lunedì 22 maggio 2017

QUANDO LA GIUSTIZIA DIVENTA UN INFERNO

(Tiscali)Erano accusati di "stupro di gruppo", assolti dopo dodici anni. L'avvocato: "Inferno processuale" Il legale Michele Cervati a tiscali.it: “Questa sentenza è la dimostrazione che alcuni istituti del nostro processo penale non funzionano" di Paolo Salvatore Orrù I cugini Mattia e Daniel Fontanini, Marco Grigi e Manuel Pedrazzoli possono finalmente tornare a vivere una vita normale. Il 6 marzo del 2005, una diciasettenne residente in Alto Lario, denunciò di essere stata abusata su una spiaggia a Dervio (Lecco) dai quattro ragazzi che le avevano offerto un passaggio in macchina dopo una serata trascorsa in un locale. Quell'accusa ha di fatto tenuto in sospeso per ben 12 anni le vite di quei giovani. Ora, dopo una via crucis senza precedenti, la Cassazione li ha assolti. “Questa sentenza è la dimostrazione che alcuni istituti del nostro processo penale non funzionano, in particolare mi riferisco alla facoltà di impugnare le sentenze di assoluzione in primo grado da parte del Pm”, ha spiegato a tiscali.it Michele Cervati, l’avvocato di due dei quattro imputati. L'iter infinito Contro la prima sentenza di assoluzione emessa nel dicembre 2009 avevano ricorso la parte civile, il pubblico ministero e la procura generale della corte d’appello, aprendo così un iter processale infinito. Il dibattimento è stato lungo e ricco di colpi di scena sin da subito, “tra l’altro due dei quattro accusati erano difesi da un collega di Milano che a sua volta era stato arrestato per favoreggiamento nell’ambito di questo processo”. Il punto caldo della questione era stato l’attendibilità della presunta vittima. Sulla base del ricorso avanzato dall’avvocato Fabrizio Consoloni, parte civile, la Suprema Corte aveva preso di nuovo in esame il fascicolo sullo stupro di gruppo. L’avvocato Cervati per rigettare l'accusa aveva nominato come consulente di parte lo psichiatra e criminologo Massimo Picozzi che da subito aveva detto che la ragazza “non poteva essere ritenuta attendibile”. Presunto stupro di gruppo Quello del presunto stupro di gruppo è uno dei processi più lunghi mai avvenuto sulle rive del Lario: la sentenza di primo grado risale al 21 dicembre 2009 quando i quattro imputanti vennero assolti dal giudice Paolo Salvatore. Il 30 maggio 2012 la prima sezione della Corte d’Appello di Milano aveva ribaltato la sentenza di assoluzione pronunciata in primo grado a Lecco. Nei cinque ricorsi difesa e accusa si sono scontrati su un punto: la versione della vittima. Ieri al sesto giudizio, l’Alta Corte ha posto la parola fine. Vite sospese In questi dodici anni i ragazzi non hanno potuto dare un senso alla loro vita, perché la loro storia personale è “rimasta sospesa”: “non erano in grado di trovare un’occupazione stabile, non erano in condizione di avere relazioni affettive: c’era il rischio che le porte del carcere potessero aprirsi da un giorno all’altro”. Un dramma psicologico, uno stillicidio. “Per evitare tutto ciò occorre vedere i processi anche da parte degli imputati, che vita possono aver fatto questi ragazzi con questa spada di Damocle sulla testa? Bisogna porre rimedio a questa stortura del diritto”. Comunque la si veda è una brutta vicenda, la giovane accusatrice è stata costretta a lasciare il paese dove aveva vissuto i suoi primi anni della sua vita perché, dopo la prima sentenza di assoluzione era stata messa all’indice dai suoi compaesani.

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