sabato 21 maggio 2016

Stazione Finlandia 1

  Corrado Bevilacqua
Stazione di Filandia -1

Riflessioni sul fallimento del socialismo

Prefazione


L'URSS fu una superpotenza che dominò la politica mondiale assieme agli Stati Uniti. Oggi nessuno parla più di essa. E' come se fossimo stati vittime di un sortilegio durato 70 anni. L'Urss non fu un sortilegio. L'URSS era l'Impero del male. Non è ancor chiaro come accadde, ma accadde. L'Impero del male si sbriciolò come come terra essicata dal sole e l'URSS svanì in una "bolla di polvre".

Il problema della sopravvivenza dell'Urss venne posto per la prima volta nel 1974 dal dissidente sovietico Andrei Amalrich nel libro Sopravviverà l'Urss al 1984? Nel 1978 il problema venne riproposto dalla studiosa francese Hélène Carrère d'Encausse in Esplosione di un impero? Nel medesimo torno di tempo, lo storico sovietico Roy Medvedev aveva pubblicato con l'aiuto dello  storico francese della Seconda Internazionale, Georges Haupt il libro Lo stalinismo davanti al tribunale della storia in cui per la prima volta uno storico sovietico diceva la verità su Stalin e lo stalinismo. Fino quel momento, eravamo vissuti all'ombra della Grande Menzogna.

Nel PCI, il partito del colpisya Gion<

In estrema sintesi, l'Urss non avrebbe dovuto nemmeno esistere. Urss era una potenza militare e ideologica. L'Urss rappresentava le speranze di riscatto delle classi subalterne. ma essa non avrebbe mai potuto diventare un paese socialista. La Russia zarista, come ricordava Hèlène Carrére  dddeusse in un libro scritto con John Stuart Schramm Marx, Engels e la rivoluzione nei paesi sottosvilupati, era un paese sottosvilupato e quando Marx pensava al socialismo non pensava alla Russia zarista ma all'Inghiterra. Ciò emerge in tutta evidenza nella letteCon l'espressione mondo della vita intendo un pensiero  aperto alle sollecitazioni del mondo esterno. un pensiero relazionale in grado di conettere i fenomeni più disparati dando vita ad una visione complessa della realtà. La mancanza di questa caratteristica ha portato al fallimento del marxismo.

Marx, il quale aveva scritto in Ideologia tedesca -che egli aveva poi abbandonato  alla "critica oditrice dei topim j cuuuì, grazie allììtetf dell akiena<igne di Fee di banalità come quella per la quale non è la coscienza che crea l'essere sociale, ma  l'essere sociale che crea la coscienza. Se così fosse non c'era alcun motivo per il quale dei borghesi come Marx Engels e Lenin avrebbero dovuto diventare dei comunisti. Lo diventarono per una serie di motivi che li indussero ad elaborare un modo di vedere le cose che li poneneva in contrasto con il modo dominante. (L. Colletti il marxismo
e  Hegel, Laterza)
 


Storia di una lettera


All'inizio degli anni 80 del XIX secolo, scrisse Maxmillien Rubel, la colonia dei rivoluzionari russi rifugiata a Ginevra accolse nei suoi ranghi molte nuove reclute che avevano svolta la loro militanza iniziale nel primo movimento socialista  che conobbe la Russia degli zar: il populismo
(narodnicestvo). Quattro di questi nuovi arrivati saranno,
alcuni anni più tardi, i pionieri della socialdemocrazia
russa di orientamento marxista: Georgij Valentinovič
Plechanov, Pavel Axelrod, L. Deutsch e Vera Zasulich.

Prima della loro conversione al Marxismo, essi erano appartenuti ad una delle organizzazioni illegali del movimento populista che, nel 1879, dopo il mancato attentato dell'istitutore A. Soloviev contro Alessandro II, si era scisso in due frazioni: il gruppo detto Frazione Nera (Tchnorny Perediel) e quello di Volontà del popolo (Narodnaia Volia). Unanimi sullo scopo da raggiungere- il loro programma era insomma la realizzazione del socialismo agrario sognato da tutti gli ideologi populisti, da Herzen a Cernyševkij ed a Lavrov - essi erano in disaccordo sui metodi di lotta da impiegarsi nella prospettiva di rovesciare il regime zarista.

Mentre il primo gruppo voleva rimanere fedele alle tradizioni populiste intensificando la propaganda nei villaggi e rifiutando di dare alla loro andata verso il popolo un significato politico, il secondo proclamava la necessità di entrare nella lotta diretta sistematicamente condotta  contro l'autorità, per accelerarne l'affondamento e raggiungere così un obiettivo politico importante: la convocazione di un'assemblea costituente.

Espatriando, non pensavano di mettersi al riparo delle persecuzioni poliziesche né intenddevano rinunciare alla lotta rivoluzionaria e non era un caso se essi avevano scelto la città di Ginevra come luogo di incontro. Tranne Pavel Axelrod, nessuno di essi aveva ancora raggiunto la trentina. Essi provavano il bisogno di istruirsi e di conoscere il movimento socialista occidentale il cui teorico di genio aveva acquisito negli universitari russi una reputazione prodigiosa. È a Ginevra che si era formata la sezione russa dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori, sezione che, sin dal 1870, aveva incaricato Karl Marx di rappresentarla in seno al Consiglio generale di Londra. Certo, l'Internazionale aveva allora cessato di esistere, ma era noto che Marx continuava a intrattenere con gli ambienti rivoluzionari russi di Ginevra dei rapporti stretti e ad intervenire nelle polemiche tra i discepoli del defunto Bakunin ed i "marxisti".

I giovani narodniki parteciparono attivamente alle discussioni tra i diversi gruppi in un'atmosfera di libertà che essi non avevano conosciuto prima di aver abbandonato la loro patria. Un solo problema turbava i loro spiriti nutriti delle idee e dell'idealismo di Chernychevski (il cui messaggio era loro giunto dalle più remote profondità della Siberia), di Lavrov, di Mikailovski e di Tkatchev: i destini della Russia. La lettura del Capitale-tradotto in russo sin dal 1872- la censura zarista avendone autorizzata la pubblicazione, "benché l'autore fosse un socialista convinto, il rigore scientifico dell'opera lo rende difficilmente accessibile al lettore comune"- doveva far vacillare le nazioni dell'Occidente sulla via verso il socialismo. Non era logico che essi attribuissero a se stessi questa frase della prefazione del Capitale destinata al lettore tedesco, scettico in quanto allla sorte riservata al suo paese dall'"ineluttabile necessità" dello sviluppo capitalista, frase che terminava con l'adagio latino: De te fabula narratur, è la tua storia che racconto? E, qualche riga oltre, Marx non intendeva la Russia quando affermava che "il paese più sviluppato industrialmente non fa che mostrare al paese meno sviluppato l'immagine dell'avvenire che lo aspettava?".  E più in là ancora, non è della Russia che si parlava quando, tra l'altro, si leggeva: "Ogni nazione può e deve andare alla scuola dagli altri. Anche quando una società ha scoperto la legge naturale, che presiede al suo movimento... non può  né superare con un salto né abolire con dei decreti le fasi del suo sviluppo; ma può abbreviare e alleviare le doglie del proprio parto"?

I populisti si sentivano schiacciati sotto il peso del pesante apparato di ragionamenti scientifici con il quale Marx esponeva la legge bronzea dell'evoluzione sociale. Eppure,- la traduzione russa del Capitale non aveva come autori due narodniki di chiara fama, Nikolai-on, (pseudonimo di Nikolai Danielson); e Lopatin, noti per la loro incrollabile fede nel genio eccezionale del contadino russo? Non era noto, inoltre, che Piotr Lavrov, militante intrepido nel corso degli anni 1860-70 dell'organizzazione populista rivoluzionaria Zemlia i Volia (Terra e Libertà), autore  -ùùanonimo delle Lettres historiques écrites en Sibérie, la cui influenza era stata profonda sull'intellighentia, viveva,  dopo aver preso la strada dell'esilio e collaborato ai progetti dell'insegnamento popolare elaborarti dalla Comune del 1871, in intimità di Marx e  di Engels, a Londra, dove irigeva la rivista socialista Vperiod! (Avanti!) nel migliore spirito del narodnitchestvo [3]? E nella postfazione della seconda edizione del Capitale, così opprimente per ogni populista bruciante dal desiderio di vedere trionfare la sua causa, Marx non parlava di N. Chernychevski, apostolo e martire del populismo, come del "grande erudito e critico russo"?

Non è affatto improbabile che i nostri quattro narodniki siano espatriati con il solo pensiero di trovare, a Ginevra, una risposta definitiva a tutti questi interrogativi sconcertanti e che, una volta in questa città, essi abbiano preferito sollecitare Marx, per ricevere la soluzione del problema che era la loro ragione di vivere e di lottare: la Russia può seguire la propria via rivoluzionaria  differente da quella del mondo occidentale e del suo mostruoso sistema economico?

Il 16 febbraio 1881, Vera Zasulic inoltrò, a nome del suo gruppo, una lettera a Karl Marx in cui ricordò, innanzitutto, la grande popolarità  di cui godeva il suo Capitale in Russia, i cui rari esemplari sfuggiti al sequestro erano "letti e riletti dalla maggior parte delle persone più o meno istruite di questo paese. "Ma, scriveva, quel che ignorate probabilmente è il ruolo che il vostro Capitale svolge nelle nostre discussioni sulla questione agraria in Russia e sulla nostra comune rurale". Le idee di Chernychevski, lungi dall'essere state dimenticate dopo la sua partenza per l'esilio, conobbero al contrario un successo crescente. In quanto al problema della comune rurale: la vita e la morte del "partito socialista" russo dipende dalla soluzione che gli si dà. Da questo modo di vedere o da un altro, su questa questione dipende anche il destino personale dei nostri socialisti rivoluzionari". È vera Zasulic a porre l'alternativa seguente in cui enuncia con una perfetta chiarezza e con il massimo di coincisione le prospettive teoriche dello sviluppo economico e sociale della Russia: "Delle due una: o questa comune rurale, affrancata dalle esigenze smisurate del fisco, dai pagamenti ai signori e dall'amministrazione arbitraria, è capace di svilupparsi sulla strada socialista, cioè ad organizzare a poco a poco la sua produzione e la sua distribuzione dei prodotti su basi collettivistiche. In questo caso il socialista rivoluzionario deve sacrificare tutte le sue forze all'affrancamento della comune ed al suo sviluppo.

"Se al contrario la comune è destinata a perire, non resta al socialista, in quanto tale, che dedicarsi ai calcoli più o meno malfondati per scoprire in quante decine d'anni la terra del contadino russo passerà dalle sue mani in quelle della borghesia, in quante centinaia di anni, forse, il capitalismo raggiungerà in Russia uno sviluppo simile a quello dell'Europa Occidentale. Dovranno allora fare la loro propaganda unicamente tra i lavoratori delle città che saranno continuamente diluiti nella massa dei contadini, la quale a seguito della dissoluzione della comune, sarà gettata sul lastrico delle grandi città alla ricerca del salario".

La lettera mette in seguito in gioco i Marxisti (sic!) che basando le proprie affermazioni sull'autorità del loro maestro, dichiarano che "la comune rurale è una forma arcaica che la storia, il socialismo scientifico, in una parola tutto quanto c'è di più indiscutibile, condannano a perire". Quando si obietta a questi sedicenti discepoli di Marx che quest'ultimo, in Il Capitale (tomo I), non tratta della questione agraria e non parla della Russia e che, di conseguenza, la condanna della comune contadina non potrebbe essere dedotta dalle teorie marxiane, la replica è la seguente: Marx l'avrebbe detto, se parlava del nostro paese. Terminando, Vera Zasulich chiede a Marx, con manifesta insistenza, di esporre, magari se non in modo dettagliato, almeno sotto  forma di lettera - che verrebbe pubblicata in Russia - le sue idee sul "possibile destino" della comune rurale e sulla "teoria della necessità storica per tutti i paesi del mondo di passare attraverso tutte le fasi della produzione capitalista".

