Una freccia nel burro
La
redazione del qdl era costituita da un lunghissimo corridoio. A sinistra,
entrando in corridoio, si aprivano le porte degli uffici dei vari
servizi. Il centralino aveva il suo ufficio all'entrata della
redazione. Patrizietta - che era chiamata così sia perché era
fisicamente minuta sia per distinguerla dalla Patrizia
dell'amministrazione detta Patriziona, e dalla Patrizia della
spedizione che era detta la Patrizia di Bobo che era il suo uomo -
era la prima ad arrivare in redazione al mattino. Poi, arrivava
Carla, la segretaria di redazione che abitava a Cinisello Balsamo la
Stalingrado d'Italia; poi, normalmente, arrivavo io, giusto in tempo
per bere il secondo caffè del giorno e fumare la terza sigaretta.
Il
primo caffè lo bevevo nel bar vicino a casa. E, bevendo il caffè,
fumavo la prima sigaretta. Fumavo la seconda sigaretta aspettando il
15 in via Broletto. Fumavo la terza sigaretta bevendo il mio secondo
caffè con Carla. Bevuto il caffè, ritornavamo in redazione e
cominciavamo a lavorare.
La
tipografia del quotidiano era a Ponte Sesto di Rozzano. Per
arrivarci, uscivi dal qdl, giravi a sinistra, prendevi lo stradone di
Gratosoglio e proseguivi seguendo la segnaletica stradale. Non so chi
avesse avuto una simile idea. L'ubicazione della tipografia era
estremamente fuori mano e un fattorino faceva la spola fra redazine e
tipografia.
In
una redazione di quotidiano, è buona norma non credere mai di aver
finito di lavorare. Sul più bello, quando stai per chiudere, arriva
la notizia bomba e, in quegli anni si trattava di bombe vere,
attentati a persone, sparatorie, scontri di piazza. Accadeva perciò,
che, passati i pezzi, mi mancava spesso il tempo per fare i titoli.
Così, prendevo le fotocopie dei pezzi che avevo mandato in
tipografia e andavo in tipografia a fare i titoli direttamente con il
titolista. Mi mettevo in piedi accanto a lui e cominciavo. Apertura
di due. 3 righe su 6 colonne, corpo 36 tondo, nero. Occhiello corpo
18, corsivo chiaro. Il titolista mi guardava come pensasse: "Vediamo
cosa inventi". Quasi sempre non sbagliavo un titolo. I titoli
entravano perfettamente nello spazio loro assegnato.
Fatti
i titoli, aspettavo il proto che mi portava a casa. A Milano abitavo
da un'amica di famiglia rimasta vedova con un figlio che frequentava
le scuole medie. Lei, Maria, abitava in zona Monumentale.
Precisamente, tra il Monumentale e scalo Farini. Per andare al lavoro
prendevo due tram. Il 12 fino in via Broletto, dietro il Duomo e il
15 per il tratto successivo. Tornavo a Venezia ogni sabato sera. Al
lunedì mattina ripartivo da Venezia per Milano con il rapido delle
6,55. Arrivato a Milano, prendevo la Metropolitana fino in Cordusio.
Uscivo. Prendevo il 15 e arrivavo a destinazione. A volte, prima di
prendere il 15, facevo un giro nella Libreria Rizzoli in Galleria.
Io
avevo sempre odiato l'automobile. A volte, se non poteva portarmi
fino a casa, il proto mi mollava al Ponte della Ghisolfa. Il proto
abitava a Cusano Milanino e mi toccava fare un bel pezzo di strada a
piedi, prima di arrivare in via generale Govone, svoltare in via Gran
Sasso e vedere le luci del bar dove alla mattina avevo preso il
caffè. Io cercavo di fare meno rumore che potevo, ma neanche a farlo
apposta, non facevo tempo a infilare la chiave nella toppa, che
sentivo da dentro casa la voce di Maria che mi chiedeva: "Sei
tu, Corrado?" Si ero io. Poi aggiungeva: "Hai mangiato?",
Rispondevo di sì anche se non era vero. "Notte" facevo io.
"Notte" ribatteva lei.
