venerdì 15 luglio 2016

Borghesia , borghesia...per piccina che tu sia

C'era una volta la borghesia con i suoi valori, Fra questi c'era la solvibilità. In altre paeole, un uomo d'affari era tanto credibile quanto era credibile la sua capcitò di fronteggiare i propri impegni. Ciò accadeva perché proprietà degli assetti finanziari e loro getione si identificavano. La situazione mutò con la comparsa delle prìme corporations ovvero con l'affermazione del cd corporate capital che produsse la separazione fra proprietà e gestione e introdusse il cd sindacato di conroìlo cui fece sguityo la reazione del cd sistema delle scatole cinesi che consente la creazione di imperi finanziari con una manciara di titoli In particolare Berle e Means sostenevano che la trasfomazione della sruttura finanziaria delle grandi imprese compottava un superanmento della tradizionale logica del progfitto e ntruduceva un conflitto di interessi fra i proprietari e managers. Tale posizione, sviluppata da Burnmham in La rivoluzione manageriale, formò il fondamento fondamento sul quale Galbraith padre ostruì la sua teoria del New Inndustrial Srate. Ora, è accasduto l'esatto contrario e si è costituita una solida alleanza tra tagliatori di cedole e managers i quali tanto pù arricchscono quanto più le impree si ingrandiscono acaquisendo altre imprese. Nel fratempo, nel 1910 Hilferding aveva pubblicato Das Finanzkpital; cinque anni dopo, Bucharin pubblicò Economa ondiale e imperialismo. La teoria economica acquisì nuovi protagonisti e si introdussero nuovi concetti: oligopolio, barriers to competition... I neoliberusti non hasnno tenuto conto di questo fatto e hanno collaborato alla ulteriore monopolizzidell'economia. Volendo concludrere con Sylos Labini potremmo dire: "Abbiamo visto che, in un'economia moderna, esiste un problema di propensione al risparmio, ma non per motivi psicologici; ed esiste un problema di possibilità d'investimento,non per motivi di esaurimento di tali possibilità, ma per motiviche fanno capo, in ultima analisi, alla logica delle decisioni d'investimento dei grandi complessi produttivi e agli sbocchi neirami altamente concentrati. Questi problemi si pongono dunquein termini molto simili a quelli indicati da Keynes e da Hansen:la domanda appare elemento essenziale anche nell'analisi quiprospettata. Ma per motivi diversi, che già si trovano, in nuce, nel capitolo XXX dei Principî di Ricardo. Il problema delle forme di mercato, che riguarda le singoleimprese, ed il problema della domanda effettiva, che riguarda l'economia nel suo complesso, sono stati finora discussi separatamente. I due problemi sono stati oggetto di due distinteanalisi: quella micro-economica, che fa capo alle teorie degli economisti neoclassici; e quella macro-economica, che fa capo a Keynes. Le teorie neoclassiche delle forme di mercato sono state . sottoposte, da Sraffa in poi, ad una critica approfondita. Ma,anche dopo la critica, gli strumenti analitici impiegati, e non poche delle assunzioni, sono rimasti quelli dei neoclassici. Quel che è più grave, nel trattare le forme di mercato non si è usciti dall'ambito dell'equilibrio parziale, salvo poche notevoli eccezioni, come quelle costituite dai lavori di Kalecki e, sotto certi importanti aspetti, di Sweezy, di Baran e della Robinson. Alcuni sono giunti ad affermare che, in contrasto con leassunzioni dei neoclassici, noi viviamo in un « mondo di monopoli »; ma non è affatto chiaro quali conseguenze abbia la crescente diffusione di formazioni monopolistiche — o, più precisamente, oligopolistiche — sulle tendenze degli investimenti, dell'occupazione, del reddito nazionale e delle grandi categorie di redditi che lo compongono — per citare le principali quantità globali; anzi, molti economisti, che pure riconoscono la diffusione delle formazioni oligopolistiche, le considerano praticamente neutrali rispetto a quelle tendenze. Keynes, salvo che per il mercato del lavoro, ha continuato a fare l'assunzione della concorrenza perfetta; egli, in ogni modo, mostrava di attribuire un'importanza molto modesta alle forme di mercato; sembrava che, per la sua analisi aggregativa, il prendere posizione su questo problema fosse pressoché irrilevante. Anche in conseguenza di ciò, le due a-nalisi — micro e macro-economica — si sono sviluppate in modo parallelo, piuttosto che complementare. Ora, l'integrazione appare possibile e desiderabile. In particolare, sembra che i presupposti psicologici, che costituiscono i punti più deboli della teoria keynesiana, possano essere utilmente sostituiti da presupposti obiettivi."

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