Marx, ha risposto a questa lettera? Trenta anni trascorsero prima che questa domanda fosse posta per la prima volta: nel 1911, David Riazanov, ordinando le carte di Marx conservate da Paul Lafargue, scoprì diversi fogli in-ottavo pieni di una scrittura minuta, familiare al ricercatore sperimentato. Vi erano numerose cancellature, numerosi passaggi intercalati ed aggiunti, poi di nuovo cancellati. Riazanov comprese presto che si trattava di diverse brutte copie di una risposta scritta da Marx alla lettera di Vera Zasulic del 16 febbraio 1881. Una di queste brutte copie reca la data 8 marzo 1881 e sembrava essere la risposta definitiva di Marx.

Spinto da una legittima curiosità, Riazanov scrisse innanzitutto a Plehanov per chiedergli se avesse conoscenza di una risposta di Marx alla lettera di Vera Zasulich. Plechanov gli rispose di non saperne nulla. Il risultato fu identico, quando Riazanov pose la stessa domanda a Vera Zasulich e, probabilmente anche a Pavel Axelrod. Nessuno degli antichi membri del Tchony Perediel si ricordava più se Marx aveva risposto alla loro domanda che, come diceva Vera Zasulic nella lettera che aveva indirizzato in nome dei suoi amici, era per essi "una questione di vita o di morte".
Ora, non è che dodici anni più tardi che l'enigma fu risolto, la lettera di Marx essendo stata ritrovata negli archivi di Pavel Axelrod, a Berlino.

Che i narodniki e tra di essi la destinataria della lettera di Marx abbiano dimenticato in modo così definitivo il fatto che l'autore di Il Capitale aveva preso posizione nei confronti del narodnicestvo non può mancare di meravigliare. Così Riazanov si vede obbligato a riconoscere "che questa dimenticanza, proprio a causa del particolare interesse che una simile lettera doveva suscitare, possiede uno strano carattere ed offre probabilmente allo psicologo specialista uno degli esempi più notevoli dell'insufficienza straordinaria del meccanismo della nostra memoria.

Senza invadere il campo dello psicologo professionista, possiamo tuttavia formulare alcune ipotesi suscettibili di darci la chiave di un oblio che saremmo tentati di assimilare ad una cospirazione del silenzio.
 
Ma prima  di azzardare una di queste ipotesi, potremmo, in tutta logica, supporre che la risposta che Marx aveva inviato alla sua interrogatrice non aveva fatto che confermare le argomentazioni per mezzo delle quali i "marxisti" russi di Ginevra, forti dell'autorità del loro maestro, avevano demolito le tesi o piuttosto le illusioni dei populisti. Questi ultimi non avrebbero, di conseguenza, appreso nulla di nuovo nella lettera di Marx che, diamo alla nostra supposizione il massimo di verosimiglianza- si sarebbero attenuti alle teorie scientifiche generali sviluppate nella sua opera principale. Questa supposizione sembra tanto più legittima in quanto sapiamo che, due anni appena dopo l'invio della Lettera di Vera Zasulich, quest'ultima ed i suoi amici del Tchorny Perediel erano diventati marxisti.

Così, nella prefazione che egli scrisse per la traduzione russa di Socialismo utopistico e Socialismo scientifico di Frederich Engels (Ginevra, 1884), Vera Zasulich segnala, con un tono di assoluta convinzione, l'irresistibile processo di disgregazione della comune rurale russa la cui autonomia ancestrale era visibilmente in fase di sbriciolarsi a profitto del contadino ricco, il kulak, facendo apparire la tendenza crescente verso un'accumulazione capitalista dovuta all'estensione della grande industria. Il destino della Russia essendo indissolubilmente legato a quello dello sviluppo dell'Europa occidentale, nulla poteva più arrestare questa decomposizione del mir, a meno che una rivoluzione socialista in Occidente, ponendo anche termine al capitalismo in Oriente, trovi ancora alcuni residui dell'antica proprietà comunale e li salvino dalla sparizione totale. Quest'ultima restrizione era, sotto la penna di Vera Zasulich, come unica concessione che era disposta a fare al populismo che aveva da poco abbandonato.

Da parte sua, Plechanov, nel suo libro Le nostre differenze del 1883, polemizando con il populista Tkacev, ruppe deliberatamente con il suo passato di Narodniki: era diventato, con Vera Zasulich e Pavel Axelrod, il fondatore della prima organizzazione marxista russa, il gruppo detto dell'Emancipazione del Lavoro da cui nascerà più tardi il partito socialdemocratico russo. Oramai, non è più il contadino che sarà considerato come il motore umano della futura rivoluzione russa, ma l'operaio delle città.

Volgiamo ora, continuava Rubel, la nostra attenzione verso le copie di prova della lettera-risposta di Karl Marx così come esse furono rese pubbliche nel 1925, ed esaminiamo se queste note contengono gli elementi di una teoria sullo sviluppo economico e sociale della Russia, e se questi elementi erano di natura a fornire una giustificazione teorica al rigetto delle concezioni populiste così come fu fatto dagli ex-narodniki, diventati marxisti.
Su quattro,ìtre sono molto più lunghe della lettera definitiva stessa, una, quella che reca la stessa data della lettera, è più corta di quest'ultima. Sulle tre copie di prova di grandi dimensioni, una è circa undici volte più lunga, e le due altre sono circa cinque volte più lunghe della lettera propriamente detta, contando le numerose ripetizioni

Cerchiamo di evidenziare dall'insieme di questi abbozzi di una teoria sociologica dello sviluppo della Russia le principali tesi esposte da Marx in risposta alle domande formulate nella lettera di Vera Zasulich. La genesi del capitalismo ed il problema dello sviluppo economico della Russia.

Alla base della genesi del modo di produzione capitalista, c'è, ricorda Marx citando il Capitale, "la separazione del produttore dai mezzi di produzione" e, più particolarmente, "l'espropriazione dei coltivatori". Questo processo si è compiuto sino ad ora, nel modo più radicale in Inghilterra, ma "tutti gli altri paesi dell'Europa occidentale percorreranno lo stesso movimento".

Marx sottolinea con particolare insistenza il fatto di aver "espressamente" ristretto la "fatalità storica" di questo movimento ai paesi dell'Europa occidentale [10].

Già nella sua replica a Nikolai Michajovskij, che egli redasse in francese nel 1877, e che si astenne a rendere pubblica - essa fu scoperta dopo la sua morte e pubblicata nel 1884- Marx si era opposto contro il tentativo dei suoi interpreti di presentare il suo abbozzo sulla genesi del capitalismo nell'Europa occidentale come una "teoria storico-filosofica del cammino generale, fatalmente imposto a tutti i popoli, qualunque siano le circostanze storiche in cui essi si trovino posti". Per confondere questi esegeti troppo zelanti, Marx aveva richiamato alcuni passaggi del Capitale che trattavano le sorti dei plebei dell'antica Roma. "Erano originariamente dei contadini liberi, che coltivavano, ognuno per proprio conto, le loro piccole particelle. Nel corso della storia romana, essi furono espropriati. Lo stesso movimento che li separò dai loro mezzi di produzione e di sussistenza implicò non soltanto la formazione di grandi proprietà fondiarie, ma anche quella di grandi capitali monetari. Così un bel mattino c'erano da una parte, degli uomini liberi denudati di tutto tranne che della loro forza lavoro, e dall'altra, per sfruttare questo lavoro, i detentori di tutte le riccezze acquisite. Cosa accadde? I proletari romani divennero, non dei lavoratori salariati, ma un mob fannullone più abietto degli odierni poor white dei paesi meridionali degli Stati Uniti; ed accando ad essi si dispiegò un modo di produzione non capitalista, ma schiavistico. Dunque, degli avvenimenti di un'analogia notevole, ma che avvengono in ambienti storici differenti, portarono a dei risultati del tutto disparati. Studiando ognuna di queste evoluzioni a parte, e comparandole in seguito, troveremo facilmente la chiave di questi fenomeni, ma non vi riusciremmo mai con il passe-partout di una teoria storico-filosofica la cui suprema virtù consiste nell'essere sovrastorica" [11].

È dunque nei paesi industrializzati, ed in nessuna altra parte, che la trasformazione dei mezzi di produzione individuali in mezzi di produzione "socialmente concentrati" e la sostituzione della proprietà privata capitalista alla proprietà privata fondata sul lavoro personale assumendo l'aspetto di un'implacabile legge storica.

In quanto alla Russia, non si pone la questione di una simile sostituzione, per la semplice ragione che l aterra posseduta dai contadini russi "non è e non è mai stata la proprietà privata del coltivatore" [12]. Di conseguenza, se esiste una necessità storica della dissoluzione del Mir, essa è indipende dalle leggi dello sviluppo economico in Europa occidentale. Affinché il capitalismo divenga anche il destino della Russia, bisognerà che la proprietà comune si trasformi in proprietà privata


I tipi arcaici della proprietà comune. n quasi tutte le copie di prova, Marx fa allusione ai diversi tipi arcaici della comune rurale ai quali aveva sempre dedicato una particolare attenzione, le sue vedite a questo proposito evolvevano a mano a mano che studiava le opere degli specialisti in questa materia, come Haxthausen, Maurer, Henry Maine, Morgan, ecc. E così, egli ancor prima di aver letto questi autori, parla con poca simpatia del sistema di villaggio dell'India, vedendovi il fondamento del dispotismo orientale [13], mentre, in seguito, rimase ammirato davanti alla tenace vitalità di queste comunità di villaggio che offrivano, al contrario del caos della divisione sociale del lavoro ed al dispotismo della divisione manifatturiera del lavoro sotto il regime capitalita, "l'immagine di un'organizzazione del lavoro sociale conformemente ad un paino e ad un'autorità".

È soprattutto dopo aver letto l'opera di Georg Ludwig von Maurer sulla comune tedesca che Marx concepì l'idea estremamente favorevole di questa istituzione arcaica, giungengo a vedervi la prefigurazione della futura forma dell'organizzazione economica e sociale. Questa svolta del suo pensiero si verifica nella sua corrispondenza con Engels, che egli mette a corrente sull'impressione lasciatagli dalla lettura di Maurer. Marx vi trovava una conferma delle sue proprie tesi, soprattutto che la proprietà privata è posteriore al comunismo primitivo; le forme di proprietà asiatiche ed indiane sono le prime in Europa. "In quanto ai Russi, l'ultima traccia di una pretesa of originality sparisce egualmente, anche in this line. Ciò che resta loro, è di conservare ancor oggi delle forme che i loro vicini hanno da lungo abbandonato" (14 marzo 1868).

Poi, sempre a proposito dell'opera di Maurer: "Avviene per la storia umana quanto accade per la paleontologia. A causa di un certo judicial blindness, le migliori teste non si accorgono, per principio, delle cose che si trovano davanti al loro naso. Più tardi, giunto il momento, ci si accorge che i fatti non percepiti rivelano ovunque ancora le loro tracce. La prima reazione contro la rivoluzione francese ed i lumi che essa apportava fu naturalmente di giudicare tutto da un punto di vista medievale, romantico... La seconda reazione - quella che corrisponde all'orientamente socialista, benché i suoi rappresentanti eruditi non ne abbiano affatto coscienza- consiste nel guardare, oltre il medioevo, verso i tempi primitivi di ogni popolo. Questi ricercatori sono allora sorpresi di scoprire nei fenomeni più antichi i fatti \più nuovi..." (25 marzo 1868).

Negli abbozzi delle sue lettere a Vera Zasulich, Marx insiste sulle idee di Maurer, e cita Lewis Henry Morgan in appoggio della tesi secondo la quale la comune russa sia fattibile. Infatti, una delle circostanze favorevoli alla sua conversione è, secondo Marx, che il sistema capitalista occidentale- a cui essa ha avuto la fortuna di sopravvivere, quando era intatto- si trova- si trova oramai in stato di crisi permanente, crisi che non potrà finire che con la sparizione del sistema capitalista e con un ritorno delle società moderne al tipo "arcaico" della proprietà comune, forma in cui- come dice un autore americano [16], tutt'altro che sospetto in quanto a tendenze rivoluzionarie... - "il nuovo sistema" a cui la società moderna tende "sarà una rinascita (a revival) in una forma superiore (in a superior form), di un tipo sociale arcaico". E Marx aggiunge: "Dunque, non bisogna lasciarsi troppo spaventare dalla parola arcaico".

