Corrado Bevilacqua
Linguaggio e memoria
Uno dei libri più famosi del grande psicologo svizzero Jean Piaget è intitolato La formazione del pensiero e del linguaggio nel fanciullo. Anni prima, in URSS il grande Vygotsky pubblicava con un suo allievo, Lurija, un libro intitolato Pensiero e linguaggio.
L'impostazione delle due ricerche era molto diversa Il sovietico è considerato fondatore della scuola storico- sociale di psicologia. Piaget era uno strutturalista. Malgrado ciò, su di un punto erano d'accordo. In altre parole, tutti e tre, Piaget, Vygotsky e Lurija, tre pezzi da novanta della psicologia contemporanea erano d'accordo sull'esistenza di una relazione biunivoca tra pensiero e linguaggio. Purtroppo, i primi a dimenticarlo sono spesso gli scrittori.
La mia casa di campagna di Giovanni Comisso è uno dei libri che io consiglierei di leggere a chi
vuole imparare la lingua italiana. Camilleri è bravo, ma non parla italiano. Comisso era bravo e
parlava italiano. Io ho avuto la fortuna di conoscerlo di persona perché suo nipote era mio compagno di classe nel collegio
cattolico da me frequentato e ho avuto anche il piacere di visitare la sua casa
di campagna. Essa era tale e quale la potete immaginare leggendo il libro.
Moravia era uno scrittore culturalmente aggiornato, ma
non sapeva scrivere. Il suo modo di scrivere era volgare. Ciò faceva di Moravia l'esatto opposto di Calvino. La
scrittura di Calvino era una scrittura ricercata che, però, a volte, si avvitava su se stessa diventando
maniera.
Altri due autori che io consiglierei di leggere a chi
volesse imparare l'italiano, sono Gesualdo Bufalino il quale con Argo il cieco
ci ha regalato un autentico gioiello letterario e Luigi Meneghello che con
Libera nos a Malo ci offre una fantastica dimostrazione della duttilità dell'italiano. Il problema è che pochi scrittori italiani conoscono l'italiano.
L'italiano, come qualsiasi altra lingua, va compresa alla radice se si vuole
impararla. Molti scrittori italiani scrivono in un pessimo italiano perché non si sono mai posti il problema di che cosa vuol
dire essere italiano. Molti anni fa
Giulio Bollati pubblicò nel
secondo tomo del primo volume della Storia d'Italia di Einaudi, un saggio
intitolato L'italiano. Il saggio venne snobbato come venne snobbato dai nostri
critici - non dai lettori - il saggio di Edith Wharton da me tradotto perché considerato superato.
Ora, è vero
che il saggio della Wharton era vecchio di 113 anni, ma ciò che diceva sulla distinzione fra letteratura e
fiction, oppure, sul fatto che agli editori non interessa tanto la qualità di ciò che
pubblicano, ma i profitti che possono trarne è di grande attualità. Allo stesso modo, è di grande attualità l'affermazione della Wharton che la moda ottunde il
cervello. Un concetto simile venne enunciato qualche anno dopo da Georg Simmel
nel suo celebre saggio sulla moda.
Scrivere in modo semplice e chiaro dopo aver
riflettuto su ciò che si
vuol dire è l'unico modo che noi scrittori abbiamo di farci
capire dai lettori e di renderci utili alla collettività. Avere delle belle idee e non saperle esporre e come
non averle. Mario Perniola scrisse qualche anno fa uno stimolante saggio
"contro la comunicazione".
Quando ero ragazzo, negli anni 50 del secolo scorso,
la messa che veniva celebrata a san Rocco alla domenica mattina alle 11 era
conosciuta in tutta Venezia per
via della predica che teneva don Fusaro. Don Fusaro era alto, magro e aveva due
pedi più grandi di quelli della statua di Paolo Sarpi a santa
Fosca. Una volta, lo sentii definire il rosario "la nostra
mitragliatrice". Tutti compresero che si trattava di una metafora. Nessuno
avrebbe pensato che di trattasse di una metafora se a pronunciarla fosse stato
qualcuno con il fazzoletto rosso attorno al collo.
Per decenni i comunisti italiani avevano impiegato nei
loro discorsi espressioni ambigue che
miravano a mantenere accesa la fiaccola della rivoluzione. Lo stesso Togliatti,
escludendo che esistessero in Italia le condizioni di una pianificazione
socialista non aveva escluso una sua futura realizzazione. In tal modo, essi
per anni hanno fatto scioccamente il gioco dei loro avversari i quali potevano
accusarli di parlare con lingua biforcuta. In ogni lingua, poi, si rispecchiano le trutture profonde del carattere di un popolo e della sua cultura.
La lingua angloamericana richiede la costruzione diretta: soggetto, verbo e complemento. Non solo Deve esserci sempre un soggetto; il lettore deve sapere chi compie l'azione. In italiano noi possiamo sottintendere il soggetto; in altre parole possiamo eclissarci, nasconderci fra le righe Ciò spiega perché solo un americano poteva scrivere un romanzo come La lettera scarlatta. Mentre solo un italiano poteva scrivere Gli indifferenti.
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