a desiderare i romanzi di Sartre. Essi sono infatti dei romanzi a tesi, scritti con la testa. Essi mancano di ispirazione. Qualcuno potrebbe ribattere che anche le Affinità elettive di Goethe, L'educazione sentimentale di Flaubert, Moby Dick di Melville. sono romanzi a tesi. I loro autori, però, a differenza di Sartre sapevano scrivere. Simone de Beauvoir scriveva molto meglio di Sartre. E' difficile parlare della morte della propria madre. In Una morte dolcissima Simone de Beauvoir riesce a portare a termine l'impresa. Dal romanzo emerge il grande rispetto intellettuale di Simone de Beauvoir per Sartre. Per lei Sartre era Sartre anche quando gli succhiava l'uccello. Meglio ancora di Sartre scriveva Françoise Sagan. Il capolavoro della Sagan è Bonjour tristesse. La Sagan indovinò il soggetto, la trama, lo stile, il titolo. Confrontato con Bonjour tristesse, anche un bel romanzo come Un po' di sole sull'acqua gelida diventa un romanzetto. André Gide avrebbe potuto diventare un moderno Balzac, ma restò prigioniero del genere che l'aveva reso famoso. L'immoralista, La porta stretta, Nutrimenti terrestri, Se il grano non muore, sono dei bei romanzi, ma sono comunque romanzi di genere.

Il più grande scrittore francese del 900 rimane, dispiace dirlo, quel fottuto nazista di Celine. La prosa di Celine ha qualcosa di unico, di speciale.
- Allez-vous-en tous ! Allez rejoindre vos régiments ! Et vivement ! qu’il gueulait.
- Où qu’il est le régiment, mon commandant ? qu’on demandait nous…
- Il est à Barbagny.
- Où que c'est Barbagny ?
- C'est par là ! »
Par là, où il montrait, il n'y avait rien que la nuit, comme partout d'ailleurs, une nuit énorme qui bouffait la route à deux pas de nous et même qu'il n'en sortait du noir qu'un petit bout de route grand comme la langue.
Allez donc le chercher son Barbagny dans la fin d'un monde ! Il aurait fallu qu'on sacrifiât pour le retrouver son Barbagny au moins un escadron tout entier ! Et encore un escadron de braves ! Et moi qui n’étais point brave et qui ne voyais pas du tout pourquoi je l'aurais été brave, j'avais évidemment encore moins envie que personne de retrouver son Barbagny, dont il nous parlait d'ailleurs lui-même absolument au hasard. C'était comme si on avait essayé en m'engueulant très fort de me donner l'envie d'aller me suicider. Ces choses-là on les a ou on ne les a pas.
De toute cette obscurité si épaisse qu'il vous semblait qu'on ne reverrait plus son bras dès qu'on l'étendait un peu plus loin que l'épaule, je ne savais qu'une chose, mais cela alors tout à fait certainement, c'est qu'elle contenait des volontés homicides énormes et sans nombre.
Cette gueule d'État-major n'avait de cesse dès le soir revenu de nous expédier au trépas et ça le prenait souvent dès le coucher du soleil. On luttait un peu avec lui à coups d'inertie, on s'obstinait à ne pas le comprendre, on s'accrochait au cantonnement pépère tant bien que mal, tant qu'on pouvait, mais enfin quand on ne voyait plus les arbres, à la fin, il fallait consentir tout de même à s’en aller mourir un peu ; le dîner du général était prêt.
Céline, Voyage au bout de la nuit, Gallimard ©

 

1- continua

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