Così la posizione teorica di Marx nei confronti delle forme primitive del comunismo agrario, contrassegnata innanzitutto dall'apprezzamento negativo della loro importanza e delle loro virtualità, è evoluto, grazie ad una migliore conoscenza della letteratura concernente specialmente questa materia, verso una concezione nettamente positiva del loro ruolo nello sviluppo storico delle società umane. Questa evoluzione del pensiero di Marx si esprime chiaramente in una frase di uno dei suoi abbozzi in cui egli sostiene che "i popoli presso i quali (la produzione capitalista) ha avuto il suo maggiore esordio in Europa e negli Stati Uniti d'America non aspirano che a spezzare le loro catene sostituendo la produzione capitalista con la produzione cooperativa e la proprietà capitalista con una forma superiore di tipo arcaico della proprietà, e cioè la proprietà comunista".

Prospettive della comune rurale russa. Mentre si apprestava a rispondere a Vera Zasulich, Marx possedeva delle conoscenze estese sulla situazione economica e sociale della Russia. N. F. Danielson, uno dei principali teorici populisti- pubblicava i suoi articoli ed opere con lo pseudonimo di Nicoali-in- Traduttore di Il Capitale, era in Russia, il suo corrispondente più fedele e gli inviava regolarmente dei documenti- articoli di stampa, materiali, statistiche, opere, ecc. - che Marx aveva intenzione di utilizzare ampiamente per lo studio che pensava di dedicare alla teoria della rendita fondiaria, nei successivi volumi del suo Il Capitale. Tutti questi materiali erano in russo, e Marx si era messo a studiare questa lingua sin dal 1869, con un accanimento molto pregiudizievole per la sua salute, già molto compromessa. A partire dal 1873, seguì attentamente le discussioni tra liberali e narodniki a proposito dell'obscina e, a proposito di una polemica che aveva portato allo scontro, nel 1856, il filosofo liberale Georgij Vasil'jevič Čičerin ed il giurista slavofilo Bielïayev, Marx scrisse a Danielson: "Il modo in cui questa forma di proprietà si è creata (storicamente) in Russia è, naturalmente, una questione di second'ordine e non inficia in nulla l'importanza di questa istituzione... Inoltre, ogni analogia parla contro Čičerin. Come è possibile che in Russia quest'istituzione sia stata introdotta come una misura puramente fiscale, come un fenomeno accessorio della servitù, mentre ovunque è nata naturalmente ed ha formato una fase necessaria dello sviluppo dei popoli liberi?".

Preparando la sua risposta ai rivoluzionari russi rifugiati a Ginevra, Marx notava con una singolare applicazione tutti gli argomenti favorevoli alle speranze ed attese dei narodniki, non senza segnalare i pericoli che minacciavano la sopravvivenza della comune contadina russa. Quest'ultima, grazie ad un concorso unico di circostanze, è stabilita su scala nazionale e potrebbe svilupparsi direttamente come elemento della produzione collettiva nazionale, mettendo a profitto le conquiste economiche, tecniche e sociali dell'Europa ocidentale. "Essa si trova così posta in un ambiente storico in cui la contemporaneità della produzione capitalista le presta tutte le condizioni del lavoro collettivo. È in grado anche di incorporare le acquisizioni positive elaborate dal sistema capitalista senza passare attraverso le sue forche caudine", e ciò tanto più facilmente in quanto in quanto possiede l'esperienza secolare del contratto dell'artel suscettibile di affrettare la transizione dal lavoro parcellare al lavoro cooperativo. Molti caratteri specifici distinguono inoltre la comune russa dai tipi di comunità anteriori: non poggia come quest'ultime, sulla parentela naturale dei suoi membri; è dunque più capace di adattarsi e di estendersi al contatto con degli estranei. Poi, ogni coltivatore possiede la sua casa ed il suo cortile individuali. Infine, la terra arabile, pur restando proprietà comunale, si divide periodicamente tra i membri della comune contadina. Questi ultimi "ammettono uno sviluppo dell'individualità, incompatibile con le condizioni delle comunità più primitive".

Tuttavia, questo dualismo inerente alla natura della comune contadina russa - da una parte: la proprietà comune del suolo, dall'altra: la proprietà (casa e cortile) esclusivo della famiglia individuale e l'appropriazione dei frutti - racchiude dei germi della sua decomposizione. Infatti, l'accumulazione progressiva della ricchezza mobiliare dovuta al lavoro parcellare "introduce degli elementi eterogenei provocanti all'interno della comune dei conflitti di interesse e delle passioni adatte innanzitutto a erodere la proprietà comune delle terre arabili, in seguito quella delle foreste, dei pascoli, terre merginali, ecc., le quali, una volta convertite in annessioni della proprietà privata, alla lunga le soccomberanno".

A tutto ciò viene ad aggiungersi l'influenza nefasta di un ambiente storico sempre più ostile allo sviluppo spontaneo della comune rurale, influenza in grado di poter precipitare la disgregazione di questa istituzione plurisecolare. Lo Stato russo opprime, dopo la cosidetta emancipazione dei servi, questa comune da ogni specie di esazioni, cercando di acclimatare in Russia "come in una serra" le forme più sviluppate del sistema capitalista, a spese dei contadini.

Un'alternativa fatale. Abbiamo visto che, nella sua replica a Mikhailovsky, rimasta inedita mentre era vivo, Marx si era opposto ad un'interpretazione abusiva della sua analisi del capitalismo occidentale e contro la tendenza a trasformare le sue teorie in una dottrina storico-filosofica universalmente valida. Da allora, aveva riassunto il risultato delle sue ricerche effettuate "durante molti anni" nella seguente formula lapidaria: "Se la Russia continua a proseguire lungo il sentiero seguito dal 1861, essa perderà la più bella occasione che la storia abbia mai offerto ad un popolo, per subire tutte le peripezie del regime capitalista". E poco dopo, aveva espresso questo ragionamento ipotetico nei seguenti termini: "Se la Russia tende a diventare una nazione capitalista sul modello delle nazioni dell'Europa occidentale- e durante gli ultimi anni si è data da fare molto in questo senso- non riuscirà senza aver preventivamente trasformato una buona parte dei suoi contadini in proletari; e dopo di ciò, condotta nel girone del regime capitalista, ne subirà le spietate leggi come altre nazioni profane"

Nei suoi appunti per la risposta ai narodniki, Marx presenta questa ipotesi sotto forma di un'alternativa, derivante dal carattere dal carattere dualistico "innato" della comune rurale: o "il suo elemento di proprietà prevarrà sul suo elemento collettivo, o questo si impone su quello. Tutto "dipende dall'ambiente storico nel quale essa si trova". Esiste dunque non una "fatalità storica" né in un senso né in quello opposto: né la dissoluzione della comune rurale né la sua sopravvivenza sono fatali, considerate isolatamente. Soltanto quest'alternativa lo è.

Ora, per decidere del probabile futuro della comune, Marx, fedele ai principi etici così come li aveva enunciati nelle sue Tesi su Feuerbach, sposta il problema dal campo della teoria in quello della pratica,- della pratica rivoluzionaria: "Qui non si tratta più, egli sottolinea, di un problema da risolvere; si tratta del tutto semplicemente di un nemico da battere. Non è più dunque un problema teorico... Per salvare la comune russa, occorre una Rivoluzione russa... Se la rivoluzione si fa al momento opportuno, se essa concentra tutte le sue forze, per assicurare il libero sviluppo della comune rurale, quest'ultima si svilupperà presto come elemento rigeneratore della società russa e come elemento di superiorità sui paesi asserviti dal regime capitalista". Una volta assicurate le sue nuove assise, la comune rurale russa "può diventare il punto di partenza diretto del sistema economico al quale tende la società moderna e cambiare pelle senza cominciare dal suo suicidio".

Possiamo facilmente constatare che, nella redazione definitiva della sua lettera, Marx si limita a rispondere una domanda precisa, in modo non meno preciso.

La comune rurale russa è fattibile? Questo era il problema sollevato da Vera Zasulich in nome del suo gruppo. Marx rispose affermativamente, conferendo alla soluzione da egli data al problema un carattere condizionale, non teoretico. Non approvava dunque i "marxisti" russi ai quali la sua interrogatrice faceva allusione [24]. Al contrario, la sua risposta non sembra mirare che a stimolare l'energia rivoluzionaria dei narodniki di cui ammirava il coraggio e l'abnegazione.

Ma se la soluzione proposta da Marx non aveva alcun carattere dogmatico e somigliava piuttosto ad un giudizio implicante un postulato etico- la soluzione essendo la rivoluzione- le supposizioni erano sostenute grazie allo studio delle "fonti originali" più importanti dell'epoca
.

Nel gennaio 1882, dunque ad un anno appena dopo aver comunicato la sua risposta al gruppo dello Tchorny Pérédiel, redigendo con Engels la prefazione della seconda edizione russa di Il Manifesto del partito comunista, nella traduzione di Vera Zasulich, Marx condensò, in una ventina di righe, le sue opinioni sulla comune rurale russa e le sue prospettive nel senso definito anteriormente da lui come da Engels (nella sua replica a Tkacev): "il compito di Il Manifesto, era di proclamare la sparizione inevitabile ed imminente dell'attuale proprietà borghese. Ora, in Russia accanto ad un ordine capitalista che si sviluppa con una velocità febbrile accanto alla proprietà fondiaria borghese allo stato di formazione, constatiamo che più della metà del suolo forma la proprietà comune dei contadini. Una domanda si pone dunque: La comune contadine russa- forma, è vero, molto disaggregata già di proprietà comune primitiva del suolo- può trasformarsi direttamente in una forma comunista superiore della proprietà fondiaria? Oppure dovrà subire preventivamente lo stesso processo di dissoluzione che si manifesta nell'evoluzione storica dell'Occidente?- La sola risposta che si possa attualmente dare a questa domanda è la seguente: Se la rivoluzione russa diventa il segnale di una rivoluzione operaia in Occidente di modo che le due si completano, l'attuale proprietà comune russa può diventare il punto di partenza di un'evoluzione comunista".

Posti di fronte all'alternativa di Marx, i populisti emigrati a Ginevra ne scelsero non il primo termine, il quale riposa su una valutazione ottimista della "opportunità storica" offerta alla Russia di passare, con il concorso delle conquiste tecniche e sociali della rivoluzione occidentale, da uno stadio inferiore del comunismo agrario ad una forma superiore della proprietà sociale. Optando per il secondo termine di quest'alternativa, il quale implica una visione fondamentalmente pessimistica dei destini di una Russia pronta a passare sotto le "forche caudine" del capitalismo, gli ex narodniki erano decisi di non dare alcun peso alla risposta incoraggiante che aveva loro fornito Marx.

È precisamente quest'atteggiamento nuovo, segnato dalla svolta totale delle opinioni di Vera Zasulich e dei suoi amici, che ci dà la chiave del problema psicologico sollevato, come abbiamo visto all'inizio del presente saggio, da David Riazanov. Quest'ultimo fu colpito da un'assenza di memoria così flagrante presso coloro che avevano sollecitato i lumi di Marx su una questione da cui dipendeva, per impiegare l'espressione del loro porta-parola, "il destino personale dei socialisti rivoluzionari" della Russia. Ecco l'ipotesi che si potrebbe allora formulare attorno a questo oblio: quest'ultimo era, presso gli interroganti russi di Marx, una conseguenza psicologicamente necessaria della loro adesione al "marxismo", detto altrimenti: a quella teoria storico-filosofica-passe-partout che  Mikhailovski aveva creduto poter dedurre dall'opera marxiana e di cui Marx stesso diceva che gli faceva "allo stesso tempo troppo onore e troppo vergogna",

Che diventando marxisti, si dimentichino i postulati essenziali del messaggio marxiano, non può che sembrare paradossale, se si considera che la storia, abbonda di esempi in cui l'apparizione di una personalità e di un pensiero di grande levatura fa nascere questo fenomeno così potentemente denunciato e così impietosamente sezionato da Sören Kierkegaard: l'ammirazione, atteggiamento di comodo il cui antipodo è l'imitazione, esigenza etica. Quando a sua volta Kierkegaard, così come il suo contemporaneo Marx- che egli ignorava, cercando, nel timore e nel tremore, ad essere il "contemporaneo" del Cristo- sia caduto vittima del complotto del tumulto dopo esserlo stato del silenzio, è del tutto proprio di un'umanità che, a forza di ricercare le soluzioni facili, ha perso persino il senso del problematico.


La lettera di Vera Zasulich a Marx



Onorato Cttadino,

Voi siete certamente a conoscenza del fatto che il vostro libro gode grande popolarità in Russia. Anche se l'edizione è stata confiscata, le poche copie rimanenti vengono letti e riletto dalla massa di persone più o meno istruiti nel nostro paese; uomini seri stanno studiando. Quello che probabilmente non si rendono conto è il ruolo che il vostro Capitale gioca nelle nostre discussioni sulla questione agraria in Russia e il nostro comune rurale. Lei sa meglio di chiunque altro quanto nel nostro paese questo problema sia urgente. Coniosci l'opera di Chernyshevskii. La nostra letteratura - Otečestvennye zapiski - continua a sviluppare le sue idee. Ma a mio avviso, è una questione di vita o di morte, soprattutto per il nostro partito socialista. In un modo o nell'altro, anche il destino personale dei nostri socialisti rivoluzionari dipende dalla vostra risposta alla domanda. Perché ci sono solo due possibilità. In entrambi i casi il comune rurale, liberato di richieste imposte esorbitanti, il pagamento per la nobiltà e la gestione arbitraria, è in grado di svilupparsi in senso socialista, trasformando ion senso socialista, l'organizzazione, la produzione e la distribuzione su base collettivista. In tal caso, il socialista rivoluzionario deve dedicare tutte le sue forze per la liberazione e lo sviluppo del comune.

Se, tuttavia, il comune è destinato a perire, tutto ciò che resta per il socialista, in quanto tale, è più o meno un calcolo infondasto di quante decenni ci vorrà per la terra del contadino russo a passare nelle mani della borghesia e quanti secoli ci vorranno per il capitalismo in Russia per raggiungere qualcosa di simile al livello di sviluppo già raggiunto in Europa occidentale. Il loro compito sarà quello di condurre la propaganda solo tra i lavoratori urbani, mentre questi lavoratori saranno continuamente annegati nella massa di contadini che, a seguito dello scioglimento del comune, saranno gettati per le strade delle grandi città in cerca di un salario.

Al giorno d'oggi, si sente spesso dire che il comune rurale è una forma arcaica condannato a perire. Coloro che predicano una tale visione si definiscono tuoi discepoli per eccellenza: 'Marksists'. Il loro argomento più forte è spesso: 'Marx diceva così.'

In nome dei miei amici, mi permetto di chiederle, Cittadino, a farci questo favore.

Se il tempo non consente di esporre le tue idee in maniera abbastanza dettagliata, quindi almeno essere così gentile da fare questo, sotto forma di una lettera che ci avrebbe permesso di tradurre e pubblicare in Russia.

Con rispettoso saluto,
Vera Zassoulich

Il mio indirizzo è: Imprimerie polonaise, Rue de Lausanne No. 49, Genève"

Lettera di Marx a Vera Zasulich


Cara cittadina.

Una malattia nervosa che mi ha colpito periodicamente per gli ultimi dieci anni mi ha impedito di rispondere presto la tua lettera del 16 febbraio. Mi dispiace che non sono in grado di darvi un resoconto sintetico per la pubblicazione della domanda che mi hai fatto l'onore di sollevamento. Qualche mese fa, ho già promesso un testo sullo stesso argomento al Comitato San Pietroburgo. Ancora, spero che poche righe saranno sufficienti a lasciare alcun dubbio circa il modo in cui la mia cosiddetta teoria è stato frainteso.

Nell'analizzare la genesi della produzione capitalistica, ho detto:

Il cuore del sistema capitalista è una separazione completa ... produttore dai mezzi di produzione ... l'esproprio del produttore agricolo è la base di tutto il processo. Solo in Inghilterra è lo stato compiuto in maniera radicale. ... Ma tutti gli altri paesi dell'Europa occidentale stanno seguendo lo stesso corso. (Capitale, edizione francese, p. 315.)

Il 'inevitabilità storica' di questo corso è quindi espressamente limitata ai paesi dell'Europa occidentale. La ragione di questa limitazione è indicata in Ch. XXXII: 'Proprietà privata, fondata su lavoro personale ... è soppiantato dalla proprietà privata capitalistica, che si basa sullo sfruttamento del lavoro altrui, il wagelabour.' (Lc, p 340...).

Nel caso occidentale, quindi, una forma di proprietà privata si trasforma in un'altra forma di proprietà privata. Nel caso dei contadini russi, tuttavia, la loro proprietà comune dovrebbe essere trasformato in proprietà privata.

L'analisi di Capitale prevede quindi alcun motivo a favore o contro la vitalità del comune russo. Ma lo studio speciale che ho fatto, tra cui la ricerca di materiale originale, mi ha convinto che il comune è il fulcro per la rigenerazione sociale in Russia. Ma in modo che esso possa funzionare come tale, le influenze nocive assalgono da tutte le parti devono prima essere eliminate, e deve quindi essere certi delle condizioni normali per sviluppo spontaneo.

Cordiali saluti,
Karl Marx

Stazione di Filandia

L'idea per la Stazione Finlandia venne a Edmund Wilson nel periodo più drammatico della crisi degli Anni 30", scrisse Louis Menaid su The New Yorker. La struttura è semplice: il declino della tradizione rivoluzionaria borghese dopo la Rivoluzione francese, come Wilson vede riflessa negli scritti di Jules Michelet, Ernest Renan, Hippolyte Taine, e Anatole France; l'emergere di socialismo rivoluzionario, visto attraverso gli scritti di Saint-Simon, i comunitaristi Charles Fourier e Robert Owen, e Marx ed Engels; il trionfo del comunismo, illustrato dalle carriere di Lenin e Trotsky.

"To Finlandia Station" non va letto, continuava Menaid come un libro di storia della rivoluzione russa, ma va letto come un libro sul modo di scrivere la storia. La storia è il vero soggetto del libro di Wilson, e ciò che egli evoca è quello che si prova a credere, come Vico e Michelet, Fourier e Saint- Simon, Hegel e Marx, Lenin e Trotsky tutti credevano che la storia è la chiave per il senso della vita.

Quando Wilson iniziò a scrivere "alla stazione Finlandia" credeva nella storia; pensava che la storia aveva un design, e che la depressione fosse un evento comprensibile nel contesto di quel disegno: era il crollo a lungo predetto dell'ordine capitalistico. "Alla stazione Finlandia" è prezioso come una finestra sul diciannovesimo secolo, ma è anche un artefatto struggente degli anni Trenta, un periodo in cui molta gente ha pensato che la storia fosse qualcosa che si potrebbe ottenere sul lato destro o sul lato sbagliato di. Era un'idea indistinguibile dalla fede, e Marx è stato uno dei suoi profeti.


Marx come Dostoevskij, Herzen, Bakunin, Baudelaire, Flaubert, Wagner, e Mazzini aveva sognato che il mondo stava per girare l'angolo e che nulla sarebbe piùstato lo stesso; quando si svegliarono il vecchio ordine era ancora lì, per molti versi più reazionaria e più filisteo che mai. Questa è la storia che Flaubert ha detto in "educazione sentimentale", ed è quello che Marx si riferiva a nella famosa frase in "Il diciotto brumaio di Luigi Bonaparte": ". La prima volta come tragedia, la seconda come farsa"

Nei decenni che seguirono il fallimento delle rivoluzioni del 1848, gli stati del Nord Atlantico sono stati sottoposti a un picco di crescita industriale e tecnologica che ha completato il processo di modernizzazione e ha stabilito il capitalismo come un sistema sociale ed economico completo. Il capitale divenne il grande solvente della vita quotidiana; il cambiamento è stato la nuova costante. Questo era il mondo di cui Marx aspirava ad essere l'analista campione. "Disturbo ininterrotto di tutte le condizioni sociali, l'incertezza perenne e agitazione" è stato il modo in cui ha descritto. Le parole sono state scritte alla vigilia delle rivoluzioni del 1848. Essi sono, naturalmente, da "Il Manifesto del Partito Comunista": "Tutte le relazioni con il loro treno di pregiudizi e opinioni antiche e venerabili vengono spazzate via, tutti i nuovi-formato diventano antiquati prima che possano ossificarsi. Tutto ciò che è solido si scioglie nell'aria, tutto ciò che è sacro viene profanato, e l'uomo è finalmente costretto a fare i conti con le sue reali condizioni di vita, e le sue relazioni con i suoi simili ".

Il cambiamento non è arbitrario. E il prodotto da conflitto di classe; è fedele a una logica interna; che punti verso un fine, che è la costituzione della società senza classi. Il marxismo è stata fondata su un appello per la giustizia sociale, ma c'erano molte forme che un tale ricorso avrebbe potuto prendere. La sua attrazione più profonda è stata la scoperta di un significato, in cui gli esseri umani possono partecipare, nella storia stessa.

Il pensatore in piedi dietro l'idea marxiana della storia è stato Hegel, e Hegel ha dato Wilson i maggiori problemi nella scrittura del suo libro. "Il mio grande handicap, trovo, nel trattare con tutto questo è la mia mancanza di messa a terra in filosofia tedesca", ha confessato al suo vecchio insegnante di Princeton Christian Gauss nel 1937. "Il materialismo dialettico, che era in rivolta contro la tradizione idealistica tedesca, davvero viene a destra fuori di esso; e si dovrebbe conoscere tutti da Kant fino a dare un resoconto davvero suono. Non ho mai fatto nulla con la filosofia tedesca, e non riesco a sopportarlo, e sto avendo un momento difficile ora puntellare quella parte della mia storia in su. "Non ha mai fatto farlo capito.

La dialettica era proprio il tipo di concetto di alta teoria che Wilson avevariflesso evitato. Allo stesso tempo, non era un uomo rapido per concedere la sua ignoranza, e ha dedicato un capitolo del suo libro a spiegare che la dialettica è fondamentalmente un mito religioso (un esercizio caratteristica debunking giornalistico). Wilson aveva idea di cosa stesse parlando. I due-paragrafo spiegazione che dà del termine all'inizio del capitolo su "Il mito della Dialettica" -la tesi-antitesi-sintesi, non modello è la dialettica di Hegel. E 'la dialettica di Fichte. E Marx ed Engels non ha chiamato il loro metodo "materialismo dialettico". Questo era un termine assegnatole dal Georgi Plekhanov, l'uomo che, dopo la morte di Marx, ha introdotto il marxismo in Russia. Engels riferimento al metodo come materialismo storico.

Ancora, la dialettica di Hegel faceva parte del modo di fare filosofia di Marx, e l'uso della dialettica come un metodo storico è l'elemento più forte nella teoria marxista. In termini più ampi, è un modo di trattare ogni aspetto di una momento storico-la sua arte, la sua industria, la sua politica-come essere implicato in tutto, e di comprensione che ogni idea dominante dipende, si definisce contro, qualunque essa sopprime o esclude. pensiero dialettico è un freno alla tendenza ad assumere che le cose continueranno ad essere come sono, solo di più, perché ci ricorda che ogni paradigma contiene il seme della propria rovina, il caso limite che, come si avvicina , comincia a svelare l'intero costrutto. Non c'è bisogno di essere un nemico del capitalismo borghese, o di credere in una legge ferrea della storia, a pensare in questo modo. E 'solo un metodo proficuo per la critica storica.

Wilson non fu attratto dal pensiero dialettica, lui prende in giro "la dialettica" in quasi tutti i suoi scritti perché pensare dialetticamente è qualcosa che gli intellettuali americani non fanno. John Dewey è stato uno dei pochi che lo fece.