Al
quotidiano ero responsabile dei servizi interni e cronaca. Io feci
presente che con quel genere di organizzazione io mi vedevo costretto
a sacrificare metodicamente la cronaca ed era un peccato perché
avevamo redazioni in tutta Italia. Le più attive erano quelle di
Roma, Napoli e Torino. La più pretenziosa era la redazione romana
che aveva sede in via Cavour. I compagni di Roma si credevano
l'ombelico dell'universo. La più casinista era quella di Napoli con
Francesco e Giacomino. Litigavano in continuazione. Se parlavo con
Francesco, non potevo chiedere a Francesco di passarmi Giacomino, e
viceversa. Inoltre erano logorroici. Mandavano pezzi sempre più
lunghi del previsto. Così, decisi di tagliare corto. O li mandavano
giusti o non li pubblicavo. Alla fine, decisero di scorporare la
cronaca dagli interni e la assegnarono a Lella.
Ogni
servizio faceva gruppo a sé. Ciò valeva in particolare per le
compagne del sindacale. Lella, Liliana, Erica e Maria Teresa. Maria
Teresa o Mtr come si firmava, era un'insegnante in pensione che si
occupava di scuola, sanità e pubblico impiego e ce l'aveva a morte
con Elio Giovannini, il quale era all'epoca membro della "sinistra
sindacale" e si occupava di pubblico impiego. Per le compagne
del sindacale quello che diceva il partito era legge. Affatto diverso
era il mio atteggiamento. I miei tempi erano differenti dai tempi del
partito. Io dovevo fare un giornale; detto brutalmente, dovevo "stare
sulla notizia" e, se occorreva, dovevo inventarla. Non potevo
aspettare che si riunisse il CC o l'UP del partito per commentare ciò
che accadeva nel nostro paese nel campo della politica.
Nel
fare questo, cercavo di essere il più obbiettivo possibile; malgrado
ciò, ero accusato spesso di settarismo. Questa accusa mi venne
rivolta ancora più frequentemente, quando passai a dirigere i
servizi culturali che comprendevano la terza pagina,la pagina della
cultura e quella degli spettacoli che erano accorpate in un unico
servizio. In realtà, a quell'epoca eravamo tutti un po' settari. La
Nuova sinistra era divisa in gruppi e gruppetti. Per noi di AO,
quelli di LC erano dei "movimentisti". Per loro, noi
eravamo dei "professorini della lotta di classe". Ricordo
una canzone che faceva: "Avanguardo, avanguardo, oltre il muro
va il tuo sguardo, c'hai il progetto, c'hai la linea.." C'erano
i "manifestini" stretti attorno a mamma chioccia; al secolo
Rossana Rossanda, Valentino Parlato, Luigi Pintor, Luciana
Castellina, Lucio Magri; c'era la galassia elleemme. C'erano di
quelli di Potere operaio. C'erano quelli di "servire il pollo".
Il salto di qualità avvenne quando le Brigate Rosse pensarono fosse
arrivato il momento di passare alla lotta armata per dare la
"spallata" allo stato. Come scrisse lo storico britannico
Paul Ginsborg, per le Br, "the principal danger was no longer
Gaullism, but social democracy, that's PC". Le Br erano nate da
una costola del PCI. A leggere i loro documenti, sembrava di leggere
il "manuale del colpo di stato" pubblicato da Pietro
Secchia sull'Unità, nei giorni dell'attentato a Togliatti compiuto
da un giovane di destra, un tal Pallante. Alle Br si affiancarono,
poi, quelli di Prima linea. Molto è stato scritto sulla storia del
quello che è stato scritto è mero ciarpame. Un giorno, il qdl
chiuse per debiti. Io ritornai a Venezia.
Trascorrevo
le giornate a caso. Se non pioveva andavo alle Zattere a veder
passare le navi. Mi riempivo le tasche di libri che comperavo alla
libreria Al Fontego e che finivano sulla immancabilmente sulla
cassapanca accanto al letto. Verso sera mi imbucavo "Al volto"
dove trovavo sempre qualcuno con cui scambiare quattro chiacchiere.
Un giorno, mi mi telefonò un amico. Era stato appena nominato
direttore d'un settimanale che aveva alle spalle una lunga e gloriosa
storia, ma necessitava d'una scossa ed egli aveva pensato a me. Mi
espose la sua idea. Mi chiese se me la sentivo. Perché no? - pensai
fra me e me. Risposi che potevo provare.
Nessun commento:
Posta un commento