"Alla stazione Finlandia" si distingue dal resto del lavoro di Wilson perché riesce a rappresentare la storia come una interazione reciproca tra agenzia individuale e forza sociale. E, qualunque cosa le speranze e le intenzioni di Wilson, essa espone nel marxismo i semi della propria rovina. Wilson era uno scettico. Credeva, quando aveva iniziato il suo libro, che Marx ed Engels fossero i philosophes di un secondo Illuminismo. Più si pensa al carattere testardo di Wilson e alla sua antipatia per il pensiero sistematico, tanto più notevole appare la sua devozione di tanti anni della sua vita a questo libro che gli imponeva di imparare tedesco e russo. Forse si può spiegare dicendo che, alla fine, Wilson è stato uno scrittore, e lui pensava di aver trovato una buona storia. La testardaggine e l'indipendenza anche aiutare a spiegare perché, a differenza della maggior parte degli intellettuali americani della sua generazione, Wilson non si ribellò contro la politica della sua giovinezza. Ha rinunciato al comunismo e all'Unione Sovietica, ma lui non è diventato un crociato anti-comunista. Uno dei suoi ultimi libri, "La guerra fredda e l'imposta sul reddito," è stato un attacco anti-comunismo e la politica estera americana, e un libro in modo intemperante che è stato ricevuto come praticamente anti-americano. Intorno allo stesso tempo di Wilson pubblicò, ha deciso di creare un "American Pléiade" -il progetto che ora è stato realizzato come la Library of America. Ha scelto di essere un patriota alle sue condizioni. Tra le altre cose sorprendenti, "La guerra fredda e l'imposta sul reddito" diffusi quanto poco denaro Wilson aveva fatto con il suo lavoro. Il suo senso della vocazione era troppo urgente.


Lenin e la rivoluzione russa


Quando nella primavera del 1917, il treno blindato che aveva trasportato Lenin e i suoi compagni di partito attraverso la Germania dalla neutrale Svizzera in Russia si fermò alla stazione di Finlandia, nessuno dei presenti aveva mai visto Lenin in viso. Lenin si affacciò al finestrino e tutti lo riconobbero. Lenin era il vero capo carismatico. Il carisma emanava dalla sua figura come il profumo da un fiore.

La storia del treno blindato sembra una storia di fantapolitica e, di fatto, ciò che voleva fare Lenin era una rivoluzione socialista in un paese arretrato. Fino a quel momento, parlare di socialismo voleva dire parlare di una società che rappresentava l'ultima parola in materia di scienza e tecnica - cosa che non poteva essere detta della Russia zarista.

Come scrisse lo storico dell'economia Segei Prokopovic,"il progrsso della econoia sipende dallo sviluppo della cultura e della tecnica"Tale sviluppo consente i valorizzare al meglio leforze produttive n
azyonali. Non a caso i paesi avanzasti sono taòi, non soloeconomicamene ma ancde culturalmengtre.
Lenin lo sapeva. Sapeva che la sua era una scommessa ai limiti dell'autolesionismo. Nel libro Lo sviluppo ddel capitalismo in Russia voleva dimostrare che era in atto 'n Russia un processo di trasformazione capitalistica delle campagne. In realtà, il peso della arretratezza delle campagne russe era tale da rendere vano qualsiasi progresso in senso capitalistico. (A. Gershenkron La arretratezza economica in un prospetiva storica, Einaudi. H. Mynt Una definizione di arretratezza economica, in F. Caffè, Economisti moderni, Laterza; V. Marrama L'economia dei paesi arretrati, Boringhieri; P. A. Baran Il surplus economico e la teoria marxista dello sviluppo, Feltrinelli; G. Myrdal Teoria economica e pae(C. Bettelheim Pianifcazione e sviluppo accelerato, Jaca Book).


Lenin: Seconda lettera sulla tattica

Lenin trascorse come esule gran parte della sua vita. Un destino simile era toccato al suo maeokustro Georgij Plechanov. Benché si trovasse all'estero, Lenin non mancò mai di far sentire la sua voce e di far sapere quello che pensava.

"Il marxismo, scrisse Lenin nella seconda lettera sulla tattica,  esige da noi un'analisi il più esattta possibileassstrettamente esatta e oggettivamente verificabile dei rapporti di classe e delle caratteristiche peculiari di ogni situazione storica. Noi bolscevichi abbiamo sempre cercato di soddisfare questo requisito, che è assolutamente essenziale per dare un fondamento scientifico alla politica. In gergo, si parlava nelle organizzazioni di sinistra che si ispiravano al leninismo, di "analisi concreta della situazione concreta."

"La nostra teoria non è un dogma", asseriva Lenin, "ma una guida per l'azione". Marx ed Engels hanno sempre criticato giustamente la semplice memorizzazione e ripetizione di "formule" che nel migliore dei casi sono solo in grado di marcare i compiti generali, che sono necessariamente modificabili dalle condizioni economiche e politiche concrete di ogni periodo di un particolare processo storico.

Ora, spiegava Lenin, in Russia è in atto una rivoluzione e noi dobbiamo prenderne il comando, altrimenti lo faranno altri partiti. La politica aborre il vuoto, e la rivoluzione fallirà. A chi gli chiedeva come sarebbe andata a finire, Lenin rispondeva al mdo del Bonaparte: "Intanto diamo battaglia, poi vedremo".

Lenin aveva atteso tutta la sua vita il momento in cui avrebbe potuto realizzare il suo sogno e non intende farlo passare invano.

"La Russia è minacciata da una catastrofe inevitabile, in La catastrofe imminernte. I trasporti ferroviari sono incredibilmente disorganizzati, e la disorganizzazione aumenta. Le ferrovie si arresteranno. La fornitura delle materie prime e del carbone per le fabbriche cesserà e cesserà il rifornimento di cereali. I capitalisti sabotano (danneggiano, bloccano, minano, frenano) scientemente e incessantemente la produzione, con la speranza che una catastrofe inaudita porti al crollo della repubblica e della democrazia, dei soviet e, in generale, delle associazioni proletarie e contadine, faciliti il ritorno alla monarchia e la restaurazione dell'onnipotenza della borghesia e dei grandi proprietari fondiari. Una catastrofe di ampiezza senza precedenti e la carestia ci minacciano inesorabilmente. Tutti i giornali ne hanno parlato infinite volte. I diversi partiti e i soviet dei deputati degli operai, dei soldati e dei contadini, hanno approvato un numero inverosimile di risoluzioni nelle quali si riconosce che la catastrofe è inevitabile, imminente, che bisogna combatterla strenuamente, che il popolo deve fare «sforzi eroici » per scongiurare il disastro, ecc.

Tutti lo dicono. Tutti lo riconoscono. Tutti lo constatano. E non si fa nulla. Sono passati sei mesi di rivoluzione. La catastrofe si avvicina sempre più. Si è giunti alla disoccupazione di massa. Si pensi: nel paese vi è penuria di merci; il paese è in preda alla rovina per-ché mancano i prodotti, manca la manodopera mentre si hanno in quantità sufficiente grano e materie prime; e in questo paese, in un momento cosi critico, la disoccupazione ha assunto un carattere di massa! Quale prova occorre ancora per dimostrare che in sei mesi di rivoluzione (che alcuni chiamano grande, ma che, per il momento, sarebbe più giusto chiamare putrida), con una repubblica democratica ove abbondano le associazioni, gli organismi, le istituzioni che si dicono orgogliosamente «democratiche rivoluzionarie», non si è fatto proprio nulla di serio contro la catastrofe, contro la carestia? Ci avviciniamo al crollo con rapidità crescente, poiché la guerra non attende, e la disorganizzazione che essa porta in tutti i campi della vita nazionale si aggrava sempre più.

E tuttavia basterebbe un po' d'attenzione e di riflessione per convincersi che esistono i mezzi per combattere la catastrofe e la carestia, che i provvedimenti da adottare sono assolutamente chiari, semplici, realizzabili, adeguati alle forze del popolo e che questi provvedimenti non si prendono unicamente, esclusivamente perché la loro attuazione recherebbe pregiudizio ai profitti inauditi di un pugno di grandi proprietari fondiari e di capitalisti!

È un fatto. Posso affermare con certezza che non troverete un solo discorso, un solo articolo di giornale di qualsiasi tendenza, una sola risoluzione di qualsiasi assemblea o istituzione che non riconosca in termini chiari e precisi quali dovrebbero essere i provvedimenti fondamentali, principali, per combattere, per scongiurare la catastrofe e la carestia. Questi provvedimenti sono: controllo, sorveglianza, censimento, regolamentazione da parte dello Stato, ripartizione razionale della mano d'opera nella produzione e nella distribuzione, risparmio delle forze del popolo, soppresione di ogni loro sperpero, economia di queste forze. Controllo, sorveglianza, censimento: ecco da che cosa si deve incominciare per lottare contro la catastrofe e la carestia. Ecco ciò che è incontestabile e che tutti riconoscono. Ma è precisamente ciò che non si fa per tema di attentare all'onnipotenza dei proprietari fondiari e dei capitalisti, ai loro profitti smisurati, inauditi, scandalosi, profitti che essi intascano grazie all'alto costo della vita, alle forniture militari (per la guerra ora «lavorano», direttamente o indirettamente, quasi tutti), profitti che tutti conoscono, che tutti osservano, e a proposito dei quali tutti danno in esclamazioni.

Ma non si fa assolutamente nulla per istituire con qualche serietà un controllo, una sorveglianza e un censimento da parte dello Stato".

Lo storico francese Marc Ferro cita nel libro La rivoluzione del 1917 un rapporto di polizia in cui si afferma che per gli operai delle città la situazione era ai limiti della disperazione. Ciò favoriva i bolscevichi che sapevano di terr contare su una enorme massa di manovra composta da disperati. Lenin sfruttò abilmente la massa di disperati che misero le loro vite nelle sue mani.


L'arte dell'insurrezione


Per Lenin, l'insurezione era un'opera d'arte. Come egli scrisse nel settembre 1917,  "Coscienti della necessità assoluta dell'insurrezione degli operai di Pietrogrado e di Mosca per salvare la rivoluzione e la Russia, minacciata da una spartizione “separata” fra gli imperialisti delle due coalizioni, dobbiamo dapprima alla Conferenza adattare la nostra tattica politica alle condizioni dell’insurrezione che sale, e in secondo luogo provare che non solo a parole noi accettiamo l’idea di Marx sulla necessità di considerare l’insurrezione come un’arte.

Alla Conferenza dobbiamo per prima cosa rendere coesa la frazione bolscevica, senza correre dietro al numero, senza temere di lasciare gli esitanti nel campo degli esitanti: “là” saranno più utili alla causa della rivoluzione che non nel campo dei combattenti risoluti e devoti.

Dobbiamo redigere una breve dichiarazione a nome dei bolscevichi, sottolineando nel modo più reciso l’inopportunità dei lunghi discorsi, e dei “discorsi” in generale; la necessità di un’azione immediata per la salvezza della rivoluzione; la necessità assoluta di una rottura completa con la borghesia, della destituzione di tutto il governo attuale, senza alcuna eccezione per nessuno, di una rottura completa con gli imperialisti franco-inglesi che preparano una spartizione “separata” della Russia, e infine la necessità del passaggio immediato di tutto il potere nelle mani di una democrazia rivoluzionaria diretta dal proletariato rivoluzionario.

La nostra dichiarazione deve formulare questa conclusione nel modo più breve e più reciso, in connessione col nostro progetto di programma: la pace ai popoli, la terra ai contadini, confisca dei profitti scandalosi dei capitalisti, repressione dello scandaloso sabotaggio della produzione perpetrato dai capitalisti.

Più la dichiarazione sarà breve e recisa, meglio sarà. Vi si dovranno soltanto indicare chiaramente altri due punti di grandissima importanza: il popolo è stanco fino all’esaurimento delle esitazioni, il popolo tormentato dalle indecisioni dei socialrivoluzionari e dei menscevichi; noi rompiamo definitivamente con questi partiti perchè essi hanno tradito la rivoluzione.

Altro punto: proponendo immediatamente una pace senza annessioni, rompendo senza indugio con gli imperialisti alleati con tutti gli imperialisti in generale, o noi otterremo immediatamente un armistizio, o tutto il proletariato rivoluzionario sarà per la difesa nazionale, e, sotto la sua direzione, la democrazia rivoluzionaria farà una guerra veramente giusta, veramente rivoluzionaria.

Dopo aver letto la nostra dichiarazione, dopo aver invitato A decidere e non a parlare, ad agire e non a stendere risoluzioni, dobbiamo lanciare tutta la nostra frazione nelle officine, nelle caserme: là è il suo posto, là è il nervo della vita, là è la sorgente della salvezza della rivoluzione, là è il motore della Conferenza democratica.

Con discorsi ardenti, appassionati, dobbiamo ivi spiegare il nostro programma, ponendo la questione in questi termini:o accettazione completa di questo programma da parte della Conferenza o insurrezione. Non c’è via di mezzo. È impossibile attendere. La rivoluzione è in pericolo.

Posta la questione in questi termini, centrata l’attività di tutta la nostra frazione nelle officine e nelle caserme, sceglieremo il momento propizio per l’insurrezione.

Per considerare l’insurrezione come la devono considerare i marxisti, cioè come un’arte, dobbiamo, al tempo stesso, senza perdere un istante, organizzare uno Stato Maggiore delle squadre insurrezionali, ripartire le nostre forze, inviare i reggimenti sicuri nei punti più importanti, circondare Aleksandrinka, occupare Pietropavlovka, arrestare lo Stato Maggiore generale e il governo. mandare contro gli “junker” e contro la divisione selvaggia delle squadre pronte a sacrificare la loro vita piuttosto che lasciare avanzare il nemico verso il centro della città, mobilitare gli operai armati, chiamarli ad un’ultima accanita battaglia, occupare immediatamente il telefono e il telegrafo, installare il nostro Stato Maggiore insurrezionale nella centrale telefonica, collegarla per telefono con tutte le officine, con tutti i reggimenti, con tutti i punti dove si svolgerà la lotta armata, ecc.

Tutto ciò è naturalmente approssimativo, detto al solo scopo di dimostrare che in questo momento non si può rimaner fedeli ai marxismo e alla rivoluzione senza considerare l’insurrezione come un’arte."



Lenin, i compiti immediati del potere sovietico


Quali sono, dunque, sono i fatti oggettivi chiaramente definiti, che dobbiamo considerare come elementi fil partito del proletariato rivoluzionario deve ora essere guidato dagli nel definire i compiti e le forme della sua attività?

Sia nella mia prima Lettera da lontano  pubblicata sulla Pravda nn. 14 e 15, 21 marzo e 22, 1917, e nelle mie tesi, definisco "la caratteristica specifica della situazione attuale Russia "come un periodo di transizione dalla prima fase della rivoluzione al secondo. Ho quindi ritenuto lo slogan di base, il "compito del giorno" in questo momento di essere: "I lavoratori, è stato eseguito miracoli di eroismo proletario, l'eroismo del popolo, nella guerra civile contro lo zarismo. È necessario compiere miracoli di organizzazione, organizzazione del proletariato e di tutto il popolo, per preparare la strada per la vostra vittoria nella seconda fase della rivoluzione "(Pravda n. 15).

Qual è, allora, è la prima tappa? E 'il passaggio di potere statale alla borghesia. Prima della rivoluzione di febbraio-marzo del 1917, il potere dello Stato in Russia era nelle mani di una vecchia classe, vale a dire, la nobiltà terriera, guidata da Nicola Romanov.

Dopo la rivoluzione, il potere è nelle mani di una classe diversa, una nuova classe, vale a dire, la borghesia. IL passaggio del potere statale da una classe all'altra è il primo, il principale, il segno di base di una rivoluzione, sia nella strettamente scientifico e nel significato politico pratica di tale termine.

In questo senso, i borghesi, o il democratico-borghese, rivoluzione in Russia è completata. Ma a questo punto si sente un clamore di protesta da parte di persone che hanno prontamente chiamano se stessi "vecchi bolscevichi". Non abbiamo sempre mantenere, dicono, che la rivoluzione democratica borghese è completata solo dalla "dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini"? E 'la rivoluzione agraria, che è anche una rivoluzione democratico-borghese, ha completato? Non è un dato di fatto, al contrario, che non è nem,meno iniziata?

La risposta di Lenin fu: Gli slogan e le idee bolsceviche nel complesso sono state confermate dalla storia; ma concretamente le cose hanno funzionato innmodo diflerently; sono più originali, più particolare, più variated che ci si potesse aspettare.

Per ignorare o trascurare questo fatto significherebbe prendere dopo quelli "vecchi bolscevichi", che più di una volta già hanno giocato in modo deplorevole un ruolo nella storia del nostro partito ribadendo formule insensatamente imparate a memoria invece di studiare le caratteristiche specifiche del nuovo e di vita la realtà.

'La dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini "è già diventata una realtà nella rivoluzione russa, per questa" formula "prevede solo un rapporto di classi, e non un'istituzione politica concreta attuazione della presente relazione. "Il Soviet dei lavoratori dei soldati" -Ci si ha la "dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini" già compiuto nella realtà.

Questa formula è già antiquata. Eventi si sono spostati da mattonelle regno di formule nel regno della realtà, rivestito con carne e ossa, concretizzato e quindi modificato. Un compito nuovo e diverso ora abbiamo di fronte: per effettuare una scissione all'interno di questa dittatura tra gli elementi proletari (l'anti-difensismo, elementi internazionalisti, "comunisti", che stanno per una transizione verso il comune) e la piccola-titolare o piccolo- elementi borghesi (Ckheidze, Tsereteli, Steklov, i socialisti-rivoluzionari e gli altri difensisti rivoluzionari, che si oppongono al movimento verso il comune e sono a favore di "sostenere" la borghesia e il governo borghese).

La persona che ora parla solo di una "dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini" è al passo coi tempi, di conseguenza, è andato verso la piccola borghesia contro la lotta di classe del proletariato a tutti gli effetti; quella persona dovrebbe essere consegnato all'archivio dei "bolscevichi" antiquariato pre-rivoluzionari (che può essere chiamato l'archivio di "vecchi bolscevichi").

La dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini è già stato realizzato, ma in un modo molto originale, e con un numero di estremamente importanti modifiche. Esaminerò separatamente in uno dei miei prossimi lettere. Per il momento, è essenziale per cogliere la verità incontestabile che un marxista deve prendere atto della vita reale, dei veri fatti della realtà, e non aggrapparsi a una teoria di ieri, che, come tutte le teorie, nella migliore delle ipotesi delinea solo il principale e il generale, viene solo in prossimità di abbracciare la vita in tutta la sua complessità.

"Teoria, il mio amico, è grigio, ma verde è l'albero eterno della vita". Per affrontare la questione del "completamento" della rivoluzione borghese nel vecchio modo è quello di sacrificare il marxismo vivere alla lettera morta.

Secondo il vecchio modo di pensare, il dominio della borghesia potrebbe e dovrebbe essere seguito dal dominio del proletariato e dei contadini, per la loro dittatura.

Nella vita reale, però, le cose sono già andate diversamente; c'è stato un estremamente originale, nuova e interlacciamento senza precedenti da una con l'altra. Abbiamo fianco a fianco, esistente insieme, allo stesso tempo, sia il dominio della borghesia (il governo di Lvov e Guckov) e una dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini, che sta cedendo volontariamente il potere alla borghesia, volontariamente rendendosi un'appendice della borghesia.

Perché non si deve dimenticare che in realtà, a Pietrogrado, il potere è nelle mani degli operai e dei soldati; il nuovo governo non utilizza e non può usare la violenza contro di loro, perché non c'è polizia, né esercito permanente, né burocrazia. Questo è un dato di fatto, il tipo di realtà che è caratteristica di uno stato del tipo della Comune. Questo fatto non è adatta ai vecchi schemi. Bisogna saper adattare i regimi ai fatti, invece di ribadire le parole ormai senza senso di una "dittatura del proletariato e dei contadini" in generale.

Per gettare più luce su questa questione accostiamoci da un'altra angolazione. Un marxista non deve abbandonare il terreno di un'attenta analisi dei rapporti di classe. La borghesia è al potere. Ma non è la massa dei contadini anche una borghesia, solo di un diverso strato sociale, di natura diversa, di un carattere diverso? Donde ne consegue che questo strato non può venire al potere, in tal modo "completare" la rivoluzione democratica borghese? Perché dovrebbe essere impossibile?

Questo è il modo in cui il vecchio bolscevichi spesso sostengono. La mia risposta è che è del tutto possibile. Ma, nel valutare una data situazione, un marxista non deve procedere da ciò che è possibile, ma da ciò che è reale. E la realtà è che i soldati liberamente eletti e i  deputati eleti dai contadini si stanno liberamente unendo e sono pronti a integrare il governo; mentre la classe dominante sta cedendo il potere alla borghesia, un fatto che non per nulla in contrasto con la teoria del marxismo, perché abbiamo sempre saputo e ripetutamente sottolineato che la borghesia si mantiene al potere non solo con la forza, ma, anche in virtù della mancanza di coscienza di classe e di organizzazione delle masse.

In considerazione di questa realtà odierna, è semplicemente ridicolo voltare le spalle al fatto e parlare di "possibilità". Ma c'è anche un'altra possibilità; è possibile che i contadini prendano il consiglio del partito piccolo-borghese dei socialisti-rivoluzionari, che ha ceduto all'influenza della borghesia, ha adottato una posizione difensismo, e che consiglia di attendere l'Assemblea costituente, anche se non ancora la data della sua convocazione è stata fissata.

E 'possibile che i contadini mantengano e prolunghino il loro accordo con la borghesia, un affare che ora hanno concluso attraverso i Soviet dei deputati operai e soldati non solo nella forma, ma in realtà. Molte cose sono possibili. Sarebbe un grave errore dimenticare il movimento agrario e il programma agrario. Ma sarebbe altrettanto un errore di dimenticare la realtà, che rivela il fatto che un accordo esiste, esiste una collaborazione di classe. Quando questo fatto cesserà di essere un fatto, quando i contadini si separeranno dalla borghesia, vedremo il das farsi.

Un marxista che, in vista della possibilità di un tale futuro, dovesse dimenticare i suoi doveri nel presente, quando i contadini si accordano con la borghesia, si trasformerebbe in un piccolo borghese. Nelle mie tesi, scrisse Lenin, ho decisamente ridotto la domanda ad uno di una lotta per l'influenza all'interno dei Soviet dei deputati operai ', salariati agricoli, contadini e soldati Deputies.To non lasciano ombra di dubbio a questo proposito, ho due volte sottolineato nella le tesi la necessità per il paziente e persistente lavoro "esplicativo" "adattati alle esigenze pratiche delle masse".

Persone ignoranti o rinnegati del marxismo, come il signor Plekhanov, possono gridare anarchismo, blanquismo, e così via. Ma coloro che vogliono pensare e imparare non può non capire che Blanquismo significa la presa del potere da parte di una minoranza, mentre i Soviet sono certamente l'organizzazione diretta ed immediata della maggior parte delle persone. Il lavoro confinato in una lotta per l'influenza all'interno di questi sovietici non può, semplicemente non può, smarrirsi nella palude di blanquismo. Né può smarrirsi nella palude di anarchismo, per l'anarchismo nega la necessità di uno Stato e stato di alimentazione nel periodo di transizione dal dominio della borghesia al dominio del proletariato, mentre io, con una precisione che preclude ogni
possibilità di errata interpretazione, sostengono la necessità di uno stato in questo periodo, anche se, in accordo con Marx e le lezioni della Comune di Parigi, io non sostengo il solito stato borghese parlamentare, ma uno stato senza esercito permanente, senza una polizia opposta al popolo , senza una burocrazia posta al di sopra del popolo.

Quando il signor Plekhanov, nel suo giornale Yedinstvo, grida con tutta la forza che questo è l'anarchismo, egli è semplicemente dando ulteriore prova della sua rottura con il marxismo. Sfidato da me in Pravda (n ° 26) per dirci ciò che Marx ed Engels hanno insegnato sull'argomento nel 1871, il 1872 e il 1875 [6] il signor Plekhanov canonly preservare il silenzio sulla questione in esame e gridare abusi alla maniera di la borghesia infuriato.

Il signor Plekhanov, l'ex-marxista, è assolutamente riuscito a comprendere la dottrina marxista dello Stato. Per inciso, i germi di questa mancanza di comprensione sono anche ha trovato nel suo opuscolo tedesco sull'anarchismo.
 
Ora vediamo come compagno Y. Kamenev, in Pravda n ° 27, formula il suo "disaccordo" con le mie tesi e con le opinioni espresse sopra. Questo ci aiuterà a cogliere più chiaramente.

"Per quanto riguarda schema generale del compagno Lenin", scrive il compagno Kamenev, "ci sembra inaccettabile, in quanto procede dal presupposto che la rivoluzione democratico-borghese è stata completata, e si basa sulla trasformazione immediata di questa rivoluzione in rivoluzione socialista. '

Ci sono due grandi errori qui.

Primo. La questione del "completamento" della rivoluzione democratica borghese si afferma a torto. La domanda è messo in un astratto, semplice, per così dire un colore, modo, che non corrisponde alla realtà oggettiva. Per mettere la questione in questo modo, a chiedere ora "se la rivoluzione democratica borghese è completato" e non dire altro, è quello di impedirsi di vedere la realtà estremamente complessa, che, almeno due colori. Questo è in teoria. In pratica, ciò significa cedere impotente a rivoluzionarismo piccolo-borghese.

In effetti, la realtà ci mostra sia il passaggio del potere nelle mani della borghesia (una rivoluzione democratico-borghese "a termine" del tipo solito) e, fianco a fianco con il governo vero e proprio, l'esistenza di un governo parallelo, che rappresenta il " dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini ". Questo "secondo governo" ha in sé ceduto il potere alla borghesia, si è incatenato al governo borghese.

È questa realtà coperti da vecchio-bolscevica formula del compagno Kamenev, che dice che "la rivoluzione borghese-democratica non è stata completata"?

Non è. La formula è obsoleto. E non va bene a tutti. E 'morto. Ed è inutile cercare di rianimarlo.

Secondo. Una questione pratica. Chissà se è ancora possibile attualmente per una speciale "dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini", staccato dal governo borghese, ad emergere in Russia? tattiche marxiste non possono essere basate su l'ignoto.

Ma se questo è ancora possibile, allora ce n'è uno, e uno solo, così verso di esso, vale a dire, una separazione immediata, decisa, e irrevocabile degli elementi comunisti proletari dagli elementi piccolo-borghesi.

Perché?

Poiché l'intera piccola borghesia ha, non a caso, ma per necessità, rivolta verso lo sciovinismo (= difensismo), in direzione di "sostegno" della borghesia, verso la dipendenza da esso, verso la paura di dover fare a meno, ecc, ecc

Come può la piccola borghesia essere "spinto" in potenza, se ancora oggi si può prendere il potere, ma non vuole?

Questo può essere fatto solo separando il proletaria, comunista, partito, conducendo una lotta di classe proletaria libera dalla timidezza di chi piccolo borghese. Solo il consolidamento dei proletari che sono liberi dall'influenza della piccola borghesia nei fatti e non solo a parole può rendere il terreno così caldo sotto i piedi della piccola borghesia che sarà costretta, in determinate circostanze, di prendere il potere; è ancora entro i limiti della possibilità che Guckov e Miliukov-ancora una volta, in determinate circostanze, sarà indulgente piena ed esclusiva il potere di Ckheidze, Tsereteli, il S.R.s, e Steklov, dal momento che, dopo tutto, si tratta di "difensisti".

Per separare gli elementi proletari dei sovietici (vale a dire, il proletario, comunista, partito) dagli elementi piccolo-borghesi in questo momento, immediatamente e irrevocabilmente, è quello di dare espressione corretta per gli interessi del movimento in uno dei due possibili eventi: in l'evento che la Russia ancora sperimentare una speciale "dittatura del proletariato e dei contadini" indipendente della borghesia, e nel caso in cui la piccola borghesia non sarà in grado di strappare per sé lontano dalla borghesia e oscillerà in eterno (vale a dire, fino a quando viene stabilito il socialismo) tra noi e.

Per essere guidati nella propria attività solo dalla semplice formula, "la rivoluzione borghese-democratica non è stata completata", è come prendere su di se stessi per garantire che la piccola borghesia è sicuramente capace di essere indipendente dalla borghesia. Per fare ciò è quello di gettare se stessi al momento opportuno in balia della piccola borghesia.

Per inciso, in connessione con la "formula" della dittatura del proletariato e dei contadini, vale la pena ricordare che, in Due tattiche (luglio 1905), ho fatto un punto di sottolineare (dodici anni, p. 435 [16]) Questo:

"Come tutto il resto del mondo, la dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini ha un passato e un futuro. Il suo passato è l'autocrazia, la servitù della gleba, la monarchia, e il privilegio .... Il suo futuro è la lotta contro la proprietà privata, la lotta del salariato nei confronti del datore di lavoro, la lotta per il socialismo .... " Errore del compagno Kamenev è che anche nel 1917 che vede solo il passato della dittatura democratica rivoluzionaria del proletariato e dei contadini. È un dato di fatto il suo futuro è già iniziato, per gli interessi e le politiche del salariato e il titolare meschino hanno effettivamente divergenti già, anche in una questione così importante come quella di "difensismo", che l'atteggiamento verso il imperialista guerra.

Questo mi porta al secondo errore nel ragionamento del compagno Kamenev citato sopra. Lui mi critica, dicendo che il mio schema "costruisce" sulla "trasformazione immediata di questa rivoluzione {} democratica borghese in rivoluzione socialista".

Questo non è corretto. Io non solo non "costruire" sulla "trasformazione immediata" della nostra rivoluzione in un socialista, ma io in realtà avverto contro di essa, quando in Tesi n ° 8, premetto: "Non è nostro compito immediato di 'introdurre' il socialismo ... ".

Non è chiaro che nessuna persona che si basa sulla trasformazione immediata della nostra rivoluzione in rivoluzione socialista potrebbe essere opposto al compito immediato di introdurre il socialismo?

Inoltre, anche un "stato comune" (cioè, uno stato organizzato lungo le linee della Comune di Parigi) non possono essere introdotte in Russia "immediatamente", perché per fare che sarebbe necessario per la maggior parte dei deputati in tutti (o in la maggior parte) sovietici a riconoscere chiaramente tutto l'erroneità e danno delle tattiche e della politica perseguiti dalle SRS Ckheidze, Tsereteli, Steklov, ecc quanto a me, ho dichiarato inequivocabilmente che a questo proposito ho "costruire" solo "paziente", spiegando (cosa si deve essere pazienti per portare un cambiamento che può essere effettuata "immediatamente"?).

Il compagno Kamenev si è in qualche modo oltrepassato nel suo desiderio, e ha ripetuto il pregiudizio borghese sulla Comune di Parigi di aver voluto introdurre il socialismo "immediatamente". Questo non è così. Il Comune, purtroppo, era troppo lento per introdurre il socialismo. La vera essenza del Comune non è dove borghese solito guarda per esso, ma nella creazione di uno stato di tipo speciale. Un tale stato è già sorto in Russia, è il Soviet dei deputati operai 'e soldati deputati!

Il compagno Kamenev non ha riflettuto sul fatto, il significato, dei Soviet esistenti, la loro identità, al punto di tipo e di carattere socio-politico, con lo Stato comune, e invece di studiare il fatto, ha cominciato a parlare di qualcosa che ero dovrebbe essere "costruire" su per il futuro "immediato". Il risultato è, purtroppo, una ripetizione del metodo utilizzato da molti borghesi: dalla questione su quali siano i sovietici, siano essi di tipo superiore a una repubblica parlamentare, se sono più utili per le persone, più democratica, più conveniente per la lotta, per la lotta contro, per esempio, la carenza di grano, ecc-da questa vera e propria, urgente, questione vitale, l'attenzione viene deviata al vuoto, aspiranti scientifico, ma in realtà vuoto, domanda professorially morti di "edificio su una trasformazione immediata ".

Una domanda oziosa falsamente presentato. I "costruire" solo su questo, esclusivamente su questo, che i lavoratori, soldati e contadini tratteranno meglio i funzionari, meglio che la polizia, con la pratica difficile, problemi di produrre più grano, distribuendo meglio e mantenere i soldati meglio in dotazione, ecc, ecc

Sono profondamente convinto che i sovietici rendere l'attività autonoma delle masse una realtà in modo più rapido ed efficace di volontà una repubblica parlamentare (io confrontare i due tipi di stati in maggior dettaglio in un'altra lettera). Saranno in modo più efficace, più praticamente e più correttamente decidere quali misure possono essere prese verso il socialismo e come dovrebbero essere prese questi passaggi. Il controllo sulla abank, la fusione di tutte le banche in una sola, non è ancora il socialismo, ma è un passo verso il socialismo. Oggi tali misure vengono prese in Germania dalla Junkers e la borghesia contro il popolo. Domani il Soviet sarà in grado di prendere queste misure in modo più efficace a vantaggio del popolo se tutto il potere dello Stato è nelle sue mani.

Cosa spinge questi passi?

Carestia. la disorganizzazione economica. crollo imminente. Gli orrori della guerra. Gli orrori delle ferite inferte all'umanità dalla guerra.

Il compagno Kamenev conclude il suo articolo con l'osservazione che "in un ampio dibattito che spera di portare il suo punto di vista, che è l'unica possibile per la socialdemocrazia rivoluzionaria se vuole e deve rimanere fino alla fine il partito del rivoluzionario masse del proletariato, e non si trasformano in un gruppo di propagandisti comunisti ".

Mi sembra che queste parole tradiscono una stima del tutto erronea della situazione. Il compagno Kamenev contrapose ad un "partito di massa" a "gruppo di propagandisti". Ma le "masse" hanno ormai ceduto alla mania di difensivismo "rivoluzionario". Non è forse più diventando per internazionalisti in questo momento per dimostrare che possono resistere intossicazione "di massa", piuttosto che "desiderano rimanere" con le masse, vale a dire, a soccombere alla epidemia generale? Non abbiamo visto come in tutti i paesi belligeranti d'Europa gli sciovinisti hanno cercato di giustificarsi per il fatto che essi volevano "rimanere con le masse"? Dobbiamo non essere in grado di rimanere per un certo tempo in minoranza contro l'intossicazione "massa"? Non è forse il lavoro dei propagandisti in questo momento che costituisce il punto chiave per districare la linea proletaria dalla difensismo e piccolo-borghese intossicazione "di massa"? E 'stata questa fusione delle masse proletarie, e non proletari, indipendentemente dalle differenze di classe all'interno delle masse, che ha formato una delle condizioni per l'epidemia difensismo. Per parlare con disprezzo di un "gruppo di propagandisti" che sostengono una linea proletaria non sembra essere molto divenire.



Cio che Lenin temeva era un nuovo 1905 e c'era un solo modo di evitarlo: prendere il potere in nome dl proletariato.



La morte di Lenin


Morto Lenin nel 1924, c'era da aspettarsi che a succedere a Lenin fosse quello che Lenin morente aveva chiamato "il figlio prediletto del partito", Nicolai Bucharin. Non fu così. Lenin mori senza lasciare un successore desis'gnato a'dao7. Lasciò una lettera conosciuta come Lettera al Congresso.


La Lettera al Congresso, conosciuta sotto il nome di "Testamento" fu dettata da Lenin dal 23 al 26 dicembre 1922 e il "supplemento alla lettera del 24 dicembre 1922" il 4 gennaio 1923.
Al pari delle lettere pubblicate più oltre, Sull'attribuzione di funzioni legislative al Gosplan e Sulla questione delle nazionalità o dell'autonomizzazione, questa lettera ha, come gli ultimi scritti di Lenin Pagine di diario, Sulla cooperazione, Sulla nostra rivoluzione (A proposito delle note di N. Sukhanov), Come riorganizzare l'ispezione operaia e contadina? (Proposta al XII Congresso del partito), Meglio meno, ma meglio, che egli dettò nel gennaio-febbraio 1923 e che furono pubblicati dalla Pravda, un'importanza di principio. Lenin riteneva indispensabile che dopo la sua morte la lettera fosse portata a conoscenza dell'imminente congresso del partito.
Ne fu data lettura ai delegati del XIII Congresso che si tenne dal 23 al 31 maggio 1924. Il congresso decise all'unanimità di non pubblicarla, considerando che, essendo rivolta al congresso, non ne era stata prevista la pubblicazione sulla stampa.
Per decisione del CC del PCUS, queste lettere di Lenin furono portate a conoscenza dei delegati del XX Congresso del PCUS e poi delle organizzazioni del partito. Nel 1956 furono pubblicate nel Kommunist n. 9 e poi raccolte in un opuscolo di grande tiratura.
Trascritto dall'Organizzazione Comunista Internazionalista (Che fare) e da Pagine rosse, Gennaio 2003


Consiglierei vivamente di intraprendere a questo congresso una serie di mutamenti nella nostra struttura politia.

Vorrei sottoporvi le considerazioni che ritengo più importanti.

In primo luogo propongo di elevare il numero dei membri del CC portandolo ad alcune decine o anche a un centinaio. Penso che, se non intraprendessimo una tale riforma, grandi pericoli minaccerebbero il nostro CC nel caso in cui il corso degli avvenimenti non ci fosse del tutto favorevole (cosa di cui non possiamo non tener conto).

Penso poi di sottoporre all'attenzione del congresso la proposta di dare, a certe condizioni, un carattere legislativo alle decisioni dei Gosplan, andando così incontro, fino a un certo punto e a certe condizioni, al compagno Trotski.

Per quel che riguarda il primo punto, cioè l'aumento del numero dei membri del CC, penso che ciò sia necessario e per elevare l'autorità del CC, e per lavorare seriamente al miglioramento del nostro apparato, e per evitare che conflitti di piccoli gruppi del CC possano avere una importanza troppo sproporzionata per le sorti di tutto il partito.

Io penso che il nostro partito abbia il diritto di esigere dalla classe operaia 50-100 membri del CC e che possa ottenerli senza un eccessivo sforzo da parte di essa.

Una tale riforma aumenterebbe notevolmente la solidità del nostro partito e faciliterebbe la lotta che esso deve condurre in mezzo a Stati nemici e che, a mio parere, potrà e dovrà acuirsi fortemente nei prossimi anni. Io penso che la stabilità del nostro partito guadagnerebbe enormemente da un tale provvedimento.

Per stabilità del Comitato centrale, di cui ho parlato sopra, intendo provvedimenti contro la scissione, nella misura in cui tali provvedimenti possano in generale essere presi. Perché, certo, la guardia bianca della Russkaia MysI (mi pare fosse S. F. Oldenburg) [1] aveva ragione quando, in primo luogo, faceva assegnamento, per quanto riguarda il loro gioco contro la Russia sovietica, sulla scissione del nostro partito, e quando, in secondo luogo, faceva assegnamento, per l'avverarsi di questa scissione, sui gravissimi dissensi nel partito.

Il nostro partito si fonda su due classi, e sarebbe perciò possibile la sua instabilità, e inevitabile il suo crollo, se tra queste due classi non potesse sussistere un'intesa. In questo caso sarebbe inutile prendere questi o quel provvedimenti e in generale discutere sulla stabilità del nostro CC. Non ci sono provvedimenti, in questo caso, capaci di evitare la scissione. Ma spero che questo sia un avvenimento di un futuro troppo lontano e troppo inverosimile perché se ne debba parlare.

Intendo stabilità come garanzia contro la scissione nel prossimo avvenire, e ho l'intenzione di esporre qui una serie di considerazioni di natura puramente personale.

Io penso che, da questo punto di vista, fondamentali per la questione della stabilità siano certi membri del CC come Stalin e Trotski.

I rapporti tra loro, secondo me, rappresentano una buona metà del pericolo di quella scissione, che potrebbe essere evitata e ad evitare la quale, a mio parere, dovrebbe servire, tra l'altro, l'aumento del numero dei membri del CC a 50 o a 100 persone.

Il compagno Stalin, divenuto segretario generale, ha concentrato nelle sue mani un immenso potere, e io non sono sicuro che egli sappia servirsene sempre con sufficiente prudenza. D'altro canto, il compagno Trotski come ha già dimostrato la sua lotta contro il CC nella questione del commissariato del popolo per i trasporti, si distingue non solo per le sue eminenti capacità. Personalmente egli è forse il più capace tra i membri dell'attuale CC, ma ha anche una eccessiva sicurezza di sé e una tendenza eccessiva a considerare il lato puramente amministrativo dei problemi.

Queste due qualità dei due capi più eminenti dell'attuale CC possono eventualmente portare alla scissione, e se il nostro partito non prenderà misure per impedirlo, la scissione può avvenire improvvisamente.

Non continuerò a caratterizzare gli altri membri del CC secondo le loro qualità personali. Ricordo soltanto che l'episodio di cui sono stati protagonisti nell'ottobre Zinoviev e Kamenev [2] non fu certamente casuale, ma che d'altra parte non glielo si può ascrivere personalmente a colpa, così come il non bolscevismo a Trotski.

Dei giovani membri del CC, voglio dire qualche parola su Bukharin e Piatakov. Sono queste, secondo me, le forze più eminenti (tra quelle più giovani), e riguardo a loro bisogna tener presente quanto segue: Bukharin non è soltanto un validissimo e importantissimo teorico del partito, ma è considerato anche, giustamente, il prediletto di tutto il partito, ma le sue concezioni teoriche solo con grandissima perplessità possono essere considerate pienamente marxiste, poiché in lui vi è qualcosa di scolastico (egli non ha mai appreso e, penso, mai compreso pienamente la dialettica

Ed ora Piatakov: è un uomo indubbiamente di grandissima volontà e di grandissime capacità, ma troppo attratto dal metodo amministrativo e dall'aspetto amministrativo dei problemi perché si possa contare su di lui per una seria questione politica.

Naturalmente, sia questa che quella osservazione sono fatte solo per il momento, nel presupposto che ambedue questi eminenti e devoti militanti trovino l'occasione di completare le proprie conoscenze e di eliminare la propria unilateralità.

 Lenin non mancò di gratificare Stalin facendolo oggetto di pesanti critiche, In particolare, in una aggiunta alla lettera del 24 dicembre 1922. Lenin scrisse:

"Stalin è troppo grossolano, e questo difetto, del tutto tollerabile nell'ambiente e nel rapporti tra noi comunisti, diventa intollerabile nella funzione di segretario generale. Perciò propongo ai compagni di pensare alla maniera di togliere Stalin da questo incarico e di designare a questo posto un altro uomo che, a parte tutti gli altri aspetti, si distingua dal compagno Stalin solo per una migliore qualità, quella cioè di essere più tollerante, più leale, più cortese e più riguardoso verso i compagni, meno capriccioso, ecc. Questa circostanza può apparire una piccolezza insignificante. Ma io penso che, dal punto di vista dell'impedimento di una scissione e di quanto ho scritto sopra sui rapporti tra Stalin e Trotski, non è una piccolezza, ovvero è una piccolezza che può avere un'importanza decisiva.

Lenin

4 gennaio 1923

 In un'altra aggiunta del 26 dicembre 1922, Lenn scrisse.

"L'aumento del numero dei membri del CC a 50 o anche a 100 persone deve servire, secondo me, a un duplice, o, anzi, a un triplice scopo: quanto più saranno i membri del CC, tanto più saranno quelli che impareranno a lavorare nel CC e tanto minore sarà il pericolo di una scissione derivante da una qualsiasi imprudenza. La partecipazione di molti operai al CC aiuterà gli operai a migliorare il nostro apparato, che è piuttosto cattivo. Esso, in sostanza, c'è stato tramandato dal vecchio regime, poiché trasformarlo in così breve tempo, soprattutto con la guerra, la fame, ecc., era assolutamente impossibile. Perciò a quei "critici" che, con un sorrisetto o con cattiveria, ci fanno notare i difetti del nostro apparato, si può tranquillamente rispondere che essi assolutamente non comprendono le condizioni della rivoluzione contemporanea. Non si può assolutamente trasformare a sufficienza un apparato in cinque anni, soprattutto nelle condizioni in cui è avvenuta da noi la rivoluzione. E' già abbastanza che in cinque anni abbiamo creato un nuovo tipo di Stato in cui gli operai marciano alla testa dei contadini contro la borghesia; e ciò, con una situazione internazionale avversa, rappresenta di per sé un fatto enorme. Ma la coscienza di questo non ci deve assolutamente far chiudere gli occhi sul fatto che noi abbiamo ereditato, in sostanza, il vecchio apparato dello zar e della borghesia, e che ora, sopravvenuta la pace e assicurato il minimo necessario contro la fame, tutto il lavoro dev'essere diretto al suo miglioramento .

La mia idea è che alcune decine di operai, entrando a far parte del CC, possono accingersi meglio di qualsiasi altro alla verifica, al miglioramento e al rinnovamento del nostro apparato. L'Ispezione operaia e contadina, cui prima spettava questa funzione, si è rivelata incapace di adempierla e può essere utilizzata solo come "appendice" o come aiuto, in determinate condizioni, a questi membri del CC. Gli operai che entrano a far parte del CC debbono essere, a mio parere, in modo prevalente non di quegli operai che hanno compiuto un lungo servizio nelle organizzazioni dei soviet (dicendo operai, in questa parte della mia lettera intendo sempre anche i contadini), poiché in questi operai si sono già create certe tradizioni e certi pregiudizi contro i quali appunto noi vogliamo lottare.

Gli operai che devono entrare nel CC debbono essere in prevalenza operai che stiano più in basso di quello strato che è entrato a far parte da noi, in questi cinque anni, della schiera degli impiegati sovietici, e che appartengano piuttosto al numero degli operai e dei contadini di base, che tuttavia non rientrino direttamente o indirettamente nella categoria degli sfruttatori. Io penso che tali operai, assistendo a tutte le sedute del CC, a tutte le sedute dell'Ufficio politico, leggendo tutti i documenti del CC, possano costituire un nucleo di devoti partigiani del regime sovietico, capaci, in primo luogo, di dare stabilità allo stesso CC e, in secondo luogo, capaci di lavorare effettivamente al rinnovamento e al miglioramento dell'apparato.

Aumentando il numero dei membri del CC, ci si deve a mio parere, preoccupare anche e, forse, soprattutto, di controllare e migliorare il nostro apparato, che non va affatto. A questo scopo dobbiamo utilizzare l'opera di specialisti altamente qualificati, e la ricerca di questi specialisti deve essere compito della Ispezione operaia e contadina.

Come combinare questi specialisti-controllori, - dotati delle necessarie conoscenze - e questi nuovi membri del CC? E' questo un problema che deve essere risolto praticamente.

A me pare che l'Ispezione operaia e contadina (per effetto del suo sviluppo nonché delle nostre perplessità a proposito del suo sviluppo) ha dato in ultima analisi ciò che ora osserviamo, e cioè uno stato di transizione da un particolare commissariato del popolo a una particolare funzione dei membri del CC; da una istituzione che revisiona tutto e tutti, a un insieme di revisori non numerosi, ma di prim'ordine, che debbono essere ben pagati (questo è soprattutto necessario nella nostra epoca, in cui tutto va pagato, e dato che i revisori si pongono direttamente al servizio di quelle istituzioni che meglio li pagano).

Se il numero dei membri del CC sarà opportunamente aumentato e se essi svolgeranno di anno in anno un corso di amministrazione statale con l'aiuto di tali specialisti altamente qualificati e di membri della Ispezione operaia e contadina dotati di grande autorità in tutti i settori, allora, io penso, adempiremo felicemente questo compito che per tanto tempo non siamo riusciti ad assolvere.

Insomma, fino a 100 membri del CC e non più di 400-500 loro collaboratori, membri dell'Ispezione operaia e contadina, che svolgano funzioni di revisione per loro incarico. (M. Lewin L'ultima battaglia di Lenin, Laterza)


Nessun commento:

Posta